"E qualsiasi angoscia che adesso sembra mortale, in confronto al perderti, non sembrerà uguale."

- William Shakespeare

Soundtrack: Big Girls Cry – Sia

Accade tutto troppo in fretta, e la scena si ripete continuamente davanti ai miei occhi come un fottuto film dell'orrore.
Non ci sono stati avvertimenti, né segnali. La serata procedeva alla perfezione... e poi è collassato tutto da un momento all'altro.

Mi accorgo tardi dell'assenza di Davian al mio fianco.

Sento le sue urla.
Mi alzo di scatto dalla sedia, ma non basta.
Non riesco a proteggerlo. Non riesco a essere lì per lui.

Non dimenticherò mai la scena, vivrà nei miei incubi ogni notte.
Il momento in cui la mia felicità si infrange. Sparisce.
Neanche mi sono accorta di aver iniziato a urlare.

«Davian!»

Lo vedo cadere dalle scale, rotola fino a raggiungere terra, e io sto già correndo da lui, con le mani che tremano e l'ansia che mi rende impossibile respirare.
Ha spasmi continui alle gambe, il suo viso è distorto in una morsa di dolore, e non c'è niente che io possa fare.

Dalla testa esce un rivolo di sangue, e quando mi sporgo per afferrarlo, due braccia mi tirano indietro nonostante io mi opponga. Voglio andare da lui, fargli capire che sono lì.

Sono troppo confusa, troppo stordita, troppo stralunata per capire cosa sta accadendo. Attorno a noi si accalcano decine di persone che per lo meno hanno la decenza di non riprendere nulla.

Boccheggio, e le lacrime scendono senza vergogna sulle mie guance. Fisso l'agente di Davian che parla al telefono con un'ambulanza, e sono tentata di andare lì e strangolarlo con le mie stesse mani.

Cosa è successo? Stava parlando con lui.

Lui era qui fino a poco fa. Ha ballato con me, abbiamo scherzato, abbiamo festeggiato.

Perché adesso è lì? Perché non apre gli occhi? Perché non torna da me?

«Aiutatelo, vi prego! C'è un medico qui? Per favore, aiutatelo!» grido frasi sconnesse mentre cerco di raggiungerlo, ma lo sconosciuto mi tiene ferma.

«Signorina, si calmi. La cosa migliore è far spostare il ragazzo a un medico esperto, è meglio che lei non lo tocchi. Sta avendo un attacco».

Un attacco.
Un attacco di cosa?

Batto le palpebre, confusa, e cerco di nuovo di raggiungerlo, mettendomi in ginocchio vicino a lui, mentre un uomo che ha detto di essere un medico allontana da lui qualsiasi oggetto contundente, facendogli alzare la testa. Gli controlla il battito e annuisce, dando indicazioni ai presenti in sala.

«Dobbiamo portarlo in ospedale, non possiamo aspettare un'ambulanza».

Mi risveglio dal mio stato di trance, e mi alzo in piedi, asciugandomi le lacrime.

«Guido io. So guidare, cazzo. Non aspetterò un'ambulanza il giorno di capodanno. Aiutatemi a metterlo in macchina e andiamo!»

Ogni parte del mio corpo sta tremando, e non so cosa riesca a farmi mantenere questa apparente calma, perché dentro sto morendo. Vorrei urlare, correre da lui e dirgli tutto quanto, ogni cosa.
Fino a poco fa era tutto perfetto, ed è andato a puttane in un istante.

«Sicura di essere in grado di restare lucida fino all'ospedale?»

Fulmino l'uomo con un'occhiata, e annuisco. «Stiamo perdendo già troppo tempo. Andiamo in macchina e guidiamo fino al dannato ospedale. Si tratta del mio fidanzato, dell'uomo che amo, sono pronta a fare tutto quello che serve».

Forse crollerò dopo, al momento la mia priorità è Davian. Ho un obiettivo fisso, e lasciare spazio ad altro non mi aiuterà. Corro fuori per recuperare l'auto, gridando allo chauffeur di darmi le chiavi mentre due uomini portano fuori Davian. Entro al lato del guidatore e aspetto che il medico e Davian siano in macchina, sul retro.

Parto senza aspettare un secondo di più, e ogni istante che mi separa dalla destinazione è una tortura.

«Signorina, sa se il ragazzo soffriva di qualche patologia?»

Silenzio. Non so che rispondere.

La consapevolezza di non sapere nulla dell'uomo che amo mi colpisce dritta in faccia, ma se mi ci soffermo è finita. Devo arrivare in ospedale, crollare non mi è concesso.

