Cinque
Due mesi prima,
Khalsi.
Due mesi fa' mi avevano spostata nell'accampamento di Fityl e dovevo dire che, al mio arrivo, era strutturato bene. Mi avevano subito messa al mio posto, quella di schiava dei miei superiori, ma almeno avevano avuto le idee chiare con me. Poi non so cosa sia successo ma hanno deciso di spostarmi per qualche giorno a Khalsi, a sud-est da Fityl.
Hanno bisogno del nostro aiuto.
Sono in pericolo.
Queste sono state le loro giustificazioni e io non mi sono posta tanti problemi.
Avevo appena finito l'addestramento, e nonostante fosse durato così tanto tempo, ci hanno sempre messo al corrente dei nostri doveri. Siamo tenuti a rispondere quando ci chiamavano, anche in punto di morte. Pertanto, ieri sono arrivata alle porte di Khalsi.
Era una città un po' abbandonata a sè stessa a dire il vero. Sekan, che per me era la città per eccellenza messa peggio, sotto alcuni aspetti messa a confronto con Khalsi sembrava pure meglio.
C'erano poche case abitata dagli umani, quei pochi coraggiosi che hanno scelto di vivere in una città che è continuamente sotto attacco. Le case, fatte interamente di pietra e a forma rettangolare, si trovano nel centro della città dove spesso si effettua un mercato, uno tra i più particolari dell'isola: la zona è popolata da branchi di cavalli, di razze diverse e incroci, e nel mercato vengono venduti in ogni modo. Sia vivi che morti.
C'erano allevamenti che permettono la loro riproduzione, per non permettere l'estinzione di una delle razze animali che è essenziale per la nostra sopravvivenza. Sono stati da sempre il mezzo che ci ha permesso di spostarci con rapidità all'interno del Regno e sono divenuti anche un enorme fonte di proteine per viaggi lunghi, anche se quest'ultimo tipo di commercio non è stato introdotto dagli abitanti di Khalsi.
I Zuiani, qualche anno prima, dopo aver comprato alcune delle proprietà, inclusi i commerci della zona, hanno deciso di intraprendere questo percorso.
Personalmente non amavo mangiare carne di cavallo, lo ritenevo un fedele compagno ma, in caso di guerra, la loro carne era fondamentale per la nostra sopravvivenza.
Attorno alle case, negli ultimi cinquant'anni, sono stati inseriti dei capannoni improvvisati dall'esercito. Diversi accampamenti si trovavano nelle zone limitrofe della città, da dove i soldati riuscivano a tenere sotto controllo la situazione, seppur nel raggio di due chilometri alle porte della città, c'erano delle torri di controllo.
Ed era qui dove mi trovavo, in una delle tende che condividevo con altre sei persone. Gli spazi erano ristretti, ero convinta che per dormire bene avrebbero dovuto esserci al massimo quattro persone ma personalmente non mi potevo lamentare. Non potevo pretendere di avere comodità di questo genere, era un lusso che solo i nostri superiori potevano permettersi.
La tenda era piccola, dalle tonalità del verde petrolio e c'erano sette sacchi a pelo attaccati l'uno all'altro. Nonostante Khalsi fosse una città dalle temperature medio-alte, dentro la tenda credo ci fossero almeno quarantacinque gradi. Quasi mi sembrava di essere ritornata all'addestramento, quando ci obbligavano a passare giornate intere in mezzo al deserto per allenare la nostra resistenza agli sbalzi termici.
I soldati con cui condividevo la mia tenda non li conoscevo, a parte per una ragazza che stava in Accademia con me, nello stesso periodo. Si chiamava Kejra Alzahar, aveva lungi capelli ricci e di un colore intenso, sulle sfumature del castano scuro. I suoi occhi non di meno erano dello stesso colore, abbelliti da delle sopracciglia folte che le donavano uno sguardo penetrante. Il naso era leggermente acquilino e le sue labbra sottili le regalavano un'espressione seria, quando non sfoggiava il suo sorriso bianco.
