Là dove tutto è iniziato, finirà
Un po' mi dispiace, è come se una parte di me fosse in lutto, ho sudato, faticato e provato emozioni indescrivibili nello scrivere questo libro, ora che sono giunto alla fine ringrazio di cuore chi ha avuto la pazienza di arrivare fin qui. Davvero grazie mille, a tutti, per tutto, commenti, voti, letture anonime. Grazie davvero di tutto...
Ho voluto fare un piccolo omaggio alla zia J.k. in questo capitolo, sperando che anche voi lo apprezziate come tale. Mi sembrava il minimo.
Un abbraccio a tutti e buona, aimè ultima lettura.
Spero di ritrovarvi nelle mie prossimo storie. GRAZIE
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Harry aveva appena finito di parlare e un applauso, carico di commozione, aveva accompagnato la sua discesa dal palco. In molti si erano avvicinati al ragazzo, per congratularsi, o semplicemente per abbracciarlo e avere un contatto con lui. Tra tutti, i più vicini al ragazzo furono, neanche a dirlo, la moglie e i suoi migliori amici. Dopo qualche istante giunse anche Draco Malfoy, che teneva stretta a sé Astoria.
<<Potter!>> lo chiamò il biondo, giungendo accanto a lui, <<Volevo salutarti come si conviene, prima di andare via. Devo essere sincero Harry, hai mostrato molto più fegato di quanto io pensassi e ho imparato, fortunatamente->> mentre parlava, rivolse, per un istante, quei suoi occhi grigi, carichi di amore, verso Astoria, come se volesse dimostrarle di aver capito che tutto quello che lui è ora, lo deve a lei, poi riprese a parlare, <<che bisogna saper ammettere i meriti degli altri per poter crescere e migliorare>>.
Chi non si avvicinò ad Harry furono Albus, Rose e Scorpius, restati in disparte, quasi a non voler interferire con quel momento.
<<Ragazzi, è il momento!>> I due giovani si guardarono, consci della verità nelle parole di Rose, ma altrettanto decisi a prolungare la loro permanenza in quel tempo.
<<C'è ancora tempo, Rose. Non dobbiamo farlo per forza ora.>>
Aveva provato a dire Albus, sperando di convincerla con poco.
<<No, non c'è. Se non ci muoviamo, non potremo fare ciò per cui siamo rimasti>>.
I due si guardarono nuovamente, questa volta sapendo che c'era ben poco da controbattere e obbiettare. La prima a muoversi fu proprio la ragazza, che si avviò verso il grande ammasso di persone, ancora sotto al palco.
Albus e Scorpius la seguirono, con le teste chine a terra, delusi da loro stessi per non essere riusci ad argomentare meglio la loro voglia di aspettare ancora qualche altro minuto, utile a godersi i loro genitori ancora un po'.
Facendosi largo fra la folla, i tre riuscirono finalmente a raggiungere Harry, Ginny, Ron, Hermione e Draco, affiancato da Astoria.
I sei ragazzi, ormai grandi rispetto a quando avevano incontrato per la prima volta i viaggiatori, si stupirono a vedere lo sguardo afflitto dei tre, percependo immediatamente che qualcosa, nei tre, non andava.
<<Mamma, papà, v-vi devo salutare, p-per sempre->> la prima a parlare era stata proprio la ragazza, rivolgendosi a Ron, che l'aveva praticamente appena conosciuta e ancora non aveva davvero collegato quello strano evento, e Hermione, che invece le sorrise, come se si aspettasse che quel momento sarebbe arrivato a breve.
<<Lo so, tesoro. Lo so!>> disse spostando dietro l'orecchio un ciuffo sfuggito alla cresta, per poi sistemare la spallina del vestito della ragazza, quella sera in un abito azzurro acqua, lungo fino alle caviglie, ma che non copriva il decolté indossato, di una tonalità leggermete più scuro del vestito.
Contemporaneamente, i due ragazzi si avvicinarono ai rispettivi genitori, spiegando, o almeno provandoci, che non potevano più aspettare. Dovevano tornare e cercare di ripristinare, anche nel loro tempo, la situazione con Veronica, magari riuscendo ad evitare molte delle cose invece successe nel tempo in cui si trovavano ora, quello in cui ancora non erano ancora nati; quello in cui persone care come Hagrid, Silente o Piton, erano morte da troppo poco tempo. Magari evitandone anche qualcuna.
Rose si voltò a guardare il proprio ragazzo e suo cugino, annuendo con la testa e dicendo nient'altro che "adesso".
