"I litigi nascondono l'amore. Come fa la montagna quando copre il sole.
Ma l'amore è lì."
-Fabrizio Caramagna

Soundtrack: Take Me Home – Jess Glynne

Mi faccio dire dove si trova la stanza di Davian, e mi precipito da lui.
Probabilmente avrò un aspetto terribile, il trucco sciolto e i capelli sfatti, ma non mi interessa.
L'unica cosa importante è vederlo e assicurarmi che stia bene.

Quando apro la porta, trovarlo su quel materasso d'ospedale è un colpo al cuore. Indossa il classico camicione, mentre i suoi vestiti sono piegati su una sedia. Ha un livido sotto lo zigomo, il polso sinistro fasciato e tutti i suoi anelli e collane sono poggiati su un tavolino. Ha una flebo attaccata endovena, e un monitor digitale che tiene sotto controllo il suo battito cardiaco.
Anche ridotto così, resta l'uomo più bello che abbia mai visto.

«Avi».

Prima che possa dire qualcosa, lo sto già abbracciando, premurosa di non fargli male o premere troppo contro di lui. Gli accarezzo i capelli con delicatezza, facendo del mio meglio per non scoppiare a piangere.
Davian ricambia la stretta, e mi stringe come se fossi il suo punto saldo.

«Leonessa. Avevo bisogno di te» mi sussurra con la voce che trema.

Mi allontano quanto basta per baciargli la guancia, dispiaciuta di vedere i segni sul viso. «Sono qui, pirata. Sono rimasta qui tutto il tempo» ammetto, sedendomi vicino a lui mentre gli tengo la mano.

Avrei mille domande da fargli, però non è questo il momento adatto. L'importante è che lui stia bene, che sia sveglio e cosciente, il resto attenderà.

«Chi ti ha dato la felpa?» borbotta, e la sua domanda mi coglie alla sprovvista.

Solo lui può chiedermi una cosa del genere in un momento come questo.

Lo ammonisco con un'occhiataccia, scuotendo la testa. «Vedo che sei rimasto un idiota. È di Mason, dato che sono tutti fuori per te, stupido cazzone geloso» sbuffo, roteando gli occhi al cielo.

Lui fa una smorfia, accennando un sorriso. «Stai meglio con le mie cose, appena usciamo da questo posto di merda dovrà sparire».

Se c'è una cosa che so di Davian, è che quando qualcosa lo stressa eccessivamente, trova il modo di sdrammatizzare la conversazione, solo che adesso non gli riesce per niente bene.

Lo vedo cadere da quelle scale come se i suoi muscoli si fossero immobilizzati. Lo vedo tremare e perdere i sensi. Lo vedo su quella barella d'ospedale, e il cuore pesa.

Non è stata una semplice caduta.
E il fatto che mi nasconda il reale motivo... mi ferisce.

Nonostante questo, non voglio essere la stronza che lo tartassa di domande, so che ha bisogno di riposo e sostegno.

«Metterò le tue felpe appena potrò, promesso» mormoro con un tono di voce spento.

Davian lo intuisce, e mi accarezza la guancia, attirandomi di nuovo contro di lui. «Mi dispiace che tu abbia dovuto vivere tutto questo. È stato un incidente... non ho visto il gradino e sono scivolato. Ero così incazzato con quello stronzo del mio agente, ero furioso, cazzo, e non ho ragionato» sospira, solo che io mi sento gelare.

Continua a mentirmi.
Continua a dirmi cazzate.

Mi allontano con uno scatto, gli occhi più lucidi e lo sguardo severo. «Rimarrò qui per il tempo che vuoi, ma ti prego, non mentirmi, Davian. Non è stato un fottuto incidente, e lo sai. Rispetto il tuo silenzio, capisco che tu abbia bisogno di stare tranquillo... per lo meno abbi la decenza di non credermi stupida».

Cala il silenzio. Il momento in cui una piccola crepa si aggiunge a quelle già esistenti tra noi due.

L'attimo in cui l'espressione di Davian cambia, e lo sento allontanarsi da me. «Non è questo il momento di parlarne, ho altri pensieri per la testa. Pensavo che avresti capito».

Chi si preoccuperà mai di quello che provo io? Seduta su una dannata sedia d'ospedale senza capire nemmeno cosa sia realmente successo.

«E io pensavo che avessimo finito con le cazzate» sbotto, per poi sospirare il secondo dopo. «Cosa è successo con il tuo agente? Puoi dirmi almeno questo?»

Davian prende un profondo respiro, poggiando la testa sul cuscino. I battiti del suo cuore aumentano di più, e anche se sono incazzata nera con lui, ho promesso di restare. Non scappo più.