«No. Non... non che io sappia».

L'uomo annuisce, e tiene Davian il più fermo possibile, con una benda dietro la testa per fermare il sangue dato dalla caduta, e il corpo immobile per evitare che gli spasmi lo facciano urtare.

Che ti sta succedendo, pirata?
Perché non me ne hai parlato?

Delle lacrime silenziose scendono dal mio viso, non c'è modo di fermarle. Opprimo ogni emozione dentro di me, eppure il petto continua a fare male, la preoccupazione continua a crescere e l'ansia non mi dà tregua, ripensando a tutto quello che avrei potuto fare meglio.

Se solo fossi stata con lui.
Se solo non mi fossi distratta.
Se solo fossi stata più attenta.
Se solo... se solo la vita fosse stata diversa.

Aumento la velocità e impreco a un semaforo rosso, scattando non appena è verde.

Dovrei avvisare suo padre, o forse Mason e Asher. Lottie.

Ho troppi pensieri in testa, e sono rumorosi al punto da farmi impazzire. Mi sta crollando il mondo addosso, si infrange in mille pezzi che questa volta non so ricomporre.

Resisti, Maisie. Devi resistere.

«Andiamo, Davian. Svegliati, reagisci» sussurro, svoltando verso il viale dell'ospedale.

È stata una brutta caduta.
Ha battuto la testa.
Ha perso i sensi.

L'odore di sangue mi sta facendo impazzire, e vorrei solo urlare.

Mi fermo di botto davanti l'entrata del pronto soccorso, dove probabilmente le guardie mediche sono state già allertate, perché ci raggiungono in pochi secondi. Si svolge tutto al rallentatore davanti ai miei occhi, troppo surreale per metterlo a fuoco.

Vedo il corpo incosciente di Davian che viene caricato su una barella, i medici che si scambiano un'occhiata, la sua mano con gli anelli che trema e penzola verso il basso, invece che stringere la mia come qualche ora fa.

Non fa battute maliziose. Non mi dice che sono la sua leonessa e che ha occhi solo per me.

Mi avvicino verso l'interno, ma un infermiere mi ferma con un'espressione dispiaciuta.

«Mi dispiace, signorina. Lei non può entrare. Dovrà aspettare in sala d'attesa».

Fanculo.

Fare una scenata non aiuterebbe, quindi prendo un respiro e annuisco, consapevole di non poter fare altro.
Non sono sua moglie, né un suo parente stretto.
Non posso oltrepassare quelle porte. Non posso esserci per lui.

«Riportatelo da me, vi prego. Datemi notizie non appena è stabile. Non sono sua moglie, lo so... ma lo amo. Non posso perderlo, ridatemelo, vi prego» singhiozzo, in uno stato pietoso.

Il medico annuisce, guardandomi con compassione. «Ha la mia parola, lo farò. Verrò personalmente ad avvisarla».

Ora devo solo aspettare.
Restare qui in attesa di una notizia.
Di un sì oppure un no.
In un limbo infernale.

Recupero il cellulare senza rendermene conto, e scrivo un solo messaggio sul gruppo, non ho la forza di fare altro. Non ho voce per spiegare, e farlo mi porterebbe a piangere di più.

BEST SQUAD EVER:

Io: Davian è in ospedale. È caduto dalle scale. Siamo al St.Thomas Hospital.

Non voglio restare sola.
Ho bisogno di qualcuno che capisca come mi sento.
Ho bisogno di un ancora, anche se nessuno potrebbe essere come Davian.
Senza di lui crollo, e di me restano le briciole.
Sento il tintinnio delle notifiche, e ho a malapena la forza di guardare lo schermo.

Mason: Arrivo subito. Tieni duro.

Asher: Dammi dieci minuti e sono lì.

Candice: Corro da voi il prima possibile. Non ti lascio sola.

Kaiden: Davian è un cazzo di combattente, starà bene. Sono lì tra poco.

Lottie: COSA? Avverto papà e arriviamo subito. Dio mio...

Eris: Vi raggiungo anche io.

Sapevo che avrei potuto contare su di loro, ne ero certa. Però restare da sola con i miei pensieri in questo momento non mi aiuta. È una tortura lenta, e adesso che ho fatto il mio dovere, posso aprire il rubinetto delle mie emozioni.

Vado in pezzi.

