36

<< Eh che... la mia non era solo semplice rabbia... la mia era, era paura >> confessò senza demordere, respirando una grande boccata d'aria, profonda e carica, per placare, almeno in parte la sua insoddisfazione, la sua fame di parole, e mi sembrò di immaginarla depositarsi nel suo petto.

<< Non lo sapevo, non l'avevo riconosciuta, lo capisco solo ora...
Avevo così paura di te principessa, temevo quegli occhi cangianti sempre spaventati... Perché si vedeva sai, si vede... ti sforzi di nascondere tutte le emozioni, ma sei così fragile mentre, nella tua ingenuità, osservi il nulla per lunghi minuti... senza battere le tue lunghe ciglia, senza lasciarle accarezzare le guance pallide, senza riprendere aria; mentre, tra le delicate labbra dischiuse, lasci passare il tuo respiro debole, oppure, le appoggi sull'unghia del pollice che sei solita mordicchiare.

E rimani così, immobile, come se stessi posando per un pittore, come se stessi attraversando sentieri di una montagna sconosciuta, come se stessi rivedendo scene di un passato che non hai raccontato a nessuno.
Ovunque, in ogni luogo... a mensa, mentre piluccavi il cibo; in macchina, mentre spiavi il paesaggio fuori dal finestrino; al bar, mentre facevamo colazione... o al mare, mentre studiavi il cielo così assorta, che mi domandavo se lo sentissi parlare.
Ed io fingevo di fare altro, tentavo di mangiare, di intavolare conversazioni con gli altri, di cercare qualcosa nel telefono che catturasse la mia attenzione... eppure i miei occhi sfuggivano sempre.

Anche quando baciavo Sharon, e dannazione, la baciavo con foga solo per non sentire la frustrazione, che dolorosa mi mordeva la carne, che atroce mi spezzava le ossa, che vorace mi frustava la pelle. Cercavo di accendere il fuoco della passione solo per immergermi in qualcosa, come facevi tu, in qualcosa che ti isolasse dal resto del mondo...
Eppure, anche mentre la mia bocca era su di lei, i miei occhi scappavano via, e cercavano te, si posavano su di te, anche solo per pochi attimi, per controllare che stessi bene, che tutto andasse bene... tu, che invece, eri chissà dove e non ti accorgevi di niente.

Gli altri non se ne rendono nemmeno conto, neanche Jette o Chase... loro non fanno caso alla velocità con cui tu scompari in un mondo solo tuo...
Ed io iniziavo a chiedermi perché io lo notassi sempre, perché i miei stessi occhi me lo facessero osservare, come un istinto che non ero in grado di placare.
E l'agitazione iniziava a vorticare dentro me, creando uragani spaventosi e terrificanti, che minacciavano di portare distruzione.
E sai perché? Sai perché quei sentimenti erano così intensi? >> chiese, retoricamente, ridendo, sogghignando una di quelle risate isteriche, in cui ridi della tua stessa follia, incredulo di te stesso.

<< Perché ho paura!
Ho così tanta paura di innamorarmi... di provare sentimenti principessa.
E quelle frasi, quei rimproveri che spesso mi hai inveito contro in quei numerosi litigi, quando mi dicevi di esternare qualcosa, qualsiasi emozione invece di quel freddo muro di ghiaccio... le sento ancora dentro, le percepisco chiaramente, sono riuscite a creare infinite crepe, che hanno distrutto, almeno in parte, la perfetta superficie ghiacciata che mi avvolgeva come uno scudo indistruttibile...
Sono stato stupido... ti ho trattata male così tante volte... solamente perché sono un vigliacco, uno stupido vigliacco.

