37

Il mio corpo si mosse, venne spinto da mani forti e scivolò oltre il confine del materasso.
Mi svegliai all'improvviso.
Stesa sul pavimento dolorante.
Aprii di scatto gli occhi, spaventata, e notai Ethan davanti a me.
In piedi, in tutta la sua altezza, rideva gorgogliante con la schiena piegata e le braccia che si tenevano la pancia.
<< Ahia... >> gemetti, massaggiandomi il fianco con il palmo della mano, in gesti circolari,
<< Ed io che credevo ti fosse passato questo vizio >> aggiunsi bofonchiando raucamente.

Mi aveva buttata giù dal letto, ma almeno, aveva avuto l'accortezza di stendere dei cuscini prima del mio atterraggio.
<< La tua faccia è impagabile >> affermò solamente, sornione.
Presi un angolo di un cuscino e glielo tirai in faccia, facendolo ridere ancora di più.
Ora in piedi, mi dirigevo verso di lui per tirargliene un altro, lo vidi indietreggiare, con le mani alzate in segno di resa, fino quasi a toccare la parete, poi, prese al volo il cuscino che volava in aria e si gettò su di me, piroettando su se stesso ed ingabbiandomi contro il muro.

Sbuffai, dispiaciuta per aver perso quella battaglia.
<< Ti vedo molto energico questa mattina >> brontolai, mentre il suo profumo mi inebriava le narici; ghignò sensualmente, ed un accenno di sorriso colorò le mie labbra, poi, si abbassò fino a raggiungere il mio orecchio, spostò con una mano i capelli dietro la spalla, e rimase fermo a farmi ammirare l'angolo della sua mandibola.
<< Buongiorno principessa >> soffiò roco, con una dolcezza vibrante nelle corde vocali, mi lasciò un casto bacio lì, sul collo, subito sotto l'orecchio, e quel sorriso appena visibile si allargò sul mio viso... ma, invece di spostarsi, rimase immobile, come dubbioso, poi, tornò a posare le sue morbide labbra in quel punto, in un altro bacio, e in un altro, più basso, un altro ancora, leggermente più a destra... delicati, lenti, si susseguivano disegnando un piccolo cerchio sulla mia pelle...
Un altro ancora, e sentii la punta bagnata della sua lingua solleticarmi, le labbra premere con più forza, più passionali, e un ansimo sfuggire dalla mia bocca sorpresa, dal mio petto ansante, dalla mia mente annebbiata.

Percepii quelle labbra che ancora premevano sul collo aprirsi in un sorriso soddisfatto, e poi le sentii sull'angolo della mia bocca.
<< Buongiorno principessa >> ripetè ancora, sussurrando amorevolmente quel soprannome, ma questa volta, guardandomi.

Dopo quel sorprendente modo per iniziare la giornata, iniziai a lamentarmi con Ethan per l'orario in cui mi aveva svegliata.
<< Oggi devono venire i genitori >> esclamò ovvio, continuando a camminare al mio fianco per il corridoio.
Sbattei il palmo della mano sulla fronte, forse con troppa forza perché mi fece male,
<< Dannazione lo avevo completamente dimenticato... >> dissi imprecando e voltai lo sguardo su di lui,
<< Cosa dovremmo fare esattamente? >> domandai confusa, cercando di ottenere informazioni per riordinarmi le idee,
<< Dobbiamo pulire le camere dei bambini e prepararli al meglio.
I genitori visiteranno la struttura, i locali principali, la mensa... noi li accompagneremo spiegandogli approssimativamente le attività.
Poi non so, dipende come si vogliono comportare, potranno conoscere i bambini parlandoci o semplicemente guardarli mentre giocano, sicuramente studieranno tutto con cura, ogni cosa, sopratutto me e te... quindi, comportati bene >> spiegò con voce fredda, ammiccandomi quando pronunciò l'ultima frase.
<< E perché? Cosa c'entriamo? >> chiesi perplessa,
<< Noi ci prendiamo cura di loro per la maggior parte del tempo, li conosciamo meglio di tutti. Sappiamo i loro pregi, i loro difetti, i loro incubi... sappiamo tutto >> rispose con un'alzata di spalle.

Ancora in pigiama, facemmo velocemente colazione in una mensa semi deserta per via dell'orario, poi, terminato il mio caffè rigenerante, corsi in stanza a preparami.
Sentii, insieme ai vestiti che si posavano sulla pelle, veli di agitazione aderirci, la mia mente era puntinata da una preoccupazione istintiva.
Uscii dalla stanza lasciandomi la porta alle spalle, espirai la frustrazione, e mi diressi verso la camera delle bambine.

