25
Mi si era creato un nodo in gola, talmente stretto, che credevo fosse impossibile da sciogliere.
E lì, faccia a faccia con quella dura verità, sentii il mio passato, per me fonte di lacerante dolore, goffamente banale ed insignificante.
Ogni singola anima che abitava quell'edificio, indipendentemente dall'età, si portava dentro segreti e tormenti tenebrosi...
Alcuni, decidevano di nasconderli in un vecchio ed inutilizzato ripostiglio tra le profondità del cuore, sperando di non aprire mai più quella stanza... ma ogni tanto, accidentalmente, qualcuno si confondeva, ed apriva la porta sbagliata, facendo uscire aria pesante e logori scatoloni abitati da incubi.
Altri adottarono la stessa tecnica, ma lasciarono la porta di quello sgabuzzino impolverato sempre aperta, cosicché nel corso degli anni sarebbero stati in grado di smantellare l'intera stanza. Ed infatti, con il passare di molto tempo riuscivano a parlarne, li raccontavano a persone diventate care, facendo sì che le proprie sofferenze si attenuassero, senza però scomparire del tutto.
Purtroppo, soltanto una piccolissima minoranza, costituita dai più coraggiosi riusciva a combatterli, autonomamente o ricorrendo all'aiuto di un amico o di un adulto. Solo così, liberandosi del fardello, accettandolo, e lottando contro di esso si poteva voltare pagina, senza dover sacrificare un'esistenza in preda all'angoscia del passato.
Passò un po' prima che tornassi a camminare sulla terra, allontanandomi da quel tumulto di pensieri,
<< Ho un'idea... >> declamai, risvegliando Jette dallo stato di trance che l'aveva accolta negli ultimi minuti,
<< Alfred è così ottusamente sicuro di avere il totale controllo su di te, crede di stringerti nel pugno della mano... e per questo non ti rispetta, anzi sminuisce la tua presenza, sempre. Quindi, perché non fargli vedere cosa si prova a perderti? >> affermai retoricamente, mentre un piano malsano iniziava a prendere forma, un tassello alla volta, nella mia testa.
<< Cosa intendi esattamente? >> domandò Jette, con un'espressione tra il divertito e il preoccupato disegnata sul viso,
<< Gli dimostreremo che lui non è necessariamente l'unico ragazzo per te.
Gli faremo credere che lo hai superato, che il suo comportamento ti ha talmente stancata, da farti perdere ogni briciolo di interesse che provavi nei suoi confronti >> spiegai, guardando quelle palpebre che sbattevano ripetutamente le ciglia scure, in evidente perplessità.
<< E perché dovrei mentirgli scusa? >> chiese confusa, aggrottando le sopracciglia,
<< Perché così crederà di averti persa definitivamente!
Si troverà in un vicolo cieco, dal quale non potrà scappare... e allora, sarà costretto a rivelare quei sentimenti, che continua a nascondere egoisticamente >> argomentai, assumendo le sembianze di un politico durante l'esposizione del proprio piano elettorale, mentre cerca di conquistare il suo popolo.
<< Sei sicura di questo Meg? E se ottenessimo il risultato opposto? >> chiese timorosa,
<< L'hai detto tu stessa, quando Alfred teme di poter perdere qualcuno reagisce in modo scontroso, come è avvenuto poco fa... quando, appunto, temeva di perdere te >>.
I suoi occhi azzurri si ingrandirono, come se avessero appena scoperto una sconvolgente verità.
<< Tu devi solo essere convincente nel recitare la tua parte, il resto lascia fare a me >> aggiunsi, e sigillò quel contratto che sanciva il nostro accordo non con firme, non con il nero su bianco, bensì attraverso un semplice e puro abbraccio.
Un abbraccio che simboleggiava la lealtà, la fiducia e l'affetto; sinonimi di quell'amicizia.
Ci addormentammo così sul suo letto, in una posizione contorta ma stranamente comoda, entrambe stremate da quel travagliato influsso di emozioni.
Dormivo con la pancia rivolta verso il materasso, le gambe accartocciate da un lato e con la testa di Jette sulla schiena, che aveva scambiato come il suo cuscino personale.
Tuttavia, tra entusiasmanti prove di abiti nei camerini e lunghe passeggiate attraverso scomparti di rossetti e gloss di svariate marche, non avevo incluso la presenza di Ethan, o meglio della sua voce. Convinta che volesse consigliarmi un colore da comprare, gli mostrai istintivamente l'interno dell'avambraccio, dove numerose targhette colorate spiccavano sulla pelle pallida.
Sbattei le palpebre più volte e sobbalzai di scatto all'indietro quando, invece del numero della tinta labbra, mi ritrovai il viso di Ethan davanti al mio.