Gli prendo la mano nella sua e gliela accarezzo, portandomela alle labbra per baciarla.

«Non volevo trascinarti nella mia merda, Isie. Meriti di più che passare così la notte di capodanno» sospira, e noto i suoi occhi farsi più lucidi.

Fanculo l'orgoglio.

Mi sporgo per abbracciarlo, e mi lascio fare spazio per mettermi accanto a lui, in modo da poterlo stringere meglio. Non importa che non sia stata la serata perfetta, né le cose che si impegna a tenermi nascoste. Alla fine della giornata siamo ancora io e lui, forse rotti e ammaccati, ma comunque noi.

«Avrei potuto passare la notte più divertente della mia vita, ma se non ci fossi stato tu sarebbe stata vuota. Priva di emozione» ammetto, poggiando la fronte sulla sua.

Gli parlo guardandolo negli occhi, restando stretta a lui per tutto il tempo, e posso notare una lacrima scendergli sulle guance prima di catturarla con il pollice per asciugargliela.

«Non sarò mai abbastanza degno di te, leonessa» sussurra, e sfiora le labbra con le mie.

Io scuoto la testa, passandogli le mani tra i capelli per tranquillizzarlo «La botta deve averti causato danni seri, sento solo stupidaggini uscire da questa bocca indecente e maliziosa» dico con un sorrisetto, e alzo il viso per baciarlo sulla punta del naso.

Il gesto lo fa sorridere e gli infonde la tranquillità di cui ha bisogno, lo capisco quando il battito del cuore torna quasi regolare.

«Magari quando torneremo a casa la userò per scopi più piacevoli» sogghigna, provocandomi una leggera risata.

Ecco l'uomo che amo. «Molto meglio».

Per svariati minuti restiamo in silenzio, cullati uno dalla presenza dell'altro, senza aggiungere altro. Io accarezzo i capelli di Davian, e lui mi passa la punta delle dita sul braccio, facendomi rilassare. Ci siamo chiusi in una bolla intima, dove la rabbia e le domande assillanti le rimandiamo per il futuro, quando sarà più opportuno.
Ora come ora, io ho bisogno di lui, e lui di me.
Prendiamo i nostri pezzi di cuore infranti e li ricomponiamo insieme.

«Il mio agente non è d'accordo con l'album. Dice che è... poco commerciale. Mi hanno proposto di scrivere testi più contemporanei e lasciare solo un paio di canzoni. La maggior parte dei miei testi andrebbero buttati nel cesso, solo perché così hanno deciso quelle teste di cazzo».

Davian inizia a parlare all'improvviso, e io mi pento di non aver dato un pugno al suo agente quando lo avevo sotto tiro. Privarlo di comporre la sua musica è la cosa più meschina che potessero fargli, è come strappargli una parte essenziale di lui per trasformarlo in qualcosa che non è.

Gli stringo più forte la mano. «Non possono farlo, Avi. Non hanno il cazzo di potere di decidere cosa o come devi comporre il tuo album. È ingiusto» sbotto, guardandolo preoccupata.

Lui sbuffa. «Purtroppo, possono. Ho un contratto con loro, e anche se lo studio è mio, la casa discografica con cui pubblico no. Sono loro ad avere l'ultima parola».

Confermo: vorrei colpirli davvero forte.

Lo sguardo afflitto e sconfitto di Davian è una pugnalata al cuore, fa male vederlo privato della sua musica, del suo più grande sogno che hanno afferrato e rigirato a loro piacimento.

«Troveremo una scappatoia, Avi. Te lo prometto. Tu devi essere libero di esprimere te stesso, e nessun contratto di merda può importi cosa fare. Sai, stavo spulciando sui social nell'attesa, e in poche ore si è saputo del tuo... incidente» sospiro, cercando di reprimere i brividi. «Ci sono tante persone che si sono preoccupate per te e aspettavano di avere notizie. Quello che voglio dirti è che i tuoi fan ti ammirano per ciò che sei, per quello che scrivi e che fai. Fanculo le canzoni commerciali, tu non hai bisogno di questa merda. La gente ama Davian, sia nelle sue canzoni più allegre che quelle più tristi».

Lui resta ad ascoltarmi senza replicare, mentre io gli lascio il tempo di assimilare tutto. «E se avessero ragione? Se il mio album fosse un disastro?»

Non potrebbe sbagliarsi più di così. So quanto è importante per lui essere apprezzato e raggiungere la vetta, e io so che ce la farà con le sue forze, senza piegarsi a nessun compromesso.

L'unica cosa di cui ha bisogno è di esserne convinto quanto me.

«Finché canterai col cuore, non potrà mai esserlo. Io sono già fiera di te, pirata. Non scendere a compromessi con nessuno, ma lotta per quello in cui credi. Mi troverai al tuo fianco in ogni caso, pronta a sostenere qualsiasi tua decisione».

