18. Fumo


Rodari in pigiama è particolarmente bello.

Indossa una maglietta stampata che in passato doveva essere nera, ma che ora è grigio topo, con su scritto "Graspop Metal Meeting - 2007", dei pantaloni da tuta neri e una giacca da camera a stampa scozzese sui toni del blu, in contrasto con il resto dell'abbigliamento.

Quel contrasto, me ne rendo subito conto, mi fa impazzire.

«Ragazzi, ma in quale becero discount di ultim'ordine vi siete riforniti?» si informa ridendo, mentre i miei compagni iniziano a tirare fuori le varie bottiglie «Avete comprato una vodka marca "Vodka", vi rendete conto?»

«Scusi se non possiamo permetterci la Belvedere, prof» gli risponde Elia con voce posticcia «Ma senta un po', possiamo darle del "tu" solo per stasera?»

Rodari alza le mani: «No, quello no. Già vi concedo di scherzare, vi concedo di rispondermi, di canzonarmi, ma manteniamo i ruoli così come sono, intesi?»

«Ma cosa le cambia, prof?» si lamenta Arianna, mentre Elia inizia a stappare le prime birre e a cantare: «Chi è nato a gennaio si alzi, si alzi...»

«Ma versa e basta, dai, lascia stare 'ste canzoncine, su!» lo rimprovera il professore «Sono nato a novembre, devo bere la schiuma? Anche no, dai.»

«'sto qua è matto scocciato, eh» sussurra Ester, beccandosi uno sguardo esasperato di Clarissa.

«Se ti urta tanto vai a dormire, come ha fatto tipo metà classe» le propone con fastidio «Poi raccontami da dove esce questa tua svolta da educanda.»

«Dai, trio delle meraviglie, non litigate» ci stuzzica lui, porgendo il bicchiere a Elia e lasciandosi servire «Comunque voi studenti non siete mai soddisfatti.»

«Perché, prof?» domanda Adele, sistemandosi meglio sul letto.

«Se un professore è troppo rigido è uno scassacazzo, se uno si lascia andare un pochino allora è fuori di testa -sì Ester, ti ho sentito benissimo prima-. Non è un lavoro facile il nostro, ve ne rendete conto?»

Si volta verso Ester, sorridendo.

«Tu, ad esempio, come assembleresti il tuo professore ideale?»

Le guance di Ester assumono lo stesso colore dei suoi capelli.

«No, aspetti, chiariamoci» esordisce, parlando troppo veloce «Deve anche capire che è strano, insomma, lei è comunque un professore, dovrebbe mantenere un certo rigore.»

«Innanzitutto calmati che questa non è un'interrogazione. Comunque, perché?»

La domanda di Rodari è formulata con una tale naturalezza che restiamo spiazzati.

«Parliamoci chiaro: che non sono uno che passa le serate sul divano lo sapete tutti, perché tu» punta il dito verso Ester «e le tue amiche mi avete visto al Bunker qualche mese fa, e io lo so come girano le voci quando si tratta di noi professori. Poi dai, vorreste dirmi che non vi esaltate guardando film come "School Of Rock", "Fuck You, Prof!" o "Bad Teacher"? O anche solo "Notte Prima Degli Esami", dove Faletti fuori da scuola si fa le canne e racconta della sua esperienza a Woodstock?»

«I film sono diversi, prof» gli fa presente Elisa dopo aver mandato giù il primo bicchiere di vodka «Comunque se devo dire la mia a me 'sta cosa che lei non è un gnegnegne mica dispiace, eh.»

Rodari inizia a ridere: «Io non sono cosa?» domanda, mandando poi giù un sorso di birra ed esibendo un'espressione disgustata «Dio, ragazzi, davvero riuscite a bere questa melma?»

«Un gnegnegne!» ribadisce Elisa con sicurezza «Uno snob, di quelli che si mette su un piedistallo solo perché è un professore.»

Perdo la concentrazione, che viene catturata dal bicchiere del professore, abbandonato su uno dei piccoli comodini in legno scuro della stanza: per quanto mi renda conto che sia sciocco, mi attraversa l'idea di scambiarlo con il mio, solo per appoggiare le labbra dove un attimo prima c'erano le sue e condividere, in qualche modo, qualcosa con lui di più intimo delle semplici ore di lezione.

Con apparente noncuranza appoggio il mio bicchiere vicino al suo in maniera tale da riconoscerlo al momento dello scambio e fingo di essere concentrata sulla discussione, che in realtà non sto affatto seguendo; poi, dopo un tempo che non saprei definire ma che mi sembra ragionevole, prendo il suo bicchiere e me lo porto alla bocca con noncuranza. Lo giro più volte su se stesso, fingendo ogni volta di bere un sorso di birra, quando in realtà voglio solo avere la certezza di avere appoggiato le labbra laddove l'ha fatto lui prima.

