8.
«Devo parlarti.»
Come gelare il sangue di una persona in cinque sillabe.
Alzo lo sguardo dal mattone caotico di filosofia ed esibisco il mio sorriso migliore a mamma, che mi sta guardando con un misto di preoccupazione e rabbia.
«Sto studiando» premetto in mia difesa. Quando mi risponde, mamma è sarcastica.
Brutto, bruttissimo segno.
«Ma dai? Mi pare di capire che nell'ultimo periodo sia diventato così insolito...»
Chiudo il libro di scatto e ruoto la sedia verso di lei, guardandola in tralice.
«Be'? Cos'hai da dirmi?» La sfido, irritata. Lei sospira.
«Levati quel tono, sei nel torto: mi hanno telefonato dalla scuola.»
«Con che diritto? Ho diciotto anni, ormai!» Mi infurio, ma lei finge di non ascoltarmi.
«Quando ho chiesto il perché mi hanno risposto che sei diventata parecchio strana. Hanno parlato di "insubordinazione". Martedì verrò a parlare con la tua professoressa d'inglese.»
Spalanco gli occhi, basita: «'sta stronza!»
«Melissa!» Strilla mamma: ha un tono isterico da film, non suo, quasi quasi mi aspetto che di lì a poco inizi a chiamarmi "signorinella", e la cosa mi fa ridacchiare sotto i baffi.
In risposta, lei tira un colpo al muro, poi mi osserva, dura.
«Io non capisco cosa ti stia succedendo, Melissa. Sei sempre stata una persona studiosa e rispettosa, e ora mi chiamano dicendo che sei "insubordinata".»
«La pianti di mimare quelle cazzo di virgolette con le dita?» sbotto. A quel punto, chiude gli occhi, poi si avvicina a passi pericolosamente ampi.
«Senti Melissa: non so cosa ti stia succedendo, a questo punto non mi interessa, se sei impazzita, pazienza.»
«Tu manco ti ricordi come sia fare la maturità» soffio in mezzo ai denti. Mi osserva, seria.
«Oh, se me la ricordo. La ricordo stressante, va bene, ma avevo studiato, stessa cosa che in teoria hai fatto tu fino a prima della gita o giù di lì. Mi chiedo cosa ti sia successo in Spagna, perché non me ne capacito, non me ne capacito» ripete, come ipnotizzata.
«Mi sarò calata qualche droga strana» la prendo in giro. «Te l'ho detto cos'è successo in Spagna con Ester, ma a quanto pare te lo sei dimenticato.»
«A maggior ragione, non vuoi fare mangiare la polvere a Ester?» Tenta di far leva su una voglia di rivalsa che non esiste.
«Non me ne frega più niente di Ester.»
Si allontana, in silenzio.
«Va bene, Melissa. Sei grande, no? Distruggiti i polmoni, fingi di aprire i libri per darmi un contentino, fatti terra bruciata intorno, non mi interessa. Arrangiati.»
Sospira: la voce le si abbassa sotto il peso di una tristezza improvvisa.
«C'è qualcos'altro, lo so. Sei mia figlia, ti ho fatta, sarò sempre fuori per lavoro, va bene, ma ti conosco. Voglio rispettare la tua privacy, ma permetti che per me sia difficile?»
Valuto se confessarle la verità, ma scaccio quel pensiero in fretta: non ho certo voglia di sentire un'altra morale sulla differenza di età tra me e Andrea o sul futile motivo per cui sto mandando all'aria una brillante carriera scolastica.
«È per Valerio?»
Sussulto: nonostante sia passato tanto tempo trovo ancora insopportabile sentire il nome del mio ex, punta nella certezza di averlo trattato malissimo.
«Non c'entra Valerio» taglio corto. Mamma mi scruta, seria.
«Non c'entra» concorda. Non lo dice per zittirmi o con sarcasmo, lo sa.
«Ma c'entra qualcosa in mezzo. Oh, be', almeno non ti droghi» ridacchia, sollevata.
«Scusa per prima, non volevo riderti in faccia» aggiungo, con la speranza che mi lasci sola. Poi, non riesco a non rincarare: «Ma che cazzo vuole la Orsi?»
Mamma scrolla le spalle: «Lo vedremo martedì, presumo. Piuttosto, ora che ci penso: hai deciso come strutturare la tesina?»
*
«"Hamartia: l'amore come condanna".»
Per quanto tenti di mantenere un'espressione imperturbabile, mi sembra di scorgere un'ombra di divertimento sul viso di Andrea: in risposta, sorrido beffarda.
«Sì» confermo, piccata. L'ombra di divertimento sparisce.
