21

Lì, in quella scatola di mattoni che ormai consideravo la mia stanza, cullata dal battito del suo cuore che cantava per me come una ninna nanna, riuscii a tranquillizzarmi.
<< E a te? >> domandai, con la guancia spiaccicata sul suo petto e con la voce roca dovuta al momento di pace totale.
Restando immobile, per non distruggere la comodità della posizione che avevo trovato alzai semplicemente lo sguardo.
Lui per risposta non disse nulla, mi guardò con uno sguardo interrogativo colmo di confusione,
<< Hai detto che Jette non riesce a controllare le sue emozioni perché nessuno glielo ha mai insegnato... e il tuo di maestro, chi è stato? >> aggiunsi timida, pentendomi di aver lasciato libero sfogo ai miei pensieri.
Percepii il suo torace fermarsi, trattenere il fiato e i muscoli delle sue braccia irrigidirsi per un istante.

<< Nessuno... >> soffiò tenue,
<< Ma è diverso... alcuni, anche se non lo sanno, non riescono a gestire da soli i loro sentimenti... per questo hanno bisogno di qualcuno che li aiuti e gli insegni come fare, non c'è nulla di male in questo >>
Mi meravigliai delle sue pause riflessive e del timbro di voce, colorato dalla spensieratezza, simboli della veridicità dei suoi pensieri, il che mi rassicurò, cancellando la paure di essere stata indiscreta.
<< Anche a te non l'ha insegnato nessuno... >> aggiunse, aumentando impercettibilmente la stretta su di me.
Alzai la testa a quella sua affermazione detta con così tanta bontà, colta di sprovvista, incitandolo silenziosamente a continuare per spiegarsi meglio,

<< Lo vedo nei tuoi occhi cangianti. Non cambiano il loro colore solo con le differenti tonalità di luce, bensì ogni volta che qualcosa si complica principessa, il tuo corpo inizia a vibrare come scosso dalla paura, o dall'adrenalina >> sussurrò muovendo dolcemente il pollice sul mio braccio,
<< Nascondi tante cose del tuo passato, e ti illudi di riuscire a dimenticarle celandole anche a te stessa. >> affermò parlando sinceramente,
<< Semplicemente perché non ha alcun senso rivangarle, meglio lasciarsele alle spalle >> replicai decisa scuotendo la testa come per auto convincermi.
La sua mano continuò ad accarezzare il mio braccio, fino a raggiungere il viso dove delicatamente mi spostò il mento facendo in modo che lo guardassi direttamente,
<< Stai attenta a non farti soffocare principessa, sono più pericolosi di quel che pensi. Sono come tanti palloncini, li afferri convinta che ti facciano volare, permettendoti di toccare il cielo, ma in verità sono pieni di piombo che ti tira giù violentemente, trasportandoti nei fondali bui >>.

I suoi occhi sembravano preoccupati, come se stesse pensando ad altro, come se rivolgesse parte di quelle parole a sé stesso,
<< Parli così per esperienza personale? >> domandai a brucia pelo,
<< No >> rispose continuando a navigare su una zattera rovinata che stava imboccando acqua da ogni fronte, remando tra i ricordi tempestosi della sua mente,
<< Dici a me di essere piena di segreti... ma tu Ethan non sei da meno, ed è inutile nasconderlo >> affermai, sbuffando di fronte alla nostra complessità,
<< Lo so, ma d'altronde chi non ha qualcosa che vorrebbe dimenticare?
Lasciamo che il tempo faccia il suo corso e le cose verrano da sé... non ti obbligherò mai a parlarne principessa, ma sarò sempre pronto ad ascoltarti >> confessò onestamente.

<< Occhi cangianti eh... proprio come i tuoi, così tremendi >> borbottai iniziando ad avviarmi sul sterrato viale dei sogni, lui sbuffò sorridendo,
<< Sai, sono considerati gli occhi più rari di tutti, tanto che in antichità si attribuivano ad incarnazioni di divinità... effettivamente ho sempre saputo di essere un Dio sceso in terra, costretto a vivere tra i comuni mortali >> affermò vantandosi ironicamente e rubandomi una risata,
<< Mia nonna, diceva che sono gli occhi di coloro che non riescono a controllare le emozioni, scaturite dai propri desideri >> soffiai ormai vinta dalla stanchezza.
Mi rimisi comoda e socchiudendo gli occhi continuai il mio cammino per poi riuscire ad addormentarmi.

