𝑪𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝟑: 𝑻𝒐𝒓𝒏𝒂 𝒄𝒐𝒏 𝒎𝒆.

'' Gli amori vecchi sono ferite che fanno ancora male in certi giorni strani.''
-Anonimo

Soundtrack: We Are Never Ever Getting Back Together – Taylor Swift

Per quanto ardentemente io ci abbia provato, Davian Harthley non ha smesso di occupare gran parte dei miei pensieri, e spostare l'attenzione su altro mi è stato impossibile.

Dannazione, lo detesto.

Non sopporto che la sua voce riesca a procurarmi ancora i brividi, che il suo sguardo sia ancora la cosa più bella che io abbia mai visto, e che questa stupida giacca abbia il profumo più buono del mondo.
Riesce a scaldarmi il cuore, e offrirmi un posto che mi ripara dal mondo esterno, come fosse una corazza.

Io e Candice non abbiamo parlato molto, e se c'è una cosa che apprezzo di lei, è che sa quando lasciarmi i miei spazi per poter metabolizzare e riflettere.

Rivederlo a portato a galla i ricordi che pensavo di aver superato, momenti belli quanto brutti. Ferite che non sono mai guarite del tutto, e che in momenti come questo tornano a bruciare.

Devo decisamente pensare ad altro, e far finta che questa serata non sia mai esistita.
Domani per me inizierà una nuova avventura, e non posso permettermi distrazioni. Ma soprattutto, non sarei in grado di gestire l'ennesima delusione.

Eppure... il cuore pare aver preso una direzione diversa. Maledette farfalle, tornate in gabbia.

Odio il fatto che nonostante tutto, restargli indifferente mi è impossibile, scatena in me una marea di sensazioni che credevo di aver dimenticato, e invece sono ancora lì, come se non fossero mai scomparse.

«Isie, siamo arrivate. Dovresti scendere dalla macchina, e sbarazzarti di quel giubbino.»

La voce della mia migliore amica mi riporta alla realtà, e solo adesso mi rendo conto che mi sono letteralmente aggrappata alla sua giacca, che non ho smesso di stringere per un solo secondo.

Probabilmente è perché vorrei strozzarlo con le mie mani.

«Lo farò. Magari la vendo su Vinted, ci potrei guadagnare davvero parecchio» sogghigno, scendendo dalla macchina.

«O magari darle fuoco, sarebbe più catartico.»

«Ma meno proficuo, e io non brucio i vestiti» le ricordo, rivolgendole un piccolo sorriso.

Candice mi apre la porta del suo appartamento, e alla fine getto la giacca sul divano, consapevole che devo sbarazzarmene. Ho altre priorità al momento, e meritano la mia totale dedizione.

«Hai fame? Hai mangiato a stento prima di uscire» mi ammonisce Candice, ma io scuoto la testa, irremovibile.

«Sono a posto, tranquilla.»

Lei alza le spalle, sbuffando prima di afferrare qualche biscotto dalla credenza, divorandoli in pochi secondi.

Saranno circa duecento calorie che non posso proprio permettermi.

Io nel frattempo vado nella camera degli ospiti, dove ci sono tutte le mie cose, e la pila di documenti sulla mia scrivania mi fa automaticamente sorridere.

È per questo che sono qui: per inseguire il mio sogno.

Dopo notti insonni, ricerche sui fornitori, contratti di affitto improponibili, e infinite ricerche di materiali... finalmente posso dire di avercela fatta. Avrò il mio piccolo atelier, nel cuore di Carnaby Street. Grazie al concorso vinto la scorsa estate, la commissione che ha aggiudicato il premio mi ha concesso il necessario per potermi permettere un anno di affitto, e grazie all'aiuto di mio padre e ai miei risparmi, sono riuscita a permettermi l'acquisto dei tessuti e degli accessori di cui avevo bisogno.

Adesso posso affermare di essere una Fashion Designer a tutti gli effetti, ed è l'unica cosa che mi impedisce di crollare. Ho lavorato duramente per riuscirci, ho sopportato prese in giro, delusioni e fallimenti, e anche se non sono ancora in cima, posso dire che la scalata non mi sembra più così ripida e impossibile.
Non ho intenzione di sprecare l'occasione.

Per sicurezza, mi rileggo tutti i vincoli contrattuali, rivedo i dettagli del mio brand, e controllo che non ci sia nulla di anomalo.

Lioness, così ho deciso di chiamare il mio brand.

È stato l'unico legame col mio passato che mi sono concessa, e non me ne pento. Doveva essere lui, e non sono riuscita a trovare di meglio.

E poi... suona dannatamente figo.

«Isie, ho fatto controllare i documenti anche al commercialista di mio padre, e sai che è uno dei migliori. Hai tutto in regola, non preoccuparti.»

Quando alzo lo sguardo, trovo Candice appoggiata allo stipite della porta, con in mano una camomilla che suppongo sia per me. È il suo modo di consolarmi, e di restarmi vicina. Non potrei chiedere di meglio.

