Capitolo III

Si diede una scrollata alle vesti, finse un sorriso e poi si chiese quanto ancora dovesse durare quello strazio. Portava una tunica blu con le maniche che si stringevano sui gomiti, un abito da cerimonia che detestava; le guance gonfie, annoiate, le sopracciglia tese. Provò a lasciarsi andare sbuffando da un angolo della bocca.
No: quel giorno non ci sarebbe stato spazio per braccia e gambe scoperte, nessun bernoccolo per ricordare la sconfitta e nessuna soddisfazione per i vincenti. Guardò alla sua destra e questa volta il sorriso fu sincero.


Matilda la guardava con i suoi occhi grandi, pieni; si mordeva il labbro inferiore. Le aveva chiesto di esserle accanto quel giorno, sorreggerla e difenderla, se fosse stato necessario. Quella richiesta sorprese e lusingò Eleanor che, accettando, scoprì di essere a casa di Matilda il giorno della sua proposta di matrimonio, dettaglio volutamente omesso dalla giovane. Il padre di Matilda, Bernard de Valery, era un uomo avvolto in costose stoffe, sedeva a un tavolo poco distante e conversava con altri due uomini. Aveva ordinato a una serva di versare una di quelle brocche di vino che gelosamente custodiva per occasioni particolari. E, se i forestieri non si fossero affannati tanto nel rifiutare il cibo, probabilmente avrebbe fatto servire quel pasticcio di carne con il quale il suo cuoco era diventato tanto celebre. Quando le formalità dei saluti furono superate, de Valery fece accomodare i suoi ospiti, con i quali intrecciò una fitta conversazione.

All'altro capo del tavolo, uno dei due uomini, quello più anziano, reggeva dei fogli e costantemente si asciugava il sudore dalla fronte, tergendolo con un fazzoletto bianco. L'altro, un giovane uomo dai lineamenti spigolosi, un pizzetto ben curato, teneva le braccia incrociate. Fissava distrattamente il muro alle spalle di de Valery, contando i mattoni che formavano la parete.
Eleanor, invece, sedeva con altre donne nell'angolo opposto della sala. Oltre che dall'amica, Matilda era circondata dalla sua dama di compagnia e dalle domestiche, pronte a intervenire per ogni richiesta del loro signore.

«È lui il mio sposo» sussurrò Matilda. «È quello più giovane».

«Cristo!» esclamò Eleanor. «Accidenti» si corresse un secondo dopo, stando ben attenta a non mettere in imbarazzo la servitù.

«So cosa stai pensando» sussurrò Matilda. «Ha il doppio dei miei anni».

In effetti, la differenza d'età era un fattore che Eleanor stava analizzando, ma non era il solo. Come puoi volere il matrimonio a undici anni? Come puoi sposare un uomo che non conosci? Come puoi sposare un uomo scelto da tuo padre? Come puoi volere che qualcuno scelga una qualsiasi cosa al tuo posto?

L'istinto la stava implorando di alzarsi di scatto, sbattere i piedi per terra e urlare.

«Ma... sei sicura?» non riuscì a trattenersi.

A quel punto, Matilda le prese le mani e parlò con una determinazione tale da zittire Eleanor e ogni sua esitazione. Prima di iniziare, si portò dietro l'orecchio uno dei grossi ricci biondi che era sfuggito ai nastri che legavano l'acconciatura.
Per la prima volta, i suoi grandi occhi azzurri mostravano una fermezza pari a quella dell'amica. «Tu forse pensi di rimanere a Londra per tutta la vita, Eleanor, ma io no» rivelò con tono dolce. «Voglio il potere e la forza per separarmi da mio padre e formare la mia famiglia» spiegò. «William de Braose può darmi tutto quello che cerco. E poco importa se è la prima, la seconda o la terza volta che lo incontro» concluse, continuando a tenerle le mani.

La cosa che più sconvolse Eleanor fu il fatto che Matilda sorrise, mentre le faceva quella confessione. Possibile che solo in quel momento scoprisse l'ambizione e l'astuzia di Matilda? Che ne era di quella ragazzina che, se per sbaglio feriva il nemico, era la prima a gettare la spada e a soccorrerlo? Si disse che non poteva credere davvero a quello che l'amica aveva appena rivelato e si convinse che il padre la costringesse. Ma poi ragionò: non aveva le forze, ma soprattutto il diritto, per strappare Matilda da quella scelta.
Non incrociò gli occhi di Matilda, si voltò distrattamente a sinistra, fingendo di essere attratta da qualcosa fuori la finestra.
«Rispetto la tua decisione, ma non posso condividerla» disse. «La mia mano sarà sempre tesa nella tua direzione, perché i veri cavalieri si aiutano l'un l'altro, anche se combattono battaglie diverse».
«Ma ci sei dentro anche tu».

Quella frase costrinse Elanor ad alzarsi: rovesciando la sedia, attirò l'attenzione di tutti. Ora teneva gli occhi fissi sull'amica e il suo sguardo sembrava non promettere nulla di buono. Matilda colse l'occasione. «Eleanor è indisposta, padre» disse. «La porto a prendere un po' d'aria». Le strinse la mano e di corsa uscirono dalla stanza.
Attese di essere fuori, prima di dare ulteriori spiegazioni. «C'è una cosa che non ti ho detto» bisbigliò.
«Inizio a pensare che siano più di una» commentò l'altra.
«Mio padre ha un credito nei confronti dei de Braose. Il matrimonio serve anche per porre fine a questi contrasti...»

Un matrimonio per soldi: ancora peggio.
«E il padre di William offre una grossa somma come dote».
«E questo perché coinvolge anche me?»
«Coinvolge non solo te, ma tutti gli altri».
«Perché ci coinvolge?» ripeté Eleanor. «Che ci facciamo noi con la tua dote?»
Matilda sapeva con certezza che qualcuno le aveva seguite, ma chiunque fosse rimase sull'uscio, quando le ragazze varcarono la porta di casa, puntando verso i giardini. A quella distanza, nessuno poteva origliare la loro conversazione, ma lei portò comunque la mano davanti alla bocca, prima di continuare. «La rubate» sussurrò.

Eleanor socchiuse gli occhi e fu facile per Matilda leggere le mille domande che le stavano spuntando sul viso. Proseguì prima che potesse intromettersi. «So tutto di questa dote: metà in sterline, l'altra metà in stoffe e bestiame. Prenderete le monete».
«Ma di che parli? Rubare? A te, poi?»
«Ruberete quelle monete perché lo voglio e poi perché quei soldi vi servono».
«Non ci sono mai serviti i soldi!»
«Eleanor, perché non capisci?» disse Matilda, quasi irritata. «Con quei soldi potrete comprare spade, scudi e il necessario per gli allenamenti. Perfino un posto dove duellare alla luce del sole. E io voglio che lo facciate perché...»
«Perché...?» la spronò l'altra.

«Perché i veri cavalieri si aiutano l'un l'altro, anche se combattono battaglie diverse» concluse, sorridendo.
Eleanor ammise che Matilda le stava offrendo la possibilità di realizzare il sogno di tutto il gruppo. Ma si trattava pur sempre di rubare. Rubare a uno di loro.
«Consideralo il mio regalo d'addio» aggiunse l'altra. «Io e William ci trasferiremo in Galles».


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