Dopo una notte infernale, finalmente Davian mi regala un sorriso sincero.

La rabbia e i dubbi aspetteranno. Stanotte ha bisogno di me, e io ho necessito di riprendere fiato prima di sprofondare di nuovo.

«Non voglio rinunciare alla mia musica, leonessa. E non voglio rinunciare a te».

Mi stringo più forte a lui, come tacito segno della mia presenza. «Non scappo, pirata. Adesso pensa a riprenderti, e appena starai meglio salveremo la tua musica, lo prometto».

Davian annuisce, esausto, e poco dopo, anche se uno alla volta, entrano anche gli altri per assicurarsi che stia bene. Quando il giro di visite si conclude, Davian crolla sfinito. Vorrei restare a controllarlo, ma le palpebre si fanno più pesanti, e alla fine, la stanchezza vince.

Chiudo gli occhi sperando di risvegliarmi in un giorno migliore del precedente.
Purtroppo, ci sono solo incubi ad attendermi.

-

La prima settimana del nuovo anno è un vero disastro.

Non conosco l'esatta diagnosi di Davian, dato che i medici hanno chiesto di parlare con lui in privato. Per un paio di giorni è dovuto rimanere sotto osservazione, e io mi sono divisa tra il lavoro e le visite in ospedale. Ogni volta mi trovavo costretta a superare la montagna di gente che si era affollata fuori dalla clinica, nella speranza di ottenere informazioni. Sui social, lo stesso. È stato bello vedere come i fan si sono preoccupati per Davian, per questo lo stronzo del suo agente gli ha consigliato di fare un video per rassicurare gli animi. Questo però non li ha frenati dal chiedere costantemente aggiornamenti, e quando non li ottenevano da lui, si rivolgevano a me.

Come se non bastasse, denunciare lo stronzo che mi ha molestato quella stessa notte ha aggiunto altri problemi. A quanto pare, era un attore emergente che stava cercando di farsi un nome. Julia, la regista che ho conosciuto a tavola, mi ha aiutato a postare un video in cui raccontavo l'accaduto, e l'impatto che ha avuto è stato peggio di una condanna. Il messaggio è diventato virale, e in poco tempo molti lo hanno unfollowato, e ho saputo che è stato tagliato fuori da un set cinematografico. Una piccola vittoria in un periodo nero.

Il suo ritorno a casa di Davian però non ha contribuito a migliorare la situazione: il medico gli ha raccomandato di stare a riposo, e Asher ha dovuto cacciare tre volte giornalisti e persone fin troppo maleducate appostate fuori dal loro appartamento.

Ho la testa che mi scoppia.

Inizialmente, ho rispettato il fatto che Davian avesse bisogno di riposo e spazio, ma più passa il tempo, più il fatto di non essere a conoscenza della verità mi innervosisce. Come quando componi un puzzle e ti manca l'ultimo tassello per renderlo completo, e resta quel senso di vuoto snervante.
Aspetto che lui si decida a essere sincero, però non accade. E questo silenzio tra di noi crea piccole crepe ogni giorno che passa.

Oggi, per esempio, è una di quelle giornate in cui sono incazzata col mondo intero. Il caffè ha un sapore di merda, il pranzo mi fa schifo, i miei vestiti non calzano come vorrei e sono da sola al negozio, dato che purtroppo la mia assistente ha la febbre.

Se non avrò un esaurimento nervoso, mi riterrò fortunata.

Controllo il telefono, saltando le classiche notifiche di Instagram, per andare direttamente ai messaggi, e ne trovo due di Davian.

La mia Superstar (molto irritante):
Ceni da me, stasera? Verrei a prenderti, ma Asher segue diligentemente le raccomandazioni del medico e mi tiene sotto sequestro. Che palle, vorrei uscire.☹️

La mia Superstar (molto irritante):
Come sta andando la giornata? Appena arrivi ho una notizia da darti, è fantastica, ha migliorato i miei ultimi giorni! Aspetta... verrai a cena, vero? Posso anche pregarti come piace a te, se servisse 😉

Non riesco neanche a sorridere ai suoi messaggi. Mi sento consumata dalla frustrazione e dalla stanchezza, dai pensieri che non so mettere in ordine e dai casini della mia vita.

Come se non bastasse l'inferno che sto passando, Tyler mi tartassa di messaggi, chiedendomi di vederci.

La cosa non mi piace affatto, e non cederò. Gli allenamenti con Mason sono stati ottimi per la mia auto difesa, però non sono così stupida da accettare un incontro con lui.

