III

Un tonfo. Il rumore della superficie del lago infranta. Il gorgoglìo delle bolle d'aria e degli spruzzi che ricadono. Una figura nera che si dibatte in lontananza, netta contro la luce argentea della luna calante. Un grido ovattato. Bolle d'aria vitale che sfuggono verso l'alto. Un ultimo spasmo e poi l'immobilità più assoluta. La creatura affonda lentamente nell'acqua scura, spandendo attorno a sé un odore penetrante di sangue.

La sirena osserva la scena da dietro una roccia, in profondità. Guarda il corpo toccare il fondo melmoso del lago con un lieve tonfo e giacere immobile tra le dita verdi delle alghe. È attirata dalla forma insolita del corpo dell'affogato e dall'odore di sangue fresco, ma rimane ancora per un po' dietro allo scoglio, intimorita dall'odore del sangue, diverso da quello umano.

Infine si decide a lasciare il suo nascondiglio. Le sue mani bianche si staccano dalla roccia spigolosa, l'acqua gelida fa ondeggiare i lunghi capelli scuri intrecciati di alghe, ossicini e piccole conchiglie spezzate e i lembi di pelle in corrispondenza delle branchie rosse sui fianchi. Guizza veloce tra gli scogli scivolosi, sfiorando le loro punte aguzze con le pinne iridescenti e le squame rosate e verdastre, quasi scolorite dal grigiore dell'acqua, nuota veloce nell'acqua scura fino a giungere a pochi metri dal cadavere.

La vista acuta ora le permette di vedere che gli è stata legata una pietra di dimensioni considerevoli al collo; il sangue, che rende l'acqua ancora più scura, proviene dal viso. La sirena lo osserva, poi afferra una conchiglia che porta appesa alla vita con una corda d'alghe, se la porta alle labbra e soffia con forza verso il centro del lago. Il cupo richiamo rieccheggia sordo nelle grotte subacquee a lungo, spaventa un serpentello d'acqua dolce e dei pesci dalle squame bianco-rossicce.

La sirena non vuole avvicinarsi di più all'affogato. Certo non è la prima volta che vede un cadavere, anzi, è attratta dalla carne fresca e scopre i denti aguzzi contro i pesci che tentano di avvicinarsi alla preda e li scaccia con una costola spezzata presa da uno degli scheletri lasciati sul fondale, ma è abituata ai corpi alti e larghi degli uomini e delle donne, oltre a quelli esili dei bambini, non alla strana creatura morta che giace in mezzo alla melma e alla foresta di alghe verdi e rosse. Il sangue è odoroso, come quello umano, ma sa di ferro e di sale, ed è bluastro. Anche la sua pelle è strana, non bianchiccia come quella degli altri umani, ma iridescente, splendente di colori leggermente opachi nell'acqua scura.
La sirena riflette per qualche minuto prima di abbandonare la costola appuntita sul fondale e salire, con due colpi di coda decisi, verso la superficie; i pesci, non appena avranno sentito l'inusuale odore del sangue, lasceranno stare la creatura e andranno in cerca di altre prede.
Vicino alla superficie l'acqua è più fresca e ha più ossigeno, che la sirena inspira con forza, le pesanti gocce di pioggia producono un rullo incessante e rendono la luce argentea della luna danzante.

La sirena nuota veloce verso il piccolo molo costruito tempo addietro dagli abitanti del villaggio vicino, scivola tra le travi marce e coperte di alghe e non appena si trova a farsi strada tra i cespugli di erba palustre alza la testa e guarda le travi scure del pontile, cercando di capire chi ha buttato lo strano corpo nell'acqua; sa che spesso gli umani gettano in acqua i propri fratelli con una pietra legata al collo se sono posseduti da creature maligne o praticano la magia, oppure per rappresaglie e vendette. Ma non vede nessuno. Un forte odore di cavalli e legno marcio aleggia nell'aria, anche se il pontile e il sentiero che portano al villaggio sono deserti. La sirena sporge il busto pallido fuori dall'acqua, sapendo che se rimane per troppo tempo a respirare sia con branchie che con polmoni rischia di compromettere il funzionamento di uno dei due apparati respiratori, i lembi di pelle chiudono le branchie, facendole assomigliare a strane cicatrici diagonali. Il vento gelido soffia con veemenza sulla pelle bagnata della sirena, ma ella non sente freddo grazie al complicato apparato circolatorio, solo la pelle si fa più rosea.
Ora che il cacciatore la vede alla luce della luna gli pare ancora più bella di come fosse sott'acqua. I capelli scuri e ondulati nascondono il seno cangiante, la schiena è liscia e le squame sulla vita riflettono la luce. La pioggia cade forte, il volto della sirena è quasi umano, a parte la bocca sottile e irta di denti e gli occhi dalle iridi gialle e le pupille enormi e nere.

