32
"Per fame. Per noia. Pere caso. Perché hai talento. Per vendicarti di qualcuno. Per amore di qualcuno. C'è solo da scegliere."
Mi sposto freneticamente fra un tavolo ed un altro, imponendomi inconsciamente di non permettere mai più a me stessa di passare il lavoro del sabato sera alla domenica; per lui, per Jacopo.
Tengo il respiro, nonostante il raffreddore che da stamattina non mi abbandona, e appoggio i vassoi, allungando la mano per ricevere la paga e tutto si ripete in un circolo fisso e continuo, senza imposizioni, soltanto perché è prassi.
I tavoli sono pieni, le persone si attengono ad un climax rumoroso e il frugale bisogno di zittirsi neppure li sfiora.
C'è chi chiede altro vino, chi lo esige e, al col tempo, spiaccica tra i commensali battute di dubbio gusto. C'è chi, come ogni fine settimana, gioca amorevolmente a carte -- Giggino sta giusto contandole, consapevole di averne perse alcune -- e chi si rintana nel fracasso per tralasciare la leggiadria di una solitudine scomoda.
C'è persino Matilde, stasera. Mi ha pregata di starmene seduta con lei finché le andasse. Mi ha raccontato quanto si vede cambiata, quando è successo e -È l'amore!, ragazza. Questo cavolo di amore ci fotte tutti.-
-Come si chiama?-
-Pao Pao.-
-È cinese?-
-Ma no!- e ci ha riso anche su, fissandomi intenerita e muovendo il polso circolarmente, mentre la mano le copriva la bocca nella furiosa risata, -È un libro.-
-Si è innamorata di un libro?- ho anche preteso che mi desse una risposta tangibile, non sciocca o misera. E lei continuava a ridere, tenendosi -- nel movimento allegorico -- anche la pancia e scuotendo la testa. Fa sempre in modo si smuovano i capelli, quando la scuote. Sta attenta perché debba, poi, aggiustare la ciocca ribelle.
-Ci stiamo conoscendo.- lo confida come se fosse un segreto di stato. Si avvicina, intatta e trascurata, parando il palmo davanti al movimento delle labbra affinché altri non la sentissero ed ha persistito nella stravagante risata accesa, battendo la mano sul tavolo.
Io, idiota, ho pure cercato di capirci maggiormente. Ho stretto le dita attorno al vassoio, guardandola interrogativa. -Siamo stati anche a letto insieme.-
-Si è ficcata -- il tono risulta effettivamente poco equilibrato e lei riesce a coprirlo con un'altra risata, probabilmente resasi conto della facile allusione sessuale che usciva dalle mie labbra. Io la osservavo, giacere nel divertimento ed aggiustarsi lo striminzito ed accollato abito blu.
-Ma ti pare!, l'ho solo posto nella federa del cuscino.-
-Sarà stato scomodo.-
-Ci puoi giurare. È come il sesso, la prima volta fa male.- adesso unisce le mani davanti a lei e vi si appoggia con il mento, perdendosi nei pensieri. Si comporta così, quando è con me (anche se suppongo lo faccia sempre). Ti parla, si confida, ti ascolta e si emargina. Le potresti raccontare un segreto inconfessabile e lei non ti presterebbe un briciolo d'attenzione. Vaga nelle appendici della sua intera esistenza e ricerca la nuova buffonata da fare.
La sua vita, ha detto, è una costante giostra di errori ed aromi divertiti. Se non ci fossero i primi, lei non si prostrerebbe all'eudemonismo. Se non si sporgesse per lasciarsi avvolgere dallo stare bene, non cadrebbe negli errori.
