Capitolo 99
Era passata una settimana dall'assedio alla Tenuta Radius. Subito dopo la fine degli scontri, l'intera zona era stata messa sotto osservazione dalle forze dell'ordine ed era stato tracciato il perimetro attorno all'abitazione per tentare di scovare i fuggitivi o i dispersi.
Ciononostante, era impossibile riuscire a monitorare tutta l'estesa palude all'interno della quale degli esperti di Kaika avrebbero tranquillamente potuto celare la propria presenza e fuggire indisturbati, considerando il ritardo dei soccorsi rispetto alla fine degli scontri tra Vulture e squadra d'assalto Guardians.
Tra i deceduti registrati con certezza, a ogni modo, c'erano Asmodeus Karasu, Sendai Masamune, Candidus Radius e Isao Takeshi, mentre Bartolomeu Silva era stato messo agli arresti dopo che i rinforzi l'avevano ritrovato all'interno di una colonna ghiacciata, accanto all'incosciente Alex.
I membri rimanenti dei Vulture erano stati considerati dispersi, sebbene di Peste Nera fossero stati ritrovati solo brandelli delle vesti che indossava. In seguito, Peter aveva certificato la morte del tetro assassino mascherato per mano sua.
Nonostante i sopravvissuti, i Vulture furono ormai considerati distrutti, considerata soprattutto la morte del loro leader.
Peter, Alex e Dorothy si trovavano insieme nel lussuoso appartamento dove quest'ultima viveva ancora sotto affitto a New Spring, o come veniva chiamata una volta, Haru. Si erano dati appuntamento lì poiché Peter aveva un annuncio importante da dare e inoltre non passavano una serata tranquilla in compagnia da mesi. Per l'occasione avevano invitato anche Karen, la quale aveva accettato di buon grado: pareva apprezzare molto l'idea di essere entrata a far parte di un gruppo di amici stretti.
Passando del tempo insieme, i quattro compagni riuscivano a sfuggire al pensiero di Takeshi che spesso si insinuava nella loro mente, ricordando a ognuno in modo incontrovertibile che non l'avrebbero mai più rivisto.
"Maledizione, ho perso ancora! Nulla da fare, sei troppo forte coi videogiochi, Dorothy!" Alex si alzò e cedette il controller a Peter.
"Modestamente passo le notti a perfezionare la mia tecnica invece di dormire." ammiccò lei, tutta fiera.
"E te ne vanti...?" pensò Alex.
"Fate giocare un po' me, ragazzi." azzardò Karen, cercando di strappare il joystick dalle mani di Peter, che ne approfittò per prenderla un po' giro e costringerla a tentare di rubarlo dalle sue leste mani. "Dai, Peter, dammelo! Non fare lo scemo!" Finirono per rimanere aggrovigliati tra loro, con Dorothy e Alex che sghignazzavano alla scena buffa.
Erano impegnati in una serata di videogiochi, nei quali Dorothy era praticamente imbattibile: solo Peter era riuscito a batterla almeno una volta su cinque in un gioco di tipo picchiaduro. Per il resto, la ragazza aveva sempre vinto contro tutti, e tra l'altro Karen non faceva che durare pochi secondi in ogni partita, poiché a quanto pareva era del tutto negata con la console. Nonostante questo, però, rimaneva competitiva e voleva sempre riprovare per migliorarsi.
"Ragazzi, se volete vi preparo un caffè o qualcos'altro, che ne dite?" propose Dorothy, che ci teneva a mostrarsi come una padrona di casa disinvolta e affabile.
"Se ti avvicini ai fornelli è probabile che tu dia fuoco alla casa." gracchiò Alex.
"Scusa, puoi ripetere?" disse Dorothy, offesa. "Se la pensi così, puoi scordarti le serate con caffellatte sotto al plaid che ti piacciono tanto."
"Ehi, quella era una cosa tra noi..." obiettò Alex, cercando di evitare a tutti i costi lo guardo maligno di Peter a quella rivelazione dell'indispettita Dorothy.
Alla fine, Karen la accompagnò in cucina in modo da assicurarsi che tutto filasse liscio, lasciando così Peter e Alex da soli sul divanetto di fronte alla console. Lo stesso sul quale quest'ultimo aveva ascoltato la storia di Dorothy per la prima volta, circa un anno prima.
Gli sembrava che fosse passato molto di più.