Sono esausta di tutto e tutti, cazzo. Vorrei un minuto per poter urlare al mondo come mi sento davvero, invece che fingere di non essere a pezzi. Tengo duro per Davian che ha bisogno di riprendersi, per il negozio che necessita della mia concentrazione, dei miei amici che non meritano la parte peggiore di me.

Prendo un profondo respiro, buttando giù l'ennesimo caffè amaro con una faccia disgustata. Con questo credo di essere arrivata a quota tre.

Rispondo a Davian dopo poco.

Io:
Vengo a cena, tranquillo. Non vedo l'ora di sentire queste "fantastiche notizie"😊. Magari tra queste ci sarà anche la verità su quello che è successo a capodanno, chissà.

Sì, lo so. È un messaggio da stronza, nessuno è perfetto, tanto meno io.
Davian visualizza, aspetta qualche secondo, e poi inizia a scrivere.

La mia Superstar (molto irritante):
Isie... cosa vuoi che ti dica? Già sai cosa è successo.

Fanculo. Come se fossi così stupida da crederci.

Io:
Sì, infatti so che il mio finto o forse vero fidanzato mi nasconde qualcosa. Ci vediamo stasera, devo lavorare.

Spengo il telefono con un gesto nervoso, e mi fiondo sul lavoro per non peggiorare la situazione tra di noi.
Tempo fa mi ha chiesto di dargli fiducia, eppure mi chiedo se lui ne abbia data a me, dato che si rifiuta di dirmi cosa succede.

Il resto della giornata procede a rilento, e quando chiudo il negozio sono così stanca da avere a malapena la forza di reggermi in piedi. Fa troppo freddo per prendere la mia moto, e dato che non ho una macchina, l'alternativa è affidarsi ai mezzi pubblici. Prima di entrare in metro mi accendo una sigaretta, consapevole che sia una cattiva abitudine, però mi aiuta ad attutire l'ansia.

Non cedo spesso, soltanto quando ne sento l'estremo bisogno.

Il fumo attenua la pressione che sento nel petto e il bruciore alla gola mi distrae dalla confusione mentale, dalle paranoie che fanno da padrone in questi giorni.
Ogni giorno mi ripeto che andrà meglio, ma sono stufa di aggrapparmi a questa stupida illusione.

Vorrei solo tornare indietro nel tempo e gelare gli istanti allo chalet in montagna, perché quella realtà era un sogno, il mio ambiente ideale. Peccato che non si possa.

Prendo la metro e aspetto di arrivare alla mia fermata, alzando il cappuccio del mio cappotto per riscaldarmi. Per fortuna, l'appartamento di Davian non è troppo distante, e oggi c'è meno folla del solito piantata fuori al cancello. Busso e aspetto che qualcuno mi apra, evitando le domande dei giornalisti come se non esistessero.

Mi basta fingere di non sentirli finché il cancello non scatta, e io sguscio dentro evitando che la gente mi segua.

Sono stremata, cazzo.

Quando alzo lo sguardo, trovo Davian ad aspettarmi sul ciglio della porta, appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate. Ha una felpa nera che gli fascia il busto muscoloso e i pantaloni della tuta, con un'espressione che non saprei decifrare.

È illegale che sia così bello.

«Sbaglio, o il medico ti aveva raccomandato di stare a riposo?» gli domando quando lo raggiungo, e lui mi invita ad entrare in casa.

Lo sento sbuffare alle mie spalle. «Non mi pare di essermi messo a fare un doppio carpiato mortale».

Alzo le spalle, posando il mio cappotto sull'appendino che si trova all'ingresso. Sono un paio di giorni che i dialoghi tra di noi sono così, spenti e a tratti freddi, come se entrambi ci stessimo trattenendo dall'esplodere.

Lui mi accarezza le spalle, chiedendomi il tacito permesso per un abbraccio che non gli nego.

Resto così, con la schiena premuta contro il suo petto e il suo fiato sul collo che riescono a darmi un attimo di tregua. Provo sentimenti contrastanti nei suoi confronti, perché anche quando mi fa innervosire, abbracciarlo è come tornare a casa e sentire quel calore confortante nel petto, solo che è una sensazione passeggera.

«Non mi piace questa freddezza tra di noi, Isie. Mi manchi» sussurra contro la mia pelle, abbracciandomi più forte.

«Sono qui» sospiro, troppo stanca per discutere.

Lo sento scuotere la testa. «Eppure ti sento lontana chilometri».

Mi scosto dalla sua presa e mi volto per guardarlo, con le mani poggiate sui fianchi. Soltanto adesso noto che ha apparecchiato la tavola per due, con un'insalata con pomodori a centro tavola e le bibite, mentre la carne condita con funghi che cuoce a fuoco lento in padella.

Ha cucinato per me?