«Lo so, è che ancora stento a crederci» sospiro, fissando le chiavi della boutique con un sorriso sognante.

«Ovviamente io sarò la tua prima cliente, voglio almeno due outfit completi» mormora, risoluta.

«Sarà fatto» ridacchio, finendo di controllare i design di ogni indumento.

La mia prima collezione realizzata per intero. Mi sembra surreale, eppure bellissimo al tempo stesso. Ho ricorso per così a lungo l'obiettivo, da arrivare a chiedermi se ne valesse la pena, e se i miei sforzi sarebbero stati mai ripagati.

Notti intere piegata sui fogli, e poi al pc.
Lacrime silenziose di cui nessuno è a conoscenza.
Modelli che non calzavano mai perfetti.
L'ispirazione che non sempre mi aiutava.
La mia autostima che cercava di resistere ai ripetuti colpi.

Non posso mollare adesso. Devo crederci più che mai.

«Questa è la tua occasione, Maisie, e te la sei meritata. Andrà bene, vedrai. Io credo in te, sempre e comunque.»

Le parole di Candice mi tranquillizzano, e averla al mio fianco è la cosa migliore che potessi chiedere. La distanza non ha spezzato il legame che ci unisce, penso che nulla possa farlo. Lei è la mia spalla, e io sono la sua, anche a chilometri di distanza e con un oceano a dividerci.

«E io credo in te, sempre e comunque» ripeto, dandole un bacio sulla guancia.

Lei mi sorride, dopo avermi dato una pacca sulla spalla. «Vai a riposarti, domani è il grande giorno.»

Io annuisco, dandole la buonanotte prima di mettermi a letto.

Il problema è soltanto uno.

Continuo a ripensare agli occhi verdi di Davian puntati nei miei, come artigli che affondano nel mio cuore.
Il suo sorriso smagliante, quella maledetta espressione sul volto, la causa di tutti i miei problemi.

Maledetto pirata, dovrei odiarti.

La mattina dopo, sono in piena agitazione. Non ho fatto altro che rigirarmi nel letto per tutta la notte, cercando di calmare la mia ansia, ma senza successo. Sono trepidante, eppure spaventata al tempo stesso. Non voglio rovinare la mia occasione, né veder crollare i miei sogni.

La sveglia segna le sei del mattino, e rassegnata al fatto che non riuscirò a riprendere sonno, mi trascino fuori dal letto. Quando però poso lo sguardo sul mio telefono, che ho recuperato dal comodino, una notifica mi risalta subito agli occhi:

''Davian.harthley_ ha cominciato a seguirti.''

Maledizione a lui.

Aprendo poi la pagina di Instagram, noto che le pagine di gossip condividono a manetta tutti la stessa foto. Mi basta poco più di qualche secondo per capire che quelli siamo io e Davian, solo che per fortuna il mio viso è coperto, e quindi poco riconoscibile.

''Che sia la nuova fiamma del donnaiolo più desiderato di Londra?''

I titoli cambiano di poco, ma tutti riportano circa la stessa notizia, e il mio stomaco inizia ad attorcigliarsi. C'è un motivo se non ho raccontato di questa storia a nessuno. Voglio restare invisibile, e soprattutto, non esser in alcun modo ricollegata a lui. Riporterebbe alla mente troppi ricordi, e non ho intenzione di riviverli.

Il cuore inizia a battere come un tamburo nel petto, e se possibile, la mia ansia aumenta anche di più. Non credevo che un solo giorno a Londra potesse risvegliare così tanti fantasmi del passato.

Quando però controllo le richieste dei messaggi, trovo il suo nome in cima, e sono tentata di cancellarlo all'istante. Che arrogante presuntuoso, non cambierà mai. Alla fine lo apro, cedendo al mio stupido istinto.

Davian:
''Spero che la mia giacca ti abbia tenuto al caldo😉 Considerala un regalo. Buonanotte, stilista.''

Deve averlo mandato stanotte, e la sua prima frase mi fa roteare gli occhi al cielo. Dannazione, so che non dovrei rispondere, ma a quanto pare le mie dita hanno cominciato a digitare ancora prima che io riesca a fermarmi.
Maisie
''Primo: non ricambierò il segui, scordatelo. Secondo: penso che venderò la giacca su Vinted. Potrei guadagnarci un bel po' di soldi.''

Non so se sappia già delle foto, probabilmente sì, e so bene che ci è abituato. L'ho visto finire sui giornali ed essere il protagonista dei gossip più piccanti di continuo. Come si suol dire, il lupo perde il pelo, ma non il vizio.

Faccio un profondo respiro, e mi ripeto che Davian non influenzerà questa giornata, perché tutte le mie energie devono essere dirette verso un unico obiettivo: l'inaugurazione di oggi pomeriggio.

Candice è riuscita a pubblicizzare l'evento grazie a una sua amica che lavora in un'agenzia, e in più, ha fatto correre la voce con le sue conoscenze, che hanno fatto il possibile per far spargere la voce. Anche papà ha promesso che ci sarebbe stato, e so che lo farà. Non mi delude mai.
A parte quando cerca di farmi rinunciare al lavoro che amo, definendolo una ''perdita di tempo e soldi.''

