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"La sanità mentale è un'imperfezione."

Lasciata casa di Andrea, che potevano essere le cinque, ho cominciato a studiare per le interrogazioni di domani, chinata sul tavolino della cucina, il telefono poco distante con la connessione dati spenta, e il vocabolario a portata di mano.

Saranno le sei e mezza che zia entra in cucina, lamentandosi per i dolori alla schiena, prima di -Celeste, vieni con me a fare la spesa?- allunga davanti a sé le braccia, emettendo dei lamenti gutturali -Non ce la faccio a portare le buste.-

Alzo la testa da letteratura inglese ed annuisco, chiudendo il testo davanti a me, e posando le penne, sparse sul tavolo, nel porta pastelli azzurro, prima di accantonare uno sopra l'altro i libri di scuola e andare a darmi una rinfrescata in bagno, portando con me il cellulare. 

Intanto, zia Maddalena ammette a se stessa che è il sano momento di andare a farsi vedere da un dannato fisioterapista perché le sta venendo la gobba.

-È il lavoro, Santo Iddio.- continua a parlottare, avviandosi verso il piccolo sgabuzzino per prendere un paio di scarpe comode proprio mentre io sto alzando i miei capelli ed entrando nel piccolo e chiaro bagno.

Giro la manopola del rubinetto e do una sciacquata al viso con l'acqua fredda e che dà all'odore di cloro.

-Nemmeno dell'acqua decente, in questo comune del cazzo.- sibilo, prendendo l'asciugamano giallo per asciugare il volto e lo ripongo sull'appendiabiti disordinatamente.

Tiro su le maniche della felpa e mi chiudo nel bagno, accendendo lo scaldino e il wi fii sul telefono per dare un'occhiata alle notifiche, come mio solito.

Mi sto annoiando. È il primo tra i messaggi che scorgo e sorrido istintivamente, sedendomi sul gabinetto ed stendendo le gambe fino alla lavatrice di fronte a me, solo per sgranchirmi un po'.

Vuoi venire con me a fare la spesa? È puramente ironico ed invio, ridendo sotto i baffi e sapendo che intuirà lo scherzo e fingerà di averlo preso con serietà.

Intanto, do uno sguardo alle restanti notifiche whats app e poi facebook, ignorando le richieste di amicizia ed i soliti messaggi sul gruppo classe riguardanti le analisi di italiano e le versione da passarsi.

So che sei ironica, ma mi sto annoiando Cele. Quindi, fra quanto scendo?

C'è anche mia zia, Jacopo.

Tua zia mi sta simpatica.

Non la conosci. Rido, scuotendo la testa ed alzandomi dalla mia posizione, per lavare i denti e spazzolare i capelli davanti allo specchio, da consuetudine. 

Il telefono vibra dal ripiano in marmo alla finestra su cui l'ho posato e lo ignoro, mentre cerco di aggiustare la folta chioma di indisciplinati capelli neri.

Poi, la vibrazione prende ad intensificarsi e so che è una chiamata, quindi mi avvicino con ancora i capelli nella mano destra e rispondo, alzando gli occhi al cielo e mettendo il vivavoce, infastidita.

-Cosa.-

-Ohh, io mi sto annoiando.- voce totalmente infantile e delicata, probabilmente si starà sedendo annoiato e starà giocando coi pollici, che lui mette sempre il telefono lontano da lui, quando parla. È una delle tante ossessioni di quel ragazzo strampalato.

-Te l'ho detto, puoi venire.- cerco di farmi una coda decente senza che ci siano troppi capelli a sporgere.

-In realtà, non me lo hai detto propriamente.- il tono si piega al sarcastico e sarà sicuramente in piedi, ora, intento al cercare il suo dannato giubbotto che lo perde spesso, nella sua camera, dice talvolta. 

-Puoi, te lo sto dicendo ora.- incastro la lingua fra i denti mentre le mani armeggiano nello stringere con l'elastico la chioma, col telefono appostato sul ripiano davanti allo specchio, tra spazzole varie.

-Non trovo il giubbotto.- e lo sapevo, Jacopo. Sento dei rumori provenire dall'altro capo e ridacchio per l'assurdo indovinare che ci caratterizza.

Poi, che sembra ritornare mentalmente affannato alla conversazione, sbotta -Ma tua zia,-

-No, glielo dico appena esco dal bagno.- il timbro piuttosto infastidito dal non riuscire a tener ordinati i capelli, e lui -Che c'è, la coda non ti riesce?-

-Fra cinque minuti giù, stronzo, non ti aspetto.- attacco ridendo e lo ascolto appena lamentarsi per il giubbotto che lo schermo del telefono torna al suo solito sfondo.