Era una di quelle ragazze che ho sempre ammirato per il proprio temperamento serio e distaccato che aveva con chiunque. Sembrava essere fatta per questo lavoro e forse era l'unica che non mi guardava con tanto sdegno, anche perché guardava un po' tutti male.
Difatti, dato che era l'unica ad essere indifferente alla mia storia, il suo sacco a pelo era quello vicino al mio, mentre io sono stata messa all'angolo, separata dal resto delle persone.
"Uma, ancora non hai sistemato le tue protezioni?" La voce calda di Kejra mi risveglia dal mio stato di trans.
Mi voltai a fissarla ancora estraniata, e ci misi un po' a capire cosa intendesse. Le mie protezioni erano tutte sparse sul letto, in uno stato confusionario.
"No, lo stavo per fare", mi giustificai subito sentendo le mie guance riscaldarsi, come una bambina colta con le mani piene di caramelle.
Kejra alzò un sopracciglio, non credendo sicuramente alle mie parole. Ed effettivamente non la biasimavo. Mi ero rintanata dentro la tenda appena l'avevo trovata vuota per non affrontare tutta quell'agitazione. Ma infondo non potevo che sentirmi riconoscente, le protezioni ormai erano l'unica fonte di difesa contro i mutanti ed era nostro compito trattarle come un'estensione del nostro corpo, dopotutto solo grazie ad esse potevamo combattere contro di loro come pari.
"Se vuoi ti aiuto", mi disse entrando definitivamente nella tenda.
Non credevo lo faccesse per gentilezza, quanto per un discorso di sicurezza. L'aria era densa di tensione, la sentivo persino scorrere sotto la pelle, ed eravamo tutti agitati. In un modo o in un altro, la gente si teneva impegnata pur di non farsi trascinare dall'ansia generale.
Kejra si avvicinò al mio sacco a pelo, e cominciò a riordinare tutti i miei armamenti, così mi sbrigai a mettermi al suo fianco.
Le protezioni che indossiamo erano diverse da quelle usate in antichità, queste odierne erano in una lega di titano ultraleggera che attraverso un nanochip, riusciva a creare dei campi elettromagnetici che si attivavano attraverso un sistema di monitoraggio biochimico, ovvero tenendo in considerazione i livelli di adrenalina prodotti dal nostro corpo.
Mi venne in mente quando in Accademia ci fecero ingerire per la prima volta il zahar, e sotto duri addestramenti, hanno registrato per ciascun soldato le soglie minime di adrenalina. In questo modo, la protezione personalizzata per ognuno di noi, attivava in base al valore minimo di adrenalina un campo elettromagnetico che, all'aumentare dei valori di epinefrina, aumentava l'intensità.
Ma tutto questo, non sarebbe stato reso possibile senza il siero usato per rafforzare le nostre capacità fisiche: il zahar. Ci permetteva di poter regolare la trasmissione neuromuscolare, di aumentare la nostra reattività e resistenza fisica grazie alla presenza di nanobot presenti al suo interno, che riuscivano a stimolare l'attività delle ghiandole surrenali e il sistema nervoso centrale. Questo significava che, grazie ad esso aumentava la produzione di epinefrina, che poi giocava in concomitanza con le protezioni.
Era una tecnologia avanzata, ma purtroppo, anch'essa aveva il suo costo. Non ci era possibile ingerire più di tre fiale del zahar, in quanto presentava degli effetti collaterali sul nostro corpo. Nonostante la sua capacità di renderci forti come un mutante, seppur temporaneamente, una volta svanito l'effetto il nostro corpo può ricorrere ad uno shock muscolare, andando incontro nei peggiori dei casi a delle vere e proprie esperienze di epilessia o paralisi, che fortunatamente nel giro di qualche minuto svanivano.
