40

N/A: vi prego scrivetemi quello che sentite. 

"Non possiamo andarcene in giro a non essere le persone giuste, altrimenti, beh, che senso avrebbe la vita?"

Il giorno è sempre quello, le sensazioni, invece, non sarei in grado di definirle con certezza. È un attimo prima, probabilmente quello seguente, ma sono sicura di essere ancora seduta su questa stramaledetta altalena, a dondolarmi per perpetuare a qualche sentimento sulla mia pelle dilaniata.

So che sono inerme a guardarlo, ora, armeggiare con le sue mani bellissime e percepisco mi stia abbracciando, sussurrandomi di voler coprire la sua pelle con la mia. Che ha bisogno di me.

I miei palmi, però, non ricambiano. Il mio cuore esplode e sembra volersi abbandonare ad un delirante sudiciume, sebbene io sia consapevole che quello lì è semplicemente un muscolo: è la mia testa che si adatta perfettamente affinché possa  balzare in aria e fare di me una mescolanza di pezzi e di invettive senza forma, senza delizia, senza emozioni.

Le mie labbra restano serrate, da esse non fuoriesce neppure un mugolio, il mio corpo è infreddolito e rabbrividisce ad ogni singhiozzo che il mio amore sceglie di regalarmi. 

Sento il petto minacciare di lasciarmi a nuocerne da me, ché lui me l'aveva detto quanto la solitudine fruttasse alla tranquillità.

Il ragazzo dagli occhi color cacca di cane è in piedi, si spinge per strapparmi tutte le attenzioni che all'istante necessita pieno di ogni movente negativo. La felpa nera che indossa entra in contatto con le mie braccia tracciate dall'inquietudine, la sua figura si insedia fra le mie gambe fasciate da stretti jeans e le braccia fa in modo mi cingano al collo, reduci delle sue bramosie.

Non accolgo, in questa giornata nuvolosa e stranamente silenziosa, le parole che mi rivolge, che raccoscia dalle sue intime pulsazioni e mi regala con necessità nuova.

Le mie orecchie non assorbono realmente la sua frustrazione, si scaglia come onde fervide sulla mia spiaggia alienata, ma non c'è velleità di liberarsi, tenta solamente di provare a far sfuggire una leggera nota di disperazione che gli risiede nell'organismo. 

-Cele, ci sei?- si interrompe, sollevandosi in maniera cedevole, ed incastra il suo colore iridescente nei miei occhi spenti; non pronuncia altro se non richiami alla mia persona fremente, in cerca di disintossicazione. Si aggrappa alle mie spalle e cade in ginocchio davanti a me, appoggiando il capo sulle cosce che mi tremano travolte dalla paura. Vorrei un'amnesia, vorrei che quest'attimo passasse e che non ce ne fosse ricordo, nonostante io non sappia, già conosco che mi struggerà fino a che il mio cuore non si depositerà sull'erba sporca. E ci deve rimanere.

Tell me something, tell me something,

-Cele, hai capito quello che ti ho detto? Perché non parli?- divengo improvvisamente egoista, superficiale, non mi curo del suo spirito in frantumi ai miei piedi, del tremolio che percuote il vulnerabile corpo di questo fiore meraviglioso. Mi sta pregando di ravvivarlo, mi supplica  di non rabbrividire e di ascoltarlo, -Ché sto crollando, Cele.-

Gli propongo un cenno misero, da povera stronza quale sono e il mio sguardo vaga per sollievo, si muove fra le case tristi e disilluse, deturpa l'allegria altrui augurando che possa ognuno percepire tutta l'angoscia che, apparentemente senza rilevanza, sta strappando con aggressività i miei nervi, la mia carne, la mia capacità di provare.

-Vogliono portarmi via,- lo sussurra sconfitto, premendo i suoi polpacci della mia pelle e posa le labbra accanto al mio centro, provvedendo ad accalappiarsi il mio affetto, la mia devozione nei suoi riguardi.

Ma non riesco a starmene zitta, le lacrime corrompono con arroganza sconcertante i miei occhi, permettendo all'agognante stato d'animo di palesarsi, di assumere una forma, un modo di essere: perché spetterà anche a lui, no?

Ma le lacrime non placano il dolore, la paura impertinente ed improvvisa che sta sfasciando il cuore che oramai scivola via dal mio petto e percorre i miei frammenti con arguzia mancata. Le lacrime non lavano la distruzione, la quale mi divora da un po' e, meschina, non bada al mio supplicare taciuto.

