chapter 25
"Hollywood"
Lewis Capaldi
<<Ricordati che devi disegnare anche in camera mia>>
Sbuffa sfregando tra le dita le foglie del filodendro monstera, una pianta che Shunko mi ha comprato sostenendo che le aveva bisbigliato: "comprami, Bethney mi adorerà!"
Una semplice scusa per dire che era in saldo.
Non ammetterò mai in sua presenza che amo avere la camera tappezzata di piante; infatti questa l'ho posizionata accanto allo specchio, le altre sono sparpagliate in giro.
Mentre rigiro tra le mani la gomma e la matita intravedo Yerodin, attraverso il riflesso del vetro di un quadro, scrutare attentamente il muro su cui presto ci sarà lo schizzo di una manta.
Sono rimasta affascinata dal suo significato simbolico: l'eleganza e la maestosità, come l'oceano.
<<Dov'è il tuo album da disegno segreto?>>
Con la coda dell'occhio lo sorprendo a immergere l'indice nella latta di colore blu, pronto a sporcarmi.
Di nuovo.
Sa che non mostro mai a nessuno i miei bozzetti di quel quaderno, la sua era una domanda per distrarmi affinché io mi distraessi.
<<Yerodin, io non lo farei se fossi in te>>
Depongo il rullo sopra i fogli di giornale sparsi sul parquet per evitare di sporcarlo con qualche goccia selvaggia.
Come mi ripete Cooper da un mese: "Se sporchi il pavimento, lo pulisci con la lingua"
Uomo di poca fede.
Vuole che sia sempre tutto sistemato e al proprio posto.
Come fa una casa con all'interno sette adolescenti rimanere in ordine?
È scientificamente impossibile.
Ci sarebbe anche un minimo di speranza se solo Shunko e Brayan cominciassero a sistemare i loro vestiti in camera loro invece di lasciarli sparsi per le scale o nascondendoli dentro i cassetti della cucina.
Avendo entrambi le camere al terzo piano si giustificano che tenendoli lì sono pronti ad essere usati per ogni evenienza.
Chissà proprio di che evenienza parlano.
Se non fosse per me e Egor questa casa sembrerebbe abbandonata, fortunatamente lui è un maniaco dell'ordine.
Il ragazzo più pignolo e ossessionato dalla perfezione che io conosca, ma ho cominciato ad adorare questo suo lato perfettino.
Corro di sotto scappando dalle grinfie di Yerodin che non sembra volersi arrendere nonostante le mie molteplici minacce.
Calcio un pacco vuoto piazzato davanti all'ingresso per liberarmi la strada.
Abitiamo qui da nemmeno un mese e sembra che sia già scoppiata una guerra; ci sono scatoloni ovunque, scarpe sui lampadari, due pentole in piscina, un cuscino nel frigo e come se non bastasse ci si mette pure Egor a pancia in giù sul pavimento intento a rinfrescarsi per colpa della giornata particolarmente calda.
L'unica cosa che sta venendo bene in questa casa sono i miei graffiti, abbiamo stabilito che a testa decideremo cosa disegnare sui muri per renderla nostra al cento per cento.
Naturalmente quella che sgobberà per realizzarli sarò io, anche se schiavizzeró almeno due di loro per aiutarmi.
<<Betty, il cellulare!>> Tuona Cooper dalla cucina infastidito per il volume troppo alto della mia suoneria.
Il solito esagerato, lui non capisce quanti spaventi mi prendo quando infilo le mani in tasca e non sento la superficie liscia dello schermo.
Almeno alzando l'audio so perfettamente dove lo appoggio.
<<Pronto?>> Lo porto all'orecchio aiutandomi con la spalla per tenerlo fermamente premuto sulla guancia mentre tento di afferrare delle riviste.
Mi sembra di essere il gobbo di Notre-Dame.
<<Bethney Brooks, indossa il casco... e la tuta - scoppia a ridere allontanando il telefono- quella rossa e nera che ti fa un bel culo, devo ammettere>>
Sentire la voce roca di Travis dall'altro capo mi fa sbuffare automaticamente.