-Che ti piace fare, Celeste?-
-Penso mi piaccia studiare, ascoltare la musica e starmene da sola. Perché?-
-Ti senti mai sbagliata?-
-Quale adolescente non si sente sbagliato?-
-Nella mia vita ci sono stati due grandi malintesi ---- neppure mi piace chiamarli erroracci, ragazza. Ho scelto di scrivere e ho provato l'amore.-
-Per quale romanzo?- le dita tracciano il contorno del vassoio ed arrotolo la carta nel mio tatto, lanciando un'occhiata di momentanea attesa a Renato, che col suo sigaro in bocca e le braccia distese lungo i fianchi, martella perché io lavori. Ma sto lavorando e lui lo sa, sto anche cercando un po' di me, nel frattempo.
-Oh, no! Sapessi che bell'uomo che era.- inclina il capo, giocherella col ciondolo al suo collo e si accarezza il viso con l'altra mano. Si deturpa e si ammira, questa donna.
-Davvero?- mi accovaccio, le mani scendono per stringere i polpacci nervosamente e i suoi occhi raggiungono nell'immediato i miei. Il locale produce rumore; è una macchina opprimente di far sentire quello che si sta dicendo, è destinazione per un passare progressivo all'influire sull'altro. C'è chi batte le mani, chi canta canzoni neo melodiche e chi strimpella con la propria chitarra. Vi è anche qualcuno che gradisce rigirarsi fra le mani un bicchiere di vino, pagarlo ed andarsene senza averlo assaggiato -- è chi ha paura che faccia male, questo qualcuno. E non prova, non rischia.
Ed è chi non ha la minima considerazione delle conseguenze quel qualcuno che ne fa troppo uso.
Torno a fissare la bellissima donna davanti a me, che sta ancora assopita e non ha idea di ciò che la sta struggendo. Lei non vi fa conto, lei mi pare pensi a godersi la vita, piuttosto che concentrarsi sulla sua inettitudine.
-No. Era grasso, aveva la barba e non si depilava. Ma per me era bellissimo. Un bel malinteso.- questa risata è secca, aspra, bruciata. Non si sta divertendo, ricorda ciò che preferirebbe dimenticare. E nel farlo, arrotola fra le dita -- prima giocanti col ciondolo -- delle ciocche corte di capelli oggi di un nero pece. Il suo berretto di stoffa le dona, mostrandone la gracilità.
-Che ti ha fatto?-
-Perché supponi sia stato lui?- scatta, io scrollo le spalle assorta. Continuo a tracciare i contorni del vassoio.
-Vanno sempre così queste storie.-
-E, invece, ti dirò. Tra noi ha fatto cilecca il sostanziale movente delle relazioni.- schiocca le dita e ritorna a pensarci.
-Il sesso?-
-La conoscenza.-
-Badava all'aspetto esteriore e --- recito, ma mi blocca, ridendo asciutta e sollevando il palmo all'altezza del mio viso.
-No, non aveva idea che io esistessi.-
-Ti sei innamorata di uno che neppure conoscevi?- quasi le sbraito contro, avversa a tale inconcepibile ipotesi. L'amore non è quello del conoscersi, prendersi dopo tanto e mai dimenticarsi? L'amore non vince tempo e spazio? L'amore non è la più grande boiata della nostra esistenza? -Insomma, l'amore non è quello delle, hm. . - gesticolo in maniera assurda, cerco di spiegarmi, la guardo intimorita e -Sì, sai, quello delle fiabe?-
-Cenerentola si è innamorata ballandoci assieme, Aurora ci ha ballato in un cazzo di bosco e Biancaneve prendeva l'acqua dal pozzo, quando si è presa lo sfarfallinio. Ti pare che io non possa innamorarmi di una persona che non conosco?- accavalla le gambe e si aggiusta la collanina che le ricade sui seni, tornando un attimo dopo a guardarmi, -E poi lo conoscevo. Ero disoccupata, al tempo. Mi davo alla scrittura di quelli che mi passavano davanti e lui, Giorgio, lavorava come cameriere in un bar in centro ed era costantemente sudato. Ogni tanto inciampava e rovesciava i gelati addosso ai turisti, sapessi che portamento!-
-Come sei finita ad invaghirti?- potrei essere curiosa.