Ogni tanto, quando inizia a parlare un po' più a lungo, soffermo lo sguardo su di lui, gustandomi il suo modo di gesticolare, di sistemarsi sul letto (incrocia le game, poi le stende, poi le piega, come se non sapesse dove sistemarle) e la sua aria rilassata, mentre qualcosa dentro di me sembra liquefarsi ogni volta che lui inizia a ridere. Mi godo quest'occasione, felice che nessuno dei miei compagni mi noti.

Sono tanto rapita che quando vedo Rodari alzarsi di scatto e assumere un'espressione rigida sussulto: sposto la mia attenzione altrove, vedendo che Arianna ha iniziato a tirare fuori le palline scure di marijuana.

«Prof, però non può avere da ridire, lo sapeva!» si lamenta Elisa.

«Non mi sto lamentando, sto solo dicendo che se avete intenzione di fumare quella roba io esco sul terrazzo, tutto lì.»

Mi desto: «Dà fastidio anche a lei?»

L'unica volta in cui sono stata vicino a qualcuno che fumava una canna, in gita di seconda superiore, mi sono ritrovata con la testa che pulsava all'impazzata e la vista annebbiata, e ho avuto il tempo di tirare giù le coperte e ficcarmi a letto prima di sprofondare nel sonno, il tutto coronato da quell'odore che io associo a quello di fogna.

«Non mi va di respirarlo» taglia corto, alzandosi e dirigendosi verso la porta finestra «Preferisco le sigarette normali: che dici, ce ne fumiamo una, Melissa?»

Sono sicura di aver fatto un saltello scendendo dal letto, ma poco mi importa: del resto, i miei compagni potrebbero attribuirlo all'ebbrezza alcolica.

Usciamo e l'aria serale di fine aprile ci dà una sferzata secca, facendomi rabbrividire: mi auguro che il professore mi abbracci per riscaldarmi, ma sembra non essersi nemmeno accorto del mio piccolo disagio, perciò mi limito a sfregare le mani sulle spalle.

«Aveva voglia di compagnia?» azzardo con una leggera esitazione: il fatto che abbia chiamato proprio me mi sembra un segnale difficile da equivocare, e sono in cerca di conferme.

«Sì, visto che anche tu non sei una fan delle canne te l'ho proposto: le altre due ne fanno uso?» si informa, tirando fuori dalla tasca della giacca da camera l'astuccio con gli ingredienti per le sigarette «Non l'avrei mai detto, soprattutto Ester sembra così a modino.»

«Non aveva detto che non dovrei fumare?» devio il discorso, a caccia di informazioni.

Lui sorride: «Quello che succede in gita resta in gita. Le hai dietro o te ne giro una?»

In realtà avevo deciso di provare a smettere proprio perché lui era in disaccordo, ma di sicuro non posso farmi sfuggire un'occasione simile: «Le ho dimenticate in camera in realtà. Camera mia» specifico, in modo da non rischiare che mi suggerisca di rientrare a prenderle.

Senza scomporsi, inizia ad assemblarla con abilità, mentre io sposto lo sguardo dal viso alle mani senza sapermi decidere: poi, finalmente, la arrotola, se la porta alle labbra e lecca il bordo per sigillarlo.

E ormai non nego più a me stessa che quel gesto mi fa andare le sinapsi in corto circuito.

Al punto tale che non mi accorgo neanche che, dopo averla ficcata in bocca e accesa, me la sta porgendo.

«Tranquilla, non ho malattie infettive, è che mi sembrava carino accendertela.»

Non riesco a evitare di restare qualche secondo a bocca aperta.

«Che...» esito un momento «Che gentile, prof, grazie.»

«È solo per stasera, non ti ci abituare» mi ammonisce con un sorriso bonario, iniziando a preparare la sua «Sai com'è, non mi piace l'idea di essere il classico professore che bacchetta gli alunni e simili, ogni tanto credo che ci voglia un po' di elasticità.»

«Come mai ha deciso di fare il professore?»

Voglio prolungare quella conversazione il più a lungo possibile. Lui scrolla le spalle, incerto.

«È difficile da spiegare: credo che sia come quando decidi di farti prete, senti la vocazione.»

«E non se ne è mai pentito?»

Voglio conoscerlo il più possibile.

«Mai» ammette sincero «Faccio questo lavoro da quasi vent'anni e lo amo ancora, amo l'odore di scuola, amo studiare, amo voi studenti...»

"E io amo te."

Mi rendo conto che è un pensiero eccessivo e privo di senso, ma me lo concedo comunque.

È passato troppo poco tempo da quando siamo usciti sul balcone quando vedo Rodari incupirsi all'improvviso.

«Oh, cazzo!» urla, gettando la sigaretta a terra e pestandola con veemenza: nel lasso di tempo in cui io elaboro cosa stia succedendo, lui è già corso in camera.

Dove Elisa, seminuda e sdraiata sul pavimento, sta vomitando anche le viscere.

Sarò sincera: non so più che dirvi. Perciò, parlate voi! (:

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