Quando ti ho vista entrare da quella porta, così impettita e altezzosa, sicura di sé, di ogni singolo centimetro percorso con quei tacchi vertiginosi...
Mi è sembrato di rivedere Giselle...
Ho sentito quell'emozione di stravagante sorpresa squartarmi il petto, lasciandomi senza fiato >> si interruppe un secondo, perso nei suoi stessi ricordi...
E la mia mente volò a quel nome, ci si soffermò interessata, Giselle... l'unica ragazza che gli aveva rubato il cuore, così speciale da farlo innamorare perdutamente, per poi scomparire, ferendolo senza ritegno, senza nemmeno voltarsi indietro per accertarsi di come stesse.

<< Ero così spaventato, credevo che tu fossi come lei, temevo di affezionarmi a te, di abituarmi ai tuoi modi aristocratici che mi facevano sentire inferiore...
Ero terrorizzato dall'idea che tu mi avresti lasciato solo, che tu ti saresti comportata come lei... e quella paura mi ha coperto gli occhi, mi ha reso cieco dinanzi la realtà...
Ho riversato su di te la rabbia ed il dolore che lei mi aveva lasciato dentro, sentimenti che non mi ero reso conto di provare.
E non ho notato, che dentro quelle valigie pesanti che trasportavi a fatica, quei bagagli che ti ho lasciata trasportare da sola, non c'erano solamente vestiti puliti e ben stirati, scarpe costose o borse di marca... c'erano scrigni di segreti, bauli di dispiaceri, scatole di cicatrici e sofferenze...

Che eri diversa me ne ero accorto, lo avevo capito, eppure io continuavo a sostenere la mia tesi, quel mio crudele pensiero!
Quella sera, quella maledetta sera in cui quello stronzo ti si è avvicinato, e ti ha... ti ha quasi...>> sembrò strozzarsi con le sue stesse parole, mi sembrò di vederle annodarsi nella sua gola, dove il pomo d'Adamo spiccava nella sua perfezione.
Scacciò quel ricordo con la mano, come se stesse allontanando una mosca fastidiosa, e poi riprese a parlare.

<< Un fuoco mi stava bruciando dentro, un incendio stava divampando nel mio corpo, con una tale potenza, che avrei potuto distruggere l'intero locale!
E credimi principessa, ho dovuto ricorrere a tutto il mio autocontrollo per non massacrarlo di botte...
Credevo che tutta quella rabbia fosse causata dal tuo comportamento, pensavo fosse dovuta alla tua incoscienza, al timore delle possibili conseguenze portate dal tuo essere sconsiderata, al pericolo che si sarebbe riversato su tutti noi, sulla struttura, e, soprattutto, sulla Castillo... che non è in grado di sopportare un altro peso così importante...

Giselle lo faceva sempre sai, attirava volontariamente l'attenzione di tutti, solo per vedermi mentre, geloso, li cacciavo via... e quando ti ho vista ballare con quel ragazzo, ero convinto che il tuo ragionamento fosse il medesimo...
Ma i tuoi occhi su quella terrazza, i tuoi occhi... erano così spalancati, tremavano di terrore...
E lì ne ebbi la certezza, capii che eri diversa, che il tuo cuore, era stato maneggiato da mani fragili e forti, giovani e vecchie...
Eppure ho continuato a trattarti male... come un bambino che fa i capricci per ottenere un gioco nuovo nonostante sia già rotto, io, facevo i capricci per sbranarti, per punire quella tua essenza che mi attirava, per far uscire la parte peggiore di te... e così poter confermare quella mia supposizione.
Ma tu non rispondevi più con urla e cattiveria, era come se fossi stanca, di tutto, persino di odiare, come se non avessi più forza per combattere, per lottare per te stessa, per salvarti.

