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N/A: è più corto del solito, sappiate che dal prossimo le cose si fanno interessanti. Sto morendo dal sonno, cazzo. Buonanotte patate lesse (ricontrollerò domani, giuro)


"I wish that I could wake up with amnesia,
and forget about the stupid little things."


La mia prima volta fu in un bar scadente, con l'acre odore di fumo che invadeva le narici e marciva nei polmoni. Qualche canna di troppo e litri di birra scolati in quattro o cinque. Avrebbero detto, se ci avessero visti, che la rovina di una società non sarebbe tardata ad arrivare, con ogni meccanico comportamento degli adolescenti.

Che fossimo tutti come macchine, senza personalità o ideali, con i sogni altrui ben stretti nelle tasche, accusandoci a vicenda di rubarceli e piangendo, l'uno sulle spalle dell'altro.

Che, effettivamente, se non li avessi sprecati i quindici o che ne so, i sedici anni, come sto fottendo lentamente i diciassette correnti, magari avrei scorto un filo di normalità che gli uomini c'hanno nel sangue.

Quel filo non è mai passato davanti a me, o magari l'ha fatto ed io ero in ritardo, ancora. E se fosse passato, forse, non avrei dato la mia verginità ad un ragazzo troppo ubriaco.

Ci credevo nell'amore, penso, o ancora non avevo idea cosa esso comportasse. L'amore resta uno di quei miti da smontare, una volta o l'altra, con il ragazzo perfetto e la prima volta ideale. Con delicatezza, lui che sceglie solo te; ti farà soffrire, ma sarai talmente principessa -- o tonta, perché no, non ci vedo nulla di regale nel buttare nel cesso la propria dignità -- da perdonarlo e vivrete felice e contenti. Lui ti comprerà la casa ed anche dopo anni, pur senza vedervi, lui ti amerà -- stronzate.

Stronzate come il cuoricino che batte o le farfalle nello stomaco, tutti cliché che mi danno il voltastomaco anche a riflettervi seduta su una vecchia altalena ed una sigaretta scadente tra le dita.

Che ti si aggrovigliano le viscere, con l'intestino e gli organi interni; che la pelle prende a rabbrividire e che lo senti tuo, quel qualcosa di nuovo, che ti si arricciano le punte dei piedi e, oggettivamente, non capisci più un cazzo, è reale. Bramabile, provatelo voi stessi che vi si piegano le budella.

Che poi, nove su dieci ci resti secca, delusa e scottata, con questa nota d'amaro in bocca di cui tutti parlano e rabbrividisci, e non per il sentimento, ve n'è uno, ma è diverso da quel che chiamiamo amore. È paura, concreta, che se non ti guardi i piedi ci inciampi, che ti tortura e no, non te ne liberai. E se prima fossi stata certa che l'amore, o quel che diavolo era, ti avrebbe portato da qualche parte o che, per lo meno, ti avrebbe buttato in faccia qualche sicurezza nuda e cruda, la certezza non ce l'hai più ed è come l'acqua alla gola. Non ci scoppi a piangere e nessuno ti dirà che foste fatti l'uno per l'altra, perché ti vergognerai a tal punto di non essere stata all'altezza di una simile boiata da limitare l'accesso al tuo muscolo involontario, quello che pulsa e dici che senza di lui è nullo, ma c'è ancora, esagererai e basta.

E fu così anche per me, mentre stringevo le gambe su un lavandino di un bagno azzurro, dalle piastrelle nuove e i cessi ovali, mentre la porta era saldamente chiusa con un gancio.

Sentivi bussare e non ci fu del dolce o del sensibile, mentre il suo membro mi perforava e gemevo un nome che non mi apparteneva. Mi diceva che facevo bene l'amore, io. Che amore, lui, non sapeva neppure cosa fosse mentre scavava nei miei fianchi con le dita e lasciava baci languidi lungo il mio collo.