Questo ragazzo è indomabile, è sempre troppo energico.
Non c'è mai stato un giorno dove mi abbia chiesto di passare una tranquilla giornata al mare, a giocare a carte, a prendere il sole...
Mai.
<<Non posso, ti ricordo che oggi devo andare... -sospiro lasciandomi sfuggire qualche imprecazione- in Georgia>> Butto fuori tutta l'aria rimasta nei polmoni.
Comincia a lamentarsi ma il suono del campanello interrompe i suoi capricci.
<<Facciamo un'altra volta, sono appena arrivati Marcus e Jolanda>>
<<Va bene Pochaontas, scrivimi quando in aereo ti verrà voglia di aprire il finestrino e buttarti giù>>
Riesce a strapparmi un piccolo sorriso che scompare subito alla vista di tutti i miei amici pronti per partire con le valigie sotto mano.
Metto in cellulare in tasca e salgo in camera mia a prendere il bagaglio, dal momento che dovremo passare qualche giorno in hotel.
Quindi stiamo andando per davvero.
Per tre anni ho immaginato il giorno in ci saremmo dovuti rivedere e adesso... a distanza di qualche ora, non sono più sicura di poterlo fare.
Insomma, vivrà sotto il nostro stesso tetto, passeremo ventiquattro su ventiquattro insieme; il mio obbiettivo iniziale era quello di stargli lontano il più possibile e parlagli solo ed esclusivamente se necessario.
Propositi che a quanto pare saranno difficili da mantenere.
Come diavolo mi dovrò comportare?
<<Betty, sei pronta?>> Una mano mi accarezza la spalla distogliendomi dai miei pensieri, degli stupidi e inutili pensieri.
Annuisco distrattamente mentre afferro la tracolla del borsone e torno di sotto dirigendomi verso le auto parcheggiate sul vialetto scappando da tutti i loro sguardi colmi di preoccupazione.
Fortunatamente durante il tragitto verso l'aeroporto i ragazzi cominciano a discutere di sport, ignorando completamente l'argomento: ritorno di Jacob.
Mentre loro si incazzano parlando delle squadre avversarie di football, lacrosse e basket io cambio ogni dieci secondi playlist non trovandone una adeguata al mio umore.
Sento le mani diventare bollenti per colpa del cellulare che si sta surriscaldando.
Lo lascio cadere sulle gambe trattenendo un gemito di frustrazione e mi concentro sul panorama circostante sperando che si avvicini presto una tempesta così da cancellare il volo.
Non posso nemmeno sperare di perdere l'aereo per il troppo traffico poiché non c'è quasi nessuno.
Una volta arrivati sbatto delicatamente la portiera e seguendo le figure di Marcos e Jolanda entriamo in aeroporto.
C'è molta gente per essere una normalissima giornata di Febbraio o almeno, per loro è una normalissima giornata.
<<Betty, andrà tutto bene>>
Le braccia di Cooper mi avvolgono riuscendo a placare la mia ansia per qualche secondo.
Premo la guancia contro il suo petto e chiudo gli occhi.
Per qualche motivo a me ignoto la mia mente decide di immaginare che al posto di Cooper ci sia il corpo di Jacob.
Mi allontano come se avessi appena stretto un cactus tra le braccia.
Ignoro la sua occhiata confusa e mi affretto a fare finta di cercare qualcosa nel borsone.
<<L'ultima volta che me l'hanno detto mi sono ritrovata in un orfanotrofio>>
<<Bethney, dico sul serio, io->>
Gli altoparlanti interrompono giusto in tempo la discussione che stava per nascere e annunciano il nostro volo per la Georgia.
Sfortunatamente.
Tutti si alzano dalle poltroncine e afferrano i propri bagagli pronti per imbarcarsi.
Guardo l'uscita dietro di me e per un istante mi passa per la mente l'idea di salire su un cavolo di taxi e tornarmene a casa.