Faccio colazione con uno yogurt magro e dei cereali che trovo nella credenza, e passano un paio d'ore prima che Candice si alzi, stropicciandosi gli occhi.

«Per l'amor del cielo, che ci fai già sveglia?» brontola, stiracchiandosi mentre cammina.

I suoi capelli neri sono una massa disordinata che la rendono quasi selvaggia, in netto contrasto con la sua pelle candida, e gli occhi verdi sono ancora socchiusi e assonnati, eppure riesce a mantenere comunque la sua postura elegante e raffinata mentre si avvicina, tipica di una pattinatrice. I suoi passi sono felpati, e tutto dei suoi modi di muoversi ricorda la leggerezza. Le schiocco un bacio sulla guancia quando si siede sullo sgabello della cucina con me, dove si trova il tavolo ad angolo.

«Non riuscivo a dormire, come al solito» rispondo, alzando le spalle mentre finisco il mio yogurt.

«Folle. Non rinuncerei mai alle mie otto ore di sonno» replica, cercando qualcosa con cui fare colazione.

Io guardo il mio Apple Watch, aprendo l'app sonno con un ghigno a metà tra il divertito e l'esasperato quando leggo il risultato della mia analisi del sonno.

«Quattro ore e ventotto minuti, consideralo un record» esordisco, mostrandole il piccolo schermo sul polso.

Lei mugugna qualcosa che non comprendo, addentando uno dei suoi amati biscotti.

Il mio stomaco brontola, chiaramente non soddisfatto della misera colazione a cui l'ho sottoposto, ma preferisco ignorarlo. Sono troppo tesa per mangiare.

«Sei matta da legare».

«Eppure mi vuoi bene lo stesso» ridacchio, lanciando un occhio al telefono.

Due notifiche.
Una di mio padre, e l'altra da Instagram. Tremo per la seconda.

Apro il messaggio di mio padre, che mi augura il buongiorno, e mi conferma che ci sarà per l'inaugurazione. Nonostante non sia fan della mia carriera, mi sostiene comunque, e questo mi basta.

Mi sposto poi sull'altro social, dove una notifica dai direct minaccia prepotente. Voglio che sia lui, e da un lato non lo voglio. Rimango indecisa prima di cliccare, e quando i miei sospetti vengono confermati, non so se sentirmi infastidita o sollevata. Un misto delle due.

Davian.
''Che maleducata, neanche il buongiorno. Sei proprio una stilista insolente. Non vedo ancora in vendita la mia giacca, ci hai ripensato?''

Trattengo il sorrisetto spontaneo che mi spunta sulle labbra, e digito la risposta prima che il mio cervello possa avvertirmi che sia una pessima idea.
Maisie.
''Scommetto che hai già una marea di groupie che muoiono dalla voglia di darti il buongiorno, superstar. E no, voglio ancora vendere la giacca. Sto decidendo il prezzo.''

Lo vedo online, e dopo qualche secondo inizia a digitare, e io scappo via dalla chat prima che possa beccarmi. Fingo di vedere qualche foto sulla home, e quando arriva l'avviso della notifica, lo ignoro per qualche minuto. Col cavolo che mi precipito da lui.

«Con chi stai parlando?» mi domanda Candice, con un sorrisetto impertinente.

«Con nessuno!» rispondo subito, in modo forse troppo eccessivo, facendola insospettire di più. Lei assottiglia lo sguardo, e io alzo le spalle, mantenendo la mia posizione.

«Bugiarda».

«Impicciona».

«Sono la tua migliore amica, e non ti vedo da quasi cinque mesi. Impicciarmi è mio diritto» ridacchia, continuando a guardarmi, in attesa di una mia risposta.

Okay, devo confessare.

«Davian» confesso in un sospiro, nello stesso istante in cui apro il suo messaggio.

Davian.
''Sei gelosa, stilista? Potrebbe piacermi l'idea. E prima che te lo chieda: nessuno sa che sei tu nelle foto, immagino che le avrai viste. Sei il mio piccolo segreto, per il momento.''

Che diamine significa per il momento? Evito di rispondergli, ripetendomi mentalmente che devo smetterla di concedergli terreno, e troncare ogni possibile tentativo di approccio. Candice mi ha risposto con qualcosa che non ho capito bene, poiché stavo leggendo il messaggio, ma sono sicura che fosse un brontolio poco contento.

«Ci sono delle nostre foto in giro di ieri sera, mi ha solo avvisato che la stampa e i giornali non sanno che sono io, tutto qui».

Lei pare poco convinta, però lascia correre, non prima di avermi rifilato uno sguardo ammonitore.  «Sappiamo entrambe che non è tutto qui, e non starò a giudicarti. Ricordati solo di non farti calpestare di nuovo, Isie.»

Cazzo, non ne ho alcuna intenzione.

