15
"Beninteso, poiché le mie lettere riguardavano la mia vita pubblica, in essa tacevo le gioie solitarie che mi dava la campagna; in compenso mi misi a descrivere a Zazà questa gita collettiva, le sue bellezze, i miei rapimenti.
La piattezza del mio stile sottolineava lamentevolmente l'insincerità delle emozioni. Zazà, nella sua risposta, insinuò maliziosamente che le avevo mandato per sbaglio un compito delle vacanze. Ne piansi. Sentivo ch'ella mi rimproverava qualcosa di più grave che non la goffa pomposità delle mie frasi: mi portavo dappertutto i miei cenci di brava scolara."
-Non sanno di patate, hanno la consistenza di patate. Sicura siano melanzane?- storce il naso, masticando la strana verdura e posa la forchetta del piatto, facendo del lieve rumore.
Annuisco, prendendo un sorso di acqua dal bicchiere e torno a mangiare, osservandolo fare smorfie bislacche solo perché si aspetta che sopraggiunga un pessimo sapore.
Cala del leggero silenzio e poi lo sento fare del rumore con le dita; non un rumore solito, non quello che prende degli attimi, ma quello che si mette in scena per riempire con spontaneità la mancanza di rumore.
Poi, muove le gambe sotto il tavolo e mi accorgo che noto le cose troppo tardi, perché questo ragazzo si muove sempre troppo.
Lo guardo, lui smette di ticchettare le dita ed incomincia a battere i piedi al pavimento, pulendosi la bocca col tovagliolo.
Ingoia e -Il silenzio mi infastidisce.-
E non l'avevo notato, Jacopo. Sorrido, scrollando le spalle e mangio un altro boccone di carne, facendo stridere la sedia sulle mattonelle e mi alzo, per posare il piatto nel lavabo.
Lui fa altrettanto, che ha già finito di mangiucchiare, e mi sorpassa con piatto e bicchiere fra le mani.
L'appartamento si immerge in uno star zitti beffardo, c'è solo la luce che scarsa entra in casa, la tovaglia che viene scossa dal ragazzo dai capelli chiari ed io che afferro la scopa, per dare una ripulita.
Lui dondola avanti ed indietro, quando piega il pezzo di stoffa, e morde il labbro superiore, rendendosi consapevole che non lo stesse facendo bene.
-Lascia stare, faccio io.- appoggio la scopa al tavolo chiaro e mi avvicino, prendendo la tovaglia e la piego, lasciandomi sfuggire uno sbuffo divertito. Jacopo s'è fatto rosso in volto e dondola ancora.
-Sei iperattivo?- sagace, Celeste. Me lo dico mentre la rimetto al suo posto e lui torna a far rumore. Le mie domande possono risultare l'indelicatezza fatta a parole -- ma alle cose, io, mica ci penso.
-Come sei intuitiva.- mi schernisce e si becca il medio, sorridendo buffo e sedendosi sul divanetto in sala. Riprendo la scopa e spazzo, guardandolo giocare con le mani e fischiare per annullare il silenzio che ci circonda ogni volta che ci mettiamo lì fermi a riflettere sulle cose che dovremmo davvero cominciare a fare.
Poi, mi osserva ben bene mentre mi muovo e sistemo la casa, senza affinarmi troppo. Si schiarisce la gola -E tu non sopporti le asimmetrie.-
Annuisco, dandogli corda e appoggio la scopa al tavolo, camminando verso di lui e sedendomi sul divano.
-Anche tu sei molto intuitivo.-
-Sei molto disordinata, ma sempre tenendo allineate le cose ; quelle sedie lì, per esempio, le hai accostate alla stessa lontananza dal tavolo.- faccio per parlare, ma alza la mano coperta dal guanto e l'altra, se la passa fra i capelli -E per far sì che fosse la stessa, le hai tutte fatte più in avanti che potevi : sei sicuramente bizzarra, Celeste.-
Mi mordo il labbro inferiore e trattengo una risata, toccando con la fronte i palmi e lasciando prender piede un lamento per le deduzioni del ragazzo seduto a pochi centimetri da me.