Conosceva lei e Somber da così poco, eppure tra loro si era venuto a creare un rapporto di amicizia profondissimo, che resisteva sempre nonostante i dibattiti, i litigi e le incomprensioni. A discapito della distanza che li aveva divisi per un periodo, e che adesso era più tangibile che mai per ciò che riguardava Somber. Alex si chiese dove fosse in quel momento, se stesse bene, se avesse trovato nuovi amici tra le fila dell'Esercito Guerrigliero, ammesso che vi fosse già arrivato.
"Alex." Peter scacciò via le sue riflessioni come fossero fumo passivo.
Il ragazzo dalla chioma bionda si voltò verso di lui, e a giudicare dall'espressione divertita sul viso di Peter, doveva essere apparso proprio assorto nei pensieri. Lo guardava sempre così quando si perdeva nel suo mondo interiore, come se lo trovasse curioso, o come se in un certo senso lo ammirasse per una capacità introspettiva che non possedeva in maniera tanto nitida.
"Rilassati, Somber sta bene, ne sono sicuro. Sarà anche un testone senza speranza, ma sa il fatto suo." lo rassicurò Peter, col suo tono deciso e caloroso.
Alex lo fissò stupito per un istante, poi sorrise. "Mi chiedo come tu faccia a leggermi come un libro aperto..." sogghignò.
"Per me è facile!" rise Peter. "Dalle tue espressioni si può capire benissimo cosa ti passa per quella mente febbrile che ti ritrovi."
"Solo dal tuo punto di vista, non parlare come se fossi prevedibile." Alex mise il broncio. "Ora che farai?" aggiunse, dopo un breve silenzio.
Peter sospirò.
Aveva capito cosa il compagno intendesse: ora che aveva trovato la verità sui suoi genitori, che scopo aveva nella vita? Per cosa si sarebbe impegnato?
"Ci ho pensato a lungo, finora la questione dei miei genitori era sempre stata quel faro lontano che mi spingeva attraverso le acque agitate di questo mondo, che continuava a fungere da stimolo per affrontare nuove sfide, migliorarmi." spiegò Peter.
Alex ascoltava con occhi malinconici, consapevole di dove l'amico volesse andare a parare. Lo conosceva troppo bene.
"Adesso nel mio corpo non è rimasto nemmeno un briciolo di Kaika, e l'ambizione che provavo prima è scomparsa insieme a esso... Non so cosa farò di preciso per ritrovarla, ma una cosa è certa." Peter estrasse la sua tessera Guardians dalla tasca, e la sventolò di fronte ad Alex. "Ora che ho finalmente raggiunto il mio obiettivo, non ho più nessuna ragione per continuare a far parte di una fazione che non sento mia, non dopo ciò che sono venuto a sapere negli ultimi tempi."
Sotto lo sguardo attonito del compagno, Peter strappò a metà la tessera.
"Io non voglio più essere un Guardian." concluse.
Quando arrivò il momento di andarsene, Peter e Karen salutarono con affetto Dorothy e Alex, il quale sarebbe restato qualche altra ora con lei, sotto sua richiesta.
Prima di oltrepassare la porta di ingresso, però, Peter trovò giusto spiegare anche alle ragazze le sue intenzioni. Inutile dire che entrambe rimasero sconvolte all'inizio, ma soprattutto Dorothy accettò la sua decisione, mentre Karen palesò la sua preoccupazione al riguardo.
"Ma cosa farai? Dove andrai?" chiese. "Non ti rivedrò per mesi di nuovo?" Avrebbe voluto aggiungere.
"Hai intenzione di lasciar perdere gli allenamenti?" proseguì Dorothy.
"Sarò anche privo di Kaika, ma c'è ancora l'Energia Oscura, no? Finché non avrò trovato uno scopo da perseguire, penso che svilupperò il meglio possibile le mie capacità su quel frangente, magari in un luogo lontano dal caos della società." affermò Peter, con un ghigno tagliente.
"Vengo con te." sentenziò Karen, d'un tratto.
Tutti rimasero spiazzati da quell'affermazione tanto decisa e dal tono irrevocabile della giovane.
Peter la guardò con stupore, senza sapere cosa risponderle. "Karen..." tentò.