Insieme a Kajra sistemai le protezioni sul letto, in maniera tale da poter essere utilizzate per qualsiasi evenzienza. Dopodiché, una volta finito con me, ci guardammo negli occhi e come se sapessimo a cosa stavamo pensando, uscimmo dalla tenda. Un altro minuto lì dentro e sarei morta soffocata a causa dell'afa.
Una volta fuori osservai le altre tende messe tutte allo stesso modo. Le une attaccate alle altre e disposte in file lunghe e ripetute; questo mi ricordò che non c'eravamo solo noi da Fityl ma anche soldati da Punta del Sole e Vjeri. Non sapevamo perché, non ci era nemmeno dato sapere, ma i mutanti ormai si erano posti come obiettivo di attaccare unicamente Khalsi.
Quasi sussultai quando Kejra mi salutò, convinta fosse già andata via. La vidi che avanzò dritta verso un'altra tenda, dove ricordai alloggiasse un suo amico.
Sospirai e alzai lo sguardo al cielo, notando come nuvole grigie e pesanti attraversavano la volta celeste, coprendo anche le punte delle montagne alle spalle della città. Sentivo il vociare dei soldati che faceva da sottofondo, e come spesso mi capitava ultimamente, mi estraniavo dalla realtà concentrandomi sul paesaggio.
Poi, fu' un attimo.
Un vento forte si alzò, le nuvole sembravano farsi sempre più pregne d'acqua pronte a scagionare il loro nettare sulle nostre teste, il cielo plumbeo ne presagiava l'avvenire.
Si sentì un allarme acuto, come se una decina di oche stessero starnazzando in contemporanea, e poi un urlo.
"Sono arrivati!"
Non so chi fu a parlare, ma vidi le teste dei miei compagni scattare ed io mi affrettai a seguirli.
Cazzo, cazzo, cazzo.
Corsi dentro la tenda dove trovai due soldati che stavano indossando già le protezioni, mettendole sul collo, il busto e le articolazioni tra cui gomito, ginocchio e caviglie. Mi affrettai a fare lo stesso, mentre dopo di me entrarono altri soldati tra cui la ragazza che solo due minuti fa' mi aveva aiutato a sistemarli sul letto.
Mi sbrigai, insieme ai miei compagni, a ingerire il zahar. Dopodiché, sentendo il sangue ribollire nelle vene e la vista migliorare, mi sentì pronta.
Respirai nervosa e in affanno poiché fino ad ora avevamo sempre e solo effettuato simulazioni, avevo ingerito in passato il siero ma non avevo mai assaporato la sensazione del liquido accoppiato alla paura.
Era una sensazione nuova, esplosiva. Il cuore batteva velocemente, il sangue scorreva nelle vene ad una velocità sovranaturale e il respiro era affannoso, come se avessi corso prima d'ora chilometri su chilometri.
Espirai profondamente prima di uscire dalla tenda e sentì gli altri seguirmi.
Vidi il Sergente Maggiore della nostra divisione di cui mi sfugge il nome, ma che a causa di una bruciatura che gli ricopre metà viso riesco a riconoscere subito, farsi largo ed arrivare davanti all'accampamento.
"Soldati! Vi voglio tutti sull'attenti. So che per alcuni è la prima battaglia ma servono tutte le risorse possibili per affrontare il nostro nemico! Hanno iniziato ad attaccare la zona sud-ovest di Khalsi, sono arrivati dalle montagne. Dobbiamo cercare di fermare l'avanzata e concentrare la battaglia ad ovest, non dobbiamo permettere che coinvolgano i civili".
Ci guardò tutti con sguardo serio, mentre le rughe piano piano si fecero più evidenti, sottolineando i segni della bruciatura e rendendolo ai miei occhi inquientante.
