11
Nella camera delle bambine ero esasperata dalla sabbia. Si era infiltrata ovunque. Il pavimento ne era completamente ricoperto.
Il pomeriggio passato in spiaggia aveva distrutto i bambini, esaurendo le loro energie solitamente interminabili.
Le stavo preparando per portarle a fare la doccia, impiegandoci più tempo del previsto, poiché la loro collaborazione era nulla.
Armata di asciugamani, ciabattine di mille colori e vestiti vari che faticavo a non perdere, ci incamminammo nel corridoio verso le docce.
Varcai l'arco che fungeva da porta d'ingresso del bagno femminile, tutto rigorosamente grigio, dalle mattonelle del pavimento a quelle del muro, persino il soffitto era color fuliggine. Girammo subito a destra e poi a sinistra ed entrammo nella sezione dedicata alle docce al momento vuota.
<< Occupate queste quattro, bagnatevi bene i capelli. >> annunciai sentendomi un comandante di un esercito, nel frattempo appendevo ai vari ganci gli accappatoi e riponevo sulle mensole rosse i loro cambi.
Presi un po' di shampoo ed iniziai a insaponare i capelli di Kim mentre lei si lavava ricoprendosi di mille bollicine il corpo. Abbie iniziò ad intonare una canzoncina ed io riconoscendola mi aggiunsi a lei, le altre bambine ci seguirono cantando allegramente all'unisono. Sciacquai i lunghi capelli neri di Kim e ripetei la stessa procedura per le altre tre.
<< Venite qui che ci asciughiamo dai. >> arrivarono ad una ad una infilando le loro braccia minute nelle maniche degli accappatoi, solo Lily fece storie. Restava sotto la doccia ignorandomi.
<< Lily andiamo. >> le ripetevo e lei si voltava nella direzione opposta continuando a ballare sotto il getto dell'acqua.
<< Lily. Se non esci subito non ti porto più al mare. >> minacciai con voce dura, lei si voltò e finalmente uscì indossando il suo accappatoio arancione fluo.
Fiera di essere riuscita a farle la doccia senza bagnarmi, le portai vicino ai phon e le aiutai a vestirsi. Stavo asciugando la cascata nera di Kim mentre le altre cercavano a modo loro di asciugarsi a loro volta. Mi cadde l'occhio sullo specchio dove vidi in che stato fosse la mia immagine riflessa. Ero decisamente sconvolta, le occhiaie mi contornavano gli occhi e i capelli erano raccolti in una crocchia fin troppo disordinata dalla quale fuoriuscivano ciocche di capelli ovunque. Ci avrei pensato più tardi.
Mezz'ora dopo tornavo in camera con quattro bamboline pulite e profumate.
Abbie mi si avvicinò con la preoccupazione che le colorava il volto,
<< Megan mi sono dimenticata la spazzola in bagno! >> disse aggrappandosi con la mano sulla mia gamba.
La porta si aprì e spuntò una ragazza che si occupava di portarle a cena insieme agli altri bambini della struttura.
<< Sono pronte? >> mi chiese controllandole con lo sguardo,
<< Si. Vai a mangiare Abbie, vado a prenderla io. >> risposi alla bambina che si tranquillizzò subito seguendo le altre verso la mensa.
Sospirai e tornai in bagno a cercare la spazzola di Abbie.
All'entrata vidi Ethan che usciva dal bagno accanto, con indosso una maglia bianca di un tessuto leggero, e potei ammirare di sfuggita il suo fisico ben allenato.
<< Dove vai principessa? >> domandò mentre si passava velocemente un asciugamano sui capelli bagnati,
<< Abbie si è dimenticata la spazzola. >> risposi alzando le spalle ed entrando nel bagno mentre lui mi seguiva curioso.
La trovai in poco tempo, appoggiata sopra una delle tante mensole.
<< Hai fatto la doccia a tutte? >>
<< Si. >>
<< E sei ancora asciutta? Dopo averla fatta ai bambini ero più bagnato di loro. >> disse osservandomi,
<< Se sei negato non è colpa mia. >> replicai sorridendogli mentre mi avviavo verso l'uscita,
<< Ah si? >> domandò ghignando beffardamente.
Accadde tutto troppo velocemente. Lanciò distrattamente l'asciugamano bianco su una delle tante mensole.
Mi affrettai verso l'uscita ma mi bloccò da dietro con entrambe la braccia sollevandomi di peso senza fatica,
<< No dai Ethan! >> urlavo cercando di divincolarmi, tuttavia mi trovai sotto il getto gelato dell'acqua mentre lui rideva sonoramente.
