Capitolo VII
Non gli piaceva rubare e, soprattutto, non gli piaceva farlo in casa del suo padrone, Cedric Collins. Eleanor era sua amica, era leale con lui e non gli aveva mai fatto pesare la diversa condizione sociale. E lo stesso valeva per il resto della famiglia: nessuno aveva mai alzato la voce con lui.
Eppure, Jack aveva preso senza esitazione quel coltello da caccia dimenticato nella sala dove il padre di Eleanor riceveva gli ospiti. Sapeva per certo che quell'arma non apparteneva al suo signore, poiché l'uomo non era interessato né alla caccia, né alle armi. Nascose il pugnale nella sua sacca e poi corse al mercato per provare a rivenderlo.
«Porta via da qui quel coltello, ragazzo» disse l'ennesimo mercante. «Non voglio avere guai, io».
Confuso per i rifiuti, si disse che le ragioni del suo insuccesso stavano nella scarsa qualità dell'oggetto, ma quando lo estrasse dal fodero, gli parve tutt'altro.
Il manico, rivestito con uno spesso strato di cuoio, aveva una forma arcuata che ne facilitava la presa e sulla lama, poi, vi erano due serie di incisioni.
«Non lo venderai mai».
Jack alzò lo sguardo e incrociò gli occhi di un bambino più grande: braccia più robuste, spalle più larghe, ma Jack non ebbe mai paura di lui. Aveva occhi così calmi, così scuri.
Gli sorrise prima di parlare. «Perché?».
«Nessuno compra un pugnale con il nome del proprietario inciso sopra» spiegò.
Jack si rimproverò per non averlo capito da solo.
«Dovresti restituirlo» continuò l'altro. «Potrebbero punirti se scoprono che l'hai preso».
«Ehi, moro, non ti vogliamo in giro!» una voce aspra fece irruzione.
Jack vide il suo nuovo amico abbassare lo sguardo e stringersi nelle spalle. A quel punto, rigirò fra le mani il coltello per poi impugnarlo. «Sta' zitto, vecchio!» sbottò con fermezza. «Lui sta con me».
Lo vedeva da sé che il suo nuovo amico era straniero, e non solo per il colore della pelle. Riconosceva in lui tratti insoliti: naso schiacciato e narici più ampie, fronte alta e capelli scuri e crespi.
Jack si sentì offeso quanto e forse più del suo compagno: sapeva bene quanto lo ferivano le persone che si riferivano a lui chiamandolo schiavo.
«Vieni» aggiunse poi, invitandolo a camminare con lui.
«Perché l'hai fatto?» chiese lo straniero, una decina di passi dopo. «Perché mi hai aiutato?».
«Tu perché mi hai aiutato, con la faccenda del pugnale?»
«Non lo so» disse il bambino arabo. «L'ho fatto e basta».
«Anch'io l'ho fatto e basta» fece Jack, alzando le spalle.
«Ah: quasi dimenticavo» aggiunge, fermandosi di colpo e iniziando a cercare nella sua tasca. «Tieni» disse, prima ancora di estrarne qualcosa.
«Ma io non voglio soldi» si affrettò a dire l'altro, alzando le mani e facendo un passo indietro.
Jack gli fece vedere un grosso bottone nero e poi lo lanciò nella sua direzione, facendo schioccare le dita. «Domani, all'ora dei vespri, chiedi della casa di Edd il pazzo. Ci troverai dietro il cortile».
In verità, Jack sapeva bene perché lo aveva scelto: il nuovo arrivato gli aveva dato un consiglio in modo disinteressato, aveva avuto il coraggio e la forza di aiutarlo senza aspettarsi nulla in cambio. Lo straniero aveva deciso di tendere una mano nella sua direzione, nonostante vestisse gli stracci di uno schiavo. Jack non conosceva neppure il suo nome, ma non aveva importanza: dentro di sé, sentiva che erano simili. Ahmed, da canto suo, si sentì pronto a seguirlo anche in capo al mondo: il suo nuovo amico lo aveva accolto come nessun'altro bambino a Londra era stato capace di fare, sorridendo.
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