Sto davvero per incamminarmi verso quel segnale lampeggiante con scritto "uscita" ma delle notifiche provenienti dal cellulare mi frenano.
Spero non sia Cooper che mi impone di raggiungerlo immediatamente dopo aver scoperto che non sono dietro di lui.
Sblocco lo schermo e chiudo gli occhi sollevata che non sia lui ma il gruppo insieme ad Ellie, Lídia e Dakota.
Ellie:
"Beth, se hai bisogno di sostegno femminile noi ci siamo"
Dakota:
"Ricorda, quando lo vedrai cerca di restare tranquilla, fai come ti dice Cooper, cinque respiri profondi"
Ellie:
"Oppure quando la situazione diventa pesante e vuoi allontanarti mi mandi un messaggio e ti chiamo!"
Lídia:
"Fagli una foto così lo vediamo anche noi eh"
Rimango un po' perplessa dal comportamento di Lídia, come se il mio primo pensiero fosse quello di fotografarlo per mostrarle com'è di aspetto.
Verrà a scuola con tutti noi, Lídia può tranquillamente aspettare qualche giorno.
Ignoro i prossimi messaggi delle ragazze e dopo qualche secondo di esitazione mi convinco di andare dai miei amici.
<<Bibi, eccoti finalmente, dov'eri finita?>> Mi corre incontro Sebastian guardandomi con un'espressione imbronciata.
<<In bagno, ma... c'era un po' di fila>>
Gli do due pacche sulla spalla per poi superarlo.
Spero di essere seduta vicino a lui in aereo, così che io possa mettermi ad ascoltare la musica mentre lui dorme.
Come sempre d'altronde.
<<Gentili passeggeri, benvenuti->>
Infilo gli auricolari ignorando l'altoparlante.
Premo play per far partire Hollywood concentrandomi solo sulle parole di Lewis Capaldi; appoggio la testa contro l'oblò e tiro un sospiro.
Chiudo gli occhi sperando di prendere sonno prima del grande incontro.
Ora non si torna più indietro.
<<Bibi, Bibi, Bibi se non ti svegli ti do un bacino>>
<<Mh?>> Alzo il mento aprendo un occhio per capire perché Sebastian deve sempre rompere le palle quando sto riposando.
Se mi ha svegliato solo per farmi vedere un passeggero carino gli infilo la testa nel water e tiro lo sciacquone.
Così vediamo se lo scarico risucchia anche le persone oltre al resto.
<<Proprio non lo vuoi un mio bacetto eh -aggrotta le sopracciglia incrociando le braccia- comunque siamo atterrati, acida>> Mi fa la linguaccia per poi darmi un pizzicotto sul braccio incitandomi ad alzarmi.
Una volta riprese le valigie ci dirigiamo fuori dall'aeroporto mentre Marcos appoggia il cellulare all'orecchio, credo per chiamare dei taxi dato che il nostro hotel è un po' lontanuccio.
Porto le mani alle labbra non riuscendo frenare l'impulso di strappare i piccoli lembi di pelle che circondano l'unghia cercando una valvola di sfogo.
Non posso averlo fatto davvero, non posso essermi lasciata convincere a venire qua.
<<Tesoro non fare quel musetto, prima o poi sarebbe dovuto arrivare il momento per chiarire le cose e mettere un punto, no?>> Il profumo alla vaniglia di Jolanda mi inonda le narici avvertendomi della sua presenza di fianco a me.
É stata come una seconda madre, la figura materna che non ho avuto per anni, mi ha dato consigli, lezioni, avvertimenti che si sono sempre rivelati veri e utili.
Eppure vorrei che per una volta, questa volta, avesse torto.
Jacob è stato il mio punto di riferimento durante gli anni in orfanotrofio, le parole che mi ha scritto hanno lasciato un segno dentro di me, ma non abbastanza profondo da odiarlo; i primi mesi volevo tornare qua solo per tirargli uno schiaffo che non avrebbe mai dimenticato, ma con il tempo la rabbia si è affievolita trasformandosi in delusione.