Quando raggiunsi la fine del sentiero terminò la mia passeggiata e anche il mio sonno.
Mi svegliai nella stessa identica posizione, Ethan mi cingeva con un braccio mentre con l'altro teneva il telefono.
Era intento a digitare con il pollice sullo schermo colorato,
<< Chi è? >> chiesi curiosa, con le corde della voce tirate dal sonno.
<< È Jette >> affermò guardandomi con un sorriso, riponendo in me la sua totale attenzione, sottraendola a quell'inumano aggeggio tecnologico,
<< Ben svegliata, niente incubi? >> domandò dolcemente.
Mi districai un po' dalla sua presa stretta, e misi il peso del corpo sul gomito innalzandomi per poter sbirciare meglio lo schermo rimasto acceso.
<< Neanche l'ombra >> risposi ricambiando il suo sorriso, Ethan allungò la mano e mi porse il telefono, permettendomi di placare la mia curiosità,
<< Cosa dovrei farci? >> domandai fingendomi ingenuamente confusa dal suo gesto,
<< Così non ti fai venire il torcicollo >> ribatté avendomi scoperta.

Il mio cuore iniziò a battere all'impazzata rincorso dalla gioia,
<< Felice? >> domandò beato Ethan,
<< Si è svegliato! Chase si è svegliato e sta bene!! >> urlai come se fosse il brindisi di capodanno, come se avessi appena vinto una cifra esorbitante alla lotteria.
Mi alzai dal letto esultando e saltellando sul pavimento freddo, per poi ributtarmi adrenalinica sul materasso, con la delicatezza di un elefante ed abbracciare raggiante Ethan che nel frattempo si era messo comodamente seduto.
L'allegria fu velocemente sostituita dall'imbarazzo, le guance si accaldarono colorandosi di rosso e scariche elettriche iniziarono a scintillare, preannunciando un pericoloso cortocircuito nel mio cervello.

Il tempo sembrava essersi ghiacciato, i nostri nasi si sfioravano ed il suo respiro caldo atterrava sulle mie labbra secche, mentre io inconsapevolmente stavo trattando il fiato.
Le mie braccia si erano incatenate al suo collo, le sue cingevano la mia vita; il mio cuore sembrava essersi fermato, il suo esplodeva nel petto e rimbalzava nelle vene del collo.
Sarebbe bastato così poco, solo alcuni centimetri per baciarlo, per far placare quell'elettricità che rischiava di fulminarmi... eppure ero come bloccata.

Il mio cervello sembrava terrorizzato, come spiazzato da quella situazione.
Mi sentii dominata dall'insicurezza, che rubò ogni controllo del mio stesso corpo.
Era paura la mia, ne percepivo l'odore, ma non ne capivo il motivo... paura di cosa?
Tutti la proviamo, è una caratteristica del genere umano che ci rende prigionieri, anche le più piccole ed insignificanti tentano invano di nascondersi nelle insidie della mente.
Inutile fingersi sorpresa, lo sapevo perfettamente... avevo paura di essere presa in giro, paura di non essere adeguata a lui, di non essere alla sua altezza, di non provare sentimenti, di sbagliare.

L'elenco sarebbe potuto continuare all'infinito, ma forse, certamente, la vera ed unica ragione era la paura di soffrire, di sentire ancora il cuore far male tanto da non riuscire a dormire la notte né a pensare di giorno; così forte da rovinare non solo il passato bensì anche il futuro ed il presente, rendendolo invivibile.
Era quello che mi tormentava più di tutto, perché non ero certa di essere abbastanza forte da riuscire a riprendermi. Non ero certa di riuscire a tornare in superficie se un'altra onda mi avesse sommersa.
E forse avrei dovuto pensare a me, iniziando a risolvere i miei problemi per evitare di pesare a qualcun altro.

Quegli occhi lessero i miei pensieri con la stessa facilità con cui poco prima avevano letto i messaggi sul cellulare, si avvicinò appoggiando la sua fronte alla mia e mi sfiorò delicatamente la pelle con il naso attraverso movimenti ipnotici.
Partendo dall'angolo della mia bocca, iniziò a  tracciare diagonalmente una scia di teneri baci sulla guancia fino a raggiungere l'orecchio,
<< Non ti bacerò se non lo vuoi anche tu principessa >> sussurrò aumentando la stretta delle sue braccia per annodarci ancora di più; sussurrò assorbendo tutto l'ossigeno rimasto nei mie polmoni; sussurrò dandomi contemporaneamente conferme e dinieghi.
<< Eth, è solo che, >> tentai di dire, ma venni interrotta da lui,
<< Ssh... non giustificare mai i tuoi pensieri, non devi vergognartene >> soffiò sulla mia mandibola, facendomi sorridere per essere stata capita.
Abbassai le palpebre estasiata quando le sue labbra si posarono armoniosamente sui tendini tesi del mio collo, permettendomi di camminare sulle nuvole.

