TERZA PROVA

Le sue sottili dita chiare sfiorarono leggermente il vetro di fronte a lei. Oltre a quella superficie trasparente, l'universo infinito. Milioni di puntini luminosi popolavano quel nero immenso, facendo pensare ad un telo scuro posto ad oscurare una luce meravigliosa, che tuttavia riusciva a penetrante attraverso alle maglie della stoffa. Lo spettacolo era allo stesso tempo bellissimo e inquietante, ma la giovane creatura non notò nessuno di questi aspetti della scena che si apriva di fronte a lei. I suoi occhi angosciati non riuscivano a distaccarsi dalla visione che avevano di fronte, ad abbandonare lo scenario apocalittico che tanto avevano temuto. Non molto distante dal vetro, in confronto alle distanze inimmaginabili che lo separavano da quei punti di luce palpitante, il pianeta su cui era cresciuta, meraviglioso nelle sue accese sfumature di verde, proseguiva imperturbabile la sua rotazione. Poco oltre, il velo della realtà si distorceva. L'oscurità turbinava, risucchiando in sé l'essenza stessa di quella parte di universo. La luce svaniva, tuffandosi nelle profondità di un abisso senza uscita. Il buco nero sembrava allo stesso tempo lontanissimo eppure molto, troppo vicino, tanto da attirare inesorabilmente su di sé anche lo sguardo di chiunque lo osservasse.
Turbata, la giovane si ritrasse leggermente dal vetro, per sfuggire alla spiacevole sensazione di caduta nel vuoto che le provocava vista di quello spettacolo. Il suo sguardo cadde sul pianeta rigoglioso che era stato la sua casa, il quale ora stava lentamente variando la sua orbita per avvicinarsi pericolosamente a quella voragine oscura, dirigendosi verso una fine tanto sconosciuta quanto spaventosa. La sua casa. Il suo mondo. Tutto ciò in cui aveva sempre creduto stava per scomparire per sempre. La creatura trattenne un grido disperato mordendosi con forza la lingua. Non riusciva a pensare agli avvenimenti degli ultimi anni, gli anni in cui tutto era stato messo in discussione, senza sentirsi completamente persa.

In realtà, erano già millenni che Aster, una delle due stelle binate attorno alle quali ruotava il loro sistema solare, aveva cominciato a mostrare segni di cedimento, ma gli abitanti del pianeta Nogar non avrebbero mai potuto immaginare quanto veloce sarebbe stato il suo declino. E, soprattutto, quanto rovinoso. La stella pareva destinata a spegnersi, si, ma milioni di anni nel futuro, perciò nessuno si era preoccupato, accettandolo come un normale sviluppo della vita dell'universo. Astram, la stella gemella ancora nel pieno della sua vita, avrebbe continuato a brillare come prima, permettendo ai Nogariani di sopravvivere tranquillamente sul loro accogliente pianeta.
E poi, improvvisamente, gli eventi avevano preso una piega inaspettata. Il cuore pulsante di Aster si era distrutto, collassando su sé stesso, e la bellissima stella che aveva per miliardi di anni aveva permesso la vita in quell'angolo di universo si era trasformata in ciò che ne avrebbe causato la fine. Un abisso di morte, uno stralcio di inferno. Un buco nero.

A quel punto, poco importava capire se ciò che rimaneva di Aster avrebbe distrutto anche la gemella, perché Nogar non sarebbe sopravvissuto abbastanza a lungo da scoprirlo. La giovane, con il viso appoggiato sul vetro gelido, ricordava bene gli ultimi mesi passati nel terrore più assoluto, la paura che di loro non sarebbe rimasto nulla, la consapevolezza che ogni cosa fatta fino a quel momento era stata inutile e superflua. Ormai c'era chi aveva perso ogni speranza, ma anche chi non si sarebbe mai arreso. Chi continuava a combattere contro un nemico immensamente più grande di lui. In pochi mesi, le più grandi menti del pianeta, unite dalla disperazione, erano riuscite a costruire un centinaio di grandissime astronavi, progettate per portare in salvo tutti gli abitanti, dal primo all'ultimo. E così, ad un passo dalla catastrofe, l'intera popolazione di Nogar era stata caricata nella pancia di quei giganteschi mostri metallici, per essere portata in salvo. Dove sarebbero andati?, chiedeva qualcuno. Non era importante. Tutto ciò che contava era allontanarsi per sempre da quel luogo. Portare il loro popolo in salvo. Sopravvivere. Per questo motivo, ora una parte di abitanti del pianeta si trovava a bordo dell'astronave su cui era salita anche la giovane creatura, e il resto della popolazione era distribuito fra le altre navi spaziali, dalle quali stava a sua volta osservando ciò a cui era scampato.

Senza un posto dove andare, tuttavia, gli abitanti di Nogar erano spacciati. Le provviste a disposizione sulle astronavi sarebbero bastate per cinque, sei mesi. Sette razionandole severamente. Trascorso quel tempo, tutti coloro che si trovavano a bordo non avrebbero avuto alcuna possibilità di sopravvivere, privati delle risorse indispensabili. La popolazione di un intero pianeta, uno dei più evoluti della galassia, sarebbe stata sterminata silenziosamente, divorata dalla mancanza di una casa. Si rendevano conto di aver bisogno di una nuova sistemazione, un nuovo pianeta. E sapevano che, quella volta, la soluzione non avrebbe potuto essere pacifica.