-L'ho osservato.-
-Ma, --
-Non ti fidi?-
-Sì, ma --
-L'amore funziona così. Non conoscerai mai una persona per quello che ti dirà, ma per quello che ti lascerà guardare. Avrei scommesso fosse sposato dal primo attimo.-
-È stato questo il malinteso?-
-Ti assicuro di no.-
-Ed allora?- mi spingo per saperne di più, posseduta dalla voglia di conoscere questa donna. Ma non mi occorre ciò che le sue labbra sottili rilasceranno da qui a poco, so dal vuoto che trapela dal suo sguardo che il malinteso è stato tutt'altro.
-Ho lasciato perdere.-
-E la scrittura?-
-Mi ha permesso di stare bene mentre lasciavo perdere.- sbigottita, non biascico parola. Inerme, la sprono a raccontarmi di più, sebbene mi importi soltanto di sapere come ce l'ha fatta a camminare, dopo l'essersi incolpata di ogni avvenire.
Renato, però, mi richiama con insistenza e mi alzo, con rapidità, sprigionando il sorriso più sincero che posseggo e accarezzandole il braccio scoperto, mentre solleva il capo a sinistra, nella mia direzione.
Sorride alla ragazzina in felpa larga ed un vassoio fra le mani piccole e -Stammi bene.-
-Immagino di sì.-
-Non lasciar perdere.-
-Cosa?-
-Tutto. In dieci vite potresti far dieci esistenze diverse, ma non saprai mai quante altre ne avrai.-
-E?-
-Tu non lasciar perdere.-
-La felicità?-
-La vita.-
-Ho solo diciassette anni.-
-Non è una buona motivazione per non viverla.-
-Ma sto vivendo.-
-Io giurerei di vederla correre sul bancone.- sorride -Ciao, Celeste.- e torna a disperdersi nella sua acqua, coccolandosi beatamente.
Faccio un cenno che non nota e rimugino su quello che mi ha detto. Si ripete insalubre nelle mie meningi e non smetto di rammaricarmi, anche raccogliendo le carte che Franco ha fatto cadere.
-Sei proprio un fesso.- lo sgrida Giggino ed io mi sento allo stesso modo.
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La serata, per me, termina a mezzanotte inoltrata, quando Renato viene mosso a compassione dalla sua compagnia incinta e decide che posso tornare a casa perché domani ho scuola.
-Quale generosità.-
-Non vorrei si incazzi, il dottore ha detto che è una femmina.- mi ha sussurrato all'orecchio, distaccandosi dalla presa della donna magra e accennata alla gravidanza. Tiene ben salda una mano sulla pancia e sorride inebetita tutto il dannato tempo, perdonando chiunque la sfiori.
-E quindi?- sussurro anche io, accanto alla porta che conduce all'uscita retrostante.
-Se si incazza, rischio che la bambina venga fuori più schizzata della madre.- rido, liberandomi dalla sua presa amichevole e salutando Alessandra che si trova dietro al bancone. Claudia non è nella mia visuale, quindi le invio un messaggio per informarla della mia ritirata.
L'aria di dicembre questa sera si fa sentire particolarmente e rabbrividisco non appena metto piede fuori. Lo stomaco è in subbuglio ed io non ho toccato cibo.
Un ragazzo è famoso e rinomato poiché, per antonomasia, è influenzabile. Si fa infilare in testa ciò che altri gradiscono e per godimento altrui si spezza gradualmente. Non si tratta di dolore, ma anche di cambiamento inaspettato di prospettiva.
Se sei intenta a lavorare, ad esempio, ed una pazza ti dice di star vedendo la tua vita correre su un cazzo di bancone.