Il telefono squillò, mostrando il nome di Alfred dall'altro capo della linea, Ethan sbuffò visibilmente infastidito.
Lo vidi deglutire quando lasciai incontrare i nostri sguardi, gli posai a mia volta un bacio sull'aorta del collo, che gonfia batteva esageratamente ed appoggiai la testa alla sua spalla, prima che accettasse la telefonata.
Ci stavamo incastrando, senza atti fisici, senza legami materiali, senza dichiarazioni, le nostre anime inconsapevolmente stavano iniziando a tenersi per mano, sostenendosi a vicenda e questo invece di tranquillizzarmi mi stava terrorizzando.

La voce metallica del ragazzo biondo oscillò nel silenzio della stanza, mentre io giocherellavo meccanicamente, come un gatto con il filo di un gomito di lana, con i suoi capelli corti dietro la testa, facendo scivolare le dita verso il basso per percorrere i tasselli della sue spina dorsale,
<< Che fine hai fatto amico? Stiamo andando da Chase prima che finisca l'orario di visite, vieni? >> domandò amichevolmente e con tono incalzante, Ethan si schiarì la voce prima di rispondere,
<< Si certo, >> disse senza pensarci due volte,
<< Dave sta andando a chiamare la nuova e partiamo, ha pensato che a Chase avrebbe fatto piacere vederla >> aggiunse Alfred, mentre in sottofondo si sentiva scattare l'accendino,
<< Vado io, sono vicino >> replicò Ethan, concludendo la conversazione senza troppi preamboli e rimettendo il telefono in tasca.
<< Vicinissimo direi >> aggiunse guardandomi sorridente.

Il tempo di allontanarmi da lui, che sentimmo dei colpi alla porta presagire l'entrata di Dave.
Vidi passare sul suo viso espressioni di palese stupore quando trovò Ethan nella stanza, appoggiato al muro con il corpo dominato dalla calma e le spalle morbide posate al fianco dello stipite,
<< Sei lento con tutte quelle bende fratello >> lo schernì Ethan alzando l'angolo della bocca,
<< Ma mai quanto Megan per riempire una borsa >> aggiunse guardandomi, per risposta mi limitai ad alzare le sopracciglia divertita, preparandomi all'imminente e scontata risposta di Dave,
<< Quante cose potrai mai metterci in quella minuscola scatola?! >> ribatté come da copione.
<< Tutto il necessario, e non è una scatola! >> puntualizzai azzittendoli ed avviandomi per prima fuori dalla porta, dove infilai le chiavi nella toppa aspettando che i loro piedi iniziassero a muoversi,
<< Che intenzioni avete? Volete una borsa anche per voi? >> sentenziai ridendo del loro sconcerto.

Trattenevo a stento una risata, mentre osservavo Dave scendere le scale fingendosi atletico come un giaguaro, nonostante in realtà le medicazioni rendessero i suoi movimenti simili a quelli di un anziano pinguino; ma non riuscii a trattenermi quando sentii le sue scuse improbabili adottate di fronte alle battute che Ethan gli poneva per prenderlo in giro.
Tuttavia mi sentii tremendamente in colpa, quando la mia risata fragorosa risuonò nel corridoio attirando l'attenzione di Dave, che si voltò per farmi incontrare i suoi occhi tristi, ma ciò durò solo un attimo, poiché non ci mise molto ad incarnare la dose con altre battute squallide.

Dave era così, non riusciva a rimanere serio per troppo tempo, né era capace di portare rancore.
Era particolare la loro amicizia, bisticciavano in continuo eppure erano indivisibili, nonostante l'apparente durezza di Ethan nei confronti di Dave quando combinava casini, quest'ultimo si fidava ciecamente di lui, di ogni sua scelta, poiché consapevole che avrebbe fatto di tutto per aiutarlo, che lo avrebbe sorretto ancora.

Alfred lanciò il mazzo di chiavi tintinnanti ad Ethan disegnando una parabola nell'aria, salimmo in auto e partimmo.

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