11.

«Professoressa Orsi?» Domando, incerta. La mia presto ex insegnante di inglese mi sorride, all'apparenza sincera.

«Cammareri! Che bella sorpresa! Qual buon vento? Prego, siediti, siediti pure!» Mi invita, senza darmi tempo di rispondere. «È andato bene l'orale? Mi hanno detto che agli scritti ti sei rifatta abbastanza, rispetto all'ultimo periodo dell'anno. Meno male! Comunque, come mai qua?» ribadisce. Mi siedo e, senza volerlo, abbasso lo sguardo.

«Cammareri, è successo qualcosa?» insiste, all'improvviso apprensiva, preoccupata. Alzo lo sguardo, mi rialzo in piedi e prendo fiato, guardandola dritta negli occhi scuri.

«Volevo chiederle scusa» esordisco, diretta. «Nell'ultimo periodo sono stata un'emerita... Idiota.» concludo, senza riuscire a trovare sinonimi meno crudi e altrettanto onesti. «Le ho riversato addosso una serie di frustrazioni e... Cose che erano solo nella mia testa...»

"Grande proprietà di linguaggio per essere una neo diplomata, Mel" mi rimprovero a mente: la Orsi, comunque, non sembra farci caso.

Sorride, comprensiva.

«Se ti dicessi che non è vero, mentirei» ammette, accomodandosi e ribadendo di sedermi a mia volta con un cenno. «Mi sono accorta che hai iniziato a non studiare sistematicamente inglese, a guardarmi storto nei corridoi, a fare domande frivole, pensavo "Ma dai, la Cammareri, sempre così diligente e a modino adesso è così, ma che le è successo?". E...»

Esita, forse soppesando se concludere la frase o meno.

«Ho immaginato ci fosse in mezzo la questione "professor Rodari".» sputa infine, palesemente malvolentieri. Storco le labbra in una smorfia di disappunto.

«Quindi era anche arrivata nel corpo docenti.»

«La scuola è una piccola città, Cammareri» conferma, per poi trasformarsi in complice. «Non per essere sessista, ma ti lascio immaginare gli uomini quanto l'hanno preso in giro. Tutte frasi nel pieno del rispetto del tuo ruolo di studentessa e soprattutto di minorenne, sia chiaro, ma sai com'è il chiacchiericcio...»

«Prof, non si preoccupi, non ho paura di sentirmi dire chissà che» la rassicuro, mettendo le mani avanti come a bloccare il discorso. «Solo che non immaginavo che fosse così tanto di pubblico dominio.»

«Perché voi studenti non credete che noi professori siamo qualcosa oltre la facciata dietro la cattedra. È normale, anch'io da studentessa la vivevo così.»

«Comunque sia, non voglio rubarle troppo tempo» taglio corto, palesemente a disagio. «Volevo davvero, chiederle scusa. Sono stata...»

«Ho una curiosità» mi interrompe, brusca.

«Prego.»

«Premesso che se entro troppo nel merito dei fatti tuoi puoi zittirmi, ormai l'orale l'hai dato e io non sono in commissione, ma abbiamo ipotizzato che la tua attrazione verso il professor Rodari abbia avuto origine prima dell'inizio dell'anno scolastico. Sbaglio?»

Rispondo con un verso che non vuol dire nulla e che lei interpreta come una conferma.

«Perché hai iniziato a vedermi come una nemica a metà secondo quadrimestre?»

È curiosa. Nulla più. È evidente che la sua sia genuina, sincera curiosità priva di interessi nascosti.

Sono più stupita da quello che dalla domanda in sé.

«Perché...»

E a pensarci bene, la risposta è imbarazzante, tanto che non so nemmeno come spiegargliela.

«Perché ti sono arrivate delle voci per cui io avessi una cotta per lui durante la gita a Barcellona» indovina. Per quanto tenti di mantenere uno sguardo neutro, gli occhi le scintillano di soddisfazione.

«Be'...» tentenno. Lei sorride.

«Melissa» esordisce in tono confidenziale, chiamandomi per nome per la prima volta in cinque anni, «faccio questo lavoro da quando tu eri a malapena un'idea. Voi diciottenni pensate di avere il mondo in mano, e per certi versi lo avete, ma imparare a conoscerlo è un'altra storia. Non lo conosci nemmeno quando sei vecchio e l'hai girato tutto, e te lo dico perché mio nonno l'ha fatto davvero sulle navi mercantili, pace all'anima sua.»

La osservo, disorientata. Si alza e si avvicina, senza smettere di sorridere.

«Ti sei lasciata condizionare dai tuoi compagni a una maniera tale che hai iniziato a vedermi non più con i tuoi occhi, ma con i loro» sentenzia, pacata, forte della certezza di essere nel giusto.

Mi vergognerei meno se avessi copiato tutto l'esame da internet.

Si siede su uno spigolo, come ha sempre fatto Andrea, e mi sorride.

«Succede, succede a cinquant'anni, figuriamoci a diciotto. Siamo esseri umani, siamo fallaci, frangibili, imperfetti e bla, bla, bla...» prosegue, lasciando sfumare la voce, come un brano anni ottanta. «Ma più di tutto, vogliamo conferme di quello che pensiamo. Nel tuo caso che il professor Rodari non ti considerasse perché cercava le attenzioni di un'altra donna, e non perché, semplicemente, non ha interesse romantico o sessuale per le ragazzine.»