Scuoto la testa, e ne approfitto per andare a vestirmi, dato che devo passare per l'atelier per assicurarmi che tutto sia in ordine, e sistemare gli ultimi dettagli. Non vedo l'ora di vederlo finito.

Fino a questo momento, ogni decisione l'ho presa tramite Facetime, o tramite email e foto, questa sarà la prima volta che lo vedo finito, e un brivido di eccitazione mi scuote il corpo.

Recupero i miei vestiti, e mi faccio una doccia in tempo record, impiegandoci al massimo una decina di minuti. Ho bisogno di abiti comodi, per questo scelgo dei pantaloni neri a zampa in tessuto elastico, e un body bianco a maniche lunghe a costine, a cui abbino un montone in ecopelle nera prima di uscire, dopo aver infilato le mie amate Dr Martens. Ho legato i capelli in una coda alta, dato che farò lo shampoo prima di andare all'inaugurazione, e saluto Candice con un bacio veloce. Lei si offre di darmi un passaggio, ma conoscendola, ci impiegherebbe troppo tempo a prepararsi, e io non perdo tempo.

Una volta fuori di casa, mi dirigo verso la metro, prendendo la linea che mi porta dritta all'uscita di Oxford Circus, dove a pochi metri si trova il mio piccolo angolo di paradiso.

Durante il tragitto, metto le cuffie, e l'energia delle canzoni di Taylor Swift mi conferisce la carica necessaria ad affrontare il resto della giornata. La canzone pare essere perfetta, e un sorriso malinconico si fa largo sulle mie labbra...

''We are never ever, ever getting back together...''

Una pugnalata mi colpisce allo stomaco, ma preferisco non pensarci, e godermi la canzone senza spostare l'attenzione su altro. Non ne vale la pena, e io ho promesso di andare avanti.

Come al solito, di mattina le metro a Londra sono strapiene, al punto che persino respirare è complicato, e devo reggermi ai manici sopra di me per non perdere l'equilibrio, poiché trovare un posto a sedere è una missione impossibile. Trattengo il fiato per l'odore nauseabondo di sudore misto a odori di ogni genere che mi fanno lacrimare gli occhi, e ringrazio che la mia destinazione giunge dopo poco, perché non avrei retto un minuto di più. Odio i mezzi pubblici.

Cammino verso la mia destinazione, abbottonando la giacca a causa del vento che tira, e mi fa rabbrividire. Nonostante sia solo fine settembre, le temperature iniziano a calare, soprattutto di mattina. Inoltre, il tempo oggi è nuvoloso, e il sole va e viene continuamente. Spero che non piova, sarebbe un disastro.

Più mi avvicino, più il mio cuore inizia ad accelerare, e quando mi ritrovo davanti al mio negozio, trattenere l'emozione è impossibile: è esattamente come lo immaginavo.

La vetrina è lucida, e mostra alcuni dei miei abiti migliori, abbinati con scarpe e borsa che ho chiesto di poter personalizzare. Il nome del mio brand si legge chiaramente al di sopra, dipinto di nero, su uno sfondo di un pallido rosa chiaro. Elegante e raffinato. La porta ha il vetro trasparente, infatti riesco già a scorgerne l'interno, con dei bordi in metallo rosa e il pomello dorato.

Mi tremano le mani quando giro la chiave nella serratura, e una volta dentro, sento i miei occhi diventare più lucidi, e tutto di me freme e urla. Il risultato ha superato persino le aspettative.

L'interno è elegante e semplice, con le pareti color crema, e il parquet in legno chiaro. L'ambiente è diviso in due parti: la prima dedicata alla parte femminile, con due pareti colme di abiti e outfit già abbinati, un manichino posto nell'angolo, e vicino a esso una poltroncina in velluto rosa, con un piccolo tavolino in vetro con i bordi dorati. La parte opposta è quella maschile, anch'essa con una parete di abiti, un manichino d'esposizione, una poltrona in velluto bianco poco distante e un tavolino. Al centro del negozio c'è un tappeto soffice bianco e rosa, dove si trovano due manichini con gli outfit più eleganti, uno maschile e uno femminile. Appena dietro, c'è il bancone con la cassa, da cui è possibile scorgere un'insegna col nome del mio brand, i cui bordi sono illuminati al neon, e una serie di piccole rose artificiali tutt'intorno. Nel retro, invece, si trova il mio piccolo studio, con un banchetto, la lampada e un manichino di prova. Poco più avanti, c'è il magazzino, dove hanno riposto tessuti, accessori e ogni cosa che può essermi utile.

Tutto perfetto, come l'ho sempre sognato.

Mi asciugo in fretta la lacrima di commozione che mi scivola sulla guancia, e mi impongo di mettermi al lavoro, sistemando quello che devo. Mi sfilo il montone e lo metto sull'appendiabiti a fianco dell'entrata. Do una spolverata in giro, sistemo i manichini, pulisco il bancone, e preparo già l'area che sarà adibita al brunch d'inaugurazione, spostando gli abiti in modo che non possano macchiarsi.