<< Non pensavo di essere così brutto >> sghignazzò di fronte alla mia espressione spaventata;
<< Che ora è? >> mugugnai prima di affondare vigorosamente la faccia nel cuscino,
<< Indovina principessa >> ironizzò con non so quale smorfia,
<< Non facciamoli andare oggi.. >> borbottai, riferendomi ai bambini; mentre continuavo a lasciare la mia impronta facciale nella federa, troppo presa dal mio adorabile sonno.
Ci fu una breve pausa, in cui mi illusi che il suo, fosse un silenzio acconsenziente,
<< Un'idea geniale devo dire, dai svegliati e preparati >> pronunciò all'improvviso la sua voce tagliente ed ironica,
<< Dai Eth, portiamoli... che ne so allo Zoo, ma ora lasciami dormire un altro po'... >> implorai languidamente,
<< No >> decretò risoluto.
<< Ti prego! >> supplicai ancora, voltandomi nella sua direzione con le mani strette in un segno di preghiera, cercando di smuovere quella sua severità,
<< No principessa, non è il momento adatto per fare bravate >> affermò alludendo alla situazione di Chase.
Sbuffando sonoramente mi mossi, facendo spostare anche Jette, che in uno stato di dormiveglia, cercò di rifugiarsi dal disturbo che le stavamo recando, rannicchiandosi da un lato e lasciò penzolare il braccio tatuato dal letto.
Ancora assonnata restai per un attimo incantata da quel groviglio di disegni, realizzati con inchiostro di svariati colori e sfumature che si estendeva fitto sulla pelle.
Ogni volta che lo osservavo, mi sembrava di scorgere dei nuovi particolari... la spalla era circondata da un complesso mandala, da cui, attraverso delle linee curve pendenti, si creavano altri elementi.
Jette mi aveva raccontato il significato che alcuni di essi assumevano, per esempio il cerchio allude al ciclo della vita; il triangolo rappresenta la natura umana e il quadrato indica l'armonia e la razionalità.
L'originalità del tatuaggio si trovava all'interno delle varie forme geometriche, come nel cerchio,dove era inserito un fiore di loto, le cui foglie si arricciavano sulla circonferenza per simboleggiare la purezza d'animo e la rinascita...
Sbattei ritmicamente le palpebre e distolsi lo sguardo, riemergendo da quell'arte che con tutti i suoi intrecci e grovigli mi aveva catturata.
Riemerse anche il lieve nervosismo mattutino, amplificato dalla consapevolezza che Ethan aveva sempre ragione.
Presi un paio di cose ed uscii diretta al bagno, mentre Ethan, stranamente divertito, mi dava le spalle camminando nella direzione opposta.
<< Ethan >> lo chiamai mentre la sua schiena continuava ad allontanarsi velocemente; si voltò subito, interrompendo i suoi passi, come se già avesse intuito che avrebbe sentito il suo nome pronunciato dalla mia voce,
<< Devi smetterla di entrare in camera mia, di mattina. >> lo sgridai istericamente,
<< Devo smettere solo di mattina? >> ironizzò, fintamente ingenuo, mentre l'angolo delle labbra si tirava in quel suo sorriso beffardo.
<< Si. Non sono un bello spettacolo! >> specificai, gesticolando con l'indice intorno al mio viso.
Lui rise e senza rispondermi riprese a camminare tranquillo.
Pronta io, e pronta anche la banda di nanetti, vestiti dai mille colori, come una grande famiglia percorrevamo quei marciapiedi.
Cass da quando si era svegliata era esageratamente malinconica; se ne stava tra le braccia di Ethan avvinghiata possessivamente al suo collo.
Lui teneva il suo corpicino senza alcuna fatica, accarezzandole di tanto in tanto la schiena. Quando arrivammo davanti alle porte dell'asilo, la bambina iniziò a piagnucolare per poter restare dal suo Ethan; ci volle un po' prima che quest'ultimo riuscisse a convincerla, promettendole succulenti regali.
<< Vedi, te lo avevo detto di tenerli a casa >> sussurrai, cercando di alleviare la sua preoccupazione.
<< Già >> rispose semplicemente e si passò una mano tra i capelli castani, in un gesto agitato, per poi espirare la sua frustrazione,
<< Tutto bene? >> gli domandai impensierita,
<< Insomma, pensavo avesse smesso di comportarsi così... e invece non sembra proprio... >> confessò enigmatico,
<< Cos'è che ti preoccupa Eth? >>.