Scatta la mezzanotte mentre io scoppio a piangere, col petto che stride e fa male per quanta pressione sento, come se qualcuno lo stesse squarciando. Piango perché non so niente di Davian, non so come aiutarlo, né cosa sia successo e come potevo evitarlo. Piango perché ho paura, perché il mondo è cambiato in un secondo, senza preavviso. Piango perché rivoglio il mio pirata, e senza di lui io sono persa.

Posso appellarmi solo ai miei ricordi, è l'unico modo che ho per sentirmi vicina a lui.
Per ricordarmi di una realtà diversa.
Quando cadevo e per la prima volta c'era qualcuno a preoccuparsi per me.

*

Odio questa scuola. Odio le ragazze che la frequentano.

Per questo ho sempre preferito restare in disparte e non farmi notare, così che nessuno potesse darmi fastidio, o farmi sentire inadatta. Nessuno mi vedeva, nessuno prestava attenzione a me.
Invece, a quanto pare, frequentare Davian mi ha messo al centro dell'attenzione.

Le cheerleader mi guardano male, sussurrano cose alle mie spalle, e ho sentito persino una di loro chiamarmi "grassona". Ho davvero così tanti chili? Non credevo di essere talmente in carne.

Forse è colpa del seno prosperoso. Forse i fianchi troppo pronunciati, le gambe non troppo snelle, non come quelle di un atleta. Mettere la gonna è stata una pessima idea, avrei dovuto rinunciare.

Il colpo di grazia lo ricevo quando mi avvicino all'armadietto, e non vedo la gamba di una ragazza che mi fa lo sgambetto, facendomi cadere a terra con tutti i miei appunti, con le ginocchia e la faccia contro il pavimento.

«Sfigata, resta lontana da Davian! Sei patetica per uno come lui».

Sento le lacrime minacciare di uscire, però le trattengo perché sono orgogliosa. Non gli darò la soddisfazione di vedermi crollare. Poi una di loro mi versa addosso quella che credo sia una bibita gassata, e io mi sento umiliata come non mai.

Cosa ho fatto di sbagliato?

Non è colpa mia se Davian è interessato a me. Se c'è qualcosa tra di noi.

C'è un intero gruppo che ride di me mentre io sono con le ginocchia al terreno, che guardo i miei appunti ormai zuppi. Ci avevo messo un intero pomeriggio a ricopiarli. Mi servivano per il test di domani, e ora dovrò ricominciare da capo.

«Ma guardala, neanche reagisce. Cosa c'è, hai perso la lingua?» ride uno, beffeggiandomi con un suo amico.

«Non ci credo che a Davian piace lei. Forse era una scommessa».

Voglio solo sparire. Non reagisco, mi ammutolisco e tremo, anche perché le ginocchia mi fanno male, così come la faccia. Che senso ha ripagare l'odio con altro odio? Che senso ha reagire e abbassarmi al loro livello?

Io sono sola, loro sono tanti.
Dove sei, Davian? Perché glielo lasci fare?

Socchiudo gli occhi mentre tento di rialzarmi, fino a quando sento la sua voce, la riconoscerei ovunque.

Lui. Il pirata del mio cuore.

Sta camminando verso di me, e dall'espressione che ha... è pronto a fare fuoco e fiamme. Lo so.

Non mi ha abbandonato, è qui per me.

«Isie» sussurra preoccupato, e mi prende tra le braccia, tenendomi stretta. Mi accarezza la testa, mi stringe contro il suo petto quanto basta per sentirmi meglio.

La sua voce è un ruggito furioso. «Chi cazzo è stato? Siete ridicoli! Dei poveri coglioni! Vi sentite potenti, adesso?» sbraita, facendomi tremare.

So che non è rivolto a me, però non voglio che si cacci nei guai. Ha già perso un anno di scuola, da quello che ne so.

Mason, il suo migliore amico, mi affianca subito, recuperando i miei appunti ormai distrutti. Mi guarda dispiaciuto, e poi li sbatte contro l'armadietto della responsabile, non so neanche come abbia fatto a capire che sia stata lei a cominciare.

«Stammi a sentire: domani voglio che la mia amica abbia di nuovo i suoi appunti, e sarai tu a ricopiarglieli, passo per passo. Poi andrai dal preside per dirgli quanto codarda e vigliacca sei stata, o lo farò di persona. E puoi star certa che ti farò cacciare dalle cheerleader, perché ho il fottuto potere di farlo» fissa la ragazza con odio e disprezzo, mentre lei si limita ad annuire.

Non mi dispiace affatto vederla mortificata, è quello che si meritano le persone cattive come lei.