Esco fuori per dare un'altra pulita alla vetrina, e quando meno me lo aspetto, una voce mi coglie alle spalle. Mi sembra stranamente familiare.

«Oh mio Dio, Maisie. Sei tu?»

Quando mi volto, una chioma di folti capelli castani e ricci sta correndo verso di me, e salta tra le mie braccia per stringermi in un abbraccio. La sua presa è decisa, e quando si allontana, capisco perfettamente di chi si tratta. I suoi occhi color miele mi scrutano curiosi, e ancora increduli, quasi fossi un miraggio.

«Proprio io, in carne e ossa» replico, con un sorriso gentile.

È Lottie. La sorella minore di Davian.

L'ultima volta che l'ho vista, era un'adolescente di sedici anni, dato che è più piccola di me di due anni, e da allora è cambiata parecchio. D'altronde, suppongo si essere cambiata anche io. Il suo fisico si è fatto più formoso, il viso più marcato e da donna, e i capelli molto più lunghi, dato che prima le arrivavano a malapena sulle spalle. L'espressione solare però, è la stessa di sempre.

«Questo negozio... è tuo?» domanda, incredula, indicandolo.

Io arrossisco, annuendo imbarazzata. «Sì, farò l'inaugurazione proprio questo pomeriggio. È da circa sei mesi che sto lavorando al progetto, e finalmente eccolo» le spiego, sorvolando i dettagli.

Lottie sembra meravigliata, e da uno sguardo all'interno, sgranando gli occhi. «Ma è bellissimo! Passerò sicuramente nel pomeriggio, se... insomma... ti fa piacere» balbetta, impacciata.

Se non ti porti dietro tuo fratello, va benissimo.

«Passa quando vuoi, non c'è problema. Mi ha fatto piacere rivederti» le dico, e sono sincera.

Avere il cuore spezzato dal fratello, non implica odiare anche lei, non è mai stato così. In realtà, credevo che sarebbe stato il contrario, e sono felice di sapere che mi sbagliavo.

Lottie mi racconta del tirocinio che deve iniziare in un'importante casa giornalistica, dato che sta per laurearsi nel settore, e io le faccio i miei complimenti. Le sono grata che non nomini Davian neanche una volta, anche perché non saprei cosa rispondere, e credo che lo intuisca.

«Sono felice di aver ottenuto quel posto da sola, e non per la popolarità di mio fratello. Ho fatto la domanda con un altro cognome, quello di nostra madre, proprio perché volevo essere giudicata al pari degli altri, ed è andata bene» mi racconta, una volta che ci siamo sedute a chiacchierare su una panchina poco lontana dal negozio.

«Avrei fatto così anch'io, sei tagliata per fare questo lavoro» scherzo, scompigliandole i capelli.

«Anche io sono felice per te, hai sempre avuto stile, e sono sicura che non ti manca la creatività. Basta guardare la vetrina» mi dice, sorridendomi sincera.

Quei complimenti mi scaldano il cuore, conferendomi un pizzico di autostima che riesce a calmare la mia ansia. Sapere che il mio lavoro è apprezzato è una cosa che non do mai per scontata, dato che la maggior parte delle volte non mi sento mai abbastanza.
Io e Lottie ci salutiamo poco dopo, e quando guardo l'orario, mi rendo conto che sono in clamoroso ritardo.

Merda.

Mi sbrigo a finire tutto ciò che dovevo prima di pranzo, e dopo essermi assicurata che tutto fosse al proprio posto, cerco su Google il primo parrucchiere nelle vicinanze, e corro a darmi una sistemata.
Decido di lasciare i capelli sciolti, leggermente raccolti con due fermagli ai lati, e arricciarli leggermente con il fono, creando delle onde che sembrano naturali.

Ho poco più di un'ora prima dell'inizio dell'inaugurazione, e non appena torno al negozio, ringrazio mio padre per essere già lì, col mio vestito chiuso in una sacca per abiti, come gli avevo chiesto.

Avevo chiesto a Candice di portarlo a lui, dato che portarlo in metro sarebbe stato un delirio.

Quando mi vede, mi stringe in un caloroso abbraccio, a cui mi abbandono più che volentieri. Mi era mancato il suo profumo, così come la sua stretta confortante. Siamo stati sempre io e lui, fin da quando avevo poco più di dodici anni.

«Ciao, papà» mormoro, con la testa affondata nel suo collo.

«Ciao, co-pilota. Sei pronta per il grande giorno?»

Io annuisco, col sorriso più solare che riesco a fare. «Prontissima. Ma devo correre a prepararmi, sono in ritardo!» gli urlo, mentre afferro il vestito e scappo dentro.

Ho a malapena il tempo di guardare il telefono, ma posto una storia che lascia intravedere i dettagli del negozio, in modo da creare curiosità. Vado nel mio studio per cambiarmi, e ringrazio me stessa per aver messo la zip del vestito laterale all'abito, così che non abbia bisogno di nessuno per abbottonarlo.

Ho voluto scegliere qualcosa di semplice, però importante al tempo stesso.