Non so il perché io abbia sempre detto a Cooper che lo detestavo, quando in realtà ogni mattina speravo di trovarlo davanti alla porta con una valigia e quel suo sorriso mozzafiato.
Probabilmente ha ragione Jolanda, dovrei smetterla di cercare una via d'uscita e affrontarlo, l'unico problema è: come?
<<... è tutto nascosto negli occhi>>
Riesco a cogliere solamente le ultime parole di Jolanda derivate da un discorso a cui non ho prestato la minima attenzione.
Mi volto per chiederle cos'altro ha detto ma di lei non c'è più traccia.
Una quindicina di minuti dopo arrivano i taxi; mi lascio cadere sul sedile posteriore e porto lo sguardo sulle abitazioni colorate della mia vecchia Tbilisi dall'altra parte del finestrino.
Non credevo che ci sarei mai più ritornata.
Sistemo le mani tra le gambe per nascondere il tremolio a Cooper seduto di fianco a me; lui si accorge sempre di tutto.
Anche quando stai mentendo, lui lo percepisce.
O almeno quasi sempre.
<<Arrivati!>> L'autista ci fa segno con la testa di scendere.
<<Scusi, credo che abbia sbagli->>
<<Ragazzi, eccovi!>>
La voce di Marcos alle nostre spalle mi fa tirare un sospiro di sollievo allontanando l'idea di aver dato l'indirizzo sbagliato al taxista.
Mi guardo attorno provando ad orientarmi essendo passato qualche anno dall'ultima volta che ho messo piede in questa città; alzo lo sguardo e riconosco il tetto del palazzo di giustizia, esso possiede una particolarità che lo contraddistingue dalle altre strutture, invece di essere costruito con le solite tegole è coperto da enormi ovali bianchi, simili a delle foglie.
Ricordo che mio papà, quando ero piccolina, mi raccontò che furono dei giganti ad averle adagiate lì sopra; creò una vera e propria storia dietro queste maledette foglie pur di darmi una risposta che superasse le mie aspettative, le aspettative di una bambina che credeva nelle fate e nelle sirene.
<<Bethney, non ti ho detto che saremmo venuti subito qui perch->>
<<Marcos non ti devi giustificare, sei tu che decidi, no?>>
Trattengo il respiro per tenere a freno la lingua mentre mi allontano andandomi a sedere sul muretto vicino ad una siepe.
Odio quando pianificano alle mie spalle.
Credono ancora che io sia la Bethney di tre anni fa che non sa affrontare una situazione scomoda senza cadere nel panico più totale?
Solo Cooper è a conoscenza dei progressi riguardo gli attimi di panico che mi sovrastavano, ogni volta che la paura mi avvolgeva, lui era lì a tenermi la mano per non lasciarmi sprofondare nel buio.
Lui c'è sempre stato.
Sempre.
<<Hey, Marcos e Jolanda sono dovuti entrare, tra qualche ora dovrebbe essere tutto finito>> Le mani di Cooper accarezzano il tessuto dei miei jeans mentre s'inginocchia arrivando sotto il mio naso.
Il suo tocco leggere mi trasmette tranquillità nonostante ciò che sta per succedere.
Posa entrambi gli indici alle estremità delle mie labbra per poi spingerli verso l'alto creando sul mio viso un sorrisino storto.
Tento di non cedere, ma il suo sguardo colmo di gioia puntato su di me non mi dà altra scelta che ridacchiare sputacchiando anche un po' sui suoi capelli tirati all'indietro con del gel.
<<Abbiamo sentito di una donzella che ha bisogno di un abbraccio dai sette ragazzi più belli del mondo>> Ci raggiungono Brayan e il resto del gruppo sorridenti.
Li osservo di sottecchi mentre controllo i nuovi messaggi di Travis.
"Mi devi fare un enorme favore, sono nella merda"
"Sono serio, Bethney"
"Chiamami quando hai un momento"
Me l'aspettavo, quando mai Travis Miller non si caccia nei guai; poi quella che deve aiutarlo a uscirne ovviamente sono io.