Esco dal bagno, una volta che i capelli sembrano essere presentabili, ed infilo i miei stivaletti neri, tirando su la cerniera e dondolando in cerca di zia.

-Celeste,- la sua figura pronta e giovanile compare dalla camera da letto, con borsa sotto il braccio e chiavi della sua Panda fra le dita della mano sinistra, sorridendo assente, come suo tipico.

Questa donna ha abbastanza da dare che le sembra di non essere in grado ed è propriamente bislacco da dire, data la personalità sicura che pare caratterizzarla.

Sta sempre eretta, zia Maddalena, anche se dice che c'avrà la gobba, lei non si può smorzare facilmente nella postura, perché è fatta che deve riuscirci a star dritta, è fatta in questa maniera.

-Hai chiamato il dottore?- le chiedo d'improvviso, che stiamo scendendo per le scale e fa strisciare per terra le sue buste per la spesa ecologiche, troppo impegnata a cercare il cellulare nella borsa.

-Non ho il tempo di andare dal dottore.- si lamenta, aggiustandosi sul naso gli occhiali da riposo che indossa talvolta.

Lascio stare, perché zia Maddalena, col tempo, si è fatta irremovibile e non le dici cosa fare -- non più,  poiché farà quel che si è messa in testa.

Donna incantevole, zia Maddalena, non smetterò mai di ripropormelo, così magari mi fingerò seriamente più attenta alla sua cedevolezza.

Apre la Panda grigia e posa la borsa sul sedile posteriore, come da prassi e sale, agganciando la cintura immediatamente, pronta per mettere in moto.

Io salgo sul sedile anteriore accanto al suo e -Sta venendo anche Jacopo.-

Lei si aggiusta i capelli ordinati e si volta per scrutarmi per bene, con gli occhi spietati alla sincerità -Quel ragazzo della casa famiglia?- la voce va alla disapprovazione totale, perché zia Maddalena è come me, se non conosce, mica prova a capirlo come molti. A lei si inclina la voce in perseverante contrastare e le guance si arrossano di alterigia completa, senza che tu possa interferire sul suo giudizio infondato.

Stringe le mani al volante, dopo aver inserito nel quadro il volante, e -Sai che non apprezzo certe tue compagnie.-

-Non apprezzavi anche Andrea, perché ti avevo detto da subito che fosse gay e invece-

-Andrea ha una famiglia alle spalle.- passa al contrattacco e si lecca le labbra, mettendo in moto, e facendo retromarcia con la dovuta attenzione, ruotando il busto.

-Nemmeno io ho una vera famiglia alle spalle. Tu conoscilo, se poi non ti piace, non lo rivedrò piú in tua presenza.-  lei pare un po' stordita, io aggiungo -E poi presti una volta settimana la farina a Stefano, cosa non conosci di quella casa?-

-Sono a conoscenza della gentilezza ed educazione di quei due fratelli, ma della restante parte, figli di alcolisti e drogati, ho i miei dubbi.-

-Io sono figlia di una prostituta, non te lo ricordi?- si rimangia il suo precedente discorso e sta attenta a non piegarsi neanche un po' dinanzi al mio tono ricco di freddura e tristezza, seppur piatto -Ora sta arrivando, i tuoi pregiudizi, tieniteli per te.- noto con la coda dell'occhio il ragazzo dal buffo cappello ed il giubbotto scuro, dalla camminata flebile, che raggiunge l'auto e si affaccia dal finestrino, aspettando un cenno per entrare.

-Buonasera,- fa educato e sorridente, una volta che sale e cerca di mettere distanza fra lui e la borsa di zia, richiamando un suo deglutire ed un mio te l'avevo detto.

Sento che posa le mani ai lati del mio sedile e si sporge, un poco di sostegno, in fondo, anche lui, lo cerca. Ha la mano sinistra più nascosta della destra e sta attento che non tremi troppo, mentre zia è concentrata alla guida nel traffico.

-Quindi, tu sei il famoso Jacopo?- adulatrice e pure falsa, ma non creda che il ragazzo dalle lentiggini accentuate non se ne sia resa conto, è solo troppo gentile per farglielo notare.

