Capitolo IV

David svelò che suo padre aveva organizzato una grossa battuta di caccia, che sua madre sarebbe rimasta a corte tutto il tempo e che quindi loro avrebbero potuto passare la mattinata ad allenarsi. Il gruppo accettò di correre il rischio, sebbene ormai fossero di casa in quell'armeria: erano più di tre settimane che approfittavano di quello spazio ogni volta che il padre di David si allontanava da casa; e ciò succedeva spesso, perché Patrick Percy era un aristocratico che lottava ogni giorno per ottenere un posto di prestigio a corte.

Eleanor scostò la porta dell'armeria. Come al solito, sapeva di essere l'ultima arrivata: riusciva a distinguere David che dava disposizioni, Jack che le contestava, Matilda che festeggiava per un duello appena vinto e Geoffrey che ricordava a sé stesso le correzioni. Non aveva sentito Tom, ma non se ne meravigliava: era il più piccolo e il meno rumoroso, incredibilmente il più concreto. Allungò la mano mancina, ma riuscì a sfiorare appena la maniglia. Qualcuno le mise una mano sulla spalla e lei trasalì per lo spavento. Si voltò all'istante e adottò una posa di difesa, lasciando la sinistra pronta a colpire e il braccio destro vicino al petto. «Sir Lionel» sussurrò, mentre imponeva a sé stessa di calmarsi.

Un nobile che si rispetti deve saper combattere, reggere una spada pronta a vincere, cavalcare in modo impeccabile. È consuetudine che i padri si preoccupino della formazione dei figli, ingaggiando un maestro d'armi. Sir Lionel era il maestro di David, un cavaliere con un bagaglio di esperienze sufficiente per insegnare, ma non ancora sazio di sfide. Braccia lunghe e dinoccolate, capelli biondi, cortissimi, che seguivano un'attaccatura a punta. 

«Mi spieghi cosa state facendo?» chiese. «David sa che siete qui?» continuò.
«Certo. Ci stiamo allenando».
«Allenando?» ripeté lui, incurvando le sopracciglia. «Perché dovrebbe fare con i suoi amici ciò che può fare con me?»

«Perché con noi si diverte».
Quella risposta fu uno dei fendenti più rapidi e freddi che l'uomo avesse mai incassato. Confuso, si ritrasse silenziosamente d'un passo. E fu proprio grazie a quel silenzio che riuscì a sentire le risate dei bambini al di là della porta. A quel punto, rialzò la testa e varcò l'uscio. Quando gli altri videro Lionel, si zittirono di colpo. David mosse il braccio destro come a difendere il resto del gruppo, gli altri, invece, si nascosero come poterono. Matilda si coprì il viso con le mani, Tom si nascose dietro il vestito della sorella, Geoffrey saltò dentro un vecchio barile vuoto e Jack si riparò dietro un carro piegato su un fianco e privo di ruote. Sir Lionel sorrise di quelle reazioni.

«So che usate questo posto per allenarvi, per giocare» disse. «Non importa da quanto tempo lo facciate, quello che voglio sapere è se volete iniziare a fare sul serio».
Un secondo dopo, Geoffrey si allungò da dietro il barile e anche Matilda si tranquillizzò, scoprendo sia lei che il fratello. Jack attese ancora prima di lasciare il suo nascondiglio. Eleanor ne approfittò per raggiungere, finalmente, il suo posto: non dal lato del cavaliere, ma al fianco dei suoi amici.

«Voi allenate la spada, io vi do la possibilità di allenare il braccio che muove l'arma» disse l'uomo.
«E in che modo?» chiese Geoffrey, uscendo definitivamente allo scoperto.

«Allenamento con i pesi, corse ai gatti, studio delle posizioni».

I ragazzi iniziarono a guardarsi fra loro. C'era chi cercava appoggio, conferme e chi continuava a esitare, come Jack, ancora convinto che l'uomo rappresentasse una minaccia.

«Come la mettiamo con mio padre?» fece David.

«Riferirò che non stai migliorando e hai bisogno di più tempo».

«E noi come entriamo in casa? Continueremo a intrufolarci?» chiese Tom.

«Potremmo dire ai domestici che aspetti ospiti» continuò Lionel, guardando David.

I due si conoscevano da meno di un anno, ma il cavaliere aveva imparato a capire il ragazzino. Immaginava che il primo, l'unico, da convincere fosse proprio lui. 