Chiusi gli occhi gemendo dal freddo,
<< Chi è negato scusa? >> domandò lui lasciandomi libera dalla sua presa, mi voltai prendendo il tessuto della sua maglia in due pugni e tirandolo con tutte le forze sotto la doccia. E risi anch'io vedendo la sua espressione scioccata causata dall'acqua ghiacciata che lo inzuppò subito.
<< Tu. >> gli risposi ridendo. Fingeva un'espressione arrabbiata tuttavia non riusciva a controllare il sorriso.
Petto contro petto non faticò a spingermi con le spalle al muro intrappolandomi con il suo corpo. L'acqua scivolava sul suo corpo scolpito, i capelli bagnati gli ricadevano sulla fronte coprendogli leggermente gli occhi ma lui non ci faceva caso, la sua attenzione era riposta tutta in me.
La tentazione di baciarlo era incontenibile, e lui lo sapeva.
Si avvicinò ancora sfiorandomi con le labbra il collo risalendo lentamente verso l'orecchio e soffiando.
Una scarica di brividi incontrollabili percorse tutto il mio corpo e istintivamente socchiusi le palpebre.
La tensione galleggiava nell'aria come una cappa di fumo.
<< E adesso che fai? >> domandò al mio orecchio lasciando un bacio leggero subito sotto.
Appoggiai una mano sul suo petto tentando di spostarlo, lo sentii irrigidirsi al mio tocco, ed ebbi la conferma che sentisse la stessa attrazione che io stessa stavo provando.
<< Se ti sposti me ne vado. >> dissi tentando invano di muoverlo.
Sentimmo una porta sbattere, dei rumori confusi, e lo sciacquone.
Dei singhiozzi strozzati tagliavano il silenzio. Sembrava la voce di Jette. Ma non poteva essere lei.
Io ed Ethan paralizzati ci guardammo. Stavo trattenendo il fiato, e probabilmente i miei occhi sgranati emanavano lo stato di panico che mi stava attanagliando.
<< Ethan. >> sussurrai con voce tremante, non certa di averlo pronunciato abbastanza forte da essere udita. Ma lui mi aveva sentita, mi accarezzò dolcemente la guancia continuando a mantenere il suo sguardo fisso nel mio.
La maglietta bagnata aderiva al mio corpo come una seconda pelle. Ethan mi prese per mano e lentamente si diresse di fronte alla schiera di porte da dove poco prima avevamo sentito provenire i rumori. Una di queste si aprì mostrando una figura che si dirigeva verso il lavandino e con tranquillità si lavava le mani per poi sistemarsi l'acconciatura specchiandosi.
Mi impietrii immediatamente riconoscendo il vestito che io stessa avevo scelto quel pomeriggio. Jette si voltò verso l'uscita, accorgendosi solo in quell'istante di non essere sola. Era visibilmente sorpresa di vederci lì, ma poi un sorriso fin troppo tirato sorse sul suo volto.
<< Ei! Cosa avete combinato? >> disse indicando scherzosamente i nostri abiti bagnati.
Aveva gli occhio rossi a causa del pianto, e forse non solo. Il viso pallido di un colore cadaverico. Le mani le tremavano leggermente ma cercò di nasconderlo stringendole.
Il respiro mi si era bloccato, procurandomi un forte dolore al petto, come una coltellata. Sentivo il panico crescermi dentro.
<< Cosa stai combinando tu Jette. >> rispose Ethan al mio fianco. Lui al contrario sembrava alquanto calmo, come se la situazione non lo sorprendesse. Jette spostò più volte lo sguardo tra noi, dondolandosi con i piedi in imbarazzo. << Nulla Ethan, di che parli? >> replicò ridendo, iniziando a muoversi per avvicinarsi a noi. Ethan si voltò nella mia direzione,
<< Lasciaci soli. >> mi disse.
Quella richiesta mi sconvolse, non ero una bambina.
<< Per favore. Ne parliamo dopo. >> aggiunse scongiurandomi e allora uscii lanciando un'occhiata a Jette.
Tornai nella stanza delle bambine lasciandomi scivolare sul pavimento.
Cercavo di fare respiri profondi. Mi sentivo come se avessi terminato l'aria, come se ci fosse qualcosa che impedisse all' ossigeno di raggiungere i polmoni secondo il processo naturale.