Quattro bamboline dorminavano nei loro piccoli lettini, con le morbide guance schiacciate ai cuscini.
Tristemente dovetti interrompere il loro sonno sereno, scandii un dolce bacio sulla fronte di ognuna.
Lasciai che ognuna scegliesse i vestiti che preferiva, quelli che amava di più, poi, inginocchiata al centro della stanza, con il panorama della finestra di fronte alla mia vista, creammo un piccolo cerchio, e ci abbracciammo affettuosamente... e fu strano, mi sembrò diverso da ciò che doveva essere, eravamo come un gruppo di amiche... come un gruppo di sorelle.

Un cerchio un po' impreciso, in cui la realtà non soddisfava i precisi parametri scanditi dalla geometria, eppure, noi creammo una catena di minute braccine, di deboli manine legate insieme, di minuscoli corpicini, tanto belli quanto fragili...
Eravamo una cosa sola, un insieme, unico e magico...
Forse eravamo solamente piccole donne, in procinto di crescere, di vivere, con tanti incubi, con tante fratture, con tante sfumature scure, ma con grandi sogni e grandi cuori...
E nonostante la differenza d'età, tra tutte quelle bambine, io mi sentii come loro, una di loro, mi sembrò di sentire il mio animo unirsi al loro stesso coro, cantare la stessa canzone.
<< Fate le brave, mi raccomando >> dissi, continuando a posare lo sguardo su ognuna di loro, osservandole, studiandole,
<< Meg io voglio andare all'asilo... io non voglio... >> cinguettò quel pulcino impaurito di Abbie, nei suoi capelli biondi, soffici come piume,
<< Anche io! Io... io... non voglio vedere i genitori nuovi... >> piagnucolò Lily, trovando a stento le parole, indugiando indecisa su esse,
<< Sst, sst...
Non dovete aver paura di niente...
Io sarò lì per tutto il tempo... sarò vicina a voi, non vi lascerò sole...
È una bella cosa sapete, la famiglia intendo, potrete avere una mamma e un papà tutti vostri, e loro saranno buoni e gentili... all'inizio non vi piacerà la nuova casa, ma poi con il tempo capirete quanto è bello, essere amati, essere parte di un qualcosa... >> sussurrai dolcemente, con il cuore contratto in una morsa dolorosa, mentre accarezzavo il viso di Abbie, dove una lacrima stava scendendo veloce e prepotente, tracciando il suo sentiero impervia.
Avevo così paura, dannazione se ne avevo, eppure non potevo permettermi di mostrargliela, perché quelle bambine non dovevano nemmeno sospettare i miei timori.

<< Sarò lì, pronta a prendervi in braccio!
Lily... non ti agitare, rispondi bene, sii educata e gentile come sai fare... >> affermai, ravvivandole con cura, una ciocca di quei capelli rossi scintillanti dietro l'orecchio, di quel colore simile al fuoco, così acceso e forte, che ardeva in lei;
<< Kim... tu ricordati di mettere la manina davanti alla bocca quando sbadigli... >> dissi, limitandomi a stringerle la mano, massaggiandole le dita, dove spuntavano le unghie corte e mangiucchiate, consapevole che quel gesto per lei valesse più di un abbraccio, perché a lei, il contatto fisico non era mai piaciuto;
<< Abbie... non ti spaventare quando vedrai gente che non conosci, salutali e non aver paura... >> le spiegai, passando il pollice sulla sua guancia, tracciando un arco, un gesto circolare, per asciugarle un'altra lacrima che era fuggita al suo controllo, scappata al dominio di quegli occhioni, così grandi, per il suo piccolo viso;
<< Cass... non essere timida o impaurita, fai ciò che vuoi, parlare o anche soltanto sorridere, ma stai tranquilla... >> soffiai, cingendo con un braccio la bambina più piccola di quel gruppo, quella che si era allontanata di un passo o due, uscendo un po' da quel cerchio, quella che era terrorizzata, ma nonostante ciò non piangeva...
Quella che aveva gli occhi color rame, in cui si poteva intravedere il suo sforzo di essere forte... e c'era altro, nei suoi occhi sgranati, c'era paura, c'era un tormento striato, come se fosse un filo di rame attorcigliato, c'erano terrore e panico, c'erano emozioni che un bambino non dovrebbe neppure conoscere... c'era un dolore, così profondo, così vero, che quasi lo sentii sulla mia stessa pelle, eppure, oltre tutto quello, delle lacrime nessuna traccia.

Quella bambina, era la copia di Ethan, era come lui, sarebbe potuta essere sua figlia o la sua sorellina... perché dentro, avevano gli stessi cordoni, le stesse emozioni gli scuotevano gli organi, lo stesso carattere viveva sotto la loro corteccia.
Quella bambina, che si lamentava raramente, che non faceva quasi mai i capricci, che non gridava mai, che piangeva pochissimo.
Controllava le sue emozioni, come faceva lui, le tratteneva fino allo stremo, per poi liberarle, quando non ce la faceva più, quando non resisteva e scoppiava, esplodeva... ma ciò avveniva solo con le persone di cui si fidava, solo con chi considerava davvero importante.
Ed infatti, fu soltanto dopo che le abbracciai tutte una ad una un'altra volta, che vidi, sulla sua pelle pallida, una goccia di rugiada scivolare tristemente, bagnandomi il cuore.