I Nogariani non erano mai stati un popolo ostile alle altre specie che abitavano la galassia. Avevano sempre sostenuto, quasi all'unanimità, una politica di scambio pacifico. Amavano la tranquillità, ed erano un popolo tecnologicamente molto evoluto rispetto agli abitanti degli altri pianeti.
Eppure, sapevano bene che ci sono occasioni in cui o uccidi o vieni ucciso. E altre in cui se scegli la seconda alternativa, è un intero popolo a subirne le conseguenze.
E loro, nonostante tutto, erano ben decisi a salvare il loro popolo.

Consci dell'emergenza della situazione, già mesi prima avevano avviato missioni esplorative in tutta la galassia, alla ricerca di un nuovo luogo in cui stabilirsi. E lo avevano trovato. Un pianeta neanche troppo lontano, facilmente raggiungibile grazie alla tecnologia estremamente avanzata dei Nogariani, molto simile a quello che stavano a malincuore abbandonando al suo destino. Le sue dimensioni erano simili, e addirittura le creature che lo controllavano non erano molto diverse da loro. L'atmosfera era compatibile, la natura abbastanza rigogliosa, le aree abitabili abbondanti. La popolazione dominante sul pianeta, inoltre, era tecnologicamente arretrata in confronto a qualunque altro pianeta della galassia. Non erano nemmeno ancora entrati in contatto con popolazioni a loro estranee, motivo per il quale il loro pianeta si era guadagnato, presso i sistemi solari a lui più vicini, il titolo di "pianeta solitario" o "pianeta eremita". In condizioni normali, i Nogariani sarebbero stati estremamente felici di una notizia simile. Avrebbero avvicinato gli alieni ignari, sarebbero entrati gradualmente in contatto con loro, avrebbero insegnato loro i rapporti pacifici con il resto della galassia e li avrebbero presi sotto alla loro protezione, come un'affettuosa mamma uccello che segue attentamente i suoi piccoli nei loro primi voli. Il loro obiettivo era sempre stato quello di creare una coesistenza basata sulla pace fra i popoli della via lattea, favorendo l'incontro e lo scambio tra i popoli. Ora, invece, venire a conoscenza di una notizia simile aveva provocato loro una grande maliconia. Si, sarebbe stato facile per loro sconfiggere un popolo così profondamente in svantaggio, ma in fondo si sentivano come un gigante che sta per gareggiare contro un bambino. Ma il senso di responsabilità nei confronti del loro popolo era più forte. Sapevano di dover sopravvivere. La loro presenza era indispensabile all'intera galassia, in quanto i loro sforzi per il mantenimento della pace erano spesso determinanti, e la loro tecnologia e cultura milionaria meritavano di essere consevate. Così, alla fine, avevano deciso, anche se non senza amarezza.

La giovane ricordava il momento in cui la notizia della decisione che era stata presa era stata comunicata. Suo padre aveva sospirato, alzando lo sguardo sul cielo terso, e aveva mormorato - Immagino che non ci sia scelta...- ,mentre la moglie si passava la mano fra i capelli con aria inquieta. Fino all'ultimo avevano sperato che il loro popolo non avrebbe dovuto macchiarsi di un delitto simile, che si sarebbe trovata una soluzione alternativa.

Ora, invece, si trovavano tutti e tre dentro alla grande astronave, in orbita attorno al pianeta verde. Non erano molto lontani da casa, la stessa casa in cui avevano vissuto per anni e all'interno della quale avevano passato gli ultimi mesi di tensione e paura, eppure non avrebbero potuto sentirsi più lontani. Alla giovane creatura sembrava fossero passati anni, e non appena mezza giornata, dall'ultima volta in cui si era voltata ad osservare il cielo sotto al quale era cresciuta, in piedi sul ponte d'ingresso dell'astronave, con le gambe tremanti e il cuore schiacciato da un peso opprimente. 

All'improvviso una voce la riscosse dai suoi pensieri. Si voltò verso la grande stanza metallica affollata di suoi simili, improvvisamente piombata nel silenzio. Al centro dell'ambiente era comparso un ologramma tridimensionale, che proiettava la figura slanciata di un Nogariano particolarmente alto. La sua espressione era grave, il suo sguardo severo.

- Abitanti di Nogar - cominciò - presto avremo un nuovo posto in cui stare! - abbozzò un sorriso, ma era falso e sforzato - A quanto pare, il pianeta Terra ha reagito alla nostra dichiarazione di guerra -.

L'ologramma si dissolse, e la stanza piombò nel caos.
Fra le voci che rimbalzavano e roboavano amplificate fra le pareti metalliche, la giovane creatura si voltò verso la madre, e si strinse a lei soffocando le le lacrime.

Strinse fra le dita la piccola scatoletta che teneva in tasca, in cui aveva racchiuso, poco prima della partenza, una piccola quantità di terreno verdeggiante di Nogar, preso sotto all'albero sul quale amava arrampicarsi. Le era sempre sembrato di poter abbracciare l'intero pianeta, da lì. Solo ora, osservando il suo bellissimo pianeta da lontano, si rendeva conto di quanto assurda fosse quell'idea.

- Presto avremo una nuova casa - sussurrò mentre i motori dell'astronave si accendevano, e il gigantesco mezzo spaziale schizzava via, diretto verso il più remoto dei sistemi solari.

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I buchi neri mi fanno paura D:

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Quasi quanto le scadenze da rispettare con meno di 5 giorni di ritardo :D

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