Il problema nemmeno esisterebbe, se io non mi sentissi che questa sia la verità. Che mi perdo i sentimenti migliori, che mi affliggo per ogni allarme negativo e che ogni momento mi sfugge per noncuranza eccessiva. È che mi percepisco incapace anche di rompere un bicchiere di cristallo. Potrei crollare, scendere dal cielo e appiattirmi col cemento, anziché perforarlo con la trasgressione tipica dei ragazzi.
È che un adolescente non dovrebbe concedersi certi flussi interiori, certi elementi psichici che lo demoliscono. Un adolescente dovrebbe provare un cazzo di spinello, possedere gli ormoni a mille per dei semplici preliminari e correre senza rendersene conto.
Quello che è facilmente paragonabile allo bruciare le tappe, altro non è che lo stabilito percorso velocizzato di un esistente che cresce e si crea ed allora il ritmo muta, diventa proprio. Lo bruciare le tappe è altro, è far sì che il dolore che ci si impone a quest'età si cicatrizzi. Sto bruciandole anche io, le tappe, e fino ad ora risultava assai semplicistico parlarne, dandomi per spacciata. È che io sono fatta, certo, ma mi sto sfasciando con le mie mani dimenticando di proposito le sensazioni belle.
L'eudemonismo mi appartiene, d'improvviso, e pervengono i ricordi con Andrea --- le serate a guardare film in bianco e nero (che a me piacciono tanto!) e a mangiare sushi nonostante ci faccia schifo. Le risate con Claudia che mi racconta del suo Jane e che ci prova, a star meglio. I litigi fra i banchi con Roberto e Filippo, i pomeriggi a fissare Maria De Filippi con zia e a farci due risate su Tina Cipollari. Jacopo che mi ha travolta e fatta Celeste ed io mica me ne sono resa conto!, io spendo il tempo a disgustarmi e a far di me il fantasma della mia ombra. Mamma che provava a conquistarsi il mio affetto portandomi i miei fiori preferiti e papà che mi invia lettere che spudoratamente rimando indietro con un Vaffanculo al di sopra. Io che ora mi accorgo di avere le carte in regola per la beffarda felicità e per farmelo notare ci è voluta una donna strampalata che fa ritratti scritti delle persone!
Quindi cammino incerta, do una carezza o due a Ranuncolo e riorganizzo il mio cervello.
Un po' saltello e non mi guardo attorno, avviandomi verso la mia bici col desiderio di conoscere un prete e farmi dare qualche consiglio sulla religione.
Ma -Che cazzo ti prende?- perdo nettamente l'equilibrio e mi aggrappo al manubrio della mia bici, respirando affannosamente.
Poi, metto a fuoco la figura alta e snella, riconoscendo ed assorbendo la voce roca. Lui si avvicina, ridendo confuso e mi dà la mano, per rimettermi in piedi come si deve.
Mantengo il respiro trascurato, stringo le dita al petto e -Brutto coglione!, mi hai spaventata!- schiaffeggiandolo sonoramente sulla spalla e poi sulle braccia.
In una serata parzialmente nuvolosa, nella quale la luna è restia farsi ammirare, in un silenzio ipocrita, echeggiano le nostre risate e non badiamo al contegno o alla prassi, lamentandoci l'uno dell'altra.
-Okay, non ti sorprenderò mai più di sottecchi, ma smettila di darmi schiaffi.- mi blocca e, insicuri sul da farsi, volto contro volto, corpo contro corpo, occhi negli occhi, ci abbracciamo ansiosi, dondolando da un passo ad un altro.
-Che ci fai qui?- strido nella sua morbida presa, coccolata dal suo delizioso affetto. Ranuncolo miagola ancora e si trascina alle nostre caviglie, imitando i suoni di un gatto affettuoso e non in spudorata ricerca di cibo.