"Voglio che manteniamo una formazione compatta! Gruppo Beta sul fronte, gruppo Sigma coprite sul lato destro mentre sul sinistro il gruppo Bravo. Al centro voglio i tiratori del gruppo Alpha, verrete supportati dai tiratori fermi sulle alture del plotone mandato da Punta Del Sole. Nelle vie di retroguarda voglio il gruppo Gamma. Per nessun motivo al mondo dovete distruggere la formazione, anche se a chiedere aiuto sono i nostri stessi compagni." Prese un respiro profondo, guardando attentamente negli occhi chiunque.
"Ora, controllate che abbiate tutte le vostre armi e che siano pronti all'uso. La nostra missione è proteggere la città, e se vogliono passare lo faranno sul nostro corpo! Prendete tutti un cavallo e dirigiamoci ad ovest, se non li fermiamo ora non ci sarà più una città da difendere!"
Con queste parole, il Sergente si voltò e si diresse verso i cavalli già preparati da altri soldati. Montò sù, e come lui, tutti ci sbrigammo, dividendoci in gruppi.
Le sue parole, così cariche di spirito combattivo, mi resero adrenalinica. L'eccitazione della battaglia imminente mi salì lungo le vene e arrivò al cervello, le mie sinapsi sovraccitate trasmisero il messaggio che speravo: combattere, uccidere. Dovevo sopravvivere.
Insieme ai miei compagni di tenda ed altri soldati sparsi ci muovemmo verso il punto di raccolta del gruppo Gamma, dove i nostri destrieri ci aspettavano con le loro munizioni. Urla di incitamento ci abbracciarono appena giungemmo.
Mi ripetei mentalmente le tecniche d'attacco, ripassando tutte le nozioni imparare all'Accademia. Evitare il corpo a corpo per risparmiare l'energia delle protezioni, usare granate per stordire, sparare con le armi anti-mutante. E, aggiunsi, sopravvivere.
Montai a cavallo con i miei compagni ed aspettai che la prima linea si formi, e nel giro di due secondi ci ritrovammo a proteggere le spalle degli altri gruppi già formatasi.
Corsi sopra il mio destriero, spingendo con i piedi sul suo ventre e facendogli impiegare la massima velocità. Dal nord di Khalsi, dove ci trovavamo, riusciamo ad arrivare ad ovest nel giro di meno di dieci minuti, con i nostri cavalli che, come se fossero nati per questo, correvano fendendo l'aria ad una velocità impressionante.
Da lontano riuscì a vedere una nube di fumo che fa da sfondo alla battaglia, e le urla dei soldati a fare da colonna sonora. Il cielo assumeva colori terrificanti, intensi lampi illuminavano di rado l'ambiente, facendo sembrare che mi trovassi nel pieno delle ore mattutine e una, poi due, tre gocce mi arrivarono addosso. Iniziò una forte pioggia che nonostante tutto non impedì la nostra avanzata.
I mutanti, fisicamente così simili a noi, si trovavano tranquilli in mezzo alla battaglia. Sembrava che stessero lì per puro divertimento, come se non stessero combattendo contro di noi. Erano un gruppo di esseri che ricambiavano i colpi attraverso i loro poteri anche se, sembravano non esercitare al loro massimo le loro capacità. Come se si trovassero lì solo per tenerci occupati, pensai, ma scacciai subito l'idea.
Sentivo la terra tremare e non solo per il nostro arrivo. Riuscivo a vedere combattimenti corpo a corpo sorprendenti: c'era chi grazie al siero rafforzante, riusciva ad avere una forza inumana e ad eguagliare gli esseri mutanti.
Il gruppo Beta, come da piano, si scontrò con un gruppo dei nostri nemici che sembrava stessero aspettando solo noi. Poi, non capì più niente, solo caos.
Colpi di fucile partirono dal gruppo Alpha e noi, posti lontani da loro ma non abbastanza, afferrammo prontamente le nostre pistole a medio raggio pronti a sparare chiunque fosse rimasto in piedi.
Io, con due soldati della mia tenda, ci trovavamo nella penultima fila. Dovrei ritenermi fortunata, perché forse c'era una piccola percentuale di sopravvivenza.