Ricordo avessi tracciato il suo tatuaggio, mentre donavo qualcosa che non avrei potuto riprendermi, ma non l'avevo ancora capito -- che quando è fatta, è andata. É di un altro o, magari, non c'è proprio. E potrà esserci che tu sia innamorata o che ti senti donna, mentre digrigni i denti dal piacere e giochi con la camicia sbottonata, ma quel che avrai dato non sarà più tuo, rimettitela in pace l'anima.

Mi diceva che fossi bellissima, prima di prendermi rudemente su un lavabo sozzo. -Devo fare l'amore con te, Ce'- e quando lo sentivo, Ce', l'avrei dovuto considerare come un dare e mai più riavere, un buttare lì, senza altro da dire. Che volevano qualcosa, per questo Angela mi chiama Cele, lei non voleva un cazzo.

-Io. . .- e lui ridacchiò, ammettendo che non fosse poi così male. Che mi dovevo fidare o -Forse non vuoi?- che se mettevano in campo la mia volontà futile e per nulla sobria, c'ottenevano solo una vittoria, contro una frivola e debole dai capelli lisci e corti.

Aveva iniziato dall'alzarmi il vestitino nero degno di una lurida, una di quelle da cui non puoi aspettarti dignità, l'hanno lasciata nella casa delle Barbie. Poi m'aveva toccato il seno, ghignando e ammettendo fosse sodo, come piaceva a lui. E mi aveva tolto il reggiseno, mentre con le dita mi stuzzicava lì. Lì che ero già stata toccata, una o due volte. Non fu nuova o spiacevole la situazione, ma pompava e -Contraiti piccola, contraiti per me.- che era pure illegale, con quasi dieci anni più a me; ma non ero mai stata per le regole, se avessi potuto bruciarle una ad una con le mie mani, l'avrei volentieri fatto, calpestando la cenere con le converse.

E la sua lingua esplorava ogni lembo della mia pelle, parlandomi in maniera sporca e i gemiti mi si smorzavano in gola, mentre un solito bruciore si espanse dal mio inguine fino allo stomaco.

-Piegati per me, Ce'- e aye, era di nuovo Ce', voleva nuovamente qualcosa ed abbassò le mutandine, mordendomi avidamente le labbra, mentre andavo a slacciare la cerniera dei suoi jeans. Che fosse illegale o da galera, mi passò per poco per la testa, ed attraversandola, stimolò la tensione e la voglia, mentre lo accarezzavo come una stupida quindicenne inesperta sapeva e poteva fare.

Non ci mise molto, a mettersi il preservativo. Senza una domanda di cortesia, d'affetto, una sorta di alibi. Ci riflettei, mordendomi le labbra, mentre mi prendeva sul lavandino e le urla di angoscia infame batterono quelle sue di piacere. Si mosse, non aspettò neppure che fossi pronta, lui voleva qualcosa, alzandomi il vestitino da puttana.

-Vai, bambina, urla.- mi incitava; e le lacrime, io, le sentivo che mi scorrevano fra le guance, non vi badò neppure alla mancanza di grazia. Il noncurante dolore si propagava dal centro al ventre, pareva mi stesse spezzando in due ed io me ne stavo zitta, ad arrogarmi la presunzione che mi stesse bene in quel modo. Mi diceva solo che fossi così brava, così stretta, bagnata. Che mi avesse desiderato per così a lungo e che fossi fatta per prenderlo dentro da lui.

Non mi accorsi, quando il fastidio parve più lieve --- che eufemismo !, l'ardore del momento, mancante di ogni accurattezza (e neppure sarebbe servita, tanto incredulo il male), e percepii quello che erano soliti chiamare piacere. È che non fece neppure una promessa, che non espresse altro che il suo gradimento e l'erotismo era alle stelle, mentre si scopava una minorenne di cui non gli fregava alcuna cosa, dentro una zozza discoteca.

-Sei così bella, Ce'. Così bella,- si complimentava, buttando indietro la testa e mordendosi le labbra piene nei gemiti. C'aveva i capelli neri, gli occhi scuri e le lentiggini sul volto. Faceva l'amore come se non fosse nuovo, per lui. Che anche se spingeva sbadatamente, fosse motivo di far l'amore per bene. Non lo chiamò mica sesso, era un mago dell'illusione.