-Dipende da cosa ha sentito sul mio conto,- sorride sconsiderato ed io rido, -Solo cose brutte,-

-Cavolo.- finge di essere addolorato, stringendo i polpastrelli della destra al sedile. Zia è percossa da un sorriso sincero che sforza di non darmi la soddisfazione di vedere, mentre parcheggia nell'affollato spazio dietro la Coop.

-Invece, ti sorprenderai, Celeste parla poco di te, ma so che fai trucchi di magia.- oa sa che Jacopo è solo cortese e si sforza di fargli sentire quell'imprecisione che non c'è piú, ma che lei sta alzando, come un bel muro solido, solamente per mettermi a posto. 

Ma no, no che non gliela do vinta -Anche che mi aiuta in matematica e che ti piace l'arte, ricordi, zia?- lei annuisce, scendendo dall'auto ed afferrando come solito la borsa, prima di farlo. Si avvia a prendere il carrello sui suoi mocassini, lasciando a me il compito di chiudere la sua vecchia Panda.

Jacopo scende silenzioso dalla macchina, che io la sto chiudendo, ed abbassa la testa nello scalda collo nero, con le mani nelle tasche -Ha i pregiudizi a spingerle nel culo, lasciala stare.- dico, posando  le chiavi in tasca e camminando; noto, poco dopo, che lui nemmeno mi ha risposto, sta solo fermo vicino alla macchina, come se ne avesse abbastanza.

Sospiro, avvicinandomi. Che se fossimo tutti più attenti a quel che diciamo, non farebbe poi tanto male come se i sentimenti ti trapassano le viscere -- quelli negativi, intendiamoci.

Lo afferro per il braccio, alzandogli il volto, con poca delicatezza e -Io so che tu non hai che fare con certe cose, lei è solo contrariata col mondo. Pensavo fossimo d'accordo sul fatto di non dar retta agli altri.- mezzo chiedo, mezzo impongo.

-Cosa le ho fatto?- ha la voce fasulla, vorrebbe piangere, cosa che non è da lui, ma sta in piedi, con le mani nelle tasche, ad aspettare di non essere visto per farlo: per buttare giù. Che tra il guerriero e la donzella smarrita, lui preferisce essere l'aiutante buttato lì, senza né capo né coda nella storia, solo perché in questo modo potrebbe avere il suo adorato rumore fatto a misura.

-Senti, io lo so che è brutto quando le persone ti trattano come se non meritassi la loro parola, ma so anche che tu sei abbastanza faccia di cazzo a fottertene, no?- annuisce, so che lo fa, perché poi mi abbraccia. -Le persone sono fatte a modo proprio, capirle è più idiota di esserne indifferente. Lei ha solo troppo poco a cui pensare, Jacopo.-

E non è minimamente paragonabile a quando stringo a me Andrea, è più forte. È nostro, e solo nostro. È quel ricambiare senza che sia troppo stretto, senza che lo si noti, che ci stiamo abbracciando, mentre porta il mento sulla mia spalla e fa una pernacchia, facendomi ridere.

Io ricambio, fino a che non ci allontaniamo ed io lo prendo sottobraccio, continuando l'assurda battaglia di pernacchie più frivole.

-Potrei farti vincere,- constata.

-Oh, davvero?- sfido, mentre entriamo nel supermercato, a pochi passi da zia -E poi?-

-E poi godrei guardandoti pavoneggiare la tua stupida vittoria.- scherno, sento solo quello e non delusione, non altro. A volte è così, viene e passa, fortunatamente. O forse no, perché lo covi e lo tieni lì, in maniera codarda che ti sta bene.

Che poi, a tutti viene da condannare chi, come zia Maddalena, permette ai pregiudizi di prosciugarle la bontà e la gentilezza, tutto quello che le è stato insegnato, ma io, e sì ! Sì che sfiderei chiunque che non si consuma, anche solo un pochino, per un commento senza sapere.

Dice bene Andrea, che se ci sprecassimo per non ferire, il mondo sarebbe un posto fatto di auto senza carburante.

Eppure, se fosse bella la vita, ora zia starebbe qui a scusarsi, nonostante le persone a correrle attorno. Se la vita avesse un minimo desiderio di essere amabile, ora staremmo parlando del perché Jacopo ha scelto lo scientifico, che io già lo so, ma lei vorrebbe saperlo, perché so anche che vorrebbe.

Ma ci perderebbe la faccia, un po' della sua custodita dignità fervente di fare del male. Perché la verità è che la vita fa schifo -- no, non schifo, ma fa che non sia totalmente gradevole da essere vissuta. La verità è che siamo a due metri da zia che pronuncia a tono spontaneo -- certamente non lo è, ma finge, ciò che vorrebbe che prendessimo per lei.