Il mio corpo batteva ritmicamente sul cavallo in galoppo ma mentre correvamo tutti affiatati, sentì un colpo arrivare sul mio destriero e notai il soldato alla mia sinistra con la pistola puntata su di me.
Non riuscivo a sentire nulla, il rumore della pioggia e della battaglia superavano tutto ma il suo labbiale lo capì comunque.
"Muori".
Il mio fedele compagno nitrì dal dolore, e iniziò la discesa sul fianco destro. Prontamente riuscì a saltare, e sbattei la spalla e la testa, le gambe nemmeno le percepì. I miei compagni, o quelli che ritenevo tali, non mi prestarono soccorso. Il rumore del galoppo continuò, il fango del terreno mi ricoprì tutta,e la pioggia violenta mi colpiva senza freni. Per qualche secondo rimasi sdraiata per terra, allucinata da ciò che era appena successo.
No, non potevo permettermi di morire!
"Merda!" Urlai.
Mi diedi un pizzicotto sul braccio, e seppur dolorante, con un colpo di reni mi misi in piedi. Vidi come il mio cavallo fosse riverso in una pozza di sangue, il mostro lo aveva colpito con un proiettile per mutanti che era capace di stendere qualsiasi animale di medio-grande altezza.
Zoppicando mi avvicinai e gli chiusi gli occhi, dispiaciuta per la sua fine.
Non erano stati i mutanti, ma gli esseri umani ad ucciderlo. E questo mi infiammò, il siero triplicò le mie sensazioni e il fuoco del zahar raggiunse il mio cuore.
Ricordandomi di essere nel centro della battaglia, presi dal busto del cavallo delle armi da usare a lungo raggio come granate piccole, e iniziai a correre verso il centro della battaglia.
Io, Uma Adiri, ce l'avrei fatta. Avrei dimostrato a loro che nemmeno il tentativo di sabotarmi avrebbe mai funzionato, dovevano uccidermi con le loro mani!
I polmoni iniziavano a bruciarmi per quanto stavo correndo veloce, il cuore pompava sempre più in fretta e, nonostante la vista resa più acuta, la polvere innalzata dalla violenza della pioggia che colpiva il terreno mi impediva di vedere bene da lontano. L'acqua che precipitava selvaggiamente sul suolo rendeva il paesaggio più cupo ed isolato.
Mentre correvo però, un peso improvviso mi arrivò addosso, facendomi ruzzolare per terra.
Un mutante, di genere femminile, di cui riuscì a notare solo gli occhi viola e i denti affilati, mi stava tenendo i polsi sopra la testa mentre con una mano cercava di strangolarmi.
Vidi le sue pupille farsi più sottili, e sentì la paura crescere dentro di me, non sapendo cosa sarebbe successo da lì a poco.
Con tutte le mie forze, spinsi il bacino in avanti e con un calcio riuscì a staccarla da me. Mi alzai da terra, e senza aspettare che anche lei lo facesse, le diedi un calcio sul fianco, poi sulla schiena e trovai subito il modo di metterle un piede sulla gola. Cercai, invano, di strangolarla. Magari riuscivo ad ucciderla senza spargimenti di sangue.
Lei mi guardò con odio, e senza farsi intimorire, ringhiò ed afferrò con entrambe le mani il mio piede. Mi sollevò e mentre stavo per cadere, in quanto persi l'equilibrio, mi riuscì a lanciare facendomi fare un salto di almeno tre metri. Sbattei rovinosamente la schiena per terra, sentendo anche un rumore per niente rassicurante alla spalla.
Mi lamentai, ma non ebbi nessun modo di poter continuare a farlo. Il mio nemico afferrò un pezzo di un ramo, lungo quanto il mio braccio e si avvicinò a me, con un sorriso sulle labbra. Sentivo male dappertutto, le protezioni non funzionarono tanto e solo ora mi accorgo che non le avevo attivate. Cazzo, che errore da principiante!