<< Appena finiremo, vi porterò a mangiare un bel gelato, o forse volete una crêpes? >> annunciai gioiosa, vedendo la felicità colorare i loro visi.
Mi alzai finalmente in piedi, voltandomi verso la porta che mi accorsi essere rimasta accostata, e quando l'aprii, lo trovai lì fuori, con la schiena schiacciata al muro e le braccia incrociate come suo solito al petto.
<< Ethan! >> urlarono tutte, in un'unica voce, ma fu quella di Cass a spiccare nel gruppo; si lanciò da lui, con il bisogno nell'animo, e lui l'afferrò con piacere, con gioia, affetto, e amore.
La sollevò in aria, e poi lasciò che lei gli circondasse, almeno in parte, il collo con le braccia, lasciandola splendere, finalmente raggiante e tranquilla.

E lo guardai.
Per tutto il tempo.
Mentre, con quel koala appeso al corpo, baciava e abbracciava ognuna di loro, senza dimenticarne nessuna.
Lo guardai.
Perché era così bello, in quella finta spensieratezza, che quasi mi illusi che fosse vero, che non stesse recitando per loro.
Poi, terminate le bambine, i suoi occhi corsero da me, e ci si aggrapparono con quella scintilla che avevamo in comune, quella luce disperata che li accese.

Ci incamminammo, verso le scale,
<< Da quanto? >> domandai, con lo sguardo rivolto davanti a me, a lui, a lui soltanto.
Da quanto eri lì, quella era la domanda completa, ma le parole restanti le aggiunse lui.
<< Abbastanza >> rispose, con quel velo di mistero, confermando, che aveva sentito tutto; e si voltò verso di me, per potermi rivolgere un sorriso dolce, sincero, carico di affetto.
Poi, cambiò espressione, mi indicò con un cenno del mento, aggrottando un poco le sopracciglia, credendo che lo potessi leggere nella mente,
<< Cosa? >> domandai, confusa, continuando a camminare, con Abbie e Lily per mano.
<< Come ti sei vestita?! >> chiese, non molto convinto, senza sentimenti tangibili sul viso,
<< Perché? Sto male? >> indagai accigliata, guardandomi il corpo perplessa; avevo indossato un abito semplice, di una sfumatura rosa corallo, non so di preciso il motivo per il quale lo scelsi, forse, semplicemente, fu lui a scegliere me.
Era morbido, mi donava un senso di leggerezza, le maniche larghe accarezzavano dolcemente le spalle, il tessuto cedevole creava delicate pieghe sulla gonna, mentre sul petto aderiva un poco, con una lieve scollatura a girocollo, nulla di esagerato o complicato.

Lui agitò un attimo la testa, movimenti lievi e precisi,
<< Ti sei vestita troppo bene >> affermò, continuando a lasciare la sua impronta su di me con quelle gemme verdi,
<< Cosa intendi? Che è inappropriato? >> mi allarmai ansiosa,
<< Intendo, che sei talmente bella, che vorranno adottare anche te >> pronunciò calcando ogni singola parola, con tranquillità, con una spensieratezza totale, e fu per questo che arrossii ancor di più, sentendo le goti tingersi di un rosso scottante.
<< Quindi, se vuoi restare qui, vatti a cambiare principessa >> suggerì ammiccandomi,
<< Ma smettila! Sei esagerato, è solo un vestito... >> dissi, con un velo di dubbio che iniziava a sporcare la mia voce.
<< Poi non dire che non ti avevo avvertita >> affermò con un'alzata di spalle, ed un ghigno sulla faccia,
<< Potrebbero adottare anche te allora >> esclamai studiando il suo solito abbigliamento,
<< Non possono >> rispose secco, piatto, senza emozione.
<< E perché? >> lo interrogai incuriosita, quasi stizzita,
<< Perché ho superato i 18 anni >> disse ovvio, con un'altra alzata di spalle, con un altro sguardo dedicato a me,
<< Quindi... tu hai scelto di rimanere? >> domandai titubante,
<< Per andarmene deve passare un anno dal mio compleanno, e, non sapendo la data esatta,  il giorno del mio rilascio è stato fissato per il 31 dicembre >> spiegò monocorde.
Deglutii, agitata, confusa, ansiosa, preoccupata,
<< ...E te ne andrai? >> espirò la mia voce, timorosa della risposta, codarda davanti la verità.

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