You don't know nothing, just pretend you do.

-Cosa vuol dire. .- borbotto, le mie mani raggiungolo il suo collo ed appoggio il capo su quello di Jacopo. I suoi fremiti, adesso sono i miei. La sua infelicità, si sposta rapidamente e si trasforma nella mia. Nessuna magia, nessun incantamento: sono gli effetti collaterali.

Ed è il mio Jacopo che, incosciamente, sta dimorando insieme al dolore agghiacciante che gela il mio sangue, ---- il mio Jacopo e mai avrei creduto di potermi definire morta per causa sua. I miei arti non rispondono, il cuore pulsa per proprio conto e la saliva si secca in gola, increspando le parole che raggiungono le orecchie del ragazzo inginocchiato dinanzi a me.

La frase perviene frettolosa, quasi mi strozzo quando cerco di farla uscire e le lacrime raggiungono la bocca, ne entrano e nuocciono assieme al resto. Tutto duole, le lacrime non liberano!, non eliminano un cazzo della perturbante agonia che sto emettendo.

-Vogliono adottarmi con Lello, Cele. Lui --- lui piangeva e quindi quei due si sono voltati ed hanno visto che lo stessi abbracciando. Lo --- lo hanno detto, Cele. "Anche -- anche il ragazzo più grande, possiamo accudirli entrambi. Stiamo bene e vogliamo crescere due anime." Non possono dire di --- non possono. Io non voglio.- getta fuori le rabbia che ha represso fino ad ora, batte i pugni ovunque trovi spazio ed io sono ferma. Non oso proferire una considerazione o ciò che mi picchia violentemente nell'interno. Pare mi tolga con cattiveria i lembi interiori, necessari al mio organismo, sembra che le pareti del mio stomaco si rinchiudano su se stesse e provochino una nausea maligna, scabrosa. Appare come consapevole di potermi uccidere e la sensazione fa da braccio destro ad un signor Tempo annoiato.

I need something, to tell me something new.
Choose your words 'cause there's no antidote.

-Cele, salvami. Io non voglio andarci, i miei diciotto anni sono vicini, non voglio. , qualcosa, Perdio! Ho bisogno di te, amore mio.- lo ha detto e non c'è più rimedio o antidoto. Non può esserci una cura alla sua confessione accresciuta e desiderata, somigliante ad una richiesta scabra di corrispondenza. Vuole che glielo ammetta, spera che io lo appoggi a mandare a 'fanculo le due persone che hanno scelto di amare questo ragazzo, di accettarlo per quello che è, di dargli diritti, affetto, un futuro. Di offrirgli una famiglia in grado di crescerlo come è da prassi. Questi due, un uomo ed una donna, vogliono avere qualcuno da avere con sé, senza ricambi, senza imposizioni. Vogliono dargli viaggi, un'esistenza dignitosa. Magari, un'università.

Continuo a starmene in silenzio, ma interpreto una donna e gli accarezzo i capelli, sperando di attutire la sua angoscia. E le lacrime scendono, ma non eliminano, non distruggono mica, le illusorie. Le lacrime accendono, tradiscono, le lacrime, chissà come, ti rendono consapevole. Che c'è tatto ed allora è vero: scorda di provare a darti pizzicotti, è finita. Sei davanti ad una scelta, e sei codarda, Celeste. Perdio!, cessa di emulare l'adulta impazzita che ti sta a cuore e reagisci!

La mia bocca è rinsecchita, simile a pietra. La mia decisione può essere vinta dall'egoismo, mostrarsi amante di questo presto uomo e riuscirei a tenermelo accanto, senza sforzo: su un piatto d'argento con facilità. Farebbe di tutto per me e me lo sta dimostrando, il problema è che sono egoista. Scuoto enfaticamente il capo, non accetto che riscuota in me tanta confusione. Scorgo in lui una nota di speranza da portare a galla: è vissuto da un'infima voglia di amore. Ma dovrebbe saperlo.

For this curse or what's in waiting for, must desert you just before you go.

-Cele, mi hai sentito?-

-Certo, che ti ho sentito, Jacopo.- gli blatero, alzandogli il mento con le dita. Ci guardiamo attenti, curiosi e lievemente amareggiati. Ha smesso di tremare, o è soltanto in una pausa perché gli duole soffrire.

