14. Festeggiamenti


Non posso fare a meno di ridere appena varcata la soglia del portone, sovraccarica di gioia:

«Ma che... I tuoi ti hanno lasciato Grace?» mi informo, correndo a stringere il mio ragazzo.

Grace è l'auto dei suoi, una vecchia Alfa Romeo 147 rossa, che trattano come un gioiello e che finora hanno concesso, molto di rado, solo a Jacopo. Valerio sorride.

«Hanno detto che per stasera potevano fare un'eccezione eccezionalmente eccezionale» ridacchia, aprendo lo sportello del passeggero, su cui è appiccicata una rosa rossa con dello scotch. Sorrido di nuovo, euforica.

«Vale, ma sei un pazzo!» rido «E dire che stamattina ti sei anche messo a fare l'imbarazzato per il mio regalo... Razza di...»

Non trovo le parole adatte per esprimere la mia gratitudine, quindi mi limito a dargli un lungo bacio prima che lui accenda il motore, per poi sistemarmi sul sedile.

«Dove mi porti?» inizio a tampinarlo come una bambina curiosa «Dai, dimmelo, dimmelo, dimmelo!» lo strapazzo.

Lui sorride: «Non molto lontano, fatti bastare questo» minimizza.

«Mi presti il tuo cellulare?» insisto, ricevendo un altro sorriso sornione.

«Per me non ci sono problemi, tanto ho cancellato qualsiasi indizio che possa ricondurti a dove stiamo andando.»

«Sei una persona orribile!» lo canzono, continuando a guardarmi intorno per carpire indizi sulla nostra direzione e avvertendo un vago senso di timore quando supera la barriera del Telepass autostradale.

«Ti ripeto, non andiamo lontano» ribadisce con serenità «Perché non te ne stai buona sul tuo sedile, ti guardi intorno e ti tieni tutto per te fino all'arrivo?»

Cedo di malavoglia, non sopportando il suo atteggiamento, e inizio a rivolgo lo sguardo al finestrino senza però vedere nulla.

"Rodari non si comporterebbe così".

Senza riuscire a frenare i miei pensieri mi immagino in sella alla sua moto blu, abbracciata a lui, verso qualche ristorante asiatico di lusso dove potremmo parlare degli argomenti più disparati o potrei stare solo ad ascoltarlo, senza mai annoiarmi e beandomi della sua maturità.

«Ta-dah!» mi risveglia lui dopo un tempo indefinibile, mentre sta parcheggiando davanti a una costruzione rustica in mezzo alla campagna e alla nebbia.

Scendo dall'auto cercando di dissimulare il più possibile la mia malavoglia: ero sicura che non mi avrebbe portata in qualche assurdo ristorante stellato, ma le premesse non sono per niente confortanti, e l'odore di bestie che sale alle mie narici appena apro la portiera non aiuta certo a darmi delle aspettative positive.

«Buonasera» lo sento dire, mentre varco la soglia di quello che mi sembra un negozio di alimentari «Ho una prenotazione a nome Merista, ho chiamato la settimana scorsa. Mel, puoi farmi un favore?»

Cerco di dimostrare un entusiasmo che non provo: «Dimmi!»

In risposta mi dà le chiavi di Grace, chiedendomi di cercare qualcosa nel bagagliaio restando sul vago e lasciandomi intendere che ci sia un regalo ad aspettarmi, fatto che, non posso negarlo, mi carica di nuova aspettativa: è ormai comprovato che, qualsiasi cosa faccia che possa infastidirmi, ne farà altre dieci per farmi tornare il sorriso e rasserenarmi.

Spalanco il bagagliaio, trovandomi davanti a due borsoni da calcio, senza capirne il senso.

«Vale, ma...?» esordisco, mentre lui fa roteare una chiave sul proprio indice.

«Apri quello rosso» mi consiglia, senza smettere di giochicchiare con la chiave: ne cavo fuori uno spazzolino da denti verde, un mio pigiama, salviette struccanti e un asciugamano.

«Ma...» esito, senza realizzare quali siano le intenzioni del mio ragazzo. «A che ci servono?»

Lui sorride: «Ho avuto il benestare e la complicità di tua mamma: dormiamo qui stanotte.»

Quel posto immerso nella nebbia mi appare come il luogo più romantico sulla faccia del pianeta: sono abbastanza sicura che mi si legga in faccia, perché il sorriso di Valerio si è ampliato.