Ti stavi spezzando davanti ai miei occhi, ti stai spezzando, giorno dopo giorno una parte di te scivola giù, in basso, in un dirupo senza fondo... ed io non so cosa fare per aiutarti.
Io, che sono distrutto quanto te, forse anche di più.
Io, che ho così tante cicatrici da averne perso il conto.
Io, che l'amore non l'ho mai conosciuto... l'ho solo sfiorato con la punta dei polpastrelli, l'ho solamente sentito accarezzarmi, così delicato, come un soffio di vento primaverile sul viso, eppure, quando mi è stato strappato via, l'ho percepito chiaramente... ed ha fatto così male, che mi sono scordato di quanto fosse bello, ho scordato la dolcezza del suo tocco, la gioia, l'enfasi che mi ha donato... ed ora ricordo solo il dolore che mi ha lasciato.

Desidero così tanto aiutarti principessa, vorrei sistemare le nostre crepe insieme, salvarti da quegli incubi che ti svegliano la notte, cancellare almeno in parte quel passato che ti tormenta; come in quegli stupidi film romantici che tanto ti piacciono, che ti fanno brillare gli occhi di speranza, che ti illuminano il viso, nonostante in te prevalga la consapevolezza che è solo finzione...
Lo voglio, lo desidero, ma ho paura di non esserne capace, temo che non sia possibile... perché questa non è una favola, non è una fiaba decorata con oro e diamanti luccicanti, non è una di quelle solite storie d'amore che terminano con il tanto atteso lieto fine, capace di mettere tutti di buon umore...
Perché la mia storia è troppo triste... tutti coloro che amavo mi hanno lasciato, alcuni lo hanno scelto, altri mi sono stati portati via, ed ora convivo con il terrore di perdere ancora qualcuno.

Sai, è da tutta la vita che rincorro l'amore... è una corsa affannosa, un impervio sentiero imperlato di ostacoli, in alcuni tratti ripido come una parete, in altri scosceso come un precipizio.
Ed io mi sono impegnato, sempre... sin da quando ne ho memoria, forse avevo soltanto l'età di Cass, forse qualche anno in più... ma io, già allora, mentre dentro di me mi domandavo vergognosamente cosa fosse questo amore presente sulle bocche di tutti, mentre cercavo di capire cosa, precisamente, dovessi cercare... già allora, io lo inseguivo.
Lo avvistavo, negli occhi della direttrice mentre guardava la sua famiglia, nella luce che faceva splendere le pupille di un fratello mentre protettivamente controllava la sua sorellina, nelle fossette sulle guance di una bambino mentre abbracciava il suo giocattolo come se fosse vivo, nelle narici di una donna mentre annusava il mazzo di fiori profumati ricevuto in regalo, nelle mani di un padrone mentre accarezzava il suo animale che affettuosamente lo salutava.

Lo vedevo, nei piccoli gesti della quotidianità che mi circondavano.
Nelle cose più semplici... perché in fondo sono le più pure, le uniche che conducono veramente alla felicità.

Ed io, tutte quelle scene me le segnavo dentro, come se avessi un'agenda immaginaria dove appuntare note, dettagli, caratteristiche... e, ogni tanto la riaprivo, per confrontare sguardi, parole o gesti con quelle che avevo scritto lì.
Nel crescere, l'amore che cercavo era più chiaro, la mia idea diveniva più nitida, cercavo una famiglia che mi scegliesse, una casa, una stanza da chiamare mia, un nido dove rifugiarmi, ma, quando mi sembrò di aver trovato quanto di più simile conoscessi, quando i mia sogni si erano quasi tramutati in realtà, allora, tutto scomparve, con la velocità di uno schiocco di dita, come un lampo, come un tuono che interrompe il tuo sonno...
Ed io non potei fare altro che raccogliere i pezzi, caduti per quel forte temporale e incastrarli nuovamente tra loro, come fossero figure delle costruzioni, ma, inevitabilmente, alcuni di essi andarono persi.