Con le palpebre socchiuse contavo, cercando di liberare la mente. I numeri non cambiavano, erano una cosa fissa, una certezza. Dopo la morte di mamma mi era capitato spesso di sentirmi così. Come se la stanza mi schiacciasse e l'aria terminasse.
Dovevo distrarre la mente, ma i pensieri tornavano a vorticare intorno a Jette.
Come avevo potuto non accorgermene? Mi era capitato di sentirla andare in bagno di notte, anche più volte, ma non avevo mai pensato ad una cosa del genere.
Pensavo fosse una ragazza solare con tante energie. Solo ora mi accorgevo dei suoi momenti di solitudine in cui diventava intrattabile, in netto contrasto con le ore di totale euforia che l'animavano. Del suo viso pallido, delle occhiaie scure e profonde che contornavano i suoi occhi che quotidianamente copriva con strati di trucco.
Andava spesso in bagno, ed era spesso raffreddata. Ma mai avrei creduto che Jette fosse dipendente da droga.
Non riuscivo a capirne il motivo, cosa l'avesse portata a ridursi in quello stato.
Era uscita allegramente con Alfred, cosa le aveva fatto per ridurla in quello stato?
Ed Ethan era già al corrente di tutto?
Forse stavo esagerando. Forse non era dipendente bensì ne faceva uso raramente. Eppure tutto continuava a confermare i miei pensieri.
L'avevo vista fumare alcune volte, ma convinta si trattasse di semplici sigarette non avevo mai indagato. E forse avevo sbagliato. Avrei dovuto chiederle più spesso se andasse tutto bene, se ci fossero problemi...
Restai un po' in quella camera ad abbracciarmi le ginocchia in cerca di calore.
Avevo ancora i vestiti bagnati, nonostante fossi riuscita a calmarmi sembravo in uno stato di trance.
Non ero scesa a cena. Sentivo un nodo stringermi lo stomaco impedendomi di provare fame. Feci un respiro profondo cercando la maggior quantità di ossigeno ed espirai.
Mi alzai incerta sulle mie gambe appoggiando la schiena al muro e feci un altro respiro profondo. Dovevo cambiarmi quegli indumenti, tuttavia non volevo tornare nella mia camera. Non avrei saputo cosa dire a Jette, non sapevo come comportarmi. Sospirai e mi risiedetti sul pavimento, sbattendo la fronte sui palmi delle mani ormai stressata dalla situazione. Chiusi le palpebre cercando di scappare da quel mondo.
Sentii la porta aprirsi alla mia sinistra. Alzai lo sguardo appoggiando la testa al muro vedendo Ethan entrare nella stanza. Non disse nulla si abbassò alla mia altezza e mi prese in braccio a mo' di sposa.
<< Guarda che posso camminare eh. >> dissi cercando di stendere le gambe per scendere,
<< Stai ferma principessa. >> soffiò lui deciso,
<< Non voglio andare nella mia stanza, ci sarei già andata altrimenti. >> affermai,
<< Lo so. >> rispose con voce tranquilla, tanto da farmi trattenere il fiato.
Come faceva a mantenere sempre il controllo?
Si era messo una maglietta pulita, tuttavia aveva ancora i capelli e i pantaloni bagnati. Stava camminando serenamente nella direzione opposta rispetto alla mia camera. Arrivò alla fine del corridoio dove c'era ormai solo una porta, abbassò agilmente la maniglia e varcò la soglia.
Mi aveva portata nella sua camera.
La osservai curiosa. Era grande come la mia, forse leggermente di più. C'era solo un letto. Fatto in modo impeccabile e situato al centro della stanza. Mi ci pose delicatamente mentre lui si dirigeva verso il grande armadio bianco sulla parete di destra.
Sulle pareti erano poste due ampie finestre abbracciate da lunghe tende bianche, le quelli erano state aperte per far entrare nella stanza la maggior quantità di luce, nonostante il sole fosse ormai tramontato.
Opposta all'armadio una piccola scrivania, sempre in legno bianco, con sopra fin troppi fogli, come se si trattasse del piano di lavoro di un avvocato nel proprio ufficio.
Non c'era altro, i muri erano spogli, senza quadri o fotografie a decorarli.
Voltai la testa nella sua direzione e notai un orsacchiotto di peluche posto su un comodino accanto al letto. Era logorato dagli anni. Gli mancava un orecchio e il pelo era ormai sbiadito, tuttavia gli occhi composti da due perle nere erano rimaste lucide inglobando l'anima di quel pupazzo. Doveva essere importante per essere così ben visibile in una camera dove apparentemente non c'erano affetti personali.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top