Lui sbuffò, scuotendo la testa,
<< È troppo legata a me... alla fine è comprensibile, ha avuto solo me da... beh da sempre... >> confessò, con le mani nelle tasche dei jeans,
<< Ed è un male? >> indagai confusa,
<< Si, l'hai vista anche tu poco fa... temo che senza di me si senta persa, e questo è un problema... >> affermò guardandomi,
<< È ancora una bambina, è normale che abbia bisogno di una figura di riferimento >> risposi sincera,
<< Lo so, ho solo paura che questo suo attaccamento non l'aiuterà in futuro... >> disse serio, cercando un aiuto nei miei occhi,
<< Non preoccupartene ora, lascia che cresca felice e le cose si sistemeranno da sole >> replicai sicura, lasciando che le nostre mani si intrecciassero in una presa saldamente essenziale.
Ethan mi portò a fare colazione in un semplice bar sulla spiaggia.
Un invitante cappuccino schiumoso fu gentilmente posato davanti a me; strappai la bustina e lasciai che lo zucchero scivolasse flemmaticamente all'interno, sprofondando in modo assorto.
Avevo entrambi i gomiti appoggiati al tavolino rotondo, ornato da particolari intarsi floreali; con la mano destra mi sorreggevo stancamente la testa, mentre con l'altra ruotavo meccanicamente il cucchiaino che, inconsapevolmente, stava creando dei piccoli vortici nella bevanda.
Non notai lo sguardo che Ethan mi dedicava, finché non alzai il viso richiamata dalla sua voce,
<< Dormito poco? >> domandò divertito, notando la stanchezza che mi accompagnava imperterrita da quando mi ero svegliata, e purtroppo, non sembrava essere minimamente intenzionata ad abbandonarmi.
Annuii ridendo, e lui alzò furbamente un sopracciglio,
<< Interminabili chiacchierate femminili >> spiegai sorseggiando il mio cappuccino,
<< Le hai parlato di ieri sera? >> chiese con occhi carichi di apprensione,
<< Si >> confessai diretta,
<< E come l'ha presa? >> indagò alzando entrambe le sopracciglia per formare due semplici archi,
<< Ne era entusiasta >> risposi ironica guardandolo interrogativa.
<< Come sei simpatica questa mattina, litigare la sera ti fa così bene? >> ribatté pungente,
<< Dovevo aspettarmelo... era scontato che tu ritirassi fuori quest'argomento >> sorrisi amara scuotendo la testa, improvvisamente irritata dalla sua presenza,
<< Scontato, come lo è stato il tuo comportamento ieri >> replicò ancora,
<< Fammi indovinare... stai dicendo che ho sbagliato, vero? >> domandai, sbattendo un po' troppo energicamente la tazza sul tavolo, producendo un rumore sordo.
Ethan sbuffò esasperato, e solo allora notai come sembrasse stanco, con scure occhiaie a segnargli il viso e numerosi tagli a ricoprirgli le labbra,
<< No, non sto dicendo affatto questo >> rispose, guardandomi,
<< Davvero? >> sussurrai, incredula.
E mi guardai spaventata, ritrovandomi con le unghie conficcate dolorosamente nei palmi e i denti stretti... mi sentii sbagliata, come un feroce e crudele animale; ero già pronta ad attaccarlo, scaricando il mio sangue acido contro di lui... mentre in realtà, non c'era alcun bisogno di quella mia reazione.
<< Principessa... >> sussurrò a sua volta Ethan, allungando una mano sul tavolino... cercandomi.
Ma io ritirai spaventata la mia, fingendo di dovermi sistemare una ciocca di capelli,
<< Ti stai avvelenando l'esistenza e non te ne rendi conto >> disse con la voce simile ad un soffio addolorato, come quelli che plasmano il vetro, che danno una vita, attraverso lenti e ipnotici movimenti, ad un materiale tanto fragile, capace di creare meraviglia o distruggerla con un semplice soffio.
Ed io scappavo dal suo sguardo, che, al contrario, attendeva solo me.
<< Cosa dovevo fare? Non c'è la faccio a restare a guardare in silenzio, è più forte di me!
So quanto è brutto voler essere difesi da qualcuno, ma tutti restano indifferenti, ignorando ciò che accade davanti ai loro stessi occhi.
Avrei dovuto andarmene? Fingendo che non fosse accaduto niente? >> domandai, mostrandogli il conflitto che stava avvenendo dentro di me,
<< No Principessa, hai fatto bene... ma devi stare attenta, per difendere chi ami, dici parole che inconsapevolmente ne feriscono altre... >> spiegò dolcemente.
Solo allora trovai il coraggio di guardarlo, e gli domandai ciò che dalla sera prima mi ronzava fastidiosamente in testa,
<< Perché non hai fatto niente? Perché non hai detto nemmeno una parola? >>.