Non siamo mai riusciti a dormire insieme, finora, perché non ce n'era mai stata né occasione né ragione, e l'idea di stare così in intimità senza la presenza di mia mamma o di suo fratello mi galvanizza e carica di aspettativa.

Valerio mi conduce in un villino: aprendo la porta ci accoglie un salottino con le pareti in legno e un tepore piacevole che avvolge il tutto. Alla nostra destra c'è una cucina piccola ma funzionale, in fondo al corridoio il bagno con la doccia idromassaggio e la stanza da letto, arredata solo da un letto e un mobile lungo e basso dove appoggiamo i borsoni.

«Allora, ti piace?» si informa, stringendomi, e mi rendo conto di essere senza parole.

«È... Fantastico» riesco a formulare infine. Lui mi bacia su una tempia, poi sorride.

«Vieni, è quasi ora di cena.»


«Melissa...»

Alzo lo sguardo dalla mia fetta di torta di nocciole: Valerio sembra piuttosto a disagio, senza che io ne capisca la ragione.

«Qualcosa non va?» mi informo, prendendogli la mano e stringendola, temendo la sua risposta: non è mai stato tipo da fare scenate per delle minuzie e il suo atteggiamento, dopo che siamo stati serviti e coccolati come principini, mi destabilizza.

«Non hai abbastanza soldi dietro?» incalzo «Perché se si tratta di quello tranquillo, avevo intenzione di offrirtelo io, dato che tu avrai già speso una cifra per la nottata.»

Non ho mai amato l'idea di farmi pagare tutto, mi trasmette un senso di inferiorità.

«No, ma che, sei matta?» mi spegne subito, intrecciando le sue dita alle mie «No, è un'altra cosa, nulla di che, però insomma...»

Arrossisce, mi torce la mano, abbassa lo sguardo, lo rialza per rivolgerlo al soffitto.

«Jacopo ci ha tenuto a darmi un pacchetto di preservativi e, be', prima che tu li veda...»

Scoppio a ridere per stemperare la tension: «Tutto questo mistero per dei semplici profilattici?»

Torno subito seria, metabolizzando i suoi (e ora anche miei) timori: non abbiamo mai parlato apertamente di sesso, nonostante l'innegabile attrazione reciproca che ci lega. Ho notato più volte i suoi jeans farsi troppo stretti in mezzo alle gambe, ma non c'è mai stata occasione di andare oltre ai semplici baci e ho sempre evitato il discorso con cautela e un vago timore. Non so neanche se sia ancora vergine o abbia avuto già esperienze in passato, ho sempre e solo teorizzato. Ora, ad essere imbarazzati siamo in due.

«Che ti credi, che non voglia farlo?» gli dico, mentre un lieve senso d'ansia mi attanaglia lo stomaco. Lui sorride, pur mantenendo lo sguardo basso.

«Non avrebbe dovuto andare così, vero?» La sua voce è poco più di un bisbiglio «Insomma, la menano tanto con la naturalezza, con i "verrà da sé", adesso ti sentirai forzata...»

«Valerio» lo interrompo con fermezza «Non è che sono stupida: è il nostro anniversario, siamo in mezzo al nulla, soli per la prima volta, fa freddo, due più due farà sempre quattro.»

Abbasso lo sguardo sul piatto, poi lo alzo verso il suo viso. Sorrido: «Paghiamo e andiamo?»

Buonanotte, care lettrici!

Vi sembra troncato a metà? Be', com'è facilmente intuibile... Lo è.

Questo perché sto ancora valutando se inserire il tag "Adulti" direttamente qui o se fare una storia a parte: del resto della classifica m'è sempre importato poco, e si tratta di un estratto talmente ridotto che c'è chi neanche lo considererebbe per la "censura", ma sto valutando di non farlo essere l'unico... Dipende tutto da voi!

Ebbene sì: non amo scrivere scene rosse, devo ammetterlo, ma credo che in questo caso potrebbero, in qualche modo, tornarmi utili. Ma valuterò se e solo se quella che ho scritto vi sembra che abbia del potenziale.

E a parte tutto questo, mi andava di lasciarvi con una specie di "cliffhanger": a prescindere, pubblicherò il resto domani mattina (e suggerimenti sulle modalità di pubblicazione sono molto ben accetti), ma nel mentre vi chiedo cosa vi aspettate da questa fantomatica "prima volta". Del resto è un cliché nel cliché...

Baci e caramelline ❤


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