2. HARPER

Tre anni prima..


Soffrivo di attacchi di panico da quando avevo undici anni e dopo aver assistito ad un incidente stradale dove avevo visto l'autobus scolastico investire una mia compagna di scuola che era morta sul colpo. Quell'avvenimento mi aveva sconvolto e avevo vomitato sul marciapiede. Per un paio di anni avevo costretto mio fratello Gideon a dormire con la luce sul mio comodino accesa o non avrei preso sonno. Ogni volta che chiudevo gli occhi rivedevo la mano della ragazza sotto il bus scolastico, la sua testa piegata in modo innaturale e gli occhi verde smeraldo che fissavano il vuoto.

Era stata in quell'occasione che avevo conosciuto lui.

L'evento era stato così improvviso e traumatico che mi era venuto spontaneo voltarmi verso l'aiuola li vicino e rimettere il pranzo e la colazione di quel giorno. Oltre a vomitare stavo anche piangendo e sentivo che mi stavo agitando.

All'improvviso una mano si posò sulla mia spalla e urlai spaventato. Da poco tempo avevano iniziato a bullizzarmi e avevo paura di venire picchiato. Mi sentivo così male che quella volta non mi sarei affatto difeso. Mi stava per mancare il fiato e sentivo uno spillo pungermi il cervello.

Urlai disperato, mentre nel mio cervello avveniva un blackout.

Quando mi ripresi notai dei ragazzi della mia scuola guardarmi ma non erano loro ad aver attirato la mia attenzione, ma bensì il ragazzo che era seduto con me su una delle panchine situate davanti all'ingresso. Mi stava porgendo una bottiglietta d'acqua e mi fissava con i suoi occhi nocciola che erano preoccupati. Mi resi conto che indossava una tuta della squadra di basket della scuola.

Aggrottai le sopracciglia e afferrai la bottiglietta dalla sua mano, notando i graffi sul dorso, sul polso e mi accorsi che era graffiato anche su una guancia e i capelli erano spettinati, per non parlare della giacca della tuta che indossava che sembrava rotta vicino al collo.

Lo guardai confuso.

"Che cavolo ti è successo?" chiesi portandomi la bottiglietta di acqua alle labbra.

Il ragazzo mi aveva guardato e aveva sorriso imbarazzato.

"Hem, sono scivolato durante l'allenamento stamattina..." rispose.

"Oh, deve fare male" dissi io allungando una mano verso il graffio che aveva sulla guancia.

Lui mi aveva sorriso e mi aveva guardato.

"Non mi fa male" mi aveva risposto mentre controllavo il graffio.

"A me non sembra" dissi voltandomi verso il mio zaino da cui tirai fuori il mio kit di pronto soccorso.

"Perché giri con un kit del pronto soccorso?" aveva chiesto lui ed io mi ero ammutolito.

Che cosa avrei dovuto rispondere a quella domanda? Se avessi detto la verità avrebbe potuto prendermi in giro o peggio cominciare a bullizzarmi anche lui. Da quel che avevo capito in quei mesi era che George William faceva parte della squadra di basket, quindi quel ragazzo doveva conoscerlo sicuramente.

"Perché sono un imbranato cronico e inciampo sempre e mi faccio sempre male" avevo risposto mentre mi avvicinavo per disinfettare il graffio. Il giovane davanti a me sussultò, chiudendo gli occhi.

"Scusa" dissi io, allontanandomi.

Lui aveva aperto gli occhi e mi aveva fissato.

Qualcosa era scattato dentro di me e mi ero ritrovato anche io a fissarlo e cominciai a sentire il mio cuore battere con forza nel petto.

Solo più avanti mi resi conto di essermi preso una cotta.

"Io sono Alexander Queen, gioco nella squadra di basket..."

Io avevo sbarrato gli occhi e mi ero sollevato con un dito gli occhiali che indossavo e che si erano abbassati sul naso.

"Ah, uhm. Io sono Harper. Harper Zabini..." avevo detto io mentre mi rendevo conto con orrore che stavo balbettando.

Le mie mani tremavano quando risistemai il kit nel mio zaino.

"Tuo padre è Blaise Zabini?" mi aveva chiesto lui sbarrando gli occhi.

"Hem, si. Anche Theo. E' mio padre." Avevo detto di slancio, perché per me era naturale avere due papà. Non avevo mai avuto problemi con questo fino a quel momento.

Alexander aveva aggrottato le sopracciglia.

"Anche?" aveva chiesto e a quel punto il cuore che aveva battuto con forza nel mio petto ebbe un sussulto.

"Si, sono figlio di due uomini, mai sentito?" avevo chiesto sentendo la rabbia pervadermi.

Un conto era quando offendevano me per essere gay, un altro era quando offendevano i miei genitori.

Mi alzai dalla panchina e feci per andarmene ma Alexander mi aveva afferrato per il polso e mi aveva fatto sedere di nuovo.

"Scusa io..." disse Alexander avvampando. "Non... non seguo molto il gossip, sinceramente, non sapevo che fosse sposato con un uomo. So che lavora con Theodore.." disse guardandomi. "Ma l'ho sempre visto come Nott. Non credevo stessero insieme io..." Alexander mi aveva guardato e i suoi occhi erano pieni di devozione. "Tuo padre è il mio eroe. Se non fosse che il basket è la mia vita e non avessi nel mio futuro il locale di mia madre, avrei fatto l'avvocato. Seguo assiduamente il programma sulla ITV che trasmettono alle undici di sera sui processi e tuo padre è... wow. C'è possibilità di conoscerlo? Per favore?"