Non l'ho mai vista così paziente e quasi materna, a lezione. Mi chiedo il perché, ma mi tengo le mie domande per me.

«Mi permetto di darti un'ultima lezione, prima che lasci questo istituto.»

Solleva la mano sinistra e me la piazza davanti, di dorso: «Noti niente?»

Sull'anulare, su una montatura sottilissima in oro bianco, scintilla un piccolo zaffiro.

«È un...» azzardo, timida.

«Dillo, dillo.»

«È un anello di fidanzamento?»

«Che porto da?»

Mi scappa da ridere: «Lo vedo per la prima volta adesso.»

«Da un anno» spiega, mentre con l'altra mano estrae lo smartphone e inizia a scorrere la galleria. «Mi sposerò la settimana prossima.»

«Auguri, allora!» strillo, sinceramente stupita e rallegrata. La prof ridacchia sotto i baffi e si avvicina con aria cospiratrice: «Ti ritengo una persona matura a prescindere dall'esame, ma devo chiedertelo: sai tenere un segreto?»

«Sarò una tomba, prof» la rassicuro, immaginando che la notizia del matrimonio non sia trapelata tra i docenti. Lei, però, si abbassa e mi mostra una fotografia: un primo piano dove lei esibisce l'anello, raggiante, abbracciata a una donna con il caschetto biondo, tratti algidi e freddi occhi blu.

«Prof, scusi, ma...» non riesco a fare a meno di dire.

«Ebbene sì.»

Ripone il cellulare in tasca, senza smettere di sorridere, di un sorriso che non le ho mai visto di fronte ad Andrea.

«Io e il professor Rodari ci conosciamo da parecchio» spiega poi. «Quella che a voi sembrava una complicità da eventuali risvolti romantici è solo una vecchia amicizia legata al fatto che lui mi ha aiutata a fare coming out con i miei, a suo tempo. Ci siamo persi per molto tempo e ci siamo ritrovati qua.»

Sorride ancora.

«Impara a tenere certi segreti per te, Melissa. Il mondo è piccolo, la gente mormora, e un pettegolezzo maligno è molto più divertente di uno positivo. Soprattutto quando colpisce una ragazza bella, divertente e brava a scuola, 'ché disprezzare è più accettabile di invidiare.»

Mi viene da piangere.

Povera professoressa Orsi, quante gliene ho dette dietro senza che se lo meritasse.

«Prof» e mi rotola giù un lacrimone infame dall'occhio destro, ma non me ne frega niente, «perché non parla così in classe? Sarebbe più simpatica!»

Ride.

«La me insegnante e la me di tutti i giorni sono due donne che non devono mai incontrarsi. Ora perdonami, ma ho da fare.»

Si alza e mi porge la mano, mentre io tiro su col naso e mi asciugo gli occhi appannati, finalmente serena.

«Ti auguro il meglio.»

«Le auguro lo stesso, prof. Ancora auguri per il suo evento.»

Mi asciugo gli ultimi residui di pianto, inspiro e metto la mano sulla maniglia: sono quasi fuori dall'aula, quando la sento richiamarmi.

«Una cosa...»

Mi volto: «Sì?»

«Quando verranno esposti i risultati, dì in portineria il tuo nome e cognome. C'è una cosa per te.»

Fremo, subito impaziente: «Cosa?»

La donna di poco prima sembra sparita, e ha ceduto il passo all'ansiosa, timorata e comunque stronza professoressa Orsi: «Ah, non lo so. A tempo debito, Cammareri. Dopo l'esposizione dei risultati.»

Sorride di nuovo: «Il professor Rodari sa mantenere molto, molto bene i suoi segreti.»

Sorrido di rimando, elettrizzata: la voglia di piangere di poco prima è sparita del tutto, lasciando posto all'impazienza febbrile e gioiosa: «Lo terrò a mente. Grazie, professoressa!» Trillo.

Percorro le scale a rotta di collo, spalanco il portone della scuola, mi lascio alle spalle il porticato e prendo un lungo respiro, il primo da diplomata.


Mi permetto di citare un mio docente dell'università:

«Le emozioni vanno espresse, non represse. E soprattutto vanno gestite, non comandate, altrimenti sarebbe come mandare giù il rospo.
Io vorrei che vi fosse chiara l'immagine di "mandare giù il rospo": significa ingoiare intero un anfibio ciccione, viscido e sporco, ritrovarsi il suo viscidume giù per la gola e permettere che questo rospo, sporco e pesante, sguazzi nello stagno del vostro stomaco.Fa schifo, eh?
Quel rospo è il rancore.»

Il capitolo si basa praticamente su questa citazione.
(sì, invidio molto il mio professore di psicologia 1 per aver tirato fuori una frase del genere)

COOOOOMUNQUE vi aspettavate questa svolta? Immaginavate l'omosessualità della professoressa o è arrivata totalmente a caso? E soprattutto, sarà andato bene 'sto maledetto esame di maturità?

Rimanete su questi schermi, 'ché il prossimo è proprio l'ultimo capitolo ❤❤

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