-Non mi ami anche tu? Puoi dirmelo eh, che non mi ami.- ora si vergogna delle sue parole, preferirebbe non sputarle. Tuttavia, non sono frettolose o arronzate: sono studiate, sono sollecitate dallo stringerci le mani e la catarsi insulsa, quest'attesa per un responso, lo stanno progressivamente avvilendo, sfasciando. Vuole mettersi da parte, dirmi che mi amerà perché non si senta lo stia facendo. Me lo dice, adesso, io cerco di toccarlo come se fosse l'ultima volta.

I miei muscoli sono intrisi di malignità, gli organi paiono smettere di produrre la pestilenza che aleggia in essi. Mi guarderei allo specchio solamente per ammettermi bastarda ancora una volta, mentre con i gesti, i suoi modi straordinari, tenta di raccontarmi che ci amerà entrambi.

-Tu non --- Jacopo.- esplode la fragranza di distruzione in me. Quello che produce non è affrancatore, piuttosto sconfortante e strapieno di merda. Percepisco sulle mie spalle un peso non esatto, mi sto caricando di arduo male. Cerca di osservarmi, gli muore il cuore. Si sta ripetendo che non è una novità non essere desiderati, anche i genitori non ce l'hanno fatta, con lui. Si incolpa e la parte peggiore si insidia nel mio massaggiargli i capelli dimostrandogli ciò che sta per avvenire. Sono attimi e sappiamo cosa accadrà.

Oh, tell me something I don't already know.

-Non importa, Cele. Non devi amarmi per forza. Sono io che necessito di abbracciarti, di sognarti e di dimostrarti languidamente il mio amore. Ma puoi fingere che io non lo faccia, puoi soltanto tenermi accanto esattamente come fino ad ora. Fingi e non importerà davvero che io abbia così tanto bisogno di te.- si sta piegando per me. Si umilia perché non vuole che io gli manchi, che io lo lasci. Ma come posso lasciarti, Jacopo? Sei il mio fiore, come posso ferirti?

È la supposizione di doverlo guardare camminare lontano da me che mi attanaglia, mi scandaglia e mi getta nei cassonetti dietro l'angolo. In questo prato vuoto, con le giostrine vecchie e rovinate, sto scegliendo se spegnermi o far spegnere lui. È che sono egoista. Non voglio che lui passi, non voglio che lui non ci sia. Non voglio che adesso è andato via.

Mi sta chiedendo solo amore, mi prega di tirarlo fuori dal fondo, ma scegliere da donna non è facile. Altro che bramarlo, spingiamolo via finché ne abbiamo la possibilità. Le gambe vacillano, traballano, faccio fatica a buttar fuori i miei pensieri. Non riesco ad osservarlo spezzarsi ai miei odiosi atteggiamenti, da amante incallito. La nausea mi perseguita, corrode le mie cellule e si infila in gola, premendo perché io rigetti i miei drammi, perché io scelga in fretta e mi getti un cesso bianco.

Brooklyn saw me, empty avenues, there's no water inside this swimming pool.

Sono egoista. Io sono egoista. Ma come posso esserlo con questo fiore meraviglioso? -Tu non mi ami, Jacopo. Pensi di farlo, ti autoconvinci. Io sono una delle ragazze con cui sei stato e sarai, non valgo davvero così  e ho soltanto condiviso con te qualche momento di pace, cosa c'è da amare?- è il modo in cui permetto che esca, a devastarci. È fugace, sboccato, privo di emotività. Non c'è delusione, nei miei occhi. Non c'è affetto per lui, né la mia vera devozione nei suoi confronti. Non ci sono le belle esperienze, i ricordi, i nostri sentimenti: mi sforzo affinché non ci siano e lui li cerca sconsolatamente. Crede di riuscire a scorgerli dietro la maschera di indifferenza che ho alzato davanti al mio volto pallido.

Sorride, mi sembra folle. Mi sembra innamorato. E piange, si mortifica ancora e lo fa perché vuole che io mi senta per sempre a casa con lui. Lui sa, e questo mi disintegra di più. Ancora di più! Non guardarmi così, fiore meraviglioso. Come mi stai guardando? Scaccia la tristezza e fai quel che sai.

Almost over, that's enough from you.
I've been praying, I never did before.

-Non parlare in questo modo di te, Cele --- non mi piace. Tu sei bellissima. Hai un gran cuore, vuoi bene a chi hai attorno. Tu --- tu lo dici perché vuoi che io stia bene. Ma sto bene, mi basta essere con te.- non cede, deglutisce ed appoggia con gratitudine nascosta il capo sulle mie gambe. Ti  prego, fai quel che sai e lo mando via duramente, calciando ed alzandomi in piedi. Mordo le mie guance, piango internamente. Ma niente, ancora nessuna liberazione e prevedo di stare sciogliendomi dinanzi ai suoi occhi insalubri.