Per il sesso, non gliela avrei data; per l'amore, invece, fui facilmente persuadibile.

E l'avrei dovuto dedurre, quando faceva riferimenti espliciti o mi chiedeva cosa sapessi fare con la mia boccuccia saccente. Che mi palpava il culo -- tra l'altro poggiato per lui sul lavandino -- e mi diceva che fossi una meraviglia.

Che io fossi innamorata, ahimé, di un riflesso, di un'apparenza, di una costante semi visibile, come in un libro di qualche poeta maledetto. Che l'amore, allora, non era più tanto infatuante o tanto male; li leggevi volentieri gli harmony se ti svegliavi e ci pensavi, a lui. A come potevano essere le sua labbra sulle tue, a come poteva essere un vostro stringervi la mano.

Non importerebbe, in fondo, se fossi stata puttana, ma per amore. Che fossi stata malata, di esso. Una vagabonda, di mattina, tra le pezze sul pavimento e uno zaino troppo pesante, mentre mi truccavo ed accentuavo il mio fisico con vestiti audaci.

Mi --- avrebbero chiamato anche te, chiamavano troia o mi rammentavano che non valessi un cazzo, ma avevo quel sentimento buono e confortante che mi apparteneva e m'alzavi con gioia, solo per andare al bar e vederlo portarsi nel cesso una diversa ogni fine settimana.

Ma ci sono sempre quei diavolo di romanzi e ti (è più facile, se è di te che si parla) dici che cambierà per te; poi ti ritrovi a perdere la tua verginità in un lurido bar, in un bagno puzzolente e con nessun richiamo al tuo orgoglio o alla tua delicatezza.

Mentre ti prende come se fossi un animale e ne avesse bisogno -- tu continui a ripeterti che cambierà per te -- e poi esce, solo per non rischiare di venirti dentro.

Ed allora ti avrà adulato così bene, che col rossetto sbavato e il sangue fra le cosce, ti inginocchierai, per succhiargli il pene, con ogni fibra del tuo amore. Perché ne sei invaghita, lo fai esclusivamente per quello.

Lui ti tirerà i capelli, rude, e ti dirà che la tua bocca è stata fatta per succhiarglielo.

Non c'è altro da concepire; mi resi una puttana per il solo amare qualcuno che da me voleva solo qualcosa. Ora parlo di me, ancora, perché la consapevolezza risulta un limite più confortante -- se non altro !, ho ciò.

-Sei stata una grande scopata, Celeste.- e fu allora che capii che non c'aveva più bisogno di niente, che s'allacciava i pantaloni e si sciacquava la faccia, ignorandomi completamente.

Le mutande tra i piedi, il sangue che s'asciugava fra le gambe luride ed assopite dal bruciore ancora pertinente ; il mio cuore a terra.

Uscì dal bagno, come se nulla fosse, salutò un paio di amici e mi ignorò, da allora in poi.

-E Celeste?- gli avrebbero chiesto.

-Era pure bella stretta; una vergine puttana non l'ho mai vista.- lui avrebbe risposto, mentre toccava un'altra donna, come aveva toccato me; mentre la baciava, proprio come me; mentre l'adulava, come aveva fatto con me; e ci faceva l'amore insieme -- anzi, se la scopava, -- esattamente come aveva scopato con me.

E mi sedetti, me ne infischiai che non fosse d'igiene o che il mio culo toccasse tranquillamente le sporche piastrelle fredde ed azzurre; mi sedetti e piansi come un'allocca, che me l'ero cercata io.

Mi sarei voluta svegliare con un'amnesia. Dimenticare cosa fossi, come mi comportassi o cosa avessi davvero fatto. Dimenticare che avevo lasciato che un uomo, per giunta sadico, mi prendesse come un'indecente poco di buono in un bagno.

Con il mascara colato, l'abitino ancora che lasciava vedere tutto, il preservativo nel cestino e i ricordi nella mia mente, da distruggere cautamente, mi resi conto che a terra, assieme alle mutandine scure, spogliata anche di quella, ci fosse la mia spiritata dignità.

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