Il cacciatore cammina senza fare rumore sulle foglie umide del sottobosco, nascondendosi nell'ombra. Tiene in mano un oggetto cilindrico largo quanto un pugno sulla cui estremità sono incise in rilievo le lettere чж, sotto il pollice c'è un tasto blu. Si rintana dietro a un arbusto e scaglia un sasso a una distanza di due o tre metri dalla sirena, che subito guarda in quella direzione.

L'uomo punta l'oggetto verso la schiena della sirena, prende la mira con cura e preme il pulsante: un fascio di luce azzurra colpisce la sirena e sembra avvolgerla per un attimo, quella emette un grido disumano e rauco e si dibatte per un secondo, poi ricade nell'acqua senza muoversi. L'uomo esce dal suo nascondiglio e cammina pesantemente verso la sua preda e avvolge le maniche della tuta mimetica sulle braccia spesse, rivelando una pelle iridescente e sporca di fango e foglie. Afferra saldamente la sirena sotto le ascelle e la trasporta di peso sulla spiaggia senza badare ai suoi versi sibilanti, ben sapendo di avere a disposizione pochi minuti per svolgere il suo compito, prima che la sirena si riprendesse dal leggero shock elettrico datole dalla luce azzurra.

La adagia sulla spiaggia e la rivolta su un fianco, esamina le squame rade sulla vita e tasta la parte superiore della coda per trovare una delle due grandi arterie: quando sente il battito si affretta a premere il pulsante blu una seconda volta, le lettere in rilievo iniziano velocemente ad arroventarsi grazie all'energia solare accumulata durante il giorno e sfrigolano sotto la pioggia. L'uomo avvicina l'oggetto alla coda della sirena, in prossimità dell'arteria, e con un gesto deciso lo preme sulle squame: la sirena si dibatte e geme, le squame sfrigolano e dopo qualche secondo l'uomo toglie lo strumento arroventato dalla pelle e bada che le lettere impresse sulla carne viva si leggano bene. Poi estrae dalla tasca una microspia e la incastra tra le branchie rosse della sirena, strappandole un gemito, badando a non danneggiare la pelle delicata e a non ostruire il passaggio d'acqua. La riprende in braccio e la depone in acqua facendo attenzione a non ferirla; dopo alcuni minuti la sirena marchiata sembra riprendersi, guarda con rabbia il suo assalitore e fugge nelle profondità del lago.

L'uomo ora ha terminato il suo compito, o quasi. Cammina pesantemente fin sul bordo del vecchio pontile scricchiolante e scruta l'acqua scura. Tira fuori dallo zaino mimetico una specie di tablet sottile e impermeabile, illumina con la sottile striscia di luce blu ogni trave e dopo la scansione osserva le impronte rilevate, che restano luminose per alcuni secondi: le tracce dei cavalli sono verdi e quelle umane sono rosate e violacee, innumerevoli, ma in mezzo si vedono ancora delle piccole tracce bluastre e scintillanti. Il cacciatore trasalisce e volge lo sguardo all'acqua, irato; spinge un piccolo pulsante verde e un ologramma luminoso prende forma davanti a lui, le forme sono chiare, segno che l'azione ricostruita dal rilevatore di tracce passate è avvenuta da poco: sette o otto uomini, di cui due a cavallo, spingono davanti a sé una creatura iridescente e nuda con forconi, le legano saldamente una pietra al collo, la afferrano per i piedi e le braccia e la gettano nel centro del lago oscuro. Poi buttano in acqua, dopo aver distrutto il suo contenuto, anche lo zaino contenente preziosi dati scientifici e rilevatori.

Due lacrime silenziose solcano le guance iridescenti del cacciatore. La sua missione è compiuta, ma il compagno non è sopravvissuto alla stupidità degli esseri umani del passato; l'uomo del futuro strappa un lembo della sua uniforme, se lo porta alle labbra e mormora una benedizione, poi lo getta dove è annegato il suo compagno, che non potrà più tornare dalla moglie e dai figli.

L'uomo rimane un poco a guardare l'acqua, piangendo silenziosamente con rabbia, poi gira quattro volte in senso antiorario una delle leve del suo orologio subacqueo. Si dissolve lentamente nell'aria, come fosse un ologramma. Di lui non rimangono che le impronte degli scarponi e il lembo di uniforme che affonda dopo essersi imbevuto di acqua lacustre e piovana.

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