1. Melissa


Parte Uno: "Le fondamenta"




Il sommesso rotolio di una biglia mi risveglia: ciononostante non apro gli occhi ma inizio a contare gli elefanti, come avevo imparato da bambina.

Al sessantesimo elefante un cinguettio di uccellini e una musica ritmata irrompono dalla piccola cassa del mio cellulare, fatto che mi strappa subito un sorriso: ho pensato spesso di disattivare la sveglia negli ultimi mesi, ma la puntualità del messaggio che la precede continua a farmi alzare di buon umore.

«Ah, Vale...» sospiro, zittendo la sveglia e venendo investita dalla luce dello schermo del cellulare: il messaggio è sempre lo stesso, ma non desidero altro.

Accendo la luce, certa di essere sola, e mi avvio verso la cucina grattandomi gli occhi ma tutto sommato attiva, mentre il freddo di inizio gennaio si insinua rapido sotto il mio pigiama, intirizzendomi: con un gesto automatico accendo la TV, sintonizzata su chissà che telegiornale da cui il conduttore annuncia grave "Una notizia dell'ultimo minuto arrivata da New Yo..."

«Che palle!» gnaulo, sintonizzandomi al volo sul canale successivo «Non si può iniziare la giornata con TG, dai!»

Svolgo le mie solite azioni mattutine con in sottofondo un cartone risalente ad almeno dieci anni prima che io vedessi la luce, ritrovandomi sul mio motorino scalcinato nel minor tempo possibile, arrancando verso la prigione che mi sono scelta e che mi accoglierà per il prossimo anno e mezzo, per poi sputarmi nel mondo adulto con un pezzo di carta buono neanche come palliativo della carta igienica: ma ehi, ormai ho superato più della metà del percorso e non posso certo arrivare dai miei annunciando che ho deciso di mollare per inseguire chissà quale chimera per poi ritrovarmi a fare la cameriera dal paninaro senza neanche uno straccio di diploma.

Arrivo a scuola abbastanza presto, come mio solito: Ester e Clarissa non ci sono ancora, così ne approfitto per accendermi una sigaretta e non sentire le loro lamentele a riguardo.

«Ciao Meli'.»

Mi alzo con un sorriso: «Ciao Nico. Passate bene le vacanze?» gli domando dopo avergli stampato due baci rapidi sulle guance come saluto.

«Dai, non mi lamento. Tu? Stai sempre con Valerio?»

Rido: «Che domanda è?»

«È da tanto ormai» constata lui «La prima volta che vi ho visti insieme non vi avrei dato dieci citti.»

Aspiro con vigore la sigaretta solo per non rispondergli come vorrei: "Come tutti, del resto".

«Cioè, capiscimi, Valerio è lì che boh, tu invece be'...»

«Nico, Nico, Nico» lo interrompo, portando le mani avanti per ribadire il concetto con il linguaggio del corpo «Lo so. Però, per piacere, evita.»


Sono sempre stata bella.

Ne ho la consapevolezza fin dall'infanzia e non ho mai cercato, come alcune mie compagne, di nascondermi dietro a una modestia che non mi appartiene o di minimizzare quando mi sento fare dei complimenti: sono conscia della mia altezza, dei miei capelli curati, dei miei grandi occhi chiari e dell'armonia generale che mi caratterizza, senza mai averne fatto mistero.

Alcuni sostengono che io sia una che se la crede troppo e dovrebbe scendere dal piedistallo, il più delle volte perché, a loro dire, non mi imbarazza ricevere apprezzamenti sul mio fisico; credo che sia per questo che sono rimasti tutti tanto straniti quando ho iniziato a frequentare Valerio.

Sorrido, pensando a lui: è un ragazzo, secondo me, meravigliosamente nella media che, per gli altri, si confonde in mezzo a miriadi di altri volti estranei. Altezza media, accenno di pancia di chi non è avvezzo a fare sport, grandi iridi castane, capelli corti e tenuti in ordine da un taglio casalingo regolato con la macchinetta, polo d'estate e maglioncino d'inverno: tante volte mi è venuto da supporre che se fosse stato più "brutto", la sua relazione con me avrebbe suscitato meno scalpore tra chi ci conosce, dato che il commento che ho sentito più spesso è "Ma è uno come tanti".