Non so come reagire, né cosa dire di fronte a tutto questo. Forse sarò un'ingrata, ma vorrei che mi parlasse piuttosto che mascherare il reale problema dietro una bella cena.
Un assaggio di felicità effimero, che sparisce in un secondo.

«Hai sempre detto che sei pessimo a cucinare» mormoro, guardando verso il tavolo pur di non incrociare il suo sguardo.

Davian si passa la mano tra i capelli, imbarazzato. «Hai fatto tanto per me questa settimana, lo vedo che sei esausta, e so che sono parte del problema. Hai affrontato questi giorni senza battere ciglio, forte come una roccia, e io... volevo dirti grazie».

Mi si forma un groppo in gola, con gli occhi che mi pizzicano più lucidi e il cuore che potrebbe esplodere dal petto da un momento all'altro.

Perché con Davian è così: non importa quanta rabbia io abbia nei suoi confronti, lui sa quali tasti premere per spegnere l'incendio e far tornare il sereno.
Solo che questa volta non basta, e vorrei con tutto il cuore che fosse sufficiente.

Le parole mi escono con difficoltà dalle labbra, sembrano pesanti come macigni. «Quando ti deciderai a dirmi cosa succede, Davian? Una cena non risolverà il fatto che tu mi nascondi qualcosa. Continui a dirmi che si è trattato di un incidente, e durante il tuo periodo di ripresa l'ho accettato, però adesso basta. I ricordi di quella sera mi stanno tormentando, e non potergli dare una spiegazione mi annienta. Che relazione è se non ti fidi di me? Se non condividi con me i pesi che ti porti dentro?».

Ed eccolo. Il momento in cui il nostro equilibrio si rompe, e una tempesta ci colpisce in pieno.

Lo sguardo di Davian cambia drasticamente, con i pugni stretti lungo i fianchi e le labbra serrate in una linea retta. «Perché non puoi fare un cazzo, Maisie! Non puoi aiutarmi, non puoi cambiare le cose, nessuno può! Cosa ti aspetti da me? Cosa altro vuoi che non ti sei già presa?»

Il tono duro della sua voce mi fa trasalire, non ero preparata a una sua risposta così dura.

Ogni momento felice passato con lui mi passa avanti come un flash, e mi chiedo se non sia io quella che sta sbagliando, percorrendo la strada peggiore possibile.

«La sincerità, Davian! Dimmi cosa è successo cinque anni fa, dimmi cosa è successo a capodanno, invece che rimandare il problema come se non esistesse. Io sono qui per te, voglio sostenerti, ma come faccio se ho il quadro completo soltanto a metà?».

Odio discutere con lui, mi annienta sentire il dolore incessante del mio cuore che mi implora pietà, e vorrei essere migliore di così.

«E dopo cosa farai, Maisie? Metterai cerotti su ferite che non puoi curare? Mi dirai che ti dispiace?»

La sua frase fa male più di uno schiaffo.

Sentirlo parlare in modo così schietto mi crea uno squarcio nel petto, riportando a galla tutte le cose tra di noi che forse non abbiamo mai davvero superato, e ora ci sono esplose in faccia.

«Ti sosterrei, Davian. Perché è questo che fanno le coppie, è questo che fanno le persone—»

Innamorate.

L'ultima parola mi muore in gola, e Davian mi guarda con gli occhi sgranati, in attesa che io continui. Ma resto zitta, chinando lo sguardo.

«Finisci la frase».

Mi asciugo una lacrima solitaria che solca la mia guancia, scuotendo la testa. «Qualsiasi cosa io ti dica non sarà mai abbastanza da spingerti a essere sincero».

Davian mi guarda con gli occhi spenti. «Non voglio ferirti, Isie. Non voglio caricarti di una battaglia che non puoi combattere».

«E se invece volessi?»

Il suo viso si contrae in una smorfia, imprecando sottovoce. «Ti rovinerei la vita».

Sprofondiamo in un silenzio doloroso, in cui i nostri occhi dicono quello che a parole non riusciamo.

Dove l'amore non basta, quando entrambi siamo addolorati per qualcosa.
Le crepe tra di noi fanno male, e io non riesco a trovare il modo per farmi spazio dentro di lui.
Non me lo permette, e continuare a supplicare è inutile.

«Forse è meglio che vada, non hai bisogno di aggiungere altro stress alla tua vita» sussurro, sforzandomi di trattenere il pianto.

Lui non dice niente, mi fissa come se fossi un fantasma, il suo più grande rimpianto. Mi guarda con l'aria di un uomo sconfitto. «Ti prego, Isie» sussurra, tremando.

Uscirò distrutta da qui, ma ho bisogno anch'io di un attimo di tregua, o le cose tra di noi precipiteranno.