Mentre attese la sua risposta, rimase a guardarlo negli occhi. David, dal canto suo, conosceva le armi del suo mentore. La qualità che apprezzava di più era la sua onestà: anche a costo di procurargli un dispiacere, Lionel era sempre stato sincero con lui.

«Possiamo provare» disse, quasi sussurrando.
«Cominciamo subito, allora» incalzò lui. «Voi due» iniziò, riferendosi a Matilda e Tom, «portatemi i sassi più grossi che riuscite a trovare». «Raccogli tutti i secchi che trovi in giro: li riempiremo d'acqua» disse guardando Geoffrey. «Invece tu sei quello più diffidente» continuò, guardando Jack.

«Già» confermò lui, reggendo lo sguardo. «Ma David dice che sei un buon maestro».

«E sai perché lo sono?» domandò senza concedere il tempo per una risposta. «Vedi se riesci a rubare qualcosa di buono dalla cucina: serve sempre uno spuntino, dopo un duro allenamento». 


Jack si allontanò divertito, dimenticandosi dei dubbi che l'avevano trattenuto.

«Tu mi aiuterai a portare dentro le spade di legno che usate». Eleanor non si voltò per guardarlo, si abbassò e raccolse le armi. Fece i passi che portavano all'armeria e avvertì che l'uomo la stava seguendo. Si affrettò a infilare le spade di allenamento nella rastrelliera.

Sbuffò prima di parlare. «Come credete di aiutarci?»

«Voi usate queste» disse Lionel, alzando una spada di legno. «Sì, è una buona imitazione, ma chi le ha costruite non ha tenuto conto dell'aspetto più importante».

Lei si trattenne dal continuare, ma le sue sopracciglia la tradirono.
«Il peso» rivelò l'uomo. «Hai mai impugnato una spada vera?»

La bambina rivide per un istante la prima volta che misero piede in quell'armeria, la tensione sul volto di Geoffrey e il suo corpo inchiodato al suolo pur di reggere l'arma. 

Era più grande di lui di tre anni, dubitava di incontrare le sue stesse difficoltà. Sfilò una spada a caso dalla rastrelliera e, aiutandosi con entrambe le mani, riuscì a portare l'arma non più su del suo addome. Lionel rimase immobile a studiare quel tentativo, si avvicinò soltanto quando capì che la ragazza non avrebbe ottenuto un risultato migliore di quello.

«Vedo che sei mancina» commentò, toccandole il polso. Poi le afferrò il braccio e lo alzò; lei mantenne salda la presa, così che anche la spada salì lentamente.

«Quando riuscirai a reggere questa altezza, non avrai più bisogno del mio aiuto».
Un secondo dopo lasciò la presa su Eleanor, la quale, colta alla sprovvista, non riuscì a mantenere la posizione e fece cadere l'arma.
«Ti aspetto fuori con gli altri» disse infine, congedandosi da lei.
Eleanor rimase per un attimo confusa: non si fidava ancora dell'uomo, ma sapeva che il suo aiuto poteva servirle, poteva servire all'intero gruppo. 

«Ciao, Elly» disse Geoffrey, facendo irruzione nella sala: con la sinistra reggeva due secchi, uno dentro l'altro, con la manica destra si asciugava il sudore dalla fronte.

«Procura delle candele per domani sera» disse lei.

A quella richiesta, Geoffrey si mostrò incerto. Aveva piena fiducia nel pensiero dell'amica, ma quella volta, una delle prime in verità, si ritrovò a controbattere. «Perché dovrei farlo?» chiese. «Non mi piace Sir Lionel» confessò a quel punto Eleanor.

«Dai, Elly: non è poi così male» si difese Geoffrey, esitante.

«Eppure è strano» commentò la voce di David, giunto in tempo per dare supporto all'amico.
«Da quanto sei qui?».

«Così mi deludi, Eleanor» continuò, evitando volutamente di rispondere. «In fondo hai sempre detto che l'esperienza è la cosa migliore e lui ci sta mettendo a disposizione la sua. Non ti basta?»
Lei abbassò per un attimo lo sguardo, deglutì forte e quando rialzò gli occhi lo fece solo per incrociare quelli di David, mostrandosi più decisa di prima.

Solo a quel punto, i due si sorrisero. Ma non lo fecero con le labbra: si cercarono e si trovarono in un modo più intimo, meno percettibile ma più profondo. Quella volta, più che con le parole, si parlarono con gli occhi e non si sorpresero affatto quando capirono che il pensiero dell'una combaciava con quello dell'altro.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top