A me piace immaginare Valerio come un'opera d'arte moderna: gli avventori casuali si limitano a guardarla con malcelato disprezzo, sputare un giudizio superficiale e proseguire per la propria strada, i critici ne possono apprezzare la bellezza, ciò che la differenzia dal resto e le idee che essa trasmette e si porta dietro. Potrà suonare vanesio, ma la vedo così.


«Hai sentito che Santoro non c'è più?»

La voce di Nicola mi riporta alla realtà: strabuzzo gli occhi, stupita.

«In che senso "non c'è più"?»

Il professor Santoro è il mio insegnante di italiano e latino: non ha mai brillato per simpatia, è vero, ma mi dispiacerebbe se fosse morto.

«È andato in pensione» mi spiega.

«Cioè, fammi capire» lo interrompo, gettando il mozzicone con una schicchera «All'inizio del secondo quadrimestre ha fatto che dire "Chi se ne frega" e ha mollato tutto? E chi lo sostituisce?»

«Spero un professore carino» si annuncia Ester con una risata, gettandomi le braccia al collo per salutarmi «Già che ho avuto questa sorpresa, che sia bella!»

Nicola ride: «Colpa tua che durante le vacanze vai in montagna e resti fuori dal mondo.»

Restiamo a chiacchierare fino a che l'ultima campanella non ci ricorda che quello è il porticato della scuola e che le vacanze di Natale sono ormai finite.

«Secondo te come sarà 'sto nuovo professore?» mi domanda Ester appena ci sediamo in classe, nei nostri amati banchi in fondo all'aula. Scrollo le spalle.

«Boh, non voglio illudermi.»

«Magari è un tirocinante» azzarda lei con aria trasognata «Di quelli idealisti, freschi di università, che ci lascia fare quello che ci pare e pure carino.»

«E innamoratissimo di Ester Bordoni, certo» ridacchio: sebbene non sia una bellezza canonica, Ester non può fare a meno di colpire, con i suoi grandi occhi verdi e i capelli tinti di rosso chiaro che, combinati alla sua carnagione pallida, sembrano quasi naturali. La sua risata, poi, è talmente contagiosa e cristallina che non può che mettere di buon umore.

È la mia migliore amica da quasi quattro anni: ci siamo piaciute subito, appena approdate in quel gran casino di liceo, e non ci siamo più lasciate.

«Come minimo» si intromette Clarissa, la ragazza seduta davanti a noi, appena arriva in classe «Sarà più vecchio e brutto di Santoro, dovrà fare questi ultimi mesi di lavoro e avrà lo scazzo perenne.»

«Qualcuno sa come si chiama?» si informa Ester, sempre più curiosa «Magari è su Facebook.»

«Rodari, ha detto Nico. Ma tanto dopo l'intervallo lo vediamo, quindi ormai tanto vale aspettare.»

Sorrido, guardando Ester: «Scommetto un pacchetto di patatine che è un vecchio bacucco.»

Ester, come avevo previsto, coglie subito la sfida: «E io scommetto una Kinder Delice che sarà un professore giovane» sentenzia, porgendomi la mano per stringere la mia «Clarissa, spacca.»

Spazio autrice

Buongiorno e bentrovati qui su Campuswave Rad... Scusate, deformazione professionale.
Dicevo, bentrovati in questa nuova, scoppiettante storia: lo so, l'inizio non è la cosa più brillante di questo mondo, ma chi mi conosce sa che ci metto un pochino a ingranare.
Ebbene, vorrei le vostre congetteorie (cit): come vi sembrano 'sti personaggi? Come vi aspettate che sia questo sedicente nuovo professore? Prestavolto a parte, dico.
Sì, ok, è un po' presto per farsi viaggi mentali, però ehi, almeno avete la mente sgombra!

Fatemi sapere tuuuuutto quanto.

Baci e caramelline ❤

P.S.: come avrete notato, si apre con la scritta "Parte Uno". La storia, infatti, è stata concepita come una struttura in tre parti definite che dovrebbero contare quindici o venti capitoli l'una, se le cose vanno per il verso che voglio io. Non sarò prolissa, però, giurin giuretta ❤

P.P.S.: non so perché ma non lo formatta come vorrei, vi chiedo scudo :(

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