I tre, come se fossero dei bambini, si lanciarono fra le braccia dei propri genitori, cercando di prolungare quel momento quanto possibile. Dal viso dei tre padri, sorprendendo le rispettive compagne e mogli, scesero delle lacrime. Alcune fluenti, come nel caso di Harry, altre nascoste, come fu per Ron, mentre, quelle di Draco, furono subito rispedite al mittente quando si rese conto di essere osservato. I tre gruppetti, formati da genitori e rispettivi figli, si divisero e i giovani eroi venuti dal futuro, si apprestarono, sorprendendo non poco le tre coppie da cui si erano appena allontanati, a salire sul palchetto.
Dopo un paio di tentavi, futili per altro, di catturare l'attenzione, Rose optò per usare l'unico mezzo utile per farsi sentire.
Puntò la bacchetta alla propria gola e pronunciò l'incantesimo "Sonorus".
Subito dopo averlo fatto disse un semplice "Buonasera a tutti". La voce, grazie all'incantesimo, risuonò echeggiante nella stanza, destando tutti presenti.
<<Chiedo scusa->> disse, dopo aver usato nuovamente la bacchetta sulla sua gola, con l'incatesimo "Quietus", <<vorremmo poter dire qualcosa anche noi>> mentre con il braccio mostrava i due ragazzi, in piedi poco dietro di lei, <<anche noi, per quanto meno importanti in tutto quello accaduto, vorremmo ringraziarvi tutti, soprattutto per averci accolto qui con affetto e generosità. Io, come anche Albus e Scorpius però, vorremmo chiedervi di fare una cosa che credo sia d'obbligo e che siamo onorati di poter fare noi. Nessuno ci ha pensato finora e ne siamo fieri. Vorrei, anzi, vorremmo, dedicare qualche istante di questa magnifica festa, a cui siamo lieti di aver partecipato, per ricordare tutte le vittime di questa orribile guerra, che ci hanno purtroppo abbandonato, senza poter combattere così come abbiamo fatto tutti noi. Vi chiedo, per questo, di alzare le vostre bacchette al cielo>>
Rose lanciò uno sguardo di complicità prima ai due ragazzi dietro di lei e poi verso la madre, che ricambiò profondamente fiera. Subito dopo essersi guardati, puntarono le bacchette verso l'alto, facendo sparire completamente il soffitto della sala grande, così che tutti i presenti arrivassero a vedere le stelle, quella sera particolarmente luminose.
Il primo getto di luce colorata, partì dalla bacchetta di Harry, seguita a ruota da Ron, Ginny ed Hermione; così poi fecero anche tutti gli altri. Il cielo fu riempito da un ammasso si luci colorate. Quasi un centinaio di persone erano presenti alla festa, tutte quelle che in qualche modo avevano conosciuto la reale storia, su e di Veronica. Nel momento in cui il cielo si riempì, Albus e Scorpius si fecero aventi, raggiungendo Rose.
Approfittando del momento in cui nessuno li stava osservando, lanciarono un secondo incantesimo, mirato proprio verso le luci scoppiettanti. L'obbiettivo era proprio quello di sfruttare il potere e la carica di tutti quegl'incantesimi, per potenziare quello appena evocato proprio da loro.
Fu un attimo, il cielo divenne tutto coperto da una massa nebulosa di colore, simile a quello dell'acqua limpida e nitida delle spiagge che si vedono nelle cartoline. Subito dopo, la massa informe implose, divenendo un getto d'acqua che investì i presenti.
Il risultato fu quello sperato dai tre ragazzi. Ne furono certi pochi secondo dopo, quando videro tutti i presenti nella sala, iniziare a guardarsi attorno, spaesati. Era come se realmente non sapessero cosa facessero tutti lì con le bacchette levate al cielo, sotto un cielo stellato, fantastico da ammirare.
Albus e Scorpius poggiarono le loro mani sulle spalle di Rose. La ragazza prese la collana che portava al collo, mostrando per un attimo il "giratempo" e fece muovere la rotella che faceva funzionare l'oggetto.
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<<Rose, ma non ricorderanno proprio nulla?>>
<<No Al, tranquillo, hanno scordato solo ciò che volevamo scordassero. Nessuno di loro ricorderà del nostro passaggio in quel tempo. Nessuno saprà mai di noi>> rispose Rose, con un filo di amarezza nella voce.
Poi la ragazza prese la pochette che aveva nella mano sinistra, in cui infilò la mano libera per estrarne una borsa più grande. Dallo zaino che ne uscì fece uscire tre magliette e tre pantaloni.
<<Cambiatevi, ora! Non possiamo certo andare vestiti così ad uccidere la Veronica.