«Se rimanessi qui, ci faremmo soltanto del male, e tu meriti meglio di così. Ne riparleremo quando ci saremo calmati».

Recupero la mia borsa e non aspetto una sua risposta, perché sono certa che alla fine mi convincerebbe a restare. A rimandare ancora e ancora un discorso tra di noi che non possiamo più ignorare.
Abbiamo raggiunto il nostro punto di collisione, adesso sta a noi se sopravvivere o no all'impatto.

Esco di casa dal retro, chiamo un Uber dall'app e ringrazio il cielo che non ci sia nessuno ad assistere a questo spettacolo raccapricciante.
Parte del mio cuore è rimasta lì con lui, e nonostante abbia scelto io di allontanarmi, fa male esattamente come cinque anni fa.

La mia persona preferita non è qui ad abbracciarmi.
L'uomo che amo non mi sorride come una settimana fa.
Non mi addormento con la sua mano stretta alla mia.
Non ho il sapore dei suoi baci sulla lingua.

Non mi sento più a casa, nemmeno quando metto piede nel mio appartamento.

Dove ho sbagliato? Quando ci siamo persi? Quando ci siamo ridotti così? Possiamo ancora salvarci?

Ho mille domande che mi girano in testa, altrettante paranoie che mi tormentano, e l'ansia stasera è il mio peggior nemico, perché l'idea di perderlo è peggiore di qualsiasi altra cosa.
Mi sdraio sul pavimento scossa dai singhiozzi, al punto che non so più cosa sia rimasto integro di me.
Sapevo che far rientrare Davian nella mia vita mi avrebbe portato a questo, ma per un briciolo di secondo, per un attimo... ho creduto che potessimo avere un futuro.

Il telefono squilla, però non ho la forza di rispondere.

Mi arrivano messaggi che non leggo.
La testa si spegne. Il cuore fa male.
Ho a malapena la forza di sbirciare dallo schermo.
Sono tutti messaggi di Davian.

La mia Superstar (molto irritante)
Isie, ti prego. Almeno dimmi se sei a casa. Mi dispiace, cazzo.

La mia Superstar (molto irritante)
Isie... non sono tranquillo se non mi dici che sei al sicuro. Sono in pensiero per te.

Sorrido tra le lacrime al pensiero che sia stata la prima cosa che mi abbia chiesto, e non riesco a ignorarlo.

Io:
Sono a casa.

La mia Superstar (molto irritante)
Mi dispiace di averti parlato così, non lo meritavi. Prenditi tempo per pensare a quello che vuoi, per me non è mai cambiato. Ti spiegherò tutto, te lo prometto.

La mia Superstar (molto irritante)
Tra due giorni ho l'esibizione ai BRIT Awards, te lo avevo detto che ero stato selezionato per due categorie. Ho bisogno di te lì, Isie. Forse è la cosa più egoista che io ti abbia mai chiesto, forse non me lo merito, però ti prego... se credi in noi quanto ci credo io, vieni con me. Ho cantato per cinque anni senza averti tra il pubblico e mi ha ucciso. Non smetterò di lottare per noi, e non sarà una discussione del cazzo a distruggere quello che abbiamo ricostruito insieme. Senza di te mi sento perso. 

La sua frase è un colpo al cuore.

Io:
Avevi promesso che non mi avresti più deluso.

La mia Superstar (molto irritante)
Mi dispiace, Isie. Ti dirò la verità, soltanto... torna da me. Questa volta per sempre, senza più segreti.

La mia Superstar (molto irritante)
Non rinunciare a noi. Io non lo farò. Mi dispiace così tanto averti parlato così, non lo meritavi, piccola. Ti darò il meglio di me.

Che senso avrebbero le mie giornate, se lui non è con me?
Che sapore avrebbe la vittoria, se non posso festeggiare con lui?
Dove potrei sentirmi a casa?
Che senso ha discutere, se poi non si cerca di fare pace?

Non ho bisogno di pensarci, perché l'amore fa male, però al tempo stesso ti guarisce. E quando i sentimenti sono forti, c'è sempre speranza di salvarsi.

Io:
Ci sarò, promesso. Riposati, pirata. Ti ho promesso che non sarei scappata.

Non ricordo cosa è successo dopo che ho risposto. Forse il sonno ha avuto la meglio su di me, e non ho retto il peso dell'intera giornata. Neanche ricordo di essermi addormentata e trascinata sul letto.
Peccato che gli incubi fossero lì in agguato, pronti a farmi tormentarmi.

Questa volta non c'è Davian a salvarmi.
Solo da sola contro me stessa... e affogo.