Eppure non smisi di correre, no, non avrei rinunciato così facilmente alla mia ricerca, e allora, nonostante la fatica si iniziasse a far sentire, io non rallentai il passo, e lo trovai ancora...
Questa volta fu ancora più forte, fu intenso e travolgente, mi ottenebrò i sensi, come un cioccolatino talmente buono da mandarti in estasi, così fece quell'amore con la mia mente, la neutralizzò.
E scoprii cosa significasse veramente amare, quando i sentimenti sembrano mescolarsi in un'unica gioiosa felicità, quando la consistenza delle nuvole sembra sporcare giocosamente ogni cosa.
E scoprii anche la tragicità che comporta un grande amore, perché la tempesta fu disastrosa, scoperchiò il mio mondo, distrusse boschi e intere foreste, sradicò alberi, lasciando le radici a puntellare morenti il cielo azzurro, guardandolo per la prima volta, ma con gli occhi della sporadica morta.
E un'altra volta ero inginocchiato a terra a cercare frammenti di me, a raccoglierli nel palmo della mano incurvato, come le mie spalle addolorate, ma, ancora una volta, molti vennero perduti, e me ne rimase solo una manciata che a malapena si attaccavano insieme.

La mia corsa fu notevolmente rallentata dopo ciò, il mio corpo divenne quasi statico, ma non si fermò del tutto, anche se frenato continuò a procedere, continuò a percorrere quel suo lungo cammino...
Perché un po' di amore ancora c'era, debole e malato, lieve e a stento visibile...
Timorosi mi guardavano da dietro i tronchi che giacevano sofferenti al suolo, quelle poche persone rimaste nella mia vita, distrutte quanto me, tanto da dipendere da me...
E nonostante io non voglia affezionarmi, nonostante cerchi di non legarmi alle persone che mi circondano, nonostante i miei tentativi, ciò avviene inevitabilmente...
E mi ritrovo circondato da sorrisi, da occhi raggianti che non posso deludere, ed ognuno di loro è un filo colorato, ognuno di una sfumatura diversa... alcuni più accesi, sgargianti, vivaci, altri scuri e misteriosi, altri semplici tonalità pastello, altri ancora puri colori primari, senza macchie a cambiarli, a trasformarli in altro.
Ognuno di quei fili, si è fidato di me, tanto da avvolgermi completamente, da lasciarsi maneggiare e conoscere in ogni sua parte, senza segreti...
E tutti quei fili colorati mi collegano a loro, ma, invece di arrotolarsi intorno a me proteggendomi, trasformandomi in un gomitolo di soffice lana colorata, facendomi sentire al sicuro, mi stringono, facendomi sentire oppresso, strozzato... strangolato.
Sento il peso della fiducia che loro ripongono in me, delle aspettative principessa... le sento su di me, le sento schiacciarmi, ed io non posso infrangerle... non posso perché poi i sensi di colpa non mi lasceranno respirare, e mi tormenteranno... >>

Tutte quelle verità, tutte quelle confessioni, quelle paure, non erano simili alle mie, bensì erano identiche, coincidevano perfettamente.
Eravamo come due pesci cresciuti in due fiumi diversi, in acque differenti, ma che la corrente, senza chiedere il permesso, aveva spinto nello stesso lago, ed ora si erano ritrovati.
E mi mancava il respiro.
Ero rimasta in silenzio per tutto il tempo, nessun suono era uscito dalla mia gola, eppure quelle parole le avevo pronunciate anch'io, tante volte nella mia testa, avevano preso forma i medesimi pensieri...
Ed ora mi sentii così fragile mentre rivedevo in lui lo specchio di me stessa...
Avremmo potuto distruggerci, in un solo secondo, in un solo tocco, in un solo respiro, oppure aggiustarci insieme, in anni, decine di anni per rimettere insieme i pezzi, curandoci a vicenda... ma ne eravamo veramente in grado?