-Jacopo.-

-Ma perché non ti sta bene che qualcuno tenga a te? Io ti amo, non ti piace? Allora, non pensarci.- strilla. Diveniamo due pazzi che urlano in un cortile abbandonato, guardati dai poveri passanti che ci ritrovano sulla loro strada andata.

Understand I'm talking to the walls and I've been praying ever since New York.

-Mi viene difficile se me lo ripeti con tanta insistenza. Abbiamo solo diciassette anni, Jacopo.- gli espongo fredda, distaccata. Non concedo che annulli di poco la distanza fra i nostri corpi e noto come la sua aura si disponga insaziabile sul terriccio nel vago rincorrere l'orgoglio. Lo sto demolendo e ne sono consapevole. Gli sto ripetendo di badare a lui, che è stata solo pace.

-Smettila,- mi avverte, ma ha abbassato il tono. È cedevole, si preclude di cadere per un misero pezzetto di dignità rimanente, ma è finita. Non risponde, è illuso, sognatore d'improvviso.

-Stai sciupando una parola.-

-Cosa ti costa non umiliarmi?-

-È che se provassi affetto vero, non mi costerebbe tanto. Ma adesso penso di potermelo permettere.- e poof, Jacopo è in frantumi, sfracellato, disintegrato, calpestato e disilluso sotto le mie vans. Si è fidato e l'ho fatto sgretolare nelle mie mani mentre si regalava pari ad argilla, ma come posso?

Cerca di agguantare quel poco di fedele che sarebbe in grado di trapelare dalla mia umanità: lo ripago con apatia, finto divertimento che scambia come presa in giro.

Non dice nulla, recupera la sua dignità o quel che ne rimane e sposta gli occhi ovunque non sia io. Lo prego, in silenzio, di pronunciarmi una parola d'odio. Dimmi qualcosa, ti prego. Dimmi qualcosa. Non andartene via.

-Il punto non è che non mi vuoi.- e riprende i guanti dalla tasca, giocandoci nervosamente. -Il punto è che tu fai così. Prendi le persone, le usi, ci giochi, ti ci affezioni pure, ma appena loro si affezionano a te e te ne accorgi le butti via. Sei davvero infelice, Celeste, per non accettare il mio amore.-

Rialzo permanentemente la mia maschera e, seccamente, schioccando la lingua al palato, -Amore.- rido. Mi ripropongo una risata ghiacciata, priva di umorismo, una di quelle risate che ti fanno odiare un individuo.

E lo fa, il suo amore tramuta in odio e lo dice, ammazzandomi inconsciamente. -Sei davvero una puttana, Ce'. Anzi, una puttana ha più compassione di te.- mi butta contro i suoi guanti, urla e le vene pulsano lungo il suo collo. Le amate lentiggini si stringono e la sua bocca mi rende sola. Mi augura di restarmene in solitudine quanto mi pare perché nessuno potrebbe affezionarsi a me. I suoi occhi sono stati trascinati sul fondo dalle mie azioni e non mi concede di guardarli con interesse per beccarci i pensieri non rivelati. -Sei spenta, Ce'. Sei una persona di merda e se potessi tornare indietro, col cazzo che ti verrei a parlare. Mi fai proprio schifo.-

Ed ora, è corso via.

Ora, che potrei piangere, lui se ne sta andando e nemmeno si volta.

Le braccia toccano freneticamente, in un gelido avanti ed indietro, i suoi fianchi. Ha l'andatura eretta, non misera. Appare un uomo che ha appena scelto. Scappa via da me e io sono argilla a terra.

Ho le gambe stese, la schiena all'altalena ed adesso --- adesso!, che potrei piangere e buttarmi addosso per davvero tutta la mia merda da non egoista, sono svuotata.

Sono una ragazza intristita, sfasciata in un giardinetto, e non ci sono lacrime. Ma senza liberazione. Non ci sono lacrime e porto dentro solamente la solitudine.

Adesso che posso piangere, non ho niente da donare ché se l'è portato lui.

Sono sul fondo accanto al suo sguardo ed il fondo fa proprio schifo.

Qui, proprio ora, che sono devastata e disintegrata, priva di un nucleo, di una forza pulsante ed integra, simboleggiante il mio risporare, potrei stare in silenzio e, invece, mancante anche di egoismo -Stammi bene, amore mio.-

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top