-

Sono stati i due giorni peggiori della mia vita, e come Davian aveva promesso, mi ha lasciato il tempo di riflettere e di riprendermi i miei spazi. Ha continuato a chiedermi come stessi e se avessi bisogno di qualcosa, senza pretendere nulla. Mi sta aspettando, nonostante la nostra discussione.

Voglio tornare a casa da lui.

Stasera ci sono i BRIT, e l'unica cosa che attendo è di correre da lui e dirgli quanto sia fiero dei traguardi che ha raggiunto. Forse avrebbe dovuto riposare di più, però mi ha detto che non voleva perdere quest'occasione, e nessuno l'ha biasimato. Sono momenti che vanno vissuti.

Mi preparo per uscire col cuore che mi batte forte dentro al petto, trepidante di poterlo riabbracciare. Questi due giorni mi hanno dato modo di pensare, e Davian non è stato l'unico a sbagliare. Come al solito, gli errori si commettono insieme.

Recupero le mie cose e mi affretto a raggiungere il taxi, soltanto che due mani mi bloccano prima che io possa capire di chi si tratti, e mi sento premere una mano contro la bocca.

Provo a dimenarmi e scalciare, usando ogni tattica che mi ha insegnato Mason, solo che non funziona. Il vestito che indosso mi limita nei movimenti, ed entrambe le mie mani sono bloccate.
Tento di urlare, ma invano.

Devo raggiungere Davian.

Non riesco a capire di chi si tratti, però non smetto di ribellarmi un solo istante. Lo sconosciuto mi trascina fino a un vicolo cieco, e sbianco quando capisco di chi si tratta.

Come ha fatto Tyler a trovarmi?

Poi capisco.

È stato lui a fare irruzione in casa mia. Ha sempre saputo dove mi trovassi.

«Se non mi lasci andare in cinque minuti, chiamo la polizia» ringhio, spingendolo via da me.

Lui ridacchia, e i suoi occhi sono così infuocati di vendetta da farmi rabbrividire. Quell'espressione mi terrorizza, mi rende inerme e odio esserlo. «Sul serio? E con quale telefono?» Tyler alza sopra la sua testa la mia pochette, e io impreco.

Fanculo, lo ammazzo.

«Che cosa vuoi?»

Lui ridacchia. «La vendetta è un piatto che va servito freddo, e io sto per prendermi la mia con gli interessi» sogghigna, guardandomi attentamente.

Detesto il modo in cui mi fa sentire, come se avessi qualcosa di cui vergognarmi.

Lui mi si avvicina, prendendomi il volto tra le mani. «Da adesso in poi, farai esattamente quello che ti dico, o non mi limiterò a rovinare te, ma anche quello stronzo del tuo fidanzato. Ci metto due secondi a far sapere al mondo intero quanto sei puttana, e altrettanto a far sapere a tutti chi è davvero Davian Harthley».

No. Non può avere le prove.

Mi tremano le mani, e il mio mondo crolla, si infrange senza possibilità che io possa salvarlo.

«Di cosa stai parlando?» mormoro con un filo di voce.

La soddisfazione nel suo sguardo è evidente, e aumenta quando alza il suo telefono contro la mia faccia, tenendolo a distanza.

Oddio mio.
Quando è successo?
Perché non lo ricordo?
Non può essere. Non posso essere io.

Mi viene da vomitare, e la bile mi sale in gola nel vedermi riflessa in quelle foto.

Sono nuda sotto di lui.

Ho il corpo esposto davanti a tutti, sono foto che non riesco neanche a finire di guardare.

Non dovrebbero esistere, mi fanno vergognare del mio stesso corpo.
Mi fanno sentire debole. In trappola. Usata.
Sgrano gli occhi, consapevole di un'amara verità.

Il mio odio per i flash.
Gli incubi...

«Proprio così, puttanella. Credevi che non te l'avrei fatta pagare? Per colpa tua mi sono dovuto scontare due fottuti anni di prigione, e alcuni dei miei ragazzi sono ancora dentro. Non mi ci è voluto molto a drogarti quella sera, eri così accondiscendente, e devo dire la verità... molto fotogenica» ridacchia, e cerca di sfiorarmi.

Mi ritraggo, disgustata, solo che il disprezzo che ho per me stessa è più forte.

Non avrei mai dovuto avere a che fare con lui.

«Tu non ne avevi il diritto! Era il mio corpo!» urlo, spingendo le mani contro il suo petto.

«Davvero, Maisie? Noi due avevamo questo tipo di relazione, o vorresti negare che scopavamo? Sarai così bugiarda? Ti avevo avvisato che non ti conveniva metterti contro di me, ragazzina».

Mi ha messo all'angolo, lo so. Le immagini di quella notte che mi tormentano da anni, credevo fossero semplici incubi... invece no. Erano sprazzi di ricordi.