<< Perché mi stai dicendo tutto questo Eth? >> tremai mentre glielo chiesi; tremò il mio corpo, scosso da gemiti, tremò il mio labbro, che oscillò sul mio viso, e tremò la mia anima, come se fosse colpita da un forte terremoto, così potente, da sgretolare ogni cosa. Quel terremoto, che prepotentemente abbatté case, aspramente distrusse strade, crudelmente demolì vite.
Ed ora il suolo era una tela di disperazione, era come un mosaico, in cui i tasselli che lo componevano erano mattoni, cemento, macerie e resti.
Era solamente una distesa, piatta, seghettata di contorni affilati, di ruderi che piangenti stavano scivolando a terra.
Un campo di battaglia, in cui non c'era stato modo di vincere, in cui il nemico aveva sferzato il suo attacco a sorpresa, il suo scacco matto... e non era possibile chiedere la rivincita.

Ed Ethan era lì, un bambino dai capelli castani arruffati, con le guance sporche di polvere, i vestiti colorati di fuliggine, e gli occhi verdi che iniziavano a tingersi di quel grigio, come assorbendolo.
Ed io lo vedevo, perché ero davanti a lui.
Osservavo quella stessa distruzione... sentendola espandersi dentro me.
E la disperazione divampò in me, perché non sapevo come agire, cosa fare... ma non avrei permesso che Ethan si colpevolizzasse, non avrei lasciato quel bambino solo in mezzo al caos.
E quella consapevolezza si fece struggente quando sentii le parole che susseguirono dalle sue labbra, quando sentii quel dolore così accecante...

<< Per chiederti scusa principessa... perché io non riuscirò mai a salvarti, non sarò mai il principe azzurro che meriti al tuo fianco.
Non sarò mai la rivelazione, di quel ragazzo geniale cresciuto in un mondo normale.
Non sarò mai la sorpresa, di quel cattivo ragazzo che invece nasconde un animo buono.
Non sarò mai la certezza, di quel ragazzo della porta accanto, che è proprio così, come appare, senza segreti.

Sono soltanto quel ragazzo vestito di ombre.

Quello, che sente l'anima piangere ogni notte lacrime strane, lacrime fredde, appuntite e taglienti, come se fossero schegge, che si incastrano nell'epidermide, perforando strati di cellule, e si ghiacciano restando a ferirmi, lì, infilzate.
Quello che si rigira nel letto per ore, perché continua a torturarsi di domande che non riceveranno risposta, ad interrogarsi se stanno veramente tutti bene, a chiedersi se sta facendo tutto nel modo giusto.
Quello che poi si appoggia una mano sul petto, per capire se quell'organo funziona ancora... perché io non lo sento più principessa; io non lo sento da tanto tempo, eppure c'è, batte sempre, corre all'impazzata...

Sai, da quando ci sei tu, lo sento vivo di nuovo...
Perché ogni volta che ti guardo, lo sento farmi male, pungermi, producendomi una fitta di dolore che si espande in tutto il petto, e si allarga malevolo in tutto il mio corpo.
Perché sei così bella, sei così pura, sei così simile a me, da far male... tanto che mi sembra di poter percepire anche il tuo dolore.
E lo potrei sopportare, per te sopporterei entrambi le nostre sofferenze, lo assorbirei se potessi, come se fossi una spugna... ma se dovessi fallire?
Se fallissi, e per sbaglio ti riversassi insieme al tuo anche il mio dolore?
Non potrei concepire i tuoi occhi stanchi e appesantiti dai miei incubi, non potrei accettare che il tuo luminoso sorriso scompaia a causa mia...
Princ- >>

Non lo feci continuare.
Ero stanca di sentirlo colpevolizzarsi ingiustamente.
Il mio cuore non avrebbe retto, il mio cuore, quell'organo, che ad ogni sua parola languiva atroce e lancinante.
Quell'organo che soffriva per lui.
Le mie mani si posero sulle sue labbra, con forza, con impeto, quasi con rabbia, per interrompere quel fluire di frasi.
Frasi, che confermarono i pensieri che mi agitavano la notte, perché io, mentre lo guardavo, quella disperazione l'avevo intravista, mentre mi tuffavo negli smeraldi dei suoi occhi, mentre tentavo di catturare quella scintilla che raramente si accendeva, o mentre scavavo per afferrare quelle ombre che comparivano... in tutte quelle vicende, quel sospetto che ci fosse altro, che ci fosse una spiegazione più profonda continuava a vivere in me.
E gli fui tanto vicina che la punta del mio naso sfiorò il suo, in un gesto involontario che mi provocò i brividi.