La verità è che Jacopo mostra la sua bella maschera fatta dal passarci su nonostante il resto e persiste nel raccontarmi battute scomode alle quali gli dico di starsene zitto. E lui, lui ride e ogni tanto controlla le notifiche sul suo cellulare e -Da quando si è rotto lo schermo?- ghigno.

-L'altro giorno, stava cadere nel cesso, l'ho avuta buona, sai!- scuoto la testa, dandogli una spinta scherzosa e divertita, che zia ci dice di prendere i biscotti per la colazione.

-Questo supermercato è enorme.- accentua, ovviamente, l'ultima parola, ridendo di sottecchi.

-Fammi indovinare,- alzo una mano verso di lui, mentre proseguiamo nel supermercato in cerca della sezione per i dolci -come il tuo cazzo?-

-Volevo dire come il mio cervello, ma sono lusingato.- scoppiamo a ridere fra le corsie, attirando a noi diverse occhiatacce. Poi, lo guardo che sposta la sua figura da fianco a me, per avvinarci a zia Maddalena che a fatica porta il carrello con l'acqua.

-Posso aiutarla?- sorride educatamente, afferrando con le mani la parte in plastica del carrello e la donna dà alla sorpresa, che annuisce, abbozzando ad eliminare la troppa distanza, prima un metro, poi qualcosa in più, mentre Jacopo mi riaffianca e mi racconta altre delle sue freddure.

-Due preservativi devono andare ad una festa,- urla eccessivamente e più persone si voltano nella nostra direzione; mi passo una mano sugli occhi per la vergogna, trattenendo, con lui, le stupide risate -Ed uno dice ad un altro: "Perché non vieni?", e l'altro: "Perché non ho un cazzo da mettere".- se la ride tutto contento della sua pessima battuta ed io cerco di non dar lui soddisfazione, perché questa un po' mi ha fatto ridere. Persino zia Maddalena se ne sta dietro a dare postumi di una risata accattivata, una di quelle che diresti che non l'ha fatta per gentilezza, tutt'altro.

-Io vado nella corsia per l'igiene, cerca questi biscotti,- suggerisce, tranquilla, aggiustandosi la borsa sotto il braccio e procede a passo svelto verso la corsia in fondo al supermercato.

Io e Jacopo continuiamo a cercare la giusta corsi che mi lamento eccessivamente -Sono stanca di camminare.- aggiungo, come una bambina.

-Bene, vediamo di farci cacciare da questo posto e salta su, dai.- indica con un cenno di occhi il carrello già pieno di alimentari vari e le confezione d'acqua.

C'è quell'allarme, quello che sta fermo qui a dirti che non dovresti farlo perché ci sono delle conseguenze anche se appare divertente nell'istante in cui viene proposto, ma -Ci sto, cazzo.- faccio un balzo e sono seduta sulle confezioni di acqua naturale che zia ha comprato mentre Jacopo mi spinge fra una corsia ed un'altra e ridiamo.

-Aspetta! Sono lì i biscotti.- strillo, dopo che superiamo per la quarta volta il lato giusto del supermercato e lui fa marcia indietro, nonostante i commessi ci guardino per ammonirci; sorride con cortesia e ricomincia a correre. 

-Voglio quelli della Milka.-

-Ovviamente che li vuoi, ma c'è l'olio di palma.- constata, interpretandosi pensieroso e con una certa accuratezza per determinate cose. 

-Sei una di quelle persone!- batto le mani, scendendo dal carrello scomodo e ponendomi di fronte a lui, col pacco di biscotti tra le mani, neppure fossi una ladra.

-Esattamente,- arriccia il naso, avvicinandosi ai biscotti della Mulino bianco, -Questi sono meglio,-

-Ci avranno messo altre schifezze, preferisco ingozzarmi di olio di palma.- argomento la mia tesi e vinco a prescindere, senza che lui si opponga troppo.

-Ovviamente che lo vuoi.- sbuffa, posando le sue macine ed io esulto, risedendomi sul carrello mentre mi fa lezione su quanto quelle schifezze mi facciano male e -Poi muori, non vorrei mai.-

-Che carino,- sorrido beffarda e porto le mani al cuore, come per prenderlo in giro.

-Non perché sei in overdose da olio di palma, poi non potrei denunciarti.-

-Anche io ti voglio bene, Jacopo.- ride, che gira per raggiungere zia alla cassa che ci sta guardando più disinvolta.

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