I
Il museo è chiuso. Le lampade sono spente e i quadri bui. Non c'è nessuno.
Veramente c'è qualcuno: il drago può sentire un'eco di passi lontani, nell'ala riservata all'arte moderna. Sarà di sicuro il guardiano o l'addetto alle pulizie, o un visitatore che non è uscito in tempo.
Il drago aguzza le orecchie, volta la testa, non senza uno scricchiolìo, verso il rumore di passi e resta in ascolto, attento. Il proprietario dei piedi che fanno tanto rumore nel museo deserto ha sentito qualcosa; si sta dirigendo verso la sala dove è il drago.
I passi si fanno più vicini.
Entra nella sala un uomo secco e dall'aria smarrita, dai capelli canuti. Tiene in mano un orologio e strofina senza interruzione la falda della giacca sciupata, di un grigio anonimo e incolore.
Guarda il drago e il drago guarda lui. Si guardano per una mezzora, forse, poi l'uomo barcolla fino alla panca al centro della sala, appena visibile nella penombra, e si siede pesantemente proprio di fronte al drago di pietra, senza smettere di guardarlo.
Deve ammettere che è veramente bello, sul piedistallo che gli conferisce una sorta di aura di potere e di importanza. Nonostante siano grigie e incolore come la sua giacca le sue zampe sono affusolate e forti, gli artigli ben fissati alla lastra di pietra su cui si appoggia; il suo corpo è coperto di squame, il muso è feroce, la mascella possente e due corna spuntano ai lati della testa. Soltanto, l'uomo non vede le ali. Forse sono nascoste dietro al torso, rivolte verso il muro. Non lo sa.
L'uomo infine si decide a parlare:- Buonasera. -
Il drago lo fissa ancora per una decina di minuti, poi socchiude le spaventose fauci di pietra: l'uomo riesce a intravedere i denti, non molto aguzzi.
- Buonasera - risponde.
La sua voce è straordinariamente profonda e cupa, quasi fosse un'eco errante per caverne oscure, e richiama alla mente dell'uomo la sensazione dell'argilla fresca e malleabile e del pesante piombo. L'uomo se ne sorprende: si aspettava un sibilo rauco, ma evidentemente le statue parlano ancora, a volte, tra di loro.
- Sono venuto qui per parlarvi. -
Il drago continua a fissare l'uomo con i suoi occhi di pietra, e quello tossisce, a disagio.
- Lei è un drago, non è così? -
Il drago non risponde. L'uomo si agita sulla panca.
- Io vengo da anni in questo museo, signore. Mi fermo sempre ad ammirarla, ma ogni volta provo una strana insoddisfazione nel vederla, nonostante lei sia senza dubbio l'opera in pietra meglio conservata e più bella in queste sale. Ho come la sensazione di essere davanti a qualcosa di incompiuto. A lei manca qualcosa, ma è proprio questa incompletezza a renderla affascinante, e se lei la perdesse smetterebbe di essere così singolare. Ho capito questo, durante gli anni trascorsi a guardarvi. -
Il drago continua a tacere. L'uomo sa che non risponderà a meno che le sue parole non lo interessino.
- Le manca qualcosa, signore, il che la rende misterioso, e credo di sapere di cosa si tratta: non riesco a vedere le sue ali. Lei potrebbe rispondere a questa mia domanda, per favore? Perché non riesco mai a vedere le sue ali? -
Il drago fissa l'uomo ancora per un'ora, durante la quale l'uomo tamburella impaziente le dita sulla panca. Finalmente muove la mascella di pietra e la sua voce cupa fa vibrare il pavimento.
- Lei non riesce a vedere le mie ali perché io non ne ho. -
Ora l'uomo è stupito. Come! Un drago senza ali? Assolutamente impossibile. L'uomo si è documentato, ha dedicato la sua vita allo studio dei draghi e sa per certo che ogni drago che si rispetti ha almeno due alucce piccole e squamose sulla schiena, ai due lati delle sporgenze ossee in corrispondenza della colonna vertebrale. Non è possibile.
- Scusi se la contraddico, ma lei è sicuro di ciò che dice? I draghi hanno sempre due ali. Forse sono dalla parte del muro, signore. -
Il drago è evidentemente molto seccato: l'uomo lo capisce dal modo in cui sbuffa e brontola. Parla lentamente.
- Senta, è vero che sono solo una statua, e si sa che le statue hanno la testa dura, ma come faccio io a sapere tutto quello che sa lei? Mi dica, lei ha un lavoro? -
- Sì. -
- Bene. E lei, quando è a lavoro, cosa fa? Rimane immobile in posa e guarda migliaia di persone passarle davanti e osservarla e scattare fotografie anche quando le andrebbe di avere un attimo di tranquillità? -
Il drago impiega sempre meno tempo a rispondere, gli ingranaggi di pietra del suo cervello si muovono sempre più velocemente.
- Io scrivo. Scrivo libri di fantasia. -
- Vede? Lei ha tutto il tempo per fare ciò che vuole. Impara sempre nuove cose e le tramanda agli altri, è questo il suo lavoro. Io invece faccio ciò che deve fare un'opera d'arte quando viene assunta in un museo: rimango immobile al posto che mi è stato assegnato, accetto di essere maneggiato e pulito da inservienti, di essere avvolto in imballaggi a ogni trasferimento, di essere toccato, guardato, fotografato, disegnato, da persone qualsiasi che mi passano davanti. Di notte sono stanco, come molti dei miei colleghi - fa una pausa e volta il collo verso le altre quattro statue dentro la sala, che annuiscono scricchiolando e gemendo. Evidentemente hanno ascoltato tutto. - Ho le membra indolenzite e dure per l'immobilità prolungata e tutto ciò che voglio fare è riposarmi. Dove potrei trovare i libri e il tempo per imparare tutte le cose che sa lei? Come potrei sapere quante ali hanno di solito i draghi? E anche se lo sapessi a cosa mi servirebbe? -
L'uomo china la testa, mortificato. Il drago ha perfettamente ragione. Le altre statue mormorano e si scambiano cenni di approvazione, iniziando a lamentarsi.
Il drago non parla. È sprofondato in una regale indifferenza, conscio di essere superiore alle altre opere. L'uomo vuole rivolgergli un'ultima domanda, ma è confuso dalle voci delle altre statue. Si alza dalla panca a cammina fino ad arrivare di fronte al drago, che china la testa per sentire.
- Un'ultima cosa, signore - mormora l'uomo. - Voi credete nella magia? -
La sua voce è appena udibile, ma in quel momento la discussione intorno a lui cessa di colpo. Tutte le figure si voltano nella sua direzione. Il drago inarca un sopracciglio, scuote la testa e si raddrizza, brontolando con disapprovazione.
- Che razza di domanda. Certo che no - dice, poggiando la testa a terra e chiudendo gli occhi.
Dal suo tono l'uomo capisce che è infastidito dalla sua presenza e seccato dalle sue domande. L'uomo mormora un appena udibile "Ah." Annuisce e se ne va con passo malfermo, ancora sconvolto dalle ali inesistenti del drago.
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