5. Atteggiamenti

Sento lo sguardo di mamma trafiggermi: alzo gli occhi, trovandola appoggiata allo stipite della porta della mia stanza con aria severa e apprensiva.

«Meli, mi posso fidare, vero?»

Sorrido calorosa: «Mamma, mi porta Ester» le ricordo «Ti assicuro che ti manderò tutti i messaggi possibili, però...»

«Ma sa guidarlo, quel trabiccolo là?»

I genitori di Ester le hanno comprato una microcar poco prima che iniziasse la scuola, ma lei non l'ha confessato fino a poco fa perché la ritiene, parafrasando le sue parole, "una cafonata da ricconi": anche se ho cercato di nasconderlo, sono in totale accordo con lei, ma in questo momento sono ben felice sapendo di muovermi con un mezzo chiuso e non sul mio vecchio motorino.

Certo, all'inizio avrei preferito che non le fosse balenata per la testa la brillante idea di unirsi a me per la serata, ma a ben pensarci non ci sono problemi: di sicuro non avrò modo di rimanere sola con Andrea, e avere una complice nel caso facesse qualcosa di ridicolo da far sapere a tutta la scuola può essere utile e divertente.

«Come sto?» devio il discorso, facendo una giravolta. Mamma sorride: «Sei una meraviglia, e lo sai. Solo una cosa, non prenderai un gran freddo con quel vestitino?»

Più che un travestimento di Halloween, il mio è un assemblaggio: un vestito nero lucido con un'ampia gonna a palloncino fino a metà coscia e la parte superiore corsettata decorata da nastri blu elettrico, elaborate calze di pizzo prese in saldo chissà quanto tempo fa e mai sfruttate, stivali con il tacco alto ma comodo, un paio di ali nere comprate ieri a un ingrosso cinese e una maschera di pizzo raccattata da Tiger; il tutto accompagnato dal trucco pesante, sangue finto spruzzato qua e là e i capelli strizzati in una crocchia e dipinti di blu.

In realtà, la sola cosa a cui punto è non essere riconosciuta, in modo da potermi avvicinare ad Andrea senza essere scoperta: non posso sopportare l'idea che in classe si crei dell'imbarazzo per colpa mia, né quella di respirare aria di tensione a scuola.

«Ma no, tranquilla, in discoteca si scoppia di caldo» la tranquillizzo «E andiamo in macchina, quindi non ti devi affatto preoccupare.»

«A che ora pensi di tornare?» si informa, sempre più apprensiva «Insomma, sai come sono queste discoteche, fanno entrare tardissimo... Già esci più tardi del solito...»

Sbuffo.

«Daniela vuole che alle due Ester sia a casa. Speriamo di essere almeno riuscite ad entrare a quell'ora...» borbotto «Per una volta che provo a dare una possibilità a una discoteca vorrei almeno metterci piede.»

«A proposito, come mai hai deciso di andare in discoteca?» incalza lei. Mi irrito.

«Mamma, te l'ho detto, è stata un'idea di Ester, mi sembrava un'idea carina e ho accettato!»

Le ho risposto con troppa stizza, e mi dispiace: addolcisco il tono.

«Anche tu hai programmi, o sbaglio?» mi informo «Ti ho sentita rispondere un paio di volte al telefono e spiegare dov'è casa nostra.»

«Ho invitato un paio di compagni di corso, faremo qualche dolce» mi spiega.

Non riesco a trattenere una risata: mamma ha deciso di iscriversi all'università della terza età, scegliendo i corsi più disparati e fissandosi su quello di panificazione e pasticceria; ha anche creato il suo primo lievito madre, che dorme in un vecchio barattolo di crema di nocciole nel primo stipite della cucina ed è stato soprannominato "Patafrullo". Nonostante mi stranisca questa sua idea, è stato subito palese quanto le fa bene: ha più vita sociale, è di umore migliore del solito e sembra che il corso di yoga dia già i suoi benefici frutti.

Per non parlare del fatto che abbiamo scoperto che ha un talento innato per quel tipo di cucina, e io mi sto ingozzando di dolci deliziosi.