«Chiedi scusa alla mia ragazza, e dille che sei una vigliacca invidiosa. Anzi, chiedetele scusa tutti, cazzo. E se qualcuno riprova di nuovo a fare una cosa del genere, giuro che diventerò il vostro dannato incubo! Da questo momento in poi, lei non si tocca!» ringhia Davian, senza mai lasciarmi.

Non avevo mai avuto nessuno che mi difendesse.
Nessun amico che si preoccupasse per me oltre Candice.

Mason ha detto che sono una sua amica... e mi piace.

Sento le scuse dei presenti, ma non le accetto, né li perdono. Resto stretta a Davian senza guardare nessuno, non ne ho la forza.

Mi porta via prima che me ne renda conto, e riconosco la sala dell'infermeria dall'odore forte di disinfettante. Mi fa sedere sul lettino, e mi prende una delle gambe per guardare le ginocchia sbucciate.

«Non serve che tu lo faccia. Tra poco arriverà l'infermiera» gli sussurro, senza riuscire a guardarlo.

Vederlo chino su di me, in mezzo alle mie gambe, mi fa un effetto... potente. Mi fa contrarre il ventre e avvampare sulle guance, tanto che devo sforzarmi per far andare i pensieri altrove. Non sono mai stata così con un ragazzo, né mi ci sono sentita così tanto attratta.

Forse potrebbe essere lui la mia prima volta. Io... lo vorrei.

«Lasciami prendere cura di te, Isie. Scusami se non ti ho protetta, non accadrà mai più. Non ti lascerò sfiorare da nessuno» mormora, mentre mette il disinfettante sulle mie ferite.

Sussulto e stringo i denti, e per fortuna la sua presenza rende il dolore più sopportabile. Mi fa il solletico per farmi ridere, mi parla dell'ultima lezione di canto che ha fatto, e che l'insegnante si è complimentata con lui.
Vorrei sentirlo cantare prima o poi.

Il fastidio per la caduta passa quasi subito, e mi manca il respiro quando si avvicina con l'ovatta al mio viso per tamponare il piccolo graffio sulla guancia. Ho le sue labbra a un palmo di distanza, e la sensazione che ho provato l'altra sera sulla moto torna prepotente.

Non dimenticherò mai quel bacio. Il mio primo.

«Se mi guardi così, leonessa, impazzirò» mormora, avvicinando il volto al mio.

La voglia di baciarlo di nuovo mi fa contorcere lo stomaco, come se mille farfalle stessero prendendo il volo nel mio stomaco. Non ho mai provato niente di più potente, mi devasta e mi fa desiderare di averne ancora, mi fa dimenticare ogni dispiacere, ogni sofferenza. C'è spazio solo per lui.

«E cosa faresti?» sussurro sottovoce.

«Ti bacerei di nuovo» ammette, e io sento i fuochi d'artificio.

Vi prego, non svegliatemi mai più.

«Smettila di chiedere il permesso, pirata» gli dico a un palmo dalla bocca, e questa volta prendo io l'iniziativa.

Porto le labbra sulle sue, e lo attiro a me in un bacio delicato, che si trasforma in qualcosa di più in un istante.

Il modo di baciare di Davian è dominante, selvaggio, tanto intenso da fare fatica a stargli dietro. Mi reclama e io mi arrendo, non desiderando altro che lui.

«Finché sarò al tuo fianco, mi prenderò cura di te».

«E io mi prenderò cura di te, pirata. È una promessa».

*

Adesso, quella promessa fa male.
Ho il cuore spezzato in mille pezzi, e non mi vergogno di piangere davanti a tutti, né di mostrarmi debole. Non c'è sollievo al dolore che provo, alla preoccupazione che mi asfissia.

Non mi sono presa cura di lui. Non ho evitato la sua caduta.

Il senso di colpa mi divora, mentre sono rannicchiata su una poltroncina scomoda, in uno stato di trance.

La porta del pronto soccorso si spalanca, e prima che abbia il tempo di realizzarlo, Mason mi sta stringendo, con gli occhi più lucidi e l'espressione terrorizzata.

«Isie» sussurra, abbracciandomi più forte.

«Dovevo restare con lui. Non dovevo lasciarlo solo, io... io non me lo aspettavo» singhiozzo, aggrappandomi al suo maglione.

Dopo di lui arrivano Lottie e suo padre, in lacrime. Non so come spiegargli la situazione. Non so cosa dire.

«Lo hanno portato d'urgenza all'interno. Io... i-io non posso entrare, ma forse voi sì» gli spiego in un sussurro, come fossi un automa.