Sto per chiamarlo per sentire l'ennesima cazzata che ha combinato quando uno dei miei amici mi strappa via il cellulare dalle mie mani.
Prima che io mi possa lamentare per l'ingiusto sequestro del mio telefono Frederick tira fuori da dietro la propria schiena una piccola margherita.
<<Milady...>> Sussurra con dolcezza mentre infila il piccolo fiore tra i miei capelli, poco sopra l'orecchio.
Se le persone fossero dolci e gentili come lui il mondo sarebbe di gran lunga un posto migliore.
Trascorriamo le seguenti due ore a parlare un po' di tutto: del mio futuro progetto di arte con Damien, di quanto loro odino Travis perchè lo considerano un irresponsabile e della nostra prossima meta per questa estate, anche se mancano cinque se non sei mesi, poiché tutti loro, tranne me e Sebastian, devono prendere il diploma.
Sono già passati dieci anni da quando ci siamo incontrati, non avrei mai pensato che dopo aver perso la mia famiglia ne avrei trovata un'altra.
Non so proprio cosa avrei fatto senza di loro.
Anche se non smetto di pensare ai miei genitori, alla vita totalmente differente che avrei potuto avere se solo-
<<Eccoli!>>
Shunko indica il portone spalancato da cui stanno uscendo Jolanda e Marcos.
Stritolo la mano di Cooper non distogliendo gli occhi da quella maledetta porta da cui non viene fuori più nessuno.
Mi giro per domandargli perchè ancora non si è fatto vivo, lui subito afferra il mio mento tra le dita e lo rivolge di nuovo in direzione dell'ingresso e finalmente lo vedo.
Una ciocca bruna gli scivola sulla fronte costringendolo a tirare fuori una mano dalla tasca anteriore della tuta grigia che fascia alla perfezione le sue gambe; ci passa le dita lunghe e affusolate mentre abbassa lo sguardo osservando ogni grandino che scende.
La maglia bianca aderisce al suo petto per via del vento che soffia impetuoso contro di lui risaltando le spalle larghe, in netto contrasto con la sua vita stretta.
Sento formicolare le punta delle dita al solo pensiero di toccare la sua pelle liscia.
Stringo i pugni per frenare questa dannatissima sensazione.
<<Accantona la rabbia topolina, ha passato anche lui anni bui>>
L'immagine di Frederick mi si para davanti privandomi della visuale su Jacob.
Deve aver interpretato come segno di rabbia le mie mani serrate, invece non è nient'altro che desiderio.
<<Il problema è questo Freddy... - indietreggio con la paura che Jacob possa spuntare dietro di lui da un momento all'altro- ...io non riesco più ad essere arrabbiata>>
Accenna un sorrisetto di uno che la sa lunga e mi accarezza la guancia con l'indice.
<<Vieni>>
Appare di fianco a me Brayan che senza aspettare una risposta mi prende per la vita trascinandomi dietro la siepe senza farsi vedere da lui.
Mi posa due dita sul collo e strabuzza gli occhi.
<<Oh, rallenta o il cuore ti esploderà, come il mio cervello durante le lezioni di matematica>>
Gli tiro uno scappellotto per la battuta detta in un momento inopportuno e dopo avergli fatto segno di tacere mi accovaccio vicino alla siepe per ascoltare la conversazione che sta avvenendo dall'altra parte.
Tra i piccoli spiragli lasciati dai rametti riesco ad intravedere Jacob avanzare fino a ritrovarsi davanti ai ragazzi.
Le labbra carnose si incurvano in un mezzo sorriso mentre li saluta uno ad uno abbracciandoli.
La mascella definita gli conferisce un aspetto da adulto, come il pomo d'Adamo, il quale qualche anno fa c'era solo un piccolo accenno.
Quanto è diventato bello.
<<Scusami?>> Sussurra Brayan con voce più acuta del normale.
<<Che cosa?>>
Soffio via una ciocca nera caduta sopra il naso.