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TREDICI ANNI DOPO
Quell'anno l'autunno arrivò presto. La mattina del primo settembre era croccante e dorata come una mela, e quando la famigliola attraversò la strada rumorosa verso l'enorme stazione fuligginosa, i fumi delle auto e il fiato dei pedoni scintillavano come ragnatele nell'aria fredda. Due grandi gabbie sbattevano in cima ai carrelli stracolmi spinti dai genitori; i gufi all'interno gridavano indignati e la bambina con i capelli rossi si trascinava in lacrime dietro i fratelli, aggrappandosi al braccio del padre.
«Non manca molto, fra poco ci andrai anche tu» tentò di consolarla Harry. «Fra due anni» protestò Lily tirando su col naso.
«Io voglio andarci adesso!» insistè la piccola.
I pendolari fissarono incuriositi i gufi quando la famiglia si aprì la strada verso la barriera tra i binari nove e dieci. Harry udì di nuovo la voce di Albus nel frastuono; i suoi figli avevano ripreso la discussione cominciata in macchina.
«Non voglio! Non voglio essere un Serpeverde!»
«James, piantala!» intervenne Ginny.
«Io ho detto solo che potrebbe» ribatté James, sorridendo al fratello minore. «Non c'è niente di male. Potrebbe essere un Serpe...» Ma James colse lo sguardo della madre e tacque.
I cinque Potter si avvicinarono alla barriera. Con un'occhiata impertinente al fratellino, James prese il carrello dalla madre e cominciò a correre. Un attimo dopo era sparito. «Mi scriverete, vero?» chiese subito Albus ai genitori, approfittando della temporanea assenza del fratello. «Tutti i giorni, se vuoi» rispose Ginny.
«Non proprio tutti» si affrettò a ribattere Albus.
«James dice che gli altri ricevono lettere da casa una volta al mese».
«L'anno scorso gli scrivevamo tre volte la settimana» precisò Ginny.
«E non devi credere a tutto quello che ti dice su Hogwarts» aggiunse Harry. «A tuo fratello piace scherzare».
Fianco a fianco, spinsero il secondo carrello, prendendo velocità. Quando arrivarono alla barriera, Albus trattenne il fiato, ma non ci fu nessuno scontro. La famiglia emerse sul binario nove e tre quarti, oscurato dal denso vapore bianco che usciva dal rosso Espresso per Hogwarts. Sagome indistinte sciamavano nella nebbiolina che aveva già inghiottito James.
«Ciao, Al» disse Harry, mentre il figlio lo abbracciava.
«Non dimenticare che Hagrid ti ha invitato a prendere il tè venerdì prossimo. Non perdere tempo con Pix. Non sfidare a duello nessuno finché non avrai imparato. E non farti prendere in giro da James».
«E se divento un Serpeverde?» Il sussurro era destinato solo a suo padre, e Harry capì che il momento della partenza aveva spinto Albus a rivelare quanto grande e sincera fosse la sua paura. Harry si accovacciò in modo che il viso di Albus fosse appena sopra il suo. Era l'unico dei suoi tre figli ad aver ereditato gli occhi di Lily.
«Albus Severus -» mormorò, in modo che nessuno sentisse a parte Ginny, e lei, con molto tatto, finse di salutare Rose, già sul treno, «tu porti il nome di due Presidi di Hogwarts. Uno di loro era un Serpeverde e probabilmente l'uomo più coraggioso che io abbia mai conosciuto».
«Ma se...»
«... vorrà dire che la Casa di Serpeverde avrà guadagnato un ottimo studente, no? A noi non importa, Al. Ma se per te è importante, potrai scegliere Grifondoro invece di Serpeverde. Il Cappello Parlante tiene conto della tua scelta».
«Davvero?»
«Con me l'ha fatto» confermò Harry.
Non l'aveva mai detto a nessuno dei suoi figli e vide la meraviglia sul volto di Albus. Ma ormai gli sportelli sbattevano lungo il treno rosso e le figure sfocate dei genitori si avvicinavano alle carrozze per i baci d'addio e le ultime raccomandazioni. Albus balzò a bordo e Ginny chiuse lo sportello alle sue spalle.
Il treno cominciò a muoversi e Harry lo seguì camminando, guardando il viso magro del figlio, già infiammato per l'emozione. Continuò a sorridere e a salutare, anche se qualcosa dentro lo turbava, pensò fosse legato al piccolo lutto legato al vedere suo figlio allontanarsi...
L'ultima traccia di vapore svanì nell'aria autunnale e il treno svoltò. La mano di Harry era ancora alzata in segno di saluto. «Non avrà problemi» mormorò Ginny.
Harry la guardò e distrattamente abbassò la mano a sfiorare la cicatrice a forma di saetta sulla fronte. «Lo so».
La cicatrice non gli faceva male da tredici anni. Andava tutto bene.
Forse.
Fine... ?
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