Jacopo smorza una risata e scrolla le spalle, muovendo le gambe, colpendo più volte coi piedi sotto al tavolino del salotto chiaro.
-Lì ci metti sempre una tazza calda?- indica il cerchio opaco sul vetro del vecchio affare in mezzo alla stanza.
-Mia zia. Te l'hanno mai detto che sei inquietante quando ti guardi attorno in questo modo?- gesticolo e lui riporta lo sguardo a me, scrollando, ancora, le spalle. Jacopo le scrolla spesso e pare che gli mancano le parole, quando lo fa.
-È che certe giornate partono troppo superficiali per non mettersi seriamente ad osservarsi intorno. Diresti che siamo tutti fatti per starcene in quello che le giornate ci creano, ma io ti dico di no.-
-Hai capito abbastanza della vita, tu, eh?-
-Probabilmente,- concede -o forse in quelle melanzane c'era una qualche droga ed io ne sono la conseguenza.-
-Sei così sempre, stai cercando solo una scusa per denunciarmi di avvelenamento.-
-Dannazione !- si passa le mani fra i capelli, fingendosi preoccupato, -Ora dovrò trovare un altro piano.-
-O potresti solo smetterla di cercare di denunciarmi. - glielo servo su un piatto d'argento, avvicinandomi appena ed infilando le mani nel tascone della felpa ed assorbo più calore che posso anche dal colletto dell'indumento, sbuffando.
Lui finge di rifletterci, toccandosi con le dita il mento ed accavallando le gambe. Poi, si rivolge ancora a me, sorridendo di più+ ed annullando, anche lui, qualche centimetro -Sarebbe una scorciatoia, mi va davvero di denunciarti.-
-Sei pazzo.-
-Sì, pazzo di te.- imita con la voce un tono seducente e muove in alto ed in basso le sopracciglia, quasi volesse ammiccare.
Gli scoppio a ridere in faccia, lui fa altrettanto dopo un po', piegandosi in due -La tua faccia era un qualcosa, davvero.- gli do una gomitata scherzosa, provando ad imitarlo, con scarso successo.
-C'hai ragione. Guarda qui, potrei lavorare nei film.- si mette in piedi, indurendo i muscoli e lanciandomi occhiatine strambe, mentre dice di voler sfilare.
-Ti mancano gli addominali.-
-Cazzo, li avrò.-
-Dovrai fare attività fisica, . . . Ah, anche andare in palestra.- subito si siede, facendo cenno di no col capo.
-Addio Hollywood, mi mancherai.-
-Sei pigro ed iperattivo, Jacopo, tu sì che sei strano.-
-La mia non è pigrizia, bensì pura ed affabile inerzia.- dice, sdraiandosi sul divano e posando le gambe sulle mie; sorride disinvolto e maschera lo scherzo con altre occhiate ammiccanti.
-Se non hai gli addominali, poco da farci, caro mio.- tolgo le sue gambe dalle mie e mi alzo, avviandomi, nuovamente, verso la cucina, mentre lui sbuffa e bofonchia sulla mia freddezza.
-Date un'opportunità a noi poveri esseri senza tartaruga. Se vuoi me ne tatuo una, proprio qui - indica l'addome col palmo della mano coperta ed alza troppo il volume, gesticolando neppure fosse a teatro -Una bella tartaruga enorme, se vuoi mi tatuo un'intera famiglia.-
Scoppio a ridere, alzando gli occhi al cielo, e lo supero per andare a posare la scopa nello sgabuzzino dietro la cucina, mentre lui parla del dolore che dovrà sopportare.
-Potresti andare semplicemente in palestra.- gli suggerisco, una volta ancora, mentre lo affianco, risiedendomi sul divano e appoggiandomi al palmo della mano.