L'abito è un monospalla realizzato in un tessuto argentato e paillettato, con una manica aderente che mi fascia il braccio, e un colletto che si allaccia con dei bottoncini dietro al collo. Il vestito veste aderente, con una gonna corta che mi fascia il corpo, a cui ho abbinato dei decolleté non troppo alti, sempre in argento. Mi trucco quanto basta, facendo una doppia linea di eyeliner in nero e argento, mascara, blush sulle guance, e per terminare, il mio immancabile rossetto rosso, per dare un tocco di colore al tutto.

Credo di essere presentabile, o almeno lo spero. Non volevo qualcosa di eccessivamente appariscente, ma neppure che fosse scialbo.

«Maisie, sei stupenda. Porca miseria, una vera stella!»

La voce di Candice mi coglie alle spalle, e quando mi giro, mi sento più tranquilla all'idea di averla qui con me. Indossa un semplice top nero, con una gonna a pieghe rosse, parigine e stivaletti che arrivano poco sotto il ginocchio, e anche lei ha lasciato i capelli sciolti.

«Sto morendo d'ansia. Ho bisogno d'aria» sospiro, fissando la sala in pieno panico.

E se non venisse nessuno? Dio, sarebbe imbarazzante.

So che è difficile emergere in questo mondo, soprattutto se non sei un personaggio con milioni di followers, eppure ho voluto tentare comunque. In questo momento, però, la paura mi fa tremare le gambe.

Candice mi accarezza la guancia, e mi prende il volto tra le mani, dandogli un piccolo pizzico.

«Andrà bene, Isie. Ora vieni di là. E goditi il tuo sogno.»

Quando la guardo, non posso far a meno di sorridere. Comunque vada questa serata, mi conforta l'idea che lei ci sarà per me, a prescindere dal risultato. Ed è abbastanza per trovare il coraggio di tornare in pista.

«Okay, andiamo» sospiro, prendendo un profondo respiro.

L'avventura inizia adesso.

Dopo un paio d'ore dall'inizio dell'inaugurazione, posso dire che ne sono piacevolmente soddisfatta. Sono venute alcuni colleghi dell'ufficio di mio padre con le rispettive mogli, amiche di Candice e alcune nostre conoscenze in comune. Inoltre, un paio di persone si sono fermate incuriosite, dando uno sguardo in giro. La gente chiede informazioni, alcune prendono anche un appuntamento per delle commissioni su misura, e altre acquistano alcuni dei capi esposti, complimentandosi.

Ho i piedi che implorano pietà, eppure non mi sono mai sentita più carica.

Sono ore che cammino avanti e indietro per il negozio, e nonostante abbia mangiato poco e niente, non ne voglio sapere di fermarmi. Ho passato anni a immaginare questo momento nella mia testa, e dopo mille delusioni, altrettanti sacrifici e notti insonne... posso dire che ne è valsa la pena.

«Maisie!»

Sento una voce chiamarmi alle spalle, e quando mi volto, mi ritrovo di nuovo Lottie. Questa volta indossa un pantalone e una camicia più eleganti, e ha in mano una piccola orchidea, messa in un vaso colorato di rosa.

«Lottie, non credevo venissi sul serio» ridacchio, sorpresa per il regalo. Non è l'unica ad aver portato qualcosa, ma l'idea mi scalda comunque il cuore.

«Scherzi? Non me lo sarei mai perso» ammette, lasciandomi posare vicino l'ingresso la pianta.

Resto a chiacchierare con lei qualche altro minuto, e quando si allontana per fare un giro, sento che i miei piedi potrebbero cedere da un momento all'altro. Saranno circa tre ore che non mi siedo?

Prima che possa anche solo formulare l'idea di andare a poggiarmi da qualche parte, sento dei brusii provenire alle mie spalle, e sospiri sorpresi, come se tutti fossero rimasti ipnotizzati.

Un brivido mi percorre la schiena, e l'istinto mi dice che non si tratta di nulla di buono.

Una voce mi paralizza. La conosco bene. Fin troppo.

«Devo ammetterlo, hai fatto un gran bel lavoro, stilista. Tieni esposta anche la mia giacca, o la conservi solo per la notte?»

Vorrei prenderlo a schiaffi.

Quando mi giro, la bellezza di Davian mi colpisce come un pugno allo stomaco, e io resto senza parole. Ieri, nel buio della notte, non era così evidente, ma adesso non mi sfugge alcun particolare.

Il suo volto è diventato più maturo, con dei tratti ancora più spigolosi e quadrati, e un accenno di barba sul mento e la mascella, appena visibile. Gli occhi verdi come una foresta oscura, determinati e felini, che puntano dritto nei miei, e i capelli marrone chiaro divisi in due file laterali, che gli coprono leggermente lo sguardo, sempre ribelli come ricordavo. Ha un fisico più doppio e muscoloso, nonostante rimanga sempre asciutto, ma l'altezza contribuisce a renderlo possente.

Dio mio.