<< Smettila Eth, ti prego... >> soffiai, con le lacrime raccolte nei miei occhi, erano una mandria inferocita, erano troppe, ed io non riuscivo a domarle, a controllarle.
<< Smettila, di dire sciocchezze... ti sc... ti scongiuro... >> balbettai con la straziante voce incrinata.
La gola mi bruciava, e mi sembro che quelle velenose lacrime stessero scorrendo lentamente lungo la mia trachea, le stesse che pizzicarono gli occhi, li punsero, facendoli piangere.
Il suo naso accarezzò il mio, come chiedendomi di abbassare le mani che ancora coprivano la sua bocca, ed io lo assecondai, cingendogli il collo, adagiandole sulla sua pelle tesa e liscia.
Mi strinsi a lui, ed eravamo legati insieme in un modo così perfetto, da sembrare surreale... ci completavamo in ogni centimetro.
E mi parve, che io ed Ethan fossimo due petali, di un solo bocciolo... di un fiore unico a sé.

Ed immersa nei suoi occhi, ora totalmente verdi, li vidi.
Quei due bambini che procedevano tremanti, con le gambe agitate dalla paura, in quel mostruoso caos grigio, dove non era sopravvissuta nemmeno una certezza... ma loro si tenevano saldamente la mano, sorreggendosi, intrecciando le loro dita, come anelli di una catena.
Lui, con gli occhi appoggiati al corpicino di lei, ad assicurarsi che non si facesse male mentre camminava su quel sentiero inesistente di ciottoli, che ora coprivano ogni singolo punto dove lo sguardo riuscisse a posarsi.
E lei, con il suo caschetto perfetto di capelli castani, che ondeggiava delicatamente.
Quel caschetto che la mia mamma adorava.
E mi sembrò di rivederla illuminarsi, mentre scendevo dalla poltrona in pelle della parrucchiera... dove non ho mai più avuto il coraggio di risedermi per tagliarli così tanto, perché vedermi con quel taglio,mi... mi ricordava troppo lei, ed il dolore diveniva insostenibile.

"Mi piace tanto perché fa risaltare il tuo sorriso, mia piccola Meg".


~Spazio Autrice~
Eccolo qui, nella sua estrema lunghezza!
Non ho molte parole da aggiungere, forse le ho perse lungo il capitolo... quindi attendo con ansia le vostre!
Mentre lo scrivevo, lievi sfumature, sfaccettature nascoste e piccoli particolari emergevano fuori frase dopo frase, lentamente, senza fretta... un po' com'è stato Ethan sin dall'inizio, coperto, segreto, una maschera crepata che, capitolo dopo capitolo, vicenda dopo vicenda, crollava... un frammento alla volta, lasciando che la luce attraversasse le crepe, per poter illuminare il suo volto.
Ho avuto molti dubbi, questo capitolo mi stringe il cuore, e forse è proprio per questo che, come sempre, sono incerta di come sia venuto...
Spero che il monologo non sia risultato eccessivamente pesante e ridondante... spero che Ethan non sia apparso come un "ragazzo lamentoso", troppo fragile, troppo, passatemi il termine vittima...
Perché non era quello il mio obbiettivo... volevo mostrarvi le sue fragilità, la sua distruzione, perché c'è, è una parte di lui, ma senza eclissarne le virtù...
Spero anche che non sia caduto nel banale...
Mah, non so!
Aspetto i vostri pareri prima di affogare tra le paranoie😂
Un bacio.
❤️.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top