Non riuscivo ad alzarmi, sento che mi stavo agitando più del solito, perché effettivamente ho compreso di essere in pericolo. Respirai con affanno mentre pensavo ad una soluzione, quando ormai il mutante era giunto ai miei piedi.
Senza pensarci due volte le feci uno sgambetto, perse l'equilibrio e il ramo mi cascò addosso insieme a lei, per fortuna non di punta.
Alzò il suo sguardo su di me, mi ringhiò addosso con i suoi denti e mi prese di nuovo per il collo, stringendo con entrambe le mani.
Il respiro iniziò a mancarmi, il suo sorriso si fece più evidente e sentì la paura di morire montarmi addosso.
Misi le mie mani sulle sue, cercando di staccarle, ma non ci riuscì.
Cazzo, cazzo, cazzo.
Tossì in mancanza di aria. No, cazzo, non volevo morire. Non volevo!
Alzai le mani, mentre la vista mi si appannava, e le misi sul suo collo stringendo lievemente anche io, con le mie ultime forze.
Una piccola luce dalle tonalità verdi, mi appariva sfocata ai miei occhi ma notai comunque l'espressione di sorpresa del mio nemico.
La sua presa si allentò, le mie mani prudevano e formicolavano, come se qualcosa mi stesse attraversando.
"T-tu, chi.. chi sei?" Sentì finalmente la sua voce, rauca e come se appartenesse ad una persona anziana.
Non le risposi, mi sentì bene ma allo stesso tempo stanca. Le mie energie lentamente aumentavano, facendomi percepire una sensazione di benessere fuoriluogo.
La donna iniziò a divincolarsi dalla mia presa, ma io, che ormai avevo chiuso gli occhi accecata dall'intensa luce che si è sprigionata, aumentai la stretta sul suo collo.
"La-lasciami! Merda..." Sussurrò, e si interrumpe per tossire.
Continuai a stringere, forte, arrabbiata per tutto quello che era successo. Per essermi fatta cogliere così facilmente alle spalle, per aver creduto che nonostante tutto potessi far parte di un gruppo. Per essere qui, a combattere.
I muscoli delle mie mani iniziarono a tirare per quanto stessi stringendo, finché il corpo dell'essere mi cadde addosso.
Aprì lentamente gli occhi, e vidi i capelli bianchi della donna che mi coprivano quasi tutta la vista. Spaventata, con la confusione che appannava la ragione, alzai una mano e delicatamente spostai una ciocca di capelli dal suo viso.
La faccia, ingrigita e con delle evidenti rughe, sembrava invecchiata d'improvviso. I polmoni non svolgevano più il loro compito, ed il cuore -notai dopo aver messo un dito sulla carotide- non pompava più sangue. Il corpo senza vita della mutante lambiva il mio, gli occhi spenti rivolti verso la mia direzione, come a imprimermi la mia crudeltà.
Poi però la paura, la stanchezza, forse anche lo svanimento dell'adrenalina e dell'effetto del zahar fecero il loro dovere.
Chiusi gli occhi, consapevole di aver ucciso una mutante a mani nude.
E prima di cadere in un sonno profondo, la testa mi cadde nella direzione della battaglia che continuava e notai dei capelli ricci in lontananza che si avvicinavano di corsa, in sella ad un cavallo.
Il mio nome uscì dalla sua bocca, ma io vidi nero, e non ricordai più nulla.
Bentornati a tutti, e anche a me!
Sono mancata un po' a causa della sessione, se non si fosse capito, ma ora eccomi qui, più esaurita di prima🫠
Ci siamo addentrati in un flashback di Uma, e spero vi sia piaciuto.
Non vi nascondo che saranno molti i flashback, di vari personaggi, che inserirò per rendere chiari avvenimenti che all'inizio saranno solo che confusionari. Tempo al tempo👀
Comunque, che pensieri avete al riguardo?
Ci sentiremo, spero a breve, per il prossimo capitolo!
A presto,
Majko. <33
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