Avevo sbarrato gli occhi. Sapevo che mio padre Blaise era spesso invitato in varie trasmissioni che parlavano di cronaca nera per esprimere i suoi pareri sui vari casi, ma non pensavo di trovare o conoscere qualcuno innamorato del lavoro di mio padre. Entrambi i miei genitori erano famosi soprattutto a Londra perché in passato avevano preso parte a processi che negli anni avevano attirato molta attenzione pubblica, ma trovare un mio coetaneo così innamorato del lavoro dei miei genitori mi aveva lasciato senza parole. Sia io che mio fratello non ci interessavamo di quelle cose ed io non ero un amante particolare di casi di cronaca e in casa nostra il lavoro dei miei genitori era bandito. Nessuno dei due parlava con noi del loro lavoro, anche perché eravamo ancora troppo giovani, ma sapevo che stava esplodendo l'interesse per i casi di cronaca passati e addirittura online persone varie parlavano di vecchi crimini.

Io ero si un amante dei gialli e dei thriller ma erano casi inventati, non ispirati a fatti realmente accaduti. Mi sarei sentito male a leggere libri di persone uccise nella realtà. Perché diavolo mi dovevo appassionare di casi dove delle persone reali venivano brutalmente uccise?

"Hem. Mio padre non parla di lavoro a casa, mai. Non saprei nemmeno cosa risponderti" dissi io confuso.

Alexander mi aveva sorriso.

"Non devi rispondermi nulla. Ti senti meglio ora?" Mi chiese guardandomi ed io avevo annuito.

"Bene" aveva risposto lui passandosi una mano tra i capelli e il mio sguardo cadde sulla sua mascella scolpita.

Non avevo mai mostrato un interesse per le ragazze e nemmeno per i ragazzi fino a quel giorno.

Alexander Queen, che giocava nella squadra di basket della scuola, mi aveva fatto battere il cuore per la prima volta.

"Ci vediamo in giro, va bene? Magari puoi passare a vedere una partita. Giochiamo nel weekend"

E con quella frase si era allontanato, lasciandomi da solo sulla panchina.

All'uscita mi ero visto con i miei amici Hugo e Thorfinn che frequentavano la mia stessa scuola, anche se loro erano più grandi di me. Hugo aveva un anno in più, Thorfinn due più di noi.

Quando raccontai loro di Alexander, Thorfinn mi aveva guardato incuriosito.

"L'abbiamo visto giocare, si è trasferito l'anno scorso con sua madre. È davvero fantastico. Ha il basket nel sangue." Aveva detto Thorfinn.

"Mamma mia, come fate a parlare di queste cose dopo quello che è successo oggi?" aveva chiesto Hugo.

Io e Thor ci eravamo guardati.

"Io mi sono sentito male, ho vomitato nell'aiuola. È così che ho conosciuto Alexander" dissi io, stringendomi nelle spalle.

"Che schifo" borbottò Hugo.

"Sua madre ha aperto quel locale nella via principale del centro è accanto al negozio di fiori di Seamus Finnegan." Spiegò Thorfinn. "Sono stato li con mio padre un pomeriggio. Fanno di tutto. Tu che ami il cioccolato dovresti provare i loro cupcakes. Ne andrai matto" disse.

Io avevo annuito, mentre cercavo di immaginare dove si trovasse il locale.

"Ma è quello situato di fronte al parco dei bambini?"

"Esattamente" disse lui.

"Ma non c'è il locale di James Potter li? La caffetteria? Si fanno la guerra?" chiesi confuso.

"Nah, la caffetteria di James è soprattutto mattutina e molte persone vanno lì per poter leggere e studiare tranquillamente. Il locale di cupcake della madre di Alexander è tutto colorato e con musica che viene trasmessa ventiquattro ore su ventiquattro. È un ritrovo per ragazzi più giovani. Se dalla mamma di Alexander vanno i nostri coetanei da James vanno gli universitari e gli uomini che lavorano negli uffici lì nei dintorni..."

"Non ci ho mai fatto caso. I miei hanno uno studio in centro. La prossima volta che andrò a trovarli ci farò caso" avevo detto.

Quando quella sera ero tornato a casa, mentre raccontavo quello che era successo, ero scoppiato in lacrime e Gideon mi era stato vicino.

Non aveva protestato quando gli avevo chiesto di tenere la luce accesa e si era messo nel mio letto per farmi dormire.

Non ero andato a scuola il giorno dopo e anche se Gideon aveva solo nove anni, mi aveva consolato e dato dei buoni consigli.

Aveva da poco cominciato a fare rugby, tre volte a settimana e lo appassionava molto.

"Penso che mi iscriverò alla tua scuola per cercare di entrare nella squadra di rugby" aveva detto lui.

Io avevo sorriso perché il pensiero di frequentare la stessa scuola con lui mi piaceva molto.

Suonarono il campanello ed io sobbalzai mettendomi a sedere sul letto.

Dovevo essermi addormentato. Guardai l'ora e con orrore mi resi conto di aver sprecato il pomeriggio. Fuori era già buio così accesi le luci per scendere le scale che mi avrebbero portato alla zona giorno.

Aprii la porta senza nemmeno controllare, tanto potevano essere o i miei genitori oppure Gideon che era rientrato.

Mi voltai per rientrare dentro casa quando una mano mi strinse il polso.

"È questo il modo di salutare un amico che non vedi da tre anni?" mi chiese Alexander con un ampio sorriso.

Sbarrai gli occhi e mi portai una mano alla bocca.

Il ragazzo del quale ero innamorato segretamente da tre lunghi anni, era in carne ed ossa davanti a me.

NOTE: Non chiudete la storia senza aver prima stellinato e/o commentato! ~Galaxy~

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