Continuano a chiedermi cosa sia successo, come sia caduto, il punto è che io non lo so.

La testa mi scoppia, ho bisogno d'aria. Ho bisogno di vedere Davian e assicurarmi che sta bene.

«Non lo so cosa è successo! Non lo so, cazzo! Un attimo prima stava bene, e poi... e poi... l'ho visto cadere dalle scale. Sembrava che tremasse... non lo so» ripeto le stesse ultime parole in continuazione, prendendomi la testa tra le mani.

Mason e Lottie impallidiscono, il padre non parla.

Sanno qualcosa che io non so.

«Fuori è pieno di giornalisti, non fanno altro che chiedere cosa sia successo. Il suo agente sta cercando di mandarli via» mi racconta Mason, stringendo le mani in un pugno.

Il padre va verso la reception per chiedere di Davian, e a lui acconsentono il passaggio, ovviamente.

Poco dopo arrivano anche Asher, Kaiden ed Eris, e io devo ripetere di nuovo la stessa cosa.

Sono esausta, non mi sono rimaste neanche le energie per piangere.

Mi chiudo in una bolla di silenzio, rifiutando qualsiasi cosa assomigli al cibo.
Non parlo. Non rispondo alle domande. Non piango.
Lo sto semplicemente aspettando.

Come ho fatto per cinque anni, solo che adesso è diverso.

Candice si mette al mio fianco, e mi abbraccia senza dire nulla, tenendomi contro di lei. A che serve parlare in questi casi? A cosa serve dire che andrà tutto bene?

«Tornerà da te, vedrai. Vi appartenete, e in un modo o nell'altro riuscite sempre a ritrovarvi» mi sussurra, baciandomi la fronte.

Prendo un profondo respiro, e guardo verso il soffitto, cercando di asciugarmi le lacrime.

Eris mi si avvicina, sedendosi dall'altra parte.

«Lui non è uno che molla».

Eppure ho paura lo stesso. Nessuno è invincibile.

Uno alla volta, si mettono tutti seduti vicino a me, e averli mi aiuta a sentirmi meno addolorata, perché so di avere qualcuno su cui contare. Una famiglia che mi guarda le spalle, e ora come ora, soffre proprio come me.

Asher fissa la porta con uno sguardo assorto, e si morde il labbro. È la prima volta che lo vedo preoccupato, e so che non riguarda il lavoro. Vuole bene a Davian, nonostante non lo dica a parole.

Mason non parla, e quando l'ennesimo infermiere ci dice di non avere aggiornamenti, tira un pugno contro la parete che fa sussultare tutti, e Lottie si avvicina per calmarlo. Kaiden impreca, afferrando una sigaretta prima di andare a fumare all'esterno. Se non avessi gli occhi fissi sulla porta, andrei anch'io.

L'attesa è interminabile.
I minuti diventano ore.
La notte avanza.

Non avere notizie è sfiancante, mi fa vivere in uno stato di tensione perenne.

Asher ha portato il caffè a tutti, mentre Mason mi ha ceduto la sua felpa per coprirmi. Nessuno parla, siamo tutti tesi, con la testa persa nei pensieri. Candice non lascia mai la mia mano, e fa di tutto per strapparmi un sorriso, senza successo.
Lottie va a chiedere di nuovo informazioni, ma nessuno sa dirle niente.

Fanculo.

Poi esce un medico con in mano una cartellina, e tutti noi scattiamo in piedi.

Sto morendo dentro. Ho il cuore a mille.

Vi prego.

«Siete voi i parenti di Davian Harthley?»

Annuiamo. Lui ci fa segno di seguirlo all'interno. «Non ho il permesso di parlarvi della situazione clinica del signor Harthley, ma è cosciente e stabile in questo momento. La caduta non è stata troppo violenta, ha avuto solo una leggera commozione cerebrale e una distorsione del polso sinistro. Ha chiesto di una certa Maisie non appena ha aperto gli occhi. Se vuole, può andare».

Non serve farmelo ripetere.

Se lui ha bisogno di me, io corro.

✨Spazio Autrice✨

So che non è il capitolo più allegro che ho scritto, ma almeno ha un finale migliore dell'altro, non odiatevi troppo🫣

Vi lascio con l'AI di una piccola Maisie triste, con la promessa di aggiornare presto, forse già a fine settimana. Grazie come sempre per il sostegno, e spero che non mi odierete troppo per i prossimi capitoli 😩