3.
Inspiro, espiro, inspiro ancora, espiro di nuovo.
Devo rallentare il ritmo, sembrare disinvolta, o manderò tutto a monte.
Inspiro piano, espiro veloce.
Ok, è un tunnel senza uscita.
Dal fondo del corridoio un uomo con il viso smunto esaltato dalle lunghe basette fuori moda e gli occhi azzurro vivo esce dalla sua stanza e mi scocca un breve sguardo indagatore: per liberarmi da quell'improvvisa ascesa di imbarazzo, busso senza pensarci troppo.
«Chi è?»
Devo rispondere, o penserà che qualcuno di noi lo stia prendendo per i fondelli. Inspiro.
«Professore, sono Cammareri, posso parlarle, per favore?»
«Per forza adesso?»
Una parte di me ha voglia di approfittarne, rimandare con una scusa e fuggire.
«Purtroppo devo dirle di sì.»
Apre la porta: è spettinato, con i capelli mezzi umidi, un paio di pantaloni neri da tuta troppo larghi per lui e una maglietta viola dei Bon Jovi.
«Posso entrare?»
Sembra restio, ma non oppone resistenza: la stanza è in ordine, con solo i vestiti che ha tenuto addosso oggi appoggiati alla sedia e un quaderno ad anelli aperto sullo scrittoio. Trattengo l'impulso di gettarci un'occhiata e mantengo lo sguardo sul mio amato professore, che, dal canto suo, sembra in attesa.
«È un discorso un po' lungo, per questo non ho voluto trattenerla sull'uscio.»
«Vuoi che ti liberi la sedia?» mi invita: mi pare di capire che si tratti più di una domanda di cortesia e che lo farebbe controvoglia, quindi declino.
«Allora ti chiedo di sbrigarti a fare questo discorso lungo, perché tra un'ora dobbiamo scendere nell'atrio e io preferisco essere in anticipo, ma voglio anche darti udienza. Prego, dimmi tutto.»
Sospiro piano, guardando altrove: «È difficile oltre che lungo, in realtà.»
Sorride, accomodante: «Melissa, sono il tuo insegnante: qualsiasi cosa tu mi dica è vincolata da un segreto professionale, di qua a sei, sette mesi non mi vedrai più e io ti prometto che qualsiasi cosa tu dica, a meno che non si tratti di gravi crimini, non ti giudicherò.»
Ha il sorriso più bello e comprensivo del mondo e gli occhi accesi dall'amore per il suo lavoro, e io spero di trovare quell'immagine in qualche angolo recondito della mia memoria per sempre.
«Le chiedo la gentilezza di non interrompermi» prendo tempo. Lui tace.
Quando riprendo fiato, inizio a parlare di corsa.
«Mi sono innamorata, e non di Paolo come lei e tutti i miei amici pensano. È stato un innamoramento improvviso, devastante, diverso da qualsiasi cosa abbia provato fino ad ora e che mi ha sconvolto la vita, nel bene e nel male. So che potrà suonarle tutto molto stupido, ma...»
«Mi permetto l'ardire di interromperti: i sentimenti non sono mai stupidi. Prosegui pure.»
Ho bisogno di quell'uomo nella mia vita, ne sono sempre più certa.
«La ringrazio. Io sono certa che un sentimento come il mio non possa non essere a senso unico, e che, se non i miei amici, almeno il destinatario si sia reso conto di questo e che possa addirittura ricambiarmi.»
Mi blocco, aspettando una sua reazione. Andrea sorride un poco, all'apparenza spaesato.
«Non sono certo di aver capito, quindi ti chiedo scusa ma voglio vedere se mi ci raccapezzo: ti sei innamorata di qualcuno, supponi che possa ricambiarti,» io ne sono certa, ma preferisco aspettare di dirglielo, «quindi qual è il problema?»
Non posso credere che non ci sia arrivato. Sta fingendo, per forza.
«Si tratta di qualcosa di difficile da affrontare, e di conseguenza non so come muovermi. Purtroppo non posso pensare di dichiararmi e sperare che vada tutto per il meglio da subito, ci sono in gioco delle problematiche...»
«Ti sei scoperta lesbica?»
Diretto, senza fronzoli, né paura di risultare irrispettoso. Lo chiede con la stessa leggerezza con cui potrebbe chiedere se domani pioverà.
«Perché non c'è niente di sbagliato, hai un'età in cui è normale...»
«No, professore, sta travisando.»
Ridacchio, tesa.
Siamo alla resa dei conti, ormai.
«Il problema è che quest'uomo, perché di tale si tratta, ha molti più anni di me, e con molti intendo più del doppio. È per questo che non so come comportarmi.»
Andrea tace, valutando quale possa essere la miglior risposta da rifilarmi.
Prima che io possa rifletterci a pieno, le mie corde vocali vibrano, la mia bocca si apre e la mia lingua si muove, decisa.
«Sto parlando di lei, professore.»
Sento il fiato corto e un eccessivo afflusso di sangue correre ai miei polsi, alle mie mani, tanto che iniziano a tremare e sento il bisogno di non tenere ferme le dita.
Andrea mi sta guardando con gli occhi spalancati, immobile.