"No, lascia che mi esprima! Senti, Peter, dopo Northfield sono stata lontana da te per mesi a coltivare i miei sentimenti, cercando di comprendere la loro esatta natura. Alla fine, ho fatto chiarezza nel mio cuore e te li ho rivelati, tu mi hai accettata, e adesso vorresti di nuovo lasciarmi per chissà quanto? No, io vengo con te, e se non mi vuoi, devi dirmelo qui e ora. Starò un po' male, ma alla fine lo accetterò e ti assicuro che non proverò mai più a infastidirti..." Il viso di Karen era tenacia pura.
La sua testardaggine e genuina sincerità scaldarono il cuore di Peter, che non riuscì a fare a meno di ridere.
"C-cosa c'è di spiritoso?" sbottò Karen.
In un baleno, il ragazzo castano la prese con sé e la strinse forte sotto al braccio. Lei arrossì e assunse un'aria confusa.
"Va bene, Karen. Vieni pure con me, sarei solo un codardo a mettere ancora distanza tra noi senza tener conto delle tue emozioni. Scusami se non ti ho consultata." disse con dolcezza.
"F-fai sempre così, vai avanti a testa bassa e io devo rincorrerti meglio che posso, sono stufa." si sfogò Karen, senza però celare un'espressione sollevata. "Comunque ti farò spazio, eh? Cioè, quando dovrai, ecco, pensare al tuo scopo nella vita, sì..." confabulò, causando una risata generale.
"Sei proprio unica, Karen." ridacchiò Dorothy, mentre l'altra avvampava, imbarazzata, ancora sotto al braccio saldo del compagno.
Le due coppie si salutarono con affetto, prima di dividersi in maniera provvisoria.
"Cerca di essere meno catastrofista tu, intesi?" raccomandò Peter a Dorothy, arruffandole con zelo i setosi capelli bianchi.
"Certo, sto imparando a scindermi da Somber e a prendere le distanze dal mio passato una volta per tutte. Ci proverò con tutta me stessa, te lo giuro." replicò lei, lasciandosi accarezzare dall'amico.
Dopo un breve abbraccio tra Peter e Alex, con la promessa di ritrovarsi presto ancora più forti e sicuri dei loro mezzi, i quattro compagni si separarono per non rivedersi fino a quando il destino non li avrebbe di nuovo condotti sulla medesima strada.
Era la prima volta che Alex si trovava senza Peter a dover affrontare la sua vita, quindi era un po' nervoso riguardo il futuro, ma anche curioso e stimolato.
"Su, andiamo." Rimasti soli, Dorothy gli cinse un braccio attorno al collo. "Voglio strapazzarti un po'." ammiccò.
"C-cosa?" balbettò lui.
"Sui videogiochi! Che avevi capito?" rise la ragazza in tono ironico, mentre gli strizzava l'occhio.
"Ah, ecco..."
Insieme, si diressero verso il salone dell'appartamento, e intanto all'esterno Peter e Karen camminavano fianco fianco verso il loro destino, a passo deciso.
Seduto sull'erba, con la schiena a riposare contro un masso, il ragazzo si svegliò placidamente sotto un cielo limpido e privo di annuvolamenti, se non per alcune allegre chiazze bianche sparse in sporadici punti nell'immenso azzurro.
Strizzando poco a poco le palpebre affaticate, si accorse che due animaletti grigiastri dalla strana consistenza stavano mordicchiando in maniera giocosa le sue ginocchia. Raddrizzò la schiena e scacciò le due volpette con dei gesti delicati. Dopodiché, cominciò a stiracchiarsi.
"Non ti avevo detto di tenere le tue volpi lontane da me, mentre dormo?" farfugliò, rivolto a qualcuno nelle vicinanze.
Alla sua sinistra, spuntò una ragazzina dall'aspetto molto sbarazzino con occhi e capelli nerissimi, e un ciuffetto ribelle a forma di campanello sul capo che volteggiava felice nella piacevole brezza di fine estate, accanto a una viola infilata tra le ciocche crespe. Indossava una maglia a giromaniche nera con colletto alto bianco, divisa da un paio di pantaloncini violetti attraverso un piccolo nastro in vita.
"Ma Ping e Pong non possono fare sempre quello che dico, stai loro simpatico a quanto pare, Somber." ribatté la giovane, gioconda quanto i suoi due animali.
"Guarda che lo stesso vale per te, Soyo. Lo so che mi spii quando dormo, sei inquietante." la accusò il ragazzo dai capelli corvini misti al verde scuro. "Inoltre, non sono tue creazioni? Certo che possono eseguire i tuoi ordini ogni volta che lo desideri."
Soyo sbuffò, imbronciata