Il tintinnio del mio cellulare mi segnala l'arrivo di Ester sotto casa mia: saluto mamma, le do le ultime rassicurazioni infilo il cappotto, chiudo la porta di casa, esco e tiro un lungo sospiro.

Lo sto facendo davvero. Sto andando in un locale solo perché sono certa di trovarci Andrea.

Non so definire come mi sento: agitata, di certo; elettrizzata, non è manco da chiedere; ma anche sfrontata, adulta, per certi versi anche un po' criminale. Sento lo stomaco strizzarsi in una morsa sempre più serrata, al punto che la percepisco addirittura arrivarmi in gola, ma dissimulo.

Ester mi accoglie fuori dalla sua piccola auto nera con un lungo abito rosso, un cerchietto a forma di corna e il viso truccato da diavolo: nel vedermi, sorride bonaria.

«Sai che se ti avessi incontrata in giro non ti avrei riconosciuta?»

"Ottimo."

«Dai, sali» mi invita «Hai già impostato Google Maps? Dovrei sapere più o meno dov'è il posto, ma non vorrei fare casini, avendo la tecnologia usiamola.»

«Sì, infatti» le do retta, tirando fuori lo smartphone dalla pochette che ho recuperato «Comunque tranquilla, dovrebbe essere già tutto in ordine... Voilà!» annuncio «Possiamo andare.»

~*~*~*~

«Mel, posso farti un discorso un po' brutto, per favore?»

La voce di Ester trema un poco. Inizio a preoccuparmi, senza riuscire a immaginare di cosa voglia parlarmi la mia migliore amica e temendo di dover passare la serata chiusa in macchina ad ascoltarla.

«Oddio, di che tipo?» non riesco a trattenere. Ester, però, ridacchia.

«Be', sai cosa si fa in discoteca di solito, no?»

Rispondo con incertezza: «Si balla?»

In risposta, la risata di Ester si fa più aperta: «In teoria sì, in pratica tanta gente ci va per... Come dire...» esita, in imbarazzo «Delle botte e via, mettiamola così!»

Non riesco a trattenere una smorfia di stupore.

In discoteca, prima d'ora, ci sono stata una volta a quattordici anni per la festa di fine anno del mio liceo e ho passato la maggior parte della serata fuori dal locale attaccata al cellulare e a fumare come una ciminiera, quindi sono del tutto ignorante in materia.

«Sì, be', ovvio che non si scopa, mette un po' male» si lascia andare Ester «Però sai, qualche bacetto qua e là, toccatine... Sai, tra alcol, musica, caldo e tutto la gente si lascia andare un po' di più.»

Il discorso inizia a farsi sempre più interessante.

«Insomma, veniamo al dunque» trancia il discorso Ester «Essendo il posto un po' fuori mano, io single e tutte 'ste robe, farò un po' la...»

«Birbantella» concludo per lei con aria scherzosa «In effetti potrei fare lo stesso, non mi sono mai voluta lasciare andare in quel senso e potrei anche togliermi lo sfizio» improvviso, mentre la mia mente dipinge già lo scenario ideale di me avvinghiata ad Andrea.

«Senti, per non rischiare di imbarazzarci a vicenda, ti dispiacerebbe se arrivate lì ci dividessimo? Tanto in caso incontrassimo qualche testa calda ci sono i buttafuori, non dobbiamo difenderci a vicenda, ti pare?»

Sorrido: «Andata, dai. Ci diamo un puntello a una certa ora in un certo punto del locale al momento di tornare, impostiamo le sveglie e teniamo il cellulare ben attaccato a noi in modo da sentire la vibrazione, che ne dici?» ipotizzo, sapendo quanto sua mamma sia intransigente sugli orari e non volendo tardare per non impensierire troppo la mia.

Ester mi porge la mano: «Mi sembra un ottimo piano.»

La stringo, mentre mi carico di aspettativa.

Con Ester lontana, nessuno che mi conosce e Andrea probabilmente sbronzo, la serata non può che svilupparsi in grande stile.

Avrà ragione Melissa, o sarà una serata flop? Mah...

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