«Sono innamorata di lei» proseguo, ridacchiando nervosa, quasi isterica. «Credevo fosse temporaneo, ma ha preso possesso dei miei pensieri, della mia immaginazione, del mio cervello, durante le vacanze estive ho sperato con tutta me stessa di incontrarla in giro, e mi è mancato, mi è mancato tantissimo. Lei è...»
Esito, vedendo che lui, dal canto suo, non ha quasi mosso una palpebra, incredulo.
«Professor Rodari?»
Lui distoglie lo sguardo da me, volgendolo verso un punto indefinito della stanza, e sospira.
«Sono molto lusingato da questo tuo sfogo, e sono certo che sia animato dalle migliori intenzioni, ma...»
Non ci credo, sta provando a rifiutarmi con una scusa e quattro frasi di circostanza.
«Io sono sicuro che...»
«Io sono sicura che mi ricambi, Andrea.»
Incrocio le braccia e mi appoggio allo scrittoio, osservandolo con le sopracciglia contratte in una smorfia indagatrice, senza più riuscire neanche a provare a dissimulare le mie emozioni.
Lui, le sopracciglia le alza.
«Io cosa?»
«Tu mi ricambi» insisto. «Quindi smettiamo di raccontarci delle cazzate: io ti prometto la massima discrezione, se vuoi aspettare la fine della maturità io me ne sto, ma almeno non dirmi delle balle.»
Studio la sua faccia: sbatte le palpebre rapido, come se dovesse recuperare i battiti perduti qualche minuto prima, abbassa lo sguardo, lo fa guizzare a ogni angolo della stanza, si morde le labbra, esala qualche mezza frase priva di senso.
«Senti, io mi rendo conto che non c'è un modo giusto per affrontare determinati discorsi, ma qualsiasi cosa ti abbia fatto pensare che io ti ricambi e che tu, che fino a prova contraria sei una mia alunna, abbia il diritto di essere irrispettosa verso di me, è un grosso equivoco.»
Non riesco a non essere sprezzante: «Un equivoco?»
Si sta spazientendo.
«Andrea, non ci sono equivoci.»
«Per favore, Melissa, torna alla forma di cortesia.»
«Non perdiamo tempo, io ribadisco che non ci sono equivoci,» insisto, «Andrea.»
Si batte le mani sulle cosce, ormai al limite dell'esasperazione.
«E va bene, sentiamo.»
Si siede sul bordo del letto, cingendo le mani e osservandomi dal basso, non riuscendo a trattenere uno sguardo di sfida. Lui, sempre così professionale anche se bonario, attento, misurato nonostante le parolacce.
Devo averlo mandato proprio fuori dai gangheri.
«Il dieci dell'interrogazione.»
Ride, senza scherno: «Ora non posso gratificare una mia alunna che ha studiato e si è impegnata perché rischio che lei ci legga una dichiarazione d'amore?»
«Il CD che mi ha dato a inizio anno.»
«Me l'avevi chiesto!»
«Tutte le volte in cui mi prende sottobraccio, da parte, mi fa l'occhiolino, mi dà le sigarette!» proseguo, gesticolando. Lui continua a ridere nervoso, scuotendo la testa.
«Melissa, tutto questo è assurdo. Ti tratto esattamente allo stesso modo in cui tratto tutti i miei alunni, dalla prima alla quinta, maschi e femmine, di liceo e di istituti tecnici.»
«Il racconto di Buzzati.»
Alza gli occhi al cielo, senza riuscire a nascondere il sarcasmo: «Avrò cura di consigliarti "Ragazza che precipita", la prossima volta.»
Non rifletto.
Non ho più freni, non ho più voglia di continuare questo teatrino, ho voglia di uscire da questa stanza, da questo hotel, e perdermi nella prima discoteca a buon prezzo e festeggiare con le mie amiche la fine di questa gita con una bella sbronza a base di sangria.
«Ci siamo baciati.»
Sta per ridere, ma si blocca prima che gli esca un qualsiasi tipo di verso dalle labbra.
«Ci siamo baciati?» ripete.
«Ci siamo baciati.»
Si morde il labbro inferiore, nervoso. Gli esce un risolino, ma si sforza di bloccarlo.
«Melissa, io non voglio essere irrispettoso nei tuoi confronti, né ledere i tuoi sentimenti, nella maniera più assoluta, ma in questo caso temo che tu ti stia sbagliando di grosso.»
«No che non mi sbaglio. La notte di Halloween, in una discoteca, lei era vestito da vampiro.»
Il suo viso rimane neutro, impassibile.
Inizio a temere che il mio fidato sesto senso su cui ho sempre fatto affidamento quando si trattava di Andrea mi abbia giocato un tiro mancino, di aver scambiato un uomo qualsiasi per lui (ma è impossibile, deve essere impossibile). Pianto i miei occhi nei suoi, ancora divertiti.
«Melissa, non...»
«Can't you tell I've got news for you» esordisco, seria. «Sun is shining and so are you, sun is shining and so are you...»
La sua espressione, finalmente muta.
«La ragazza vestita di blu... » mormora. Sorrido.
In risposta, lui sbianca.
Non vedevo l'ora di postarlo, lo ammetto.
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