Se l'ho detto ad alta voce mi prendo a schiaffi.
<<"Quanto è diventato bello" non so se mi spiego>>
Gli tiro una gomitata nelle costole per farlo smettere prima che Jacob si accorga di noi.
<<Alto, ho detto alto>>
Provo a giustificarmi per sfuggire dal imbarazzo.
I suoi occhi verde smeraldo brillano illuminati da alcuni raggi di sole filtrati dal albero su cui si sta poggiando con la schiena Shunko mentre si allaccia una scarpa.
Dopo aver stretto la mano e abbracciato quasi tutti si guarda intorno e la sua espressione tramuta da sereno a preoccupato.
<<È bello rivederti Jacob>> Cooper gli stringe l'avambraccio per poi tirarlo a sé dandogli qualche pacca sulla schiena.
Cooper è sempre stato il più alto tra tutti, dato il suo metro e novanta, ma mi rendo conto che ora Jacob è alto come lui.
<<Anche per me>>
La sua voce profonda mi provoca piccoli i brividi lungo tutta la spina dorsale e una scia di pelle d'oca sulle le braccia.
Merda.
<<Voglio andare in hotel -mormoro a Brayan sentendo un peso nel petto diventare quasi insopportabile - adesso!>>
Fortunatamente non esita neanche un secondo, annuisce e cercando di essere i più silenziosi possibili ci avviamo verso i un taxi parcheggiato lì vicino.
Mi giro per assicurarmi che nessuno ci abbia beccati ma una chioma bionda in lontananza attira la mia attenzione.
La signora Thompson e altri due uomini ammanettati vengono accompagnati da cinque poliziotti verso un'auto.
Sono sicura che uno dei due uomini vicini a quel essere l'ho già visto quando ero piccola da qualche parte.
Solo che non ricordo dove...
Lei, sentendosi osservata, nota la mia presenza.
Raddrizzo la schiena per non lasciar trapelare la paura che grida dentro di me quando incrocio il suo sguardo glaciale.
Spalanca gli occhi mettendo in risalto le varie rughe che le contornato il viso ormai scavato dai segni dell'età; presa da uno scatto d'ira inizia a dimenarsi dalle prese dei poliziotti che le chiedono di calmarsi.
Ora che non ha più nessun potere su di me, i suoi insulti, tutte le sue minacce mi scivolano semplicemente addosso.
Vederla essere costretta ad abbassare la testa per entrare in macchina mi provoca una strana sensazione, la stessa di quando sporgi la testa fuori dal finestrino di un'auto che corre lungo un rettilineo parallelo alla riva di un mare infuriato.
E poi respiri.
<<Bethney...>>
Mi pietrifico all'stante.
Il mio nome pronunciato dalle sue labbra risveglia le famigerate farfalle nello stomaco, farfalle che nessun altro in questi anni era mai riuscito a provocarmi.
Non dovrei avvertire tali emozioni, non dopo tutto ciò che è successo, non dopo tutto ciò che mi ha fatto passare.
Devo affrontarlo una volta per tutte, necessito di mettere un punto a questo capitolo della mia vita.
Riempio i polmoni fino a quando non mi manca il respiro e con il cuore che scalpita mi decido a guardarlo.
É cresciuto parecchio dall'ultima volta che ci siamo visti, e come biasimarlo, eravamo entrambi ai primi anni dell'adolescenza quando le nostre strade si sono divise.
Tuttavia, non avevo minimamente immaginato che in questi anni lui è il suo corpo potessero cambiare così... tanto.
Mi soffermo forse qualche secondo di troppo sulla V definita nella zona del basso addome, lasciata scoperta dall'orlo della maglietta sollevata dal vento.
Deglutisco a vuoto sentendo le guance andare a fuoco quando lui la abbassa di colpo.
Meccanicamente sollevo il mento portando l'attenzione sul suo viso, incrociando uno sguardo penetrante.
Jolanda ha detto che è tutto nascosto negli occhi... e se fossero gli occhi a nascondere qualcosa?
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top