-Sono passato da te e tua zia mi ha detto fossi qui.-
-A che ora?- mi divincolo, aggiustando la giacca pesante che Maddalena mi ha imposto di indossare perché -Se ti ammali, non ti porto dal medico! Fa freddo, Celeste.-
-Penso fossero le otto e mezza.-
-Hai passato qui quattro ore?-
-Sì, ho giocato col vostro gatto grasso.-
-Idiota.-
-Ti voglio bene anche io.- alza gli occhi al cielo, stringendomi per le spalle e dandomi una spinta giocosa.
-Mi stai sfidando?-
-Potrei, o potrei proporti una gara di rutti sul tetto del tuo palazzo.- ci porta, con passi decisi, alla bici, facendomi cenno di salire.
Afferro il telefono, d'istinto, notando siano mezzanotte ed un quarto e che domani ci sia scuola.
-Domani dobbiamo andare --
-Che ti importa di domani?- mi lascia di stucco, basita ed afferra la bici, montando in sella e facendomi segno di salire sulla parte retrostante.
-Con te che guidi? Neanche morta.- sorrido, portando le braccia al petto.
-Allora te la fai a piedi?-
-Vaffanculo, Jacopo.- mi invia un bacio volante ed io aggiusto lo zainetto in spalla prima di darmi una spinta ed abbracciare la schiena del ragazzo che, immediatamente, pedala, portando evidente il vorace impatto con l'aria fredda che ci perfora. Ma noi stiamo ridendo e cantando canzoni assurde per strada, a mezzanotte inoltrata, il freddo è da contorno.
Mi lascio cullare dal bisogno di tenere questo ragazzo per la mano. Simbolicamente e concretamente. Mentre stiamo acquistando per strada della coca cola e mentre saliamo le scale antincendio fino al tetto, spudorati e divertiti.
Percepisco l'insana necessità di tenerlo accanto a me affinché entrambi ci sentiamo meno soli. Jacopo è stata una ventata di buone virtù e non mi pongo il quesito sul mio sentimento crescente nei suoi riguardi.
Voglio tenerlo al mio fianco e non c'è fattore negativo che mi impedirà di fare la sua felicità anche la mia. È così l'affetto, immagino, e sento mio questo sentimento sconsiderato.
-Okay, okay, senti questo!- grida, prendendo un altro sorso di bevanda dalla sua lattina rossa (che stringe con tutto il palmo coperto) e rutta un attimo dopo, riprendendo a ridere con l'intera energia che ha in corpo. In piedi, comincia ad imitare il suono di una folla e saltella entusiasta, facendomi scapocciare dalle risate.
-Non era niente di che.- lo sfido, bevendo un altro po' di coca cola e superando i miei precedenti rumori, scoppiando in una fragorosa risata ancora una volta.
Non ho idea di quanto tempo impieghiamo per terminare le nostre lattine e battibeccare su chi sia il vincitore.
-I tuoi rutti sono da femmina.- contesta, battendosi una mano al petto, seduto accanto a me, -I miei sono dannatamente virili.-
-Le femmine non ruttano!- rimbecco, dandogli uno schiaffo ed avvicinando le gambe al petto.
-Hai il pene e non lo sapevo? E che cazzo, Cele, queste cose vanno dette!- ridiamo nuovamente, sbracciandoci e piegandoci in due, talvolta sommariamente, talvolta rotolando sullo sporco cemento del tetto.
-Io direi potrebbe essere un pareggio.-
-Non esiste che io non vinca contro di te!- diviene falsamente serio, asciugandosi la bocca con la manica della felpa che indossa ed io controllo l'orario. 01:34 ed io desidero starmene qui per così tanto scorrere illegittimo.
-Senti qui!, chi fa il rutto migliore adesso, vince tutto.-
-Cosa vince?-
-La dignità.-
Annuisco, completamente in accordo derisorio. Si prepara, finge di darsi pugni alle clavicole e poi, -Tornerai in camera piangendo.-
Il suono che esce dalla sua bocca batte nettamente i precedenti ed io rido ancora ed ancora, prima di ritornare seria e farne uscire uno più lungo e rumoroso del suo.
