23
<< E tu? Tu sei mai stato innamorato? >> chiesi, giunti al mio turno di domande.
<< Si. Ma è una storia passata... >> fu la sua risposta, pronunciata con furbizia; mentre camminava sulla spiaggia con lo sguardo, lasciando il segno delle sue impronte invisibili sulla sabbia fredda.
<< Cioè? >> incalzai, con il medesimo atteggiamento curioso che lui stesso poco prima aveva utilizzato con me,
<< È superata, non ha più importanza... >> specificò con una lieve vibrazione nel timbro vocale,
<< Se lo dici tu >> sussurrai; non volendo insistere, ma leggermente delusa dalla sua freddezza.
Ethan sbuffò rumorosamente, come un vulcano sul punto di eruttare; ma quando mi voltai a guardarlo, temendo di scontrarmi con un'espressione rabbiosa, mi trovai di fronte un sorriso divertito,
<< D'accordo principessa, una storia per una storia >> declamò, allungando un braccio per cingermi la vita, apparentemente bisognoso di un sostegno, ed io felicemente gli donai un ampio sorriso; nonostante percepii un lieve pizzichio tra le costole... come un pentimento immanente e pungente,
<< Aspetta aspetta, ci ho ripensato... non voglio ascoltarla ora >> spiegai sincera, con ancora le labbra piegate in un espressione gioiosa.
Corrugò subito la fronte, creando pieghe orizzontali e frammentate sulla sua pelle liscia,
<< Ah... >> soffiò, in bilico tra la delusione e la sorpresa... o forse semplicemente sollevato per il mio improvviso cambio di interesse.
Ma non spostò lo sguardo, non nascose nessuno di quei tanti colori, anzi continuò a guardarmi; come quando si resta a fissare i titoli di coda di un film, perché non certi del finale e si spera, che quei lunghissimi nomi che nessuno legge mai si interrompano, così che al loro posto ricompaiano gli attori per poter completare la narrazione della storia.
<< Deve essere spontaneo.
Voglio sentire la storia raccontata dal tuo cuore, perciò questa chiacchierata è rimandata, a quando ti sentirai pronto per scavare nel tuo passato... con me >> argomentai, mantenendo il contatto visivo, senza lasciarlo nemmeno per un istante.
E lui sorrise, così, puro nella sua semplicità, senza pensieri scuri a navigare nella sua mente, senza ombre ad oscurare la sua luce... e percepii perfettamente, come un tonfo netto, il mio cuore fare una capriola nel petto dinanzi alla sua bellezza.
Si sistemò con la mano libera i capelli arruffati dal vento, portando quei mossi ciuffi castani lontani dagli occhi.
Non aggiunse altro, nemmeno una delle sue solite battute per sdrammatizzare la mia frase da saggia psicologa; rimase in silenzio, limitandosi ad aumentare la stretta su di me.
Ethan era così, era come un animale selvatico, non bisognava sforzarlo o esagerare nell'avvicinarsi, non si doveva dare per scontato... perché quando si sentirà pronto, quando scomparirà il velo di timore con il quale continua a coprirsi avidamente, allora lo farà lui stesso, si lascerà conoscere spontaneamente, e ciò, varrà tutto il tempo investito nell'attesa.
Ed io, al contrario, avevo bisogno di continue spinte; avevo bisogno della costanza e della delicatezza con cui lui mostrava quell'interesse di sapere, quella voglia di conoscere me; avevo bisogno di tutte quelle domande che mi poneva curioso ma senza mai nessun giudizio, senza risultare invadente; avevo bisogno di tutto ciò per potermi sentire veramente me stessa.
E lì, appoggiata a lui, pensai a noi due, a quanto potesse essere contorta la vita.
Noi, all'apparenza così opposti in quelle caratteristiche che invece ci accomunavano, ma che testardamente nascondevamo; ed invece così diversi in ciò che nessuno notava mai.
Io, che combattevo una guerra contro la paura di riporre la fiducia negli altri, e lui, che la combatteva con se stesso... lottavamo con il terrore del rifiuto, di non sentirci abbastanza.
Due anime uguali, composte della stessa sostanza, ma plasmate dai diversi percorsi attraversati, dalle diverse paure sgomente e dalle diverse esperienze vissute.
La sera, dalle sue docili sfumature di azzurro, fu divorata dalle brutali oscurità del blu notte.
Il vento si fece freddo e impetuoso; il rumore del traffico in lontananza diminuiva, lasciando che l'aria si riempisse delle grida feroci delle onde.