-Ma così non smonterei il mito degli addominali e la vergine.- si imbroncia ed io rido.
Rido, perché Jacopo è tutto da divertirsi. Jacopo mi fa tanto di cura, Jacopo mi sa di qualcuno da viversi completamente.
Anche nel momento in cui sta in piedi a farneticare sullo smontare uno dei più consoni cliché, Jacopo è da viversi -- e non quel viversi carnale, Jacopo è un'onda che ti investe, pure solo a conoscerlo da poco.
Lascia frammenti, di quello che è, ben nascosti tutti nei suoi monologhi assurdi.
Quel castano con lentiggini ed impertinenza a traboccare, mi sembra uno di quelli che scriverebbe Venite, mangiati solo per ridere su quanti lo darebbero per errore.
Alcune giornate, c'ha ragione quando, a volte, se lo lascia sfuggire, sono fatte per portarti allo smarrimento, altre alla pura superficialità dei fatti apparentemente innocui. Ma nulla lo è, tutto potrebbe esserlo e Jacopo è uno che della vita ha capito abbastanza -- e non perché la conoscenza possa essere definita, ma solo perché se i diciassette o i diciotto anni sono gli unici che possiamo immaginarci, lui pare viverli direttamente, senza disturbarsi a crearsi false aspettative.
-Alla fine,- termina, o così può apparire, il suo vagabondo monologo -siamo a metà strada.-
-Cosa vorresti dire, pardòn?- cerco di divincolarmi, non disinibita come mio solito.
-Addirittura, conosci il francese. Sorprendente, cara.- mi schernisce, inchinandosi ed inciampando nella piega che si è fatta tra il tappeto ed il tavolino; in questo modo sta col culo a terra a ridersela, mentre io sgocciolo di mancanza di controllo, facendomi abbindolare da una risata tutta fatta.
-È il karma. Hai bisogno della carne surgelata, caro?- cerco di formulare il quesito provocatorio provando a far credere che l'esilarare del fatto intero non mi abbia toccata.
-Le tue capacità di prenderti gioco di me sono esimie, davvero.- storce il naso e si massaggia il ginocchio, guardandomi storto.
-Non puoi denunciarmi.-
-Invece, sì. Esigo la pena di morte per questo tappeto e-- non termina la sua esclamazione teatrale che si becca un cuscino dritto in faccia, e poi un altro. Scoppio nuovamente a ridere e lui prova a ricambiare il favore, battendo, però, l'altro ginocchio ad una delle gambe del tavolino.
Rotolo, quasi, giù dal divano per la scena, mentre cerca di rialzarsi senza battere da altre parti e si lamenta per il dolore, -È esilarante, sicuro.-
-È propriamente esilarante.- lo derido, cacciando la lingua.
-Smettila di ridere.- scatta, alzando il medio. Storce il naso e si siede accanto a me.
-Costringimi- linguaccia bella e buona a seguire.
-Costringimi.- prima, mi scimmiotta, poi, mi guarda per qualche attimo, io trattengo altre risa ed aspetto che dica qualcosa che è propriamente alla Jacopo.
Altro non fa che guardarmi tutto attento, infine -Con piacere.- e si butta addosso, prendendo a farmi il solletico tra la pancia e le anche; io cerco di divincolarmi, calciando inutilmente e batto pugni leggeri al suo addome, trascinandolo a terra con me. Ma persiste, non cessa di solleticarmi ogni parte in cui soffro questa misera ed arguta tortura, mentre deve starsi gustando la sua amabile vendetta.
-Questa cosa-- questa è effimera e-- e da codardi-- sì è da codar--codardi !- persiste, senza mollare la presa ed ha le gambe ai lati del mio bacino.
-Io dico che è propriamente equa.- si ferma, gustandosi la scena di me, stesa a terra, tutta piena di rossore in viso e risate nella gola.