Ha quella solita espressione impertinente sul volto, e una semplice camicia azzurra arrotolata fino ai gomiti, leggermente sbottonata e abbinata a dei jeans scuri. Riesco a intravedere qualche accenno di tatuaggio nei punti in cui la pelle è scoperta, e ne rimango ipnotizzata. Completamente immobile.

Per quanto io lo detesti, nessuno riesce ancora a essere alla sua altezza. E odio che sia così.

«Cosa ci fai qui?» sibilo, avvicinandomi, e mi sforzo a mantenere un sorriso di circostanza per evitare scenate.

Lui impunta un sorrisetto che gli accentua le fossette, e si passa una mano a sistemare i capelli.

«Ho accompagnato Lottie, e mi sembrava giusto fermarmi a salutare questa stilista così in gamba» replica, cercando di non ridere.

«Non hai di meglio da fare?»

Lui mi guarda dalla testa ai piedi, e a meno che io non sia pazza, scorgo un lampo di desiderio nei suoi occhi, misto a una malinconia che però scompare presto, sostituita dalla sua sfacciata arroganza. «E perdermi questo spettacolo? Assolutamente no».

Non ci casco più, Davian.

Gli afferro il polso e lo porto fuori, ignorando la scarica elettrica che mi provoca il contatto con lui, mentre mille sensazioni tornano a bussare alla mia porta, come se non fossero mai andate via. Non voglio creare spettacolo, ben che meno il giorno dell'inaugurazione, quindi spero che parlare all'esterno ci garantisca che nessuno origli troppo, anche se credo sia tardi.

Quando mollo la presa, uno strano vuoto si crea nel mio petto, e mi costringo a reprimerlo, far finta che non esista. Non riesco a guardarlo, non senza far riaffiorare tutto.
Sono passati anni, eppure certe sensazioni non muoiono, aspettano soltanto la scintilla giusta per tornare ad accendersi.

«Te lo ripeto: cosa vuoi, Davian?» sbotto, incrociando le braccia al petto, come se volessi creare un muro tra me e lui.

«Onorarti della mia presenza» scherza, col solito sorrisetto sfacciato.

Sbuffo, roteando gli occhi al cielo. «Risparmiatelo, superstar. Che diamine vuoi?»

Lui fa un passo verso di me, ma io indietreggio, come se avessi paura di scottarmi. Con lui, il rischio è più che alto.

«Proporti un accordo impossibile da rifiutare, e che aiuterà entrambi. Lasciami spiegare».

Tra tutte le cose che mi sarei aspettata potesse dire, questa è l'ultima della lista. E non so se sentirmi delusa, schifata, o sul punto di esplodere. Magari tutte e tre.

Cosa ti aspettavi dal diavolo in persona, Maisie?

«Qualsiasi cosa sia, non mi interessa».

Lui infila le mani nelle tasche dei jeans, e ridacchia, passandosi la lingua a inumidire le labbra, e mi fa rabbia che basti quel gesto a scuotermi le viscere, come se fosse un tacito richiamo.

«La ragazza che ricordo non si tira indietro dalle sfide» replica, con un tono più basso.

«Ricordi una persona diversa, credeva facilmente alle parole delle persone».

Per un attimo, ho l'impressione di vedere un barlume di dispiacere nei suoi occhi, ma anche questa volta, scompare prima che io possa averne la conferma.

«Ti chiedo soltanto di starmi a sentire, perché questa cosa può aiutare sia me, che te. Non si tratta altro che di un accordo, che potremmo sfruttare per ottenere ciò che vogliamo» mi spiega, come un predatore che punta gli occhi sulla sua preda, e si prepara all'attacco.

Dovrei dirgli di no, e lasciarmelo alle spalle. Il problema è che ha dannatamente ragione: io amo le sfide.

Non so rinunciarci. E qualcosa di chiaramente malato in me mi spinge a vedere fino a dove vuole arrivare.

«Hai due minuti, poi torno dentro» sospiro, ignorando la sua espressione soddisfatta.

Come al solito di Davian, non perde tempo, e arriva dritto al nocciolo della questione.

«Torna con me».

Il mio cuore perde un milione di battiti. Le gambe mi tremano.

Non riesco neanche a razionalizzare ciò che ha detto. È pura follia.

«Come scusa?»

Lui fa una piccola risata, con gli occhi che rimangono puntati nei miei. Se crede di arrivare qui e prendermi in giro, scoprirà presto quanto facilmente posso perdere la pazienza.

«Sarebbe soltanto per finta, un accordo in cui entrambi ci guadagniamo qualcosa» mi spiega, cercando di parlare a bassa voce, attirandomi lontana dal negozio.

«Povera piccola superstar, non parlano già abbastanza di te? Io non ho niente da guadagnarci» sibilo, con una punta di risentimento e fastidio.

«Non è solo questo, Maisie. Non ho finito. Il mio agente crede che sarebbe un'ottima pubblicità se noi... fingessimo un ritorno di fiamma. La storia mi darebbe un'immagine nuova, visibilità maggiore, e farebbe scalpore. Sarebbe soltanto fino alla partenza per il tour. Sei proprio sicura di non guadagnarci nulla?» sogghigna, come se fosse certo di avere la vittoria in tasca.