<< Ora è meglio se torniamo principessa >> sussurrò lieve, restando immobile a sbattere ripetutamente le palpebre, come risvegliatosi da un sonno; annuii di risposta e mi alzai controvoglia.
Ci incamminammo per la via del ritorno; entrambi ancora impegnati con i propri pensieri, tuttavia, dopo pochi metri, la sua voce interruppe imprevedibilmente i miei,
<< Eravamo di due mondi distanti... decisamente... troppo >> raccontò espirando pesantemente Ethan, incespicando, con tono neutro, piatto, ma non per questo indifferente.
<< Lei non era come me. Apparteneva ad una famiglia aristocratica, >> deglutì, corrucciando leggermente le sopracciglia mentre cercava le giuste parole da scegliere,
<< Una di quelle che usano troppe posate in argento splendente per mangiare; che ogni settimana si intrattengono in un Brunch domenicale con compagnie sempre differenti; che sono circondati costantemente da domestici, in ogni istante della giornata; che si muovono per la città scortati da limousine eleganti o che mediante una sola, banale telefonata possono ottenere tutto ciò che desiderano >> elencò leggermente divertito da come tutto ciò gli appariva assurdo, così lontano dalla sua normalità.
<< Eravamo così differenti... e ancora non so spiegarmi come la mia semplicità riuscì a catturare la sua superbia.
Quando ero con lei, mi sentivo un bambino che inizia a conoscere il mondo per la prima volta, e lei, in questo caso, era il mio mondo.
Mi affascinava tutto di lei, quei suoi modi così misurati... ogni suo sguardo era programmato ed ogni suo passo esattamente calibrato. >> scosse leggermente la testa sorridendo davanti a un ricordo riaffiorato nella sua mente,
<< Ricordo ancora il primo giorno che l'ho conosciuta...
C'era questa festa in spiaggia... non volevo proprio andarci, sono stato ore a litigare con Chase, ma né lui né tantomeno gli altri hanno voluto sentire ragioni; perciò mi sono ritrovato ad uno stupido party al tramonto, circondato da persone con vestiti hawaiani, collane di fiori e l'odore dell'estate sulla pelle.
Me ne stavo seduto a guardare il tramonto, aspettando solamente che tutto quel caos terminasse, per poter finalmente tornare a casa, per allontanarmi da quella massa di persone altezzose, convinte di essere su un piedistallo.
Poi arrivò lei; era l'emblema della perfezione, con quei suoi capelli biondi come l'oro, così in contrasto con quegli occhi eccessivamente neri.
Iniziò a lamentarsi, urlandomi contro come se mi conoscesse da tutta la vita, e senza permettermi di replicare, mi trascinò a ballare.
Ero sbalordito, sconvolto da ciò che era appena successo.
La guardavo confuso... e mi ritrovai stranamente divertito da quella ragazza minuta, con un carattere peperino, che indossava una bizzarra gonna di un rosso scintillante...
Beh non mi ha più lasciato per tutta la serata, e così è nata la nostra storia >>.
Continuavamo a percorrere quel marciapiede, che sentivo essersi fatto troppo stretto per il passaggio di entrambi,
<< Quanto siete stati insieme? >> domandai fin troppo serenamente, mentre lo stomaco iniziava a stringersi in una morsa,
<< Poco più di un anno... >> rispose pensieroso. Annuii in silenzio, trovandomi in un inaspettato imbarazzo, da cui non sapevo come uscirne,
<< Aveva un carattere particolare... unico. Adorava attirare l'attenzione, sapeva quanto mi desse fastidio, ma a lei non importava perché amava avere tutti gli sguardi puntati su di lei, come se fossero riflettori che la illuminassero, ponendola al centro della scena.
Non sapeva cosa fosse la timidezza, era in grado di intavolare conversazioni per ore anche con sconosciuti >>
Raccontava tutto con note di malinconia nella voce e occhi persi nel passato,
<< Era il suo sogno, diventare un'attrice famosa, voleva essere ricordata diceva... ed io sono certo che ci riuscirà.
È stato un bel periodo, mi sentivo bene, fiducioso del futuro... e di lei. >> continuò, deglutendo ancora e sospirando impercettibilmente,
<< I suoi genitori non hanno mai accettato la nostra relazione, la consideravano indecorosa e sconsiderata... come dargli torto. >> affermò risoluto serrando la mandibola,
<< Perché dici così? >> chiesi stranita dalle sue stesse parole,
<< È ovvio, volevano il meglio per la loro unica figlia, volevano vivesse nella certezza, non nei dubbi che portano il mio nome.