È allibito, mi guarda sorpreso e quasi scioccato, mentre mi alzo e grido la mia ovvia vittoria, annunciando che la dignità è mia e di nessun altro. -Chi è la femmina, coglione?-
-Hai barato.- si imbroncia.
-Se vuoi ti insegno come essere maschio.- schiocco l'occhiolino e mi tira giù, provocando altre frastornanti risate.
-Qual è il tuo cantante preferito, Cele?- rimette suono fra i nostri respiri.
-E me lo chiedi ora?-
Mi fa benedettamente al cuore.
-Sì, guarda che non lo so.
-Michael Jackson.-
-E il tuo libro preferito?-
-Suppongo sia Lolita.-
-E il tuo scrittore preferito?-
-Pennac.-
-E la tua canzone preferita?-
-Non ne ho una.-
-Non hai una canzone preferita?-
-No.-
-Tutti hanno una canzone preferita.-
-Io no.-
-Sì, ma tutti ne hanno una.-
-La tua qual è?-
-Non lo so.-
-Invece sì, stronzo. La butto su Nude dei RadioHead.-
-Esatto.- ridacchia, abbracciandomi stesi a terra -Scommetto che una di quelle che ti piacciono di più è Numb.-
-Hm, hm.-
-Io le sapevo, le risposte.-
-E perché me le hai chieste?-
-Perché a volte sento di non conoscerti affatto.- tacciamo nell'allegorico rumore di diverse macchine che sfrecciano indisturbate e di un sonno profondo che assedia la città.
-Con Tiziana non rido tanto, Lello ha ragione.-
-Ma lei ti piace.- mi volto, per guardarlo negli occhi. Ma lui devia lo sguardo color cacca di cane.
-Suppongo di sì.-
-Lolita non è davvero il mio libro preferito.-
-Lo so, è Il ritratto di Dorian Gray. Ma ti piace dire che sia Lolita, è meno difficile da spiegare.-
-A te piace disegnare.-
-So che Lello te li ha fatti vedere,-
-Piccolo stronzo.- sorridiamo, fissandoci. Sento il suo respiro caldo sul viso, mentre faccio disperatamente l'amore con gli occhi color cacca di cane di questo ragazzo.
-A te piace ballare quando pensi nessuno ti veda, mettere in disordine asimmetricamente la tua camera, rispettare i margini delle mattonelle quando cammini e ridere a bocca aperta.-
-A te piace nasconderti.-
Tacciamo.
-Eppure ti conosco, Cele.-
-Hm?- non assorbo completamente la sua frase e mi avvicino di più per comprenderlo.
-Non serve che tu me le dica, le cose, perché io le impari. Io ti conosco perché vivo con te e non penso di poter conoscere alcuno meglio di te.-
-Domani è l'ultimo giorno.-
-O il primo.- suggerisce.
-Sì,-
Naso contro naso, mi perdo nell'immensità del suo sguardo ed ho l'inesauribile ed inspiegabile istinto di baciare le sue labbra corrucciate.
Ci stiamo costruendo ed io sento qualcosa che non capisco, eppure voglio baciarlo.
-Penso dovremmo andare a dormire.- sussurra.
-Suppongo di sì.- e ci alziamo.
N/A: alzi la mano chi fra non molto manda a fanculo wattpad. Nessuno? Io ho appena finito. Questo capitolo è pronto da ieri sera alle dieci meno un quarto. MA NO, WATTPAD LO HA MOLTIPLICATO IN DICIOTTO ALTRE BOZZE E OGNI VOLTA CHE ESCO DALLA PAGINA NE VENGONO ALTRE CINQUE. Quindi ho giocato all'indovinello della bozza.
UH, siamo alla fine del mese e la domanda di questo dì schifoso è: quale di questi stronzi sentite più vostro e quale sua caratteristica vi piace di più?
Matilde, la fantasia. E sì, Andrea, la perseveranza.
CIAO CIAO
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