Che io sia dannata se cederò a questa sorta di patto mortale.

Non posso, per una serie infinita di motivi, e il solo motivo che lui osi chiedermelo, mi fa ribollire il sangue nelle vene.

Anni fa, ho sperato per mesi di avere sue notizie. Una chiamata per il compleanno, un messaggio qualsiasi, un segno che io potessi essere ancora nei suoi pensieri, e non ho ricevuto niente. Come se non fossi mai esistita.
Mi ha distrutto.

«Ascoltami bene, Davian, perché lo dirò una volta sola» mormoro, muovendo un passo in avanti per avvicinarmi a lui.

I nostri corpi finiscono per sfiorarsi, e il suo profumo di muschio e lavanda mi riempie le narici, è lo stesso che c'era anche sulla giacca, eppure mi costringo a non lasciarmi distrarre.

«Sono tutt'orecchi, stilista.»

Un altro passo ancora, e alzo il volto per fissare il suo, senza alcun timore. I nasi si toccano, e ingoio il groppo che ho in gola prima di parlare, sforzandomi affinché il coraggio non mi abbandoni.

Quegli occhi simili a degli smeraldi sono sempre stati la mia debolezza, e ritrovarmeli così vicino non aiuta. Niente di lui potrebbe mai passare inosservato.

«Noi non torneremo mai insieme. E scenderei a patti col diavolo in persona, piuttosto che con te» ringhio, puntandogli il dito contro.

Per tutta risposta, lui fa una risatina, e mi afferra il mento con la mano libera, catturandolo tra il pollice e l'indice, in modo che non possa sfuggirgli.

«Potresti usarmi a tuo vantaggio. Entrambi ne usciamo vincitori.»

Ho imparato a mie spese che non è così. E per quanto l'idea sembri allettante, non sfrutterei mai una persona in questo modo, neanche lui. Non cadrò così in basso.
Non posso fingere. Sarebbe la mia rovina.

La rabbia mi ribolle nelle vene, al punto da rendermi completamente cieca di rabbia e vendicativa al punto da ignorare ogni avvertimento.

Gli rivolgo un sorriso malizioso, e faccio scorrere le dita sul suo collo, ricordandomi quanto gli piace. Lui socchiude gli occhi, e io ne approfitto per avvicinarmi al suo orecchio, implorando al mio corpo di smetterla di lanciarmi segnali contrastanti. Le mie gambe sembrano gelatina, e il mio ventre è in fiamme, assieme al cuore che corre come un cavallo al galoppo.

È ora di far scendere Davian Harthley dal suo cazzo di piedistallo.

«Però sono certa che esiste qualcosa di cui i giornali potrebbero parlare» gli sussurro, assicurandomi di sfiorargli il lobo con le labbra.

Il suo corpo pare irrigidirsi, e quando mi allontano, leggo nei suoi occhi il desiderio, che mi brucia come fosse fuoco puro. Mi divora, lasciandomi completamente esterrefatta.

«Ah sì? Quale sarebbe?» mormora, posando una mano sul mio fianco, nel tentativo di avvicinarmi a lui, con un'espressione beffarda stampata sul volto.

Io sorrido maliarda, posando una mano sul suo petto.

«Di questo».

Non gli concedo neanche un secondo, né il tempo di realizzare cosa stia succedendo. Lascio sfogo alla mia rabbia, e le permetto di consumarmi. Lo colpisco con uno schiaffo dritto in faccia, talmente violento da fargli girare il viso dalla parte opposta.

Dannazione, da quanto volevo dargliene uno.

Lui pare sorpreso solo per un secondo, poi scoppia in una leggera risata mentre si massaggia la guancia, come se la cosa lo divertisse.

Se pensava che sarei cascata ai suoi piedi, si sbagliava di grosso.

La ragazza che conosceva è morta.

«Stai lontano da me, Davian. E non provare mai più a chiedermi una cosa del genere, o il prossimo colpo sarà dritto alle palle» ringhio, dando finalmente sfogo alla mia frustrazione.

Mi allontano a grandi passi, e per fortuna ha il buon senso di non seguirmi. Il mio corpo trema, e ogni cellula del mio corpo pare risentire del mancato contatto con Davian, quasi fosse un richiamo necessario. Lo ignoro, e prendo un respiro profondo per calmarmi, e riprendere il controllo della situazione.

Uno a zero per me, pirata.

✨Spazio autrice✨
Come al solito, cerco di ricreare le immagini di fine capitolo con le AI, e devo dire che questa volta sono abbastanza soddisfatta del risultato.

La tensione tra Maisie e Davian non fa che crescere, e sarà sempre peggio. Se vi è piaciuto, lasciate una stellina, che è importante per me e per la storia, e se vi va di taggarmi su Instagram, il mio nick è: @fraanz_author.

Vi aspetto al prossimo aggiornamento🌝