Si passò una mano tra i capelli, per poi appoggiarne nuovamente il dorso sulla superficie fredda del tavolo,
<< Non avrei mantenuto la calma... non ho perso il controllo, solo perché c'eri tu... >> disse osservandomi.
Non ero convinta delle sue parole, nonostante sembrasse sincero, le sue parole assomigliavano troppo a bugie addolcite.
<< Non mi sembravi così arrabbiato da poter perdere il controllo sinceramente >> replicai, senza filtri,
<< Perché hai dedicato molta attenzione nel studiarmi, mentre sbraitavi contro Alfred, vero? >> ribatté piccato,
<< Non voglio litigare con te Ethan... >> affermai semplicemente pentita,
<< Sembra il contrario >> disse, senza incontrare il mio sguardo,
<< Lo so è che... non ti ho mai visto discutere con nessuno, tantomeno con Alfred, eppure quando ha incontrato il tuo sguardo... sembrava come se ti temesse >> confessai riflettendo,
<< Non dire sciocchezze. Nessuno mi teme.
Ci siamo già scontrati più volte, non solo a parole...
Se ci tieni Principessa, la prossima volta sarò più focoso >> aggiunse ammiccandomi, smorzando la tensione che si era creata.
Restammo seduti l'uno di fronte all'altro in quel bar per il tempo di molte più colazioni,
scherzando e ridendo in totale serenità... senza più nuvole ad oscurare il nostro cielo azzurro.
Due ragazze, agghindate a festa non troppo lontane, continuavano a chiacchierare tra di loro, lanciando spesso occhiate nella nostra direzione, per poi scoppiare in esagerate risate, accompagnate da urli striduli, quando Ethan si voltava a guardarle.
Sbuffai, irritata, senza voler ammettere che mi stessero veramente infastidendo.
<< Andiamo? >> domandai, al ragazzo davanti a me che mi guardava divertito, aspettando solo un mio accenno riguardo quell'assurda situazione, che però non ottenne.
Annuì, e nell'alzarsi mi si avvicinò tranquillamente,
<< Ti dispiace se chiedo il numero a quella ragazza? >> domandò indicando con un gesto veloce del mento una delle due galline, e, senza lasciarmi il tempo di rispondergli, si avviò deciso.
Ero rimasta ferma, sola con la bocca colma di sconcerto; mentre lui, illudendomi, si dirigeva incalzante nella loro direzione, per poi sorpassarle e fermarsi alla cassa per pagare il conto.
Entrambe rimasero un istante deluse dal comportamento indifferente di Ethan nei loro confronti, ma poi, una di queste fece cadere il suo cellulare nel momento esatto in cui lui le passava affianco per tornare da me.
La vidi sciogliere le lunghe gambe accavallate e battere velocemente le sue ciglia da cerbiatta, mentre si fingeva dispiaciuta, e chiedeva ad Ethan di aiutarla.
E vidi anche lui, che, mentre si inchinava per raccogliere il telefono al suolo mi lanciò uno sguardo divertito, assecondandola... aspettando solo una mia reazione.
La biondina non rinunciò alla sua preda, si buttò tra le sue braccia ringraziandolo, chiedendogli qualcosa che le spalle di Ethan mi impedivano di capire.
Stanca di stare immobile ad osservarli, camminai spedita al suo fianco, mentre la voce civettuola della ragazza si presentava con fare seducente; questa non fece caso a me, continuò a pendere dalle sue labbra ignorandomi spudoratamente.
Mi stava inondando la rabbia, e, quando lei iniziò ad accarezzargli passionalmente il petto, credetti di perdere la ragione.
<< Ei tesoro, se hai finito di provarci palesemente noi andremmo...>> affermai con tono alquanto tranquillo, ghermendo la mano di Ethan,
<< Ah, non sapevo fossi fidanzato... >> disse sorpresa, per poi passarmi i suoi piccoli occhi su ogni centimetro del corpo.
<< È proprio vero, questo mondo è assurdo >> recitò divertita guardando la sua amica,
<< Bocconcino, io rivaluterei le tue scelte... potresti avere di meglio! >> affermò l'amica pavoneggiando la sua scollatura.
Quelle cattiverie non mi colpirono, perché Ethan non gli lasciò nemmeno il tempo di toccarmi.
Senza sciogliere le nostre dita, si avvicinò a quest'ultima e le sussurrò qualcosa all'orecchio, per poi cingermi un fianco e portarmi dolcemente via.
Mi voltai prima di uscire, godendomi la loro espressione sconvolta, con la bocca tanto spalancata da toccare il pavimento.
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