6.2

Andrea è qui, ai piedi della scala da cui sono scesa poco fa, e osserva me e Paolo con un'espressione che non saprei definire: un misto di stupore, rabbia, perplessità e sollievo.

Paolo si volta.

«Prof, tutto bene?»

«Lo chiedo a voi, semmai» risponde con prontezza, avvicinandosi. «Melissa, mi ha telefonato Clarissa in cabina dicendomi che sei uscita furente dalla cabina e che non riusciva a contattarti, era un fascio di nervi, e sotto Ester urlava, permetti che mi sia preoccupato?»

Lo osservo, senza smettere di avvertire un fastidioso nodo allo stomaco. Spero di non scoppiargli a piangere in faccia un'altra volta, non potrei sopportare un'altra umiliazione del genere.

«Ha ragione, scusi» mi scopro a dire con voce tutto sommato ferma. «Ho litigato con Ester e ho agito d'impulso lasciando il cellulare in camera, non ho pensato che Clarissa potesse preoccuparsi.»

In risposta, Andrea mi lancia una tessera.

«Ci hai anche lasciato la chiave.»

«Scusi, ero davvero livida, prof.»

Prof.

Non lo chiamo "prof" da quelli che mi sembrano secoli: da quando mi sono resa conto di essere innamorata di lui, per me è diventato automaticamente "professore" o "Andrea".

Mi ritrovo a sorridere, sollevata.

«Tu, piuttosto, cosa ci fai ancora sveglio?» imbecca Paolo, serio. Lui fa spallucce.

«Non avevo sonno.»

«Ragazzi, vi rendete conto che sono le tre del mattino o no?» si scalda Andrea, iniziando a innervosirsi. «A quest'ora nessun altro insegnante si sarebbe mosso per venirvi a cercare, vi sareste beccati una nota tornati in classe e tanti cari saluti, e ad un passo dalla maturità non mi sembra un'idea sensata. Filate in stanza, veloci!»

«Ma anche no.»

Rimango incredula: ho parlato senza riflettere, tanto d'impulso che mi sono stupita della mia stessa voce.

Sia Paolo che Andrea mi stanno guardando con lo stesso straniamento che devo avere dipinto in faccia io.

«Che io sia in stanza o nella hall dell'albergo, che differenza fa?» proseguo. Ormai i miei freni inibitori sono spariti del tutto, lasciando spazio a un sovraccarico di rabbia che, se prima sembrava avermi abbandonata, ora sta tornando a galla come petrolio nel mare.

«Appunto» azzarda Paolo, poco convinto. «Quindi perché non ascoltiamo il prof e torniamo in camera?»

«Io da quelle due stronze non ci torno.»

Andrea prende fiato.

«Melissa, non voglio entrare nel merito dei fatti tuoi, ma ti ricordo che mi hanno svegliato preoccupate, quindi per quanto possiate aver battibeccato non...»

«Ma tu che cazzo ne sai?»

Il lampo di lucidità di poco prima è già sparito, restituendomi una rabbia addirittura maggiore di prima.

«Mel, per piacere, rispetto!» si secca Paolo.

«Tu vattene in camera, è una cosa tra me e lui!» lo rimprovero. Andrea sta per prendere parola, ma Paolo gli fa un cenno leggero della mano, guardandolo con aria severa.

«Professore, se permette» esordisce, gelido, tanto da sembrare una persona diversa da quella che mi ha cullata fino a cinque minuti prima, «vorrei parlare io.»

Andrea non risponde, né annuisce, né fa cenni di qualsiasi tipo, trincerandosi dietro un assenso muto. Paolo mi si para davanti a braccia conserte, strappandomi una risata beffarda.

«Sei serio?»

«Non permetterti mai più di rivolgerti in questo modo a chi cerca di aiutarti. Sia che si tratti del professore, sia che si tratti del sottoscritto, sia che si tratti di chiunque.»

Mi sento improvvisamente stanca. Sbuffo, agitando una mano come a voler scacciare tutta quella situazione irritante, chiudendo gli occhi.

«Dai, va bene, adesso vai a dormire, non stressarmi l'anima, su...»

«Io ho ascoltato le tue ciance finora e tu mi ripaghi così? Son soddisfazioni.»

«Ah, adesso le mie sarebbero "ciance"? A me non sembra di essere venuta a cercarti per raccontarti i fatti miei, sei tu che eri qui a bere il tuo tè del cazzo e mi hai fatto tutte quelle moine.»

«Si chiama "essere amici", non so se hai presente.»

«Cammareri! Longarini!»

La voce di Andrea arriva tanto forte che il portiere sobbalza, chiude il libro di scatto e si alza con evidente preoccupazione.

«Non vi sopporto più!» annuncia, stremato. «Voglio dormire, sono stanco, domani sarà una giornata stressante per me e la professoressa Orsi e non ho intenzione di continuare ad ascoltare i vostri bisticci! Filate immediatamente nelle vostre stanze, io conto fino a tre, e se al mio tre non avete imboccato le scale vi ritrovate una nota sul registro!»

«Cos'è, sei diventato mio padre adesso?» proseguo. Paolo, in risposta, mi strattona con una forza che non mi sarei mai aspettata dalle sue braccia sottili.

«Ci scusi moltissimo, prof» si prodiga in mille scuse, e per poco non improvvisa un inchino, «siamo stanchi e la mancanza di sonno ha giocato a nostro svantaggio.»

Seguo Paolo di malavoglia, ma dalla cima delle scale non riesco a trattenermi: guardo Andrea che ci osserva furioso e il suo sguardo mi fa ancora più incazzare.

«E comunque, vaffancu...»

Paolo mi tappa la bocca con una mano, mentre con il braccio sinistro mi stringe le spalle.

«Smettila» mi sussurra nell'orecchio. «Almeno non farci andare di mezzo me, intesi?»

Lo osservo da sotto in su senza vederlo davvero.

«Va bene, intesi. Lasciami andare.»

Lo scaccio e risalgo le scale rabbiosa, continuando a percepire la sua presenza alle mie spalle; poi, quando mi richiudo la porta della stanza dietro, ignoro le urla pigolanti di Clarissa e mi butto a letto vestita, sperando in un sonno cupo e privo di sogni.

Forse (forse, foooorse) sto riprendendo davvero in mano Melissa e compagnia: permettere a "Ovunque Sei" (completata nelle bozze e pubblicata tutti i lunedì) di emergere del tutto, a quanto pare, mi è stato utile per sgombrare il cervello e dare spazio ai miei liceali del cuor. Per cui, dopo un anno (ops) di silenzio, abbi questo capitolo fuori misura!

Comunque, bando alle ciance, ho una grande curiosità riguardo a cosa ne pensi, cara lettrice! Che sia sui personaggi, sullo stile, sull'evoluzione della storia, dimmi tutto che ti leggo sempre con giuoia ❤ prometto che ho l'epilogo chiaro in testa (inutile dire, del tutto diverso dall'idea originale che ho sul quaderno), il problema sarà arrivarci e confesso che non escludo di affrettare molto le cose per non mettere millemila capitoli filler tanto per arrivare a un determinato tot. Spero di riuscire a rendere le "atmosfere" che ho in mente, anche se ammetto che a rileggermi penso proprio che ci vorrebbe una riscrittura di sana pianta, ma se mi ci metto addio.

Non credo di avere altro da dire, quindi lascio la parola a te e ti do appuntamento al prima possibile ❤

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