Unisce le braccia all'addome, fissandomi con le sopracciglia inarcate e lo sguardo divertito -Ora, secondo i film, abbiamo superato il metro di distanza e quindi il bacio è inevitabile.-
-Ma tu sei senza addominali,-
-E tu per niente vergine, quindi facciamo che bypassiamo questo step.- si alza e mi porge la mano, evito, però, l'aiuto e mi alzo da sola, pulendomi le cosce.
Lo supero, -Vado un attimo in bagno.- so per certo che non se n'è accorto. Lui non se ne accorge, che ferisce; faccio qualche passo piuttosto umiliata, sperando che quando sarò fuori di lì, lui se ne sia andata.
Ma sento afferrarmi per il polso e scatto, voltandomi -Potresti evitare lo step anche della stupida presa al polso, lasciami.-
-Potrei afferrarti la caviglia.- non mi smuovo, lo guardo solamente basita e scocciata -- se c'è un'altra cosa da dirsi, di Jacopo, è che è senza filtri. Questo ragazzo potrebbe parlare per ore, senza badarsi a quanto i sentimenti possano essere feriti.
Abbasso lo sguardo e quando lo riporto a lui, vedo che sorride, lasciando la mia presa. Non è uno dei suoi soliti sorrisi di scherno, o altri di disgusto ; è un sorriso che dà ad un raro pregio, la compassione.
-Non ti ho dato della puttana, Cele.-
-Lo hai fatto.- non che io mi muova. Non che mi sbrighi ad urlargli contro quanto possa essere -- anzi, è, un insensibile ed insolente del cazzo. Non che io, me le senta, tutte queste cose. Fa, incredibilmente e solamente, abbastanza male da non avere la forza di buttar giú qualche serio insulto.
-Non ti ho dato della puttana.- stringe le fessure che ha per occhi, e stringe le guance, struggendosi le mani fra di loro -Non l'ho fatto.- ripete.
Mi limito a starmene zitta, poi, mi giro e cammino verso il bagno.
-Senti, è okay che tu sia incazzata nera.- e parla mentre sto per trascinarmi dentro al cesso, sola, come mio solito, insieme alle mie adorate sigarette. Le avrò buttate da qualche parte, mi dico, dovrò sperare che quel qualche parte sia il bagno chiaro.
-Ma non ti ho dato della puttana. È ovvio, -- cioè, non che avrei dovuto dirlo, ma è ovvio che tu abbia fatto di quelle esperienze. Sei. . . Sei, senza accorgertene, davvero una bella ragazza ed hai l'aria di una che è stata vissuta. Non so come sia l'aria di una che è stata vissuta, ma ricordo che mia sorella mi disse che lo si vedeva, se una ragazza ha perso la verginità.- ha un'apologia ed un alibi di merda, il tono tutto incerto, ma sono lieta di voltarmi e porgli l'unica domanda di cui davvero, adesso, mi importa qualcosa.
-Hai una sorella?- conoscere questo ragazzo che parla e raramente rimpiange, mi lusinga ed attrae di più, che delle semplici scuse buttate lì. Le scuse sono per chi finge di non voler rifare ciò che ha fatto -- ma se non lo avesse fatto, cazzo, non starebbe lì a scusarsi e a mettere alla prova pazienza e bontà, nonché fiducia, di chi gli dona attenzione.
-Già, avevo.- so che non posso spingermi oltre, ma -Hai trovato una spiegazione di merda, al tuo comportamento da schifo. Ma non sta a me, giudicarti. Io non giudico nessuno, sai?- gesticolo, avvicinandomi -Di solito mi limito a dirmi che va bene così, che ad ognuno spetta il suo. Ma, ora, come qualche giorno fa, mi chiedo cosa ti ho fatto per suscitare tanta cattiveria quando parli con me. E non sono una dannata vittima, io, ma davvero, Jacopo, cosa ti ho fatto per arrogarti tutta questa presunzione nel ferirmi?-
Lui se ne sta zitto e si gratta le mani, innervosito, mentre penso stia ascoltando. Io sto presa nel piangere, forse perché i miei ormoni hanno la meglio -- resto una diciassettenne tutta stizzita e sempre -- ma fatto sta che se ne accorge e scrolla le spalle.
-Penso sia un brutto difetto. Tutti hanno brutti difetti.- si siede sul divano, tirando su due dei cuscini caduti. Sto ferma, inerme, completamente assorta da tutte quelle che sono aspettative -Non volevo offenderti, non stavolta. Solo che sei molto più cresciuta di me o di altre che vedo ogni giorno. Cammini in maniera strana, hai delle belle forme e delle belle labbra, hai un fare tutto tuo che mi diverte e sei, ovviamente, desiderabile. Ho dedotto, non volevo farti sentire una puttana.-
Sospiro, asciugando con la manica della felpa beige le lacrime e siedo accanto a lui, ributtando a terra i cuscini.
-Mi ci fanno sentire più spesso di quello che vorrei.- lo confesso -- a volte lo necessito anche io, di buttare tutto fuori. Di esilare tutto quello che rinchiudo dentro, senza scoppiare e travolgere quanto vorrei.
-E credi di esserlo?- la sua domanda, apparentemente retorica, è una di quelle davanti alle quasi stai a fissare il vuoto, incredula e pensierosa.
Che non dice, e lo sei?, non mi para dinanzi un muro dell'oggettivo fasullo, ma un mio credere, volere -- un mio, per prima, non andarmi bene.
-A volte mi ci sento.- sussurro.
-Sai cosa? Puttana è un brutto termine. Tu hai fatto sesso, non per questo diventi una poco di buono. È solo che, vedi, se fossimo più attenti a come etichettiamo le persone, soffriremmo tutti di meno e, forse, sarebbe miseramente meno divertente !- mi fa scappare un sorriso -Non sta a me dirti che se ci pensi, ti rovini solamente. Nessuna ragazza muore vergine, Dio vi ha dato una vagina per un motivo.-
-Sei davvero fine.- mi dà una spallata scherzosa, circondandomi con le sue braccia.
-Meglio essere fine, che bugiardo.- ammicca, ridendo -E poi, sai un'altra cosa? Non credo tu lo sia. Credo tu sia davvero stramba e carina da abbracciare, nonché una stronza presuntuosa. Ma, a discapito di te che già ti imbronci, sei la persona più simpatica che abbia mai incontrato -- sì, in effetti ne ho incontrate poche.-
Lo spingo, allontanandolo, ma mi faccio vivere da un sorriso mio. -Sai cosa, hai ragione, stronzo. Non sono una puttana, ho solo scopato. È che qui si ha la necessità di farsi i cazzi altrui, prima di pensare ai propri.-
-Termine adeguato nel contesto, ti assicuro.- si posa una mano sul cuore, ammiccando ancora.
Poi, stiamo ancora in silenzio. Ci penso un po', a tutto quello che Jacopo sembra dolere per dirmi ogni volta. Lui è tutto strano, me lo concedo, ma è abbastanza vero per dargli ascolto.
-Sai, cosa?- rompe la mancanza di rumore -Se ti fomentassi meno nell'odiarti, staresti meglio.- e c'hai ragione, Jacopo.
HO UN PO' DI COSE DA DIRE
In primis, pardon per il ritardo, non avevo ispirazione.
IN SECONDO LUOGO, C'E' UNA COSA CHE AVREI DOVUTO FARE SETTIMANE FA MA CHE HO DIMENTICATO OGNI VOLTA: ho partecipato ad uno scambio di letture ed ho proprio rimosso dalla testa di dare il meritato premio al vincitore !
@MaurizioZucchi è stato il meritato vincitore e spero passiate a dare un'occhiata alle sue storie, poichè sono tra le migliori di wattpad !
In terzo luogo, se il capitolo vi ha fatto cagare. . . vi do ragione, ma voi siete ancora qui a rovinarvi gli occhi, non dipende da me!
baci e buon cheap thrills day
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