Non riuscivo a stare sola con lui da parecchio, ma gli ho strappato una manciata di minuti in sala professori durante la lezione di educazione fisica: nonostante tutto, essere nella stessa stanza con lui, soli, senza il chiacchiericcio di quelle stronze delle mie compagne mi anima lo stomaco.
«Di spunti ce ne sono parecchi» concorda, annuendo. «Non ti nego che mi domando come pensi di collegare storia, ma può essere interessante. Delle mie materie hai già un'idea?»
«Paolo e Francesca per italiano, Orfeo ed Euridice per latino» taglio corto. Andrea mi osserva serio, intenso, provocandomi un maledetto brivido involontario lungo la schiena.
«Hai pensato a Didone ed Enea?»
"In effetti, no."
«Sì,» mento, sostenendo il suo sguardo, mio malgrado rapita da quei pozzi scuri, luccicanti di interesse (per la mia tesina!), «ma il mito di Orfeo ed Euridice credo che si addica di più al contesto della tesina, all'atmosfera... Non so se mi spiego.»
Stavolta ha ridacchiato, è palese.
Prima o poi lo strozzo.
Prima lo bacio di nuovo, poi lo strozzo.
«Credo di aver capito cosa intendi. Non raccolgo la provocazione, ma la comprendo.»
Sorride.
E io non posso farci nulla, continuo a sciogliermi come burro.
«Ne hai già parlato con gli altri docenti?» Devia il discorso, rapido, distogliendo lo sguardo dal mio viso. Stringo le spalle.
«Devo parlarne con la Orsi.»
«La professoressa Orsi» mi corregge, pedante, mentre si allontana dalla cattedra.
Ho constatato che lo fa solo con me, e lo trovo insopportabile.
«A tal proposito, credo che abbia convocato tua mamma di recente.»
«Eh, stamattina» non trattengo il sarcasmo. «Mi domando il perché.»
«Per quanto voi abbiate spesso un atteggiamento molto sgarbato nei suoi confronti -e non fare quella faccia, sai che ho ragione-, la professoressa Orsi è una donna molto attenta che ama il suo lavoro e voi ragazzi» spiega con condiscendenza, aprendo la porta. «Quindi, anche se ormai manca molto poco all'esame, di sicuro ha riscontrato qualcosa di strano e vuole farglielo presente.»
«Ma ho diciotto anni!» Protesto. «Che ne parli con me, ormai sono adulta!»
Andrea non risponde: si limita a indicarmi la porta spalancata con un gesto cortese, ricordandomi la verifica di latino del giorno dopo.
Mezz'ora dopo, il mio cellulare mi segnala un nuovo messaggio.
"Ti aspetto direttamente qui nel portico, così parliamo."
Fantastico, mamma, davvero fantastico.
Aggiorniamo de venerdì. Così, de botto, senza senso.
Non mentirò: il 2020 è stato per me un calcio in faccia. Con un anfibio con la punta in ferro. Borchiata. E sporca di feci.
(però hey, adesso ho un mutuo)
Va da sé che mettermi nei panni della povera Melissa, per quanto se la passi male, sia stato veramente complicato: anche perché, diciamo la cosa com'è, io e la mia cara protagonista ormai ci passiamo ben dieci anni di differenza, e rimettermi nelle scarpe dei diciottenni è diventato un casino, soprattutto quando si è trattato di parlare di un periodo traumatico come il pre-maturità (sul serio, ho passato un anno tra lutti, disoccupazione e burocrazia, ma prima dell'esame ero molto, molto più stressata). Per questo, sono abbastanza sicura che i capitoli finali di "Hamartia" abbiano perso moltissimo in qualità, ma se mi fossi data più tempo avrei rischiato di lasciare le vicende di Melissa e companatico in un limbo eterno: ho quindi scelto di dare perlomeno un epilogo, in modo tale da poi concentrarmi su un editing in futuro e su altre storie che ora sento più mie (coff coff, "Ovunque Sei", ora rimessa nelle bozze e presto di nuovo su questi schermi). Per cui resta sintonizzat*, perché farò ritorno con altri amichetti immaginari e, memore dei casini fatti qui, i capitoli saranno già TUTTI scritti, piazzati nelle bozze e verranno postati settimanalmente PER DAVVERO.
Comunque, ormai siamo alle battute finalissime, il che significa quattro capitoli al termine: stay tuned, perché li ho scritti tutti e arriveranno di nuovo per i prossimi mercoledì!
(o venerdì. O martedì. O quasidì)
Vi voglio tanto bene per la vostra pazienza, io non l'avrei mai avuta ❤
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top