«Non ho finito» aggiunge, e mi mostra le foto di tutti noi.

Ci siamo io, Mason, Eris, Davian... tutti ripresi alle gare, sopra le nostre moto. Che corriamo e partecipiamo ai raduni.
Ci tiene in pugno, gli basterebbe nulla per mandare all'aria la reputazione di ciascuno di noi.
Mason perderebbe il lavoro, Eris sarebbe in un mare di guai.
Davian... perderebbe ogni cosa per cui ha lavorato.

Mi abbandono alla consapevolezza di non avere scelta, se non quella di proteggere la mia famiglia e me stessa. Tiene lui le redini del gioco, non c'è nulla che io possa fare.

«Cosa... vuoi che faccia?» gli dico con un tono sconfitto, spento.

Ha approfittato di me.
Mi ha drogato.
Mi ha filmato.
Mi ha rovinato.

Tyler non prova neanche un minimo di pietà, anzi, vedermi distrutta lo diverte, lo fa sentire acceso.

«Quello stronzo del tuo fidanzato mi ha fatto bandire il mio nome da ogni gara qui a Londra e mi ha rotto il naso. Voglio pareggiare i conti» sogghigna, riponendo il telefono al sicuro nella sua tasca. «Voglio che gli fai male, come tu puoi fare. Voglio vederlo soffrire e rinunciare alle corse. Inoltre, un bell'assegno con una cifra a cinque zeri sul mio conto non sarebbe male. O lo distruggi tu, o io distruggerò le vostre vite. Scegli, Maisie».

Quando Tyler se ne va, di me non resta nulla. Sono annientata, disgustata e affranta.

O proteggo la mia famiglia, o li condanno.
O faccio del male a Davian, o rovino la sua vita e i suoi sogni.

Inizio a piangere, perché nessuna di queste opzioni è giusta, non c'è l'uscita di emergenza.
Non posso salvarmi.

Stringo i denti, mentre il gelo dell'inverno mi fa rabbrividire, anche se non è quello a fare più male.

Recupero la mia borsa da terra, e ogni gesto avviene al rallentatore. Ogni secondo è come un coltello che affonda nella carne, una scelta che continuerà a farmi sanguinare.
Apro la chat di Davian con le lacrime che scendono veloci e il cuore in pezzi.

Io:
Mi dispiace, non posso esserci stasera. Dovrei farcela senza di me. Ho un impegno.

Urlo fino a sentire bruciare le corde vocali.

Sfogo tutta la rabbia repressa, tutto lo schifo che mi si sta riversando addosso, ogni sentimento che ho soffocato. Le immagini che mi ha mostrato Tyler sono un promemoria nauseante, mi fanno sentire come non dovrei, mi fanno sprofondare... eppure mi rifiuto di farlo vincere.

Mi ha appena dichiarato guerra, e non resterò inerme mentre fa a pezzi la mia vita.

Si è già preso troppo.

Ha fatto la sua prima mossa, e mi vendicherò. Mi riprenderò quello che mi ha tolto, assicurandomi che non possa più fare del male alle persone che amo.
Guardo il telefono, sentendo un dolore acuto al petto quando vedo che Davian ha visto il messaggio... e non ha risposto.

Quando sarà al sicuro, gli dirò la verità.
Risolveremo le cose.

La mia casa sembra così lontana, adesso.

Non c'è nessuno a proteggermi e a darmi conforto.

Non sto bene.
Non guarirò presto.
Il senso di colpa non scomparirà.

L'unica cosa che mi resta da fare, è continuare a tenere duro, nonostante tutto stia andando a rotoli.

Non mollerò.

L'unico modo che ho per trovare pace, è vedere Davian... mi accontento di un secondo.

Un Uber mi accompagna fino ai BRIT, e grazie al mio invito riesco a entrare all'interno, solo che è ben diverso da come avevo immaginato.
Senza di lui, tutto perde significato. Mi muovo come un automa verso gli spalti, mentre il mio cervello si spegne e il cuore prova troppo dolore per permettersi altra sofferenza.

Anche se non può saperlo, voglio essere qui per lui.
Perché credo in noi.
Perché lotterò per il nostro amore.

Faccio il tifo per te, pirata.
Spero che tu possa perdonarmi, prima o poi.

✨Spazio Autrice✨

Mi preparo a minacce e forconi, già lo so.
Sono consapevole che questi capitoli sono tosti da digerire, ma spero possiate perdonarmi più avanti🫣

Mi ha fatto venire il magone scrivere l'intero capitolo, ma poco a poco i nodi stanno venendo al pettine.
Il prossimo capitolo vi prometto che arriverà presto, non vi terrò a lungo sulle spine❤️‍🩹
Come la prenderà Davian?🫣