Ma lei no, non accettava regole, tantomeno parametri ingiusti... li definiva superati e antichi >> disse ridendo luminoso,
<< Aveva ragione >> sostenni convinta, guardandolo profondamente, mentre ampliò quelle curve felici che a pochi regalava,
<< Sapevo lo avresti detto, perché in questo siete uguali... vi accomuna questa ostinata determinazione di infrangere i muri imposti come confini >> spiegò mantenendo lo sguardo fisso su di me.
Per un attimo furono solo i nostri passi sul cemento a risuonare tra noi; credetti si fosse perso tra i pensieri, dimenticandosi di terminare il racconto. Avrei dovuto tacere, lasciandogli tempo, ma dentro di me l'adrenalina di sapere girava, veloce, impazzita come la ruota di un criceto,
<< E allora... perché è finita? >> chiesi con voce titubante.
Lo vidi alzare le spalle, con gli occhi appoggiati all'orizzonte, e un sorriso tinto di amarezza sulle labbra,
<< Non lo so... >> disse scuotendo impercettibilmente la testa,
<< Se n'è andata... così, da un giorno all'altro.
Era una giornata comune, il sole splendeva alto e sembrava essere tutto banalmente normale; ma la sua villa era vuota, le finestre chiuse, il cancello sbarrato e nessun'anima rimasta a vivere in quelle stanze >> spiegò con voce persa,
<< Era successo qualcosa? >> domandai trepidante e angosciata,
<< Una sua amica mi disse che era partita. Tutta la famiglia si era trasferita
definitivamente in Russia... lo sapevano tutti, da mesi... aveva avvertito tutti tranne me, era scomparsa letteralmente dalla mia vita, senza concedermi una spiegazione... senza degnarmi di un saluto.
E non guardarmi con quegli occhi grandi, perché non c'era niente che io avessi potuto fare.
Le ho scritto un paio di messaggi, ma non mi rispose mai... ed io non la cercai più, decisi di rispettare la sua decisione... non volli più sentire il suo nome né richiamare il suo ricordo.
Se n'è andata, così, da un giorno all'altro... con la stessa facilità con cui era entrata nella mia vita se ne era uscita...
Ed io mi sono semplicemente risvegliato da quel bizzarro sogno >> spiegò, espirando quelle parole come fossero pietre.
Lo capivo, cercava di eliminare il suo ricordo, illudendosi che fosse semplice come con un file sul computer, ma nell'essere umano purtroppo, non esistono cestini in cui gettare i sentimenti. Sperava che, in questo modo, si cancellasse anche l'amore che, evidentemente, Ethan ancora provava per quella ragazza, l'unica che era riuscita a rubargli il cuore, portandoselo via su un aereo diretto in un paese lontano... e non glielo avrebbe mai restituito.
<< Riuscirai mai a smettere di amarla? >> domandai dolcemente, addolorata da quella tragica fine,
<< Non lo so... forse l'ho già fatto >> sussurrò sincero.
Mi accorsi solo quando cessò di parlare che ci eravamo fermati, e che lui cercava in me reazioni, emozioni di qualsiasi forma, ma nei miei occhi colmi di apprensione e tristezza, c'era spazio solo per il suo riflesso.
<< Grazie >> sussurrò poi, mentre i nostri passi ripresero a susseguirsi in sincronia,
<< Per avermi ascoltato >> aggiunse semplice,
<< Non devi ringraziarmi >> decretai, con il cuore sereno, colmo di lui.
Chiudemmo il cancello alle nostre spalle, provocando nell'aria il rumore freddo del metallo che si scontra, e, mentre attraversavamo il cortile notai un ombra nel giardino.
Affinai lo sguardo come un gatto, scorgendo nell'oscurità i riflessi platino dei capelli di Alfred.
Il respiro e i miei passi si fermarono di colpo, quando, osservando le due figure, mi accorsi che la ragazza, con le spalle premute contro il muro e le mani di Alfred strette passionalmente sui fianchi, non era Jette.
Non si accorsero affatto della nostra presenza, perché continuarono a baciarsi con foga indisturbati,
<< Ma... ma quello è Alfred? >> balbettai, sperando che stessi avendo un'allucinazione, sperando che non fosse vero,
<< Si >> rispose pacatamente il ragazzo al mio fianco,
<< Dimmi che mi sbaglio... dimmi che quella ragazza è Jette >> implorai, sconvolta e disgustata dalla scena a cui stavo assistendo,
<< Non ti sbagli >> rispose, calmo e fermo.
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