10224
Questa è la prima prova del concorso "Guerra d'inchiostro" di @librofantasy2000
Correva l'anno 10224 e venne ritrovata una spada nella roccia.
Il giovane distese le ali e con tutta la sua forza estrasse la spada. La luce biancastra che filtrava da essa aumentò di intensità e fece chiudere gli occhi al ragazzo. La ragazza al suo fianco fece lo stesso portandosi un braccio davanti al viso. Quando la spada fu completamente estratta i due scomparvero portandosi dietro un rumore assordante e metallico.
Si svegliarono sulla spiaggia. Il sole stava scomparendo tuffandosi nel mare e lasciando un lieve colorito rossastro al cielo. La spiaggia era deserta ma si intravedevano delle impronte.
Il ragazzo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una boccetta azzurra. Sorrise e, guardandola con occhi sognanti, la rimise a posto. La ragazza avvolse le braccia intorno al collo del giovane che, con un solo battito d'ali, si librò in aria.
Sarebbe tutto cambiato.
Luke era sdraiato nel suo letto e guardava distratto il soffitto. Da quando ne aveva memoria, quel muro completamente bianco, gli faceva compagnia nelle sue tristi giornate. Non si ricordava neanche più com'era fatta la luce del sole e il terpore dei raggi, il vento, la neve e l'odore salmastro del mare. Era sempre rinchiuso in quella stanza vuota e completamente bianca. L'unico tocco di colore che gli era concesso di vedere era il rosso del suo sangue che veniva sparso regolarmente.
Ormai aveva quasi ventun anni e il suo compleanno stava per arrivare. Il solo addobbo che aveva in quella stanza era un calendario in cui segnava il giorno in cui era nato. Gliene veniva regalato uno ogni anno: l'unico atto umano che quei bastardi riuscivano a dargli.
Era lì per una determinata ragione: il siero.
Il solo desiderio che voleva era morire. Si sarebbe volentieri suicidato ma in quella stanza non c'era niente che glielo permettesse. Si trovava in una clinica. L'edificio si sviluppava in lunghezza, le stanze erano quadrate con un letto, un gabinetto e un lavandino, il tutto in bella vista. Tutte le camere erano uguali, tutti erano vestiti di bianco; i dottori, le cavie, le guardie e gli scienziati. Non ce la faceva più, ogni settimana era un inferno, quel siero era devastante sia per il fisico che per la mente. Quando veniva iniettato nel sistema circolatorio provocava convulsioni e solo Dio sa quanto faceva male.
Il siero era un liquido che quegli uomini testavano sulle persone. Perché? Perché la terra era stata colpita da un letale virus a cui nessuno aveva ancora trovato una cura. Luke non sapeva niente della malattia se non il fatto che non esisteva cura e che la stavano cercando, testando il siero.
Era entrato in quella clinica quando aveva appena dieci anni ed era terrorizzato. Lo avevano preso con violenza dalla madre e lo avevano messo in quella stanza. Appena una settimana dopo, dicendo che lui era indispensabile per cercare una cura, iniziarono a somministragli quel liquido azzurro.
Quando si svegliò aveva i capelli più chiari: uno dei tanti effetti collaterali del siero. Da quel giorno, regolarmente, gli somministravano il siero. Da quel giorno, regolarmente, i suoi capelli si schiarivano e il suo aspetto cambiava.
L'ultima volta che glielo avevano iniettato gli occhi si erano riempiti di sangue e i dottori, non sapendo che pesci prendere, lo bendarono per una settimana. Le fasce ormai non erano più bianche, ma rosse. Infatti, per tutto quel tempo, non si erano neanche degnati di cambiarle.
Oltre a lui, ovviamente, c'erano anche molti altri ragazzi e ragazze. Aveva una compagna di stanza qualche anno fa. Luke si era subito innamorato di lei; non era una semplice ragazza, lei era diversa. Non era una di quelle con la pelle di porcellana, una di quelle con il fisico perfetto o con gli occhi da cerbiatta. Lei era lei, e a Luke piaceva. I suoi capelli neri come la pece, i suoi occhi gialli e il suo fisico un po' in carne lo facevano impazzire. Ovviamente il suo aspetto era dovuto al siero, ma a lui piaceva.
Avevano passato tre anni insieme, ma poi la ragazza ebbe una crisi, diventò pazza e venne portata in isolamento. Da quel giorno, anche dopo parecchie suppliche, Luke non poté più rivedere Ashley. Da quel giorno era rimasto solo.
Erano passati altri tre anni dall'ultima volta che l'aveva vista, dall'ultima volta che l'aveva toccata, dall'ultima volta che la vide sorridere.
Chiuse gli occhi cercando di prendere sonno e dimenticare, almeno per un po', quello che stava succedendo, ma appena cercò di addormentarsi qualcuno aprì la porta. Il ragazzo spalancò gli occhi a volse lo sguardo verso la sua destra, come se potesse vedere. Era di sicuro il suo dottore, il dottor Davis, quello che si occupava di lui il più sovente. Maledisse quella giornata con tutte le parole immaginabili che un essere umano potrebbe mai conoscere e sbuffò pesantemente quando sentì la sua voce gracchiante:
-Come stai Luke?- chiese l'uomo, sistemandosi meglio gli occhiali rotondi sul naso.
Il ragazzo non rispose, si limitò a spostare la testa verso il soffitto.
-Bene, oggi togliamo le bende, così vediamo cosa ti ha fatto il siero- annunciò, sfregandosi le mani l'una con l'altra.
Luke annuì. Il dottore si avvicinò e fece mettere seduto il ragazzo che ubbidì subito portando le gambe a penzoloni dal letto. Il contatto con le mani dell'uomo gli provocò brividi di disgusto.
Il dottor Davis, senza prestare attenzione all'espressione che il ragazzo aveva in volto, iniziò a togliere la benda insanguinata facendo movimenti circolari intorno alla testa del ragazzo. Quando ebbe finito ammirò gli occhi del giovane. Gli trovava meravigliosi, ma inutili per la loro ricerca.
Da parte sua, Luke, cercava di focalizzare l'immagine del dottore senza grandi risultati. Muoveva gli occhi confuso, portando lo sguardo a destra e a sinistra senza sapere dove guardare. Si portò le mani sugli occhi e iniziò a sfregarli così forte che pensò che da un momento all'altro potessero uscire dalle orbite.
Il dottore gli prese le mani e gliele spostò delicatamente:
-Ti accompagno a lavarti il viso. Vedrai che poi andrà meglio- lo rassicurò, prendendolo per mano con fare paterno.
Ma a Luke, le sue parole, gli parvero maledettamente false; come poteva un uomo preoccuparsi della propria cavia?
Con un movimento brusco staccò il proprio polso dalla presa delicata del dottore e, barcollando, si diresse al piccolo lavandino in fondo alla stanza. Si sciacquò il viso constatando che era tutto incrostato di sangue, si lavò bene gli occhi e gli chiuse per un tempo che gli parve infinito. Poggiò le mani sul bordo del lavandino stringendolo con forza fino a far sbiancare le nocche. Si preparò aspettandosi il peggio. Quando li riaprì, e si specchiò, il suo cuore perse un battito. I suoi occhi, un tempo azzurri, erano completamente neri come se la pupilla avesse inghiottito l'iride.
Si passò una mano tra i capelli bianchi cercando di calmarsi. I suoi lineamenti si indurirono e ridusse gli occhi a due fessure. Abbassò la testa e guardò lo scarico pieno. Strinse la mascella facendo muovere a scatti i muscoli della mandibola. Si girò di scatto e prese per il collo il dottore sbattendolo contro una delle quattro pareti bianche. Non ce la faceva più, quella situazione era assurda; esperimenti, torture, dolore. Perse il controllo di se stesso e la sua parte pazza, che era cresciuta da iniezione a iniezione, di anno in anno, prese il sopravvento.
-Per quanto tempo avete intenzione di andare avanti?- urlò, stringendo ancora di più la presa sul collo dell'uomo.
-Ashley- sussurrò soltanto con la poca voce che gli rimaneva.
Al sentire quel nome la presa aumentò di pressione. Non poteva permettersi di nominare quel nome di una creatura tanto pura e gentile, quegli uomini non avrebbero neanche dovuto rivolgerle la parola tanto erano meschini. Strinse ancora e ancora senza rendersi conto che ormai l'uomo era morto. Urlava e malediceva tutto l'universo. Malediceva quel posto e il siero, malediceva se stesso per non avere protetto Ashley.
Quando si calmò lasciò l'uomo cadere a terra e lì, guardandolo attentamente, si accorse di avergli rotto l'osso del collo: la testa penzolava indietro e gli occhi erano fissi davanti a lui, vitrei.
-No...- sussurrò buttandosi sul corpo senza vita -No!- urlò, iniziando un disperato atto di rianimazione.
Non voleva quello, non voleva uccidere delle persone. Non era così lui, non era un assassino. Non era come loro.
Delle lacrime gli scivolarono lungo le guance e gli bagnarono la pelle candida e pallida.
-Non doveva andare così! No!-
Subito dopo, delle guardie entrarono e lo presero di forza buttandolo sul letto e legandolo. Luke non fece resistenza, se lo meritava.
-Ora avrai la tua punizione- disse una dottoressa, entrando nella stanza.
Non voleva, ma era quello che si meritava. Almeno lui, al contrario dei medici, si prendeva le proprie colpe e, per questo, era giusto punirlo. Tuttavia nei suoi occhi si poteva leggere il terrore più puro. Esso gli attanagliava la mente e gli ottenebrava i pensieri rendendolo incapace di pensare lucidamente.
-Legatelo per bene- disse la donna, mettendosi dei guanti in lattice -Oggi dose tripla- aggiunse ghignando, facendo scocchiare l'elastico del guanto sul suo esile polso.
Quando le cinghie lo bloccarono la donna si avvicinò e iniettò a Luke il siero. Il liquido iniziò a viaggiare nel sistema circolatorio e il ragazzo venne scosso da forti convulsioni, come in una crisi epilettica. Gli occhi si girarono indietro e dalla bocca uscì una schiuma bianca. Quando la crisi finì un dolore lancinante alla schiena gliela fece inarcare e le cinghie si staccarono spezzandosi a metà. I muscoli e i nervi si contrassero.
La dottoressa si allontanò facendo qualche passo indietro e sussurrando: -Cosa sta succedendo...-.
Dalla schiena del ragazzo spuntarono due protuberanze che si ingrandirono sempre di più. Urlò dal dolore quando la pelle si lacerò e spuntarono due ali dalle piume bianche, candide e sporche di sangue. Aprì gli occhi cadendo a peso morto sul lettino. Respirò profondamente non sapendo bene cosa fosse successo. Era distrutto, mai nella sua vita aveva provato una sensazione così dolorosa e devastante.
Urlò ancora, fino a quando le sue corde vocali non furono completamente consumate e la gola chiedeva pietà.
-Finalmente...chiamate il dottor Williams- sentì dire la donna alle due guardie, euforica.
Le voci erano attutite, la schiena gli doleva ancora un poco, ma decise comunque di alzarsi sapendo che le cinghie si erano spezzate. Si sentì subito la schiena più pesante e si girò per vederne il motivo. Appena intravide il paio di ali indietreggiò come se potesse scappare. Corse continuando a guardare dietro di se e andò a sbattere contro una guardia. L'uomo lo prese per il colletto lacerando parte del tessuto e lo sollevò da terra gettandolo contro la parete opposta, ma a metà strada, senza avere il pieno controllo di se stesso, Luke, sbatté le ali e si fermò a mezz'aria. Urlò ancora quando le ali iniziarono a muoversi, provocandogli fitte di dolore. Il suo sguardo si posò sul terreno lontano circa due metri da lui e poi sul dottor Williams che era appena entrato nella stanza. Quest'ultimo aveva un sorriso spaventoso sul volto e lo guardava con estrema adorazione, come se fosse un prezioso oggetto da collezione.
-Dov'è Ashley?- chiese il ragazzo notevolmente provato dal dolore.
Voleva rivederla con tutto il cuore, ogni cellula del suo corpo la bramava.
-Sta bene, stai tranquillo- disse portando le mani in avanti.
-Fatemela vedere!- ringhiò, contraendo la mascella.
-Va bene- disse l'uomo, con un po' di titubanza.
Quella risposta fece calmare notevolmente Luke che però stava ancora sospeso in aria. Ero un po' dubbioso nei conforti di quella gente, ma voleva rivederla con tutto il cuore, non poteva stare senza di lei ancora per molto. Voleva rivedere il suo sorriso, i suoi occhi illuminarsi e voleva di nuovo sentire la sua pelle sotto il suo tocco delicato.
Luke percorse tutto il tragitto a due metri da terra; non voleva rischiare di essere preso. Superarono una miriade di corridoio tutti identici tra loro. Il palazzo era completamente deserto e sulla loro strada non incontrarono nessuno ad eccezione di qualche infermiere. Tuttavia quei corridoi erano percorsi da urla strazianti delle cavie che rimbombavano passando da camera a camera, d'orecchio in orecchio.
Dopo pochi minuti il dottore si fermò davanti ad una porta blindata, molto spessa e dall'apparenza pesante.
-Entra, infondo a sinistra- disse semplicemente, aprendo il pesante portone di metallo. Di fianco a lui c'erano due guardie che avrebbero accompagnato il ragazzo.
Luke scese e toccò il pavimento rigorosamente bianco. I suoi piedi nudi al contatto con quella superficie fredda rabbrividirono. Chiuse la ali sulla schiena e varcò la porta seguito dai due uomini. All'interno c'erano vari attrezzi con il siero. In fondo alla grande stanza c'era una grossa teca di vetro anti-proiettile che teneva al sicuro un fiala. Luke si guardò intorno confuso e poi si diresse verso la grande teca.
Gli uomini, al contrario, lo aspettarono sulla soglia.
Su una piccola didascalia luminosa c'era scritto: "Esperimento 34S965; funzionalità: complete; cura: effettuata".
Luke sfiorò il panello. -L'hanno trovata- sussurrò alzando lo sguardo e fissando intensamente la piccola boccetta. Doveva prenderla e scappare, non poteva permettere che ci fossero altri esperimenti, a quanto pare, inutili.
"Perché, avendo già trovato la cura, continuano ad iniettarci il siero?"
Si guardò intorno notando un'altra porta più piccola della precedente. Si avvicinò correndo e sbirciò dal piccolo oblò di vetro. All'interno, in una piccola stanza quadrangolare, c'era Ashley. Era rannicchiata in un angolo con le ginocchia sul petto e i capelli che gli ricadevano sulle gambe e intorno ad esse era avvolta una coda che si muoveva a scatti. Aveva una camicia di forza bianca e sporca di sangue che non le permetteva alcun movimento.
Urlò il suo nome e sbatté violentemente i pugni contro la porta per farsi sentire fino a quando la mano non si ruppe provocando un sonoro crack.
-Ci deve essere qualcosa per aprirla- sussurrò a se stesso, guardandosi intorno e massaggiandosi nervoso la mano.
Scorse subito un panello di controllo e si diresse a passo svelto verso di esso. Guardò tutti i pulsanti passando un dito su di essi, indeciso sul da farsi. Alla fine si mise a schiacciarli tutti sperando di premere quello giusto. Finalmente premette un pulsante rosso e la porta fece un click, prima di schiudersi leggermente. Il ragazzo si avvicinò lentamente e la aprì. Era abbastanza pesante e dovette fare forza anche con la mano ferita.
-Ashley- la ragazza non rispose, tuttavia ebbe un leggero tremito -Ashley, sono io, Luke-.
Al pronunciare quel nome, la ragazza alzò subito il viso e i suoi splendidi occhi gialli si imperlarono di lacrime -Luke, portami via- sussurrò semplicemente, allungando una mano verso il ragazzo. Di tutta risposta Luke la prese in braccio e si diresse verso il panello di controllo.
Gli mancava solo una cosa da prendere: la cura.
Schiacciò tutti i pulsanti del panello e finalmente la teca si aprì, ma subito suonò l'allarme e la stanza si riempì di luci rosse e rumori assordanti. Dalla porta d'ingresso entrarono diverse guardie che rimasero sulla soglia prima di iniziare a sparare contro al ragazzo alato. Prima di prendere la cura disse alla ragazza di sostare vicino al vetro nascondendosi dietro un bancone.
Il ragazzo si accorse subito di avere i sensi ampliati, e se si concentrava, riusciva a schivare tutti i proiettili. Facendo capriole, salti e volando entrò nella teca e recuperò la piccola fiala. Quando uscì ripercorse il tragitto a ritroso.
-Ashley!- urlò, e quando la ragazza si alzò accelerò il passo, la prese in braccio, si girò di schiena e ruppe il vetro coprendo la ragazza con le ali per proteggerla da eventuali spari. Quando furono fuori si lasciò cadere nel vuoto provocando un urlo da parte di lei. A cinquanta metri da terra Luke aprì le ali e spiccò il volo. Sbatté le ali più volte fino a quando la quota non fu abbastanza alta. Le ali immense sferzavano l'aria provocando una brezza sui loro corpi, le piume fremevano e tremavano a contatto con il vento e i muscoli della sue spalle si contraevano ogni qual volta le ali si muovevano.
Tutti e due si guardarono intorno. Assaporarono l'aria esterna e il calore del sole sulla pelle. Da quanto tempo non erano vivi? Vennero travolti da una miriade di colori che da troppo tempo non vedevano: azzurro, verde e rosso, giallo, nero e grigio.
La città, però, era completamente distrutta: i palazzi erano crollati, ricoperti da vegetazione rampicante, le macchine bruciate o ribaltate e sulle strade si intravedevano parecchi cadaveri in fase di decomposizione.
Strinse ancora più forte la ragazza al suo petto e si diresse lontano dalla città puntando al mare. Poco dopo sentirono sirene e motori accendersi dal palazzo.
Poggiarono entrambi i piedi nudi a terra e tastarono la sabbia fine e bianca. La ragazza cadde a terra e immerse le dita dei piedi nel terreno bagnato dalle piccole onde. Calde lacrime scendevano sulle sue guance per poi cadere a terra e confondersi con l'acqua salata del mare mentre una leggere brezza le scompigliava i capelli corvini. Non avrebbe mai immaginato che avrebbe visto il mondo e le sue meraviglie. Finalmente poté vedere il sole e il suo calore, il mare, la sabbia, le piante. Per lei, ogni singolo granello di sabbia era importante, come ogni singola goccia d'acqua che contribuisce a creare l'oceano, come ogni piccola molecola di ossigeno. Ashley aveva sognato un momento del genere da quando era nata. Infatti lei era nata e cresciuta il quel palazzo per tutta la sua vita, per diciott'anni. Era un vero e proprio palazzo delle torture. Solo lei sapeva che, in realtà, quegli uomini non cercavano una cura, ma cercavano di potenziare l'essere umano. Certo, la cura effettivamente l'avevano trovata, ma solo perché i governi altrimenti non avrebbero acconsentito a fare quegli assurdi esperimenti. Tenevano la cura in quella teca per continuare gli esperimenti dicendo al resto del mondo, ancora in vita, che la stavano ancora cercando. Ovviamente tutti ci credevano e nessuno andava ad indagare e, così, loro potevano agire indisturbati.
Anche Luke, da parte sua, si godeva quello spettacolo meraviglioso e tremendamente malinconico. Era da tanto che non si sentiva così vivo e libero. Pensò a come la gente si arrabbia e si deprime per cose futili e per come non lo fa per quello che gli umani stavano progressivamente facendo alla Terra. Inquinamento, sfruttamento intensivo, riscaldamento globale. Dopo l'epidemia, ovviamente, tutto questo era scomparso lasciando che la natura seguisse il proprio flusso e riconquistasse i proprio spazi. La natura era una cosa meravigliosa, uno dono di Dio e nessuno riusciva a capirlo.
Il ragazzo contemplò quella meravigliosa vista fino a quando il rumore degli elicotteri non si fece più intenso. A quel punto prese Ashley in braccio e si diresse verso un'alta scogliera dove c'era un'apertura nella roccia. La ragazza aveva ancora la camicia di forza. Entrato la posò a terra.
-Ti tolgo la camicia okay?-
Ashley annuì leggermente. Luke la prese delicatamente dalle spalle e la fece voltare. Slegò le cinghie e poi gliela sfilò lentamente. Si accorse subito che era completamente nuda. Guardò attentamente il suo corpo, ma senza malizia. Era dimagrita notevolmente: il viso era scavato e pallido, le labbra secche e gli occhi spenti e rossastri, la braccia e le gambe erano ossute e il seno piccolo e acerbo spiccava sul busto magro dove si intravedevano le costole.
Si tolse lentamente la maglia e gliela mise addosso.
-Cosa ti hanno fatto?- chiese il giovane.
La ragazza non rispose, si limitò a sdraiarsi con il capo poggiato sul petto del giovane. In poco tempo si addormentò cullata da battito e dal respiro del suo salvatore.
Luke passò la notte sveglio a vegliare sulla sua amata che dormiva un sonno pieno di tormenti.
Il mattino seguente la luce del sole che filtrava dell'apertura della grotta svegliò Ashley. Essa strizzò gli occhi per poi aprirli.
-Luke- sussurrò con la bocca impastata dal sonno.
-Si?-
-Perché mi hai portata qua?-
-Perché sei l'unica persona a cui mi sono affezionata in questi anni- Luke sorrise malinconico e distolse lo sguardo.
Ci fu un momento di silenzio poi il ragazzo parlò:
-Cosa ti hanno fatto lì dentro?- chiese il ragazzo, riportando lo sguardo sulla donna di fianco a lui.
-Dici per questa?- domandò lei, puntando il dito sulla coda che si muoveva ritmicamente.
-Non solo per quello, sei magra, avevi una camicia di forza...-
La ragazza sospirò come se facesse fatica a parlare -In realtà quelle persone non stanno cercando una cura, ma cercano di potenziare l'essere umano. A te ti hanno fatto crescere le ali e a me mi hanno modificato il DNA mettendomi quello di un leone. Ogni siero è diverso e ha effetti diversi su ogni uno di noi. A me hanno sempre iniettato ormoni e modificato il DNA basandosi sul leone. Gli occhi per esempio sono dovuti a quello- confessò -Guarda- aggiunse, aprendo la bocca e facendogli vedere dei canini più lunghi del normale. Poi si spostò i capelli arruffati e voluminosi facendo scorgere un paio di orecchie.
-Per fortuna ne i denti ne le orecchie sono molto visibili- fece una pausa e poi riprese a parlare mentre la coda si muoveva nervosa e a scatti -Tu invece, come sei diventato un angelo dagli occhi neri?-
Il ragazzo si chiese come potevano delle persone sfruttarne altre senza pensare alle conseguenze. Era indignato, arrabbiato e confuso al tempo stesso. Quelle persone gli facevano schifo più di quando già non gli facessero. Ma non volle parlamene più e troncò il discorso.
-Dose tripla, proprio oggi. Mi dispiace davvero tanto per quello che ti hanno fatto- sussurrò alla fine.
-Dimmi la verità, come mai sei venuto a prendere proprio me?-
Luke si fece forza e iniziò a parlare: -La prima cosa che ho pensato quando ti ho visto è stato che sei una ragazza stupenda, i tuoi capelli, i tuoi occhi, il tuo sorriso, la tua voce...Dio Ashley il tuo sorriso mi fa morire e il tuo corpo...- fece un verso animalesco che fece ridacchiare la ragazza -Sai perché ti ho portata qui? Perché ti amo! Ti amo più della mia stessa vita Ashley, senza di te io non....- sospirò pesantemente -Ecco perché sono venuto a prenderti. Io ti amo- la ragazza distolse lo sguardo e una lacrima le rigò il viso.
Tuttavia poco dopo alzò di nuovo gli occhi gialli e li fisso in quelli di lui. Anche lei lo amava, ma aveva paura di perderlo di nuovo. Dopo che gli avevano separati era impazzita e non aveva mangiato per settimane. Pensava che lui l'avesse dimenticata, ma ora era lì e le aveva confessato il suo amore per lei.
La ragazza sorrise provocando delle piccole spaccature nella labbra secche.
A quel punto Luke prese il viso della ragazza tra le sue mani e fece scontrare le loro labbra con dolcezza. Quel tocco provocò in tutte e due brividi di eccitazione. Non si erano toccati e visti per tanti anni, e quel contatto era per loro la cosa più preziosa che la vita gli potesse donare. Era un bacio speciale, come se fosse l'ultimo che potessero darsi.
A notte fonda Luke venne svegliato da un rumore metallico e quasi spettrale. Tolse delicatamente la testa della sua amata dal suo petto e, silenziosamente, si avviò nella direzione del rumore. Sul fondo della grotta c'era una piccola spaccatura verticale da qui filtrava un leggero bagliore biancastro. Incuriosito attraversò la stretta galleria facendo fatica a passare per via delle immense ali piumate. Quando arrivò in fondo si trovò davanti ad una piccola stanza circolare dal tetto basso e completamente levigato al contrario del resto della grotta. Anche il pavimento era liscio e tutto l'ambiente era ricoperto da un leggero strato di muschio verdastro. Su tutta la parete circolare c'erano degli ideogrammi simili alle pitture rupestri. Al centro, invece, c'era una roccia a semi sfera con incastonata una spada. Quest'ultima era molto semplice: la lama era completamente infilata nella roccia, la guardia era in oro come l'impugnatura, tuttavia su di essa era incastonata una pietra bianca da cui partivano dei rami in oro che si avvolgevano sulla guardia e parte della lama fondendosi con essa. La pietra bianca, inoltre, era la fonte della luce biancastra.
-Stiamo scherzando?- disse ridendo nervosamente -La spada nella roccia?-
Tornò sui suoi passi e chiamò Ashley nell'intento di farle vedere quello che aveva scoperto.
-Una spada nella roccia?- domandò quando fu arrivata.
-È la stessa reazione che ho avuto io- ridacchiò.
-Guarda là, c'è un dipinto. Sembra una profezia- sussurrò quasi a se stessa.
-Dio Ashley, non dire cazzate- sbuffò lui.
La ragazza si avvicinò al dipinto e lo guardò attentamente. C'erano raffigurati tanti cadaveri, poi un uomo con le ali, una macchia azzurra, una spada nella roccia, l'angelo che estrae la spada e alla fine c'era un conto alla rovescia dal 10224 al 10200.
Alla ragazza le si illuminarono gli occhi: -Luke! Guarda qua! Sei tu: le ali, la spada, la boccetta!-
Il ragazzo si avvicinò scettico -Dai è una cagata!- sbuffò, facendo un gesto di noncuranza con la mano.
-E che ti costa provare? Sarebbe un'occasione per tornare indietro e se non funziona non abbiamo perso nulla. Daremo la cura prima che il virus faccia le su vittime. Elimineremo gli esperimenti e la morte!-.
Luke ci rifletté a lungo. Forse aveva ragione l'amata: sarebbero tornati indietro e avrebbero risolto tutto. Ma cosa sarebbe successo se la gente non li avrebbe creduti? Di nuovo malattia, morte, esperimenti in un ciclo continuo di eventi che non si sarebbero mai fermati. Tuttavia, se sarebbe andato tutto secondo l'idea di Ashley, il mondo non sarebbe crollato nel barato, la malattia avrebbe fatto la metà delle vittime e gli esperimenti non sarebbero neanche incominciati.
Alla fine decise di provarci.
Ashley prese la mano del ragazzo stringendola con forza e facendo intrecciare le sue dita affusolate con quelle dell'angelo -Ce l'hai la cura vero?-.
Di tutta risposta il ragazzo annuì incastonando gli occhi sull'elsa della spada. Si diedero un tenero bacio facendo scontrare i loro corpi. I loro respiri si mischiarono e le lingue danzarono in sintonia. La ragazza prese il labbro inferiore coi denti e sorrise sincera: -Cambierà tutto- sussurrò a fior di labbra.
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