Attraverso il cielo
Silva era chiusa da ore in quella stanza, la Stanza delle Necessità per essere precisi. Questa stanza non è chiamata così per caso: di fatto essa appare solo in casi estremi, solo per persone che ne hanno veramente bisogno ed assume caratteristiche o sembianze diverse, a seconda della necessità dell'ospite. Se hai bisogno disperato di usare i servizi, aperta la porta troverai un super bagno di lusso, se cerchi libri e sogni avventure mozzafiato su carta, una biblioteca a tre piani sarà lì ad aspettarti.
Ma di cosa aveva bisogno esattamente Silva Shiverspine, che era in fuga da tutte quelle persone, che non avevano mai fatto altro che deriderla per nulla e che le avevano fatto passare il più brutto quarto d'ora della sua vita?
Non ne era sicura nemmeno lei.
Appena fatti i primi passi in quella stanza buia, si accorse di aver messo piede in qualche pozzanghera, e forse bella profonda perché sentiva l'acqua arrivargli fino alle caviglie. Mentre si asciugava le restanti lacrime sul volto e avanzava lentamente nel buio, la stanza si illuminò improvvisamente, rivelando la sua vera forma: un'infinita distesa di cielo che si rispecchiava in quello che sembrava uno stagnetto senza confini. In alto passavano mille nuvole, anzi di più, che si riflettevano sulla superficie dell'acqua che le bagnava i piedi. Era circondata da cielo e nuvole. Un cielo limpido e vivido, come non ne aveva mai visti.
Si sedette nell'acqua a mò di geisha e si mise ad ammirare quello spettacolo per un tempo indefinito, sentendosi al sicuro e protetta da tutto. Eppure aveva come la sensazione di star dimenticando qualcosa.
"Non voglio uscire ... sto così bene qui, tutta sola, per i fatti miei, nessuno che mi prende in giro o mi fa cose orribili ... però vorrei tanto il mio quaderno, potrei disegnare tutte le nuvole che voglio ...".
Fu poco dopo che intorno a lei iniziarono ad apparire delle sagome, persone fatte di nuvole che le camminavano intorno. Inizialmente era confusa ma poi capì di cosa si trattava. Riusciva a vedere al di fuori della stanza, vedeva tutti gli alunni che erano di passaggio nel corridoio nel quale era scomparsa. Certo, i dettagli dei volti erano poco definiti, ma a giudicare dalle posture o forma della testa, gli sembrò di riconoscerne un paio. Ad un certo punto vide anche Valery, la riconobbe subito per via di quei capelli super gonfi che ora sembravano zucchero filato: si guardava intorno, perlustrava in giro, scese e risalì sul piano svariate volte, era chiaro che la stesse cercando.
Silva la voleva lì con lei. Ecco cosa le mancava. Altro che quaderno!
"Come una stupida sono fuggita senza nemmeno darle una spiegazione! Sono una stupida ... ho una sola amica e la abbandono così!! Però ... può anche darsi che lo stia facendo senza tenerci davvero ...".
Non sapeva più cosa pensare. Lei teneva a Valery, molto, ma aveva sempre il timore che prima o poi avesse potuto voltargli le spalle o, peggio ancora, che non fossero mai state amiche.
Si sentiva sola.
E impotente.
Ma quella non era di certo
una novità.
Rimase li seduta a rimuginare mentre le nuvole passavano intorno, più e più volte, fino a che non scomparvero del tutto.
[ • • • ]
Si era sicursmente fatta sera ormai. Era ancora immersa in quella pozza d'acqua, almeno era riuscita a lavar via lo sporco di quel brutto scherzo da parte di Larissa, ma sentiva un vuoto dentro, peggio del solito. E non era la fame.
"Se uscissi potrei non ritornare più qui ... ma fuori c'è Valery ... e Literius ... cosa penserà di me ora? E tutti i ragazzi che mi hanno visto nei sotterranei ... sono lo zimbello di Hogwarts ormai ..." - rifletteva in silenzio, circondata da quel cielo senza tempo. Era da un po' che Valery non era risalita a cercarla. Ogni volta che la vedeva non riusciva ad uscire dalla Stanza e si prometteva di farlo la volta successiva, ma ovviamente non ne trovava mai la forza.
Intanto, dall'altra parte.
Il professore arrivò sul quarto piano: si aggirava in silenzio nel buio, un'ombra alla ricerca di qualcosa.
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Silva notò subito l'unica nuvola dalle fattezze umane che si aggirava davanti a lei e capì dal suo lungo mantello bianco che era il professor Piton.
"Forse è arrivato il momento di uscire ... sarà furioso ..." - a malincuore, si decise ad alzarsi, seppur zuppa d'acqua.
"Ma ... la porta?" - si rese conto solo dopo essersi guardata intorno più attentamente che non vi era alcuna uscita - "Come si esce da qui?" - si domandó.
Provò così a fare una cosa che prima non le aveva sfiorato il cervello di fare: toccare le nuvole, o meglio, le sagome dall'aspetto morbido che erano le persone al di fuori della stanza.
Si avvicinò a quella del professore a pochi passi da lei. Voltava la testa a destra e sinistra, faceva qualche passo e di nuovo perlustrava i dintorni. Il suo volto era poco dettagliato come gli altri, ma gli abiti e la camminata erano inconfondibili.
"Professore?" - chiamò il suo nome ma sembrò non sentirla, ovviamente - "Professore, mi sente?".
Incredibile come quanto fosse facile rivolgergli la parola sapendo che non poteva sentirti. Non poteva rispondere in modo acido come faceva di solito, non poteva lanciarti sguardi sprezzanti.
"... perché è così?" - si domandò sottovoce la ragazza guardando quel viso fatto di nuvole.
Perché Severus Piton era quello che era? Possibile che il professore fosse stato così anche da giovane? Com'era quando andava a scuola? Era un tipo con tanti amici o era più come lei, solitario e studioso?
"Mi sembra di vedere me nel futuro ..." - ammise e, quasi instintivamente, allungò la mano verso quella del professore fatto di nuvole.
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Severus scattò all'indietro colto da una strana sensazione alla mano, un brivido lo scosse lungo tutto il corpo partendo proprio dalla mano fin lungo tutta la schiena. Instantaneamente sfoderò la bacchetta pronto a contrattaccare.
Contrattaccare cosa?
Tutto ciò che aveva sentito erano delle dita gelide, o almeno credeva fossero dita, sfiorargli il dorso della mano. Seppur delicato, quel tocco era sembrato così ... vero. Rinfoderò la bacchetta e si guardò in giro, confuso e sospettoso allo stesso tempo. Forse l'aveva trovata.
"Shiverspine ..." - mormorò l'uomo perlustrando ancora con lo sguardo il corridoio poco illuminato nel quale si trovava.
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"Cosa ... ?" - Silva guardò la mano con la quale aveva sfiorato quella del professore - "Ma come?" - non aveva sentito nulla, ovviamente, non era ne calda ne fredda. Era solo ... una nuvola. Non aveva toccato nulla.
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Quella ragazzina era lì da qualche parte, ne era certo.
"Silva Shiverspine ..." - chiamò lentamente il suo nome, incerto sul dove lei si trovasse fisicamente - "Ha trovato la Stanza delle Necessità, non è così? ... Spero sappia come uscirne".
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"No che non lo so ..." - ammise lei senza aspettarsi una risposta.
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Severus ci sperava davvero, perché proprio non gli andava di sfondare un muro.
"Da qualche parte deve esserci una porta in quella stanza, c'è sempre ... sta a lei trovarla".
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"Ma qui non c'è nessuna porta! ... C'è solo acqua e nuvole!" - Silva avrebbe desiderato qualche indizio in più al riguardo, ma a quanto pare doveva arrangiarsi. Ovunque si voltasse vedeva solo acqua e nuvole, cielo e acqua, nuvole e cielo, neanche uno straccio di porta.
Lentamente la paura iniziò ad assalirla.
"E se non ci fosse una via d'uscita? ... Se il mio destino fosse quello di restare qui ... per sempre?" - mormorò a se stessa.
Fin'ora non aveva preso in considerazione l'idea di rimanere da sola lì e per sempre sul serio. Erano solo dei pensieri confusi di una ragazzina spaventata che credeva di non avere nulla nella vita e solo poco a poco si accorgeva di avere già tanto. Nonostante le sue difficoltà i suoi genitori le volevano bene, a scuola i voti erano quasi perfetti, aveva un'amica stupenda che fin'ora non l'aveva mai tradita e se si fosse impegnata magari avrebbe avuto molti altri amici. Ma tutto ad un tratto, le sembrava di meritare un simile destino solo per aver sottovalutato ciò che aveva.
Ancora una volta il suo viso fu rigato dalle lacrime, silenziose e quasi invisibili sulla sua pelle pallida, entrambi aggettivi che le erano da sempre fedeli compagni.
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"Ci sta mettendo troppo ..." - Severus iniziava a spazientirsi. Certo, non conosceva la forma che aveva assunto la Stanza ma trovare una porta non doveva essere poi tanto difficile. Intanto, per non stare con le mani in mano, continuò a perlustrare il piano fino a trovare un muro abbastanza largo e soprattutto privo di porte o altri ... ninnoli da muro.
"Sto aspettando, signorina Shiverspine" - disse al muro.
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La voce del professore era l'unico suono udibile da quel lato, insieme all'occasionale scrocio dell'acqua. Risuonava flebile e lontana ma fu abbastanza da riportare la ragazza alla realtà. Alzò lo sguardo e si mise a cercare anche se non vi era alcun posto in cui farlo. Con gli occhi scrutava l'orizzonte che era rimasto limpido e vivido, il tempo lì era fermo da sempre. Poi se ne accorse.
"Ma ... perché non l'ho notata prima?".
Ciò a cui si riferiva Silva era una nuvola, ma non una nuvola qualsiasi. Questa nuvola era ferma, immobile, non strisciava via come tutte le altre.
Si avvicinò lentamente alla nuvola sospetta per verificare se fosse quello che stava cercando.
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"Deve essere qui ..." - l'uomo tese la mano verso il muro di pietra, freddo e ruvido sotto la punta delle sue dita.
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Silva era proprio davanti alla nuvola. Letteralmente. Era una piccola nube sospesa a mezz'aria con colori che ondeggiavano tra il bianco e il grigio. Era la sua porta.
Senza pensarci su due volte, vi saltò dentro.
Ah. Di nuovo fuori.
Il muro iniziò ad incresparsi, qualcosa dall'altra parte stava emergendo. Qualcosa che somigliava al volto di una ragazzina.
Il professore non ebbe il tempo materiale di spostarsi dalla parete che gli stava lanciando addosso una sua alunna, nel vero senso della parola, ma forse era meglio così o si sarebbe fatta male sul serio questa volta. Il muro la espulse con una forza tale da respingere il corpo dell'uomo di almeno due metri, ma per fortuna quello di lei era un corpo leggero.
E così Silva si ritrovava bagnata fradicia di acqua e lacrime sul corpo del suo insegnante di pozioni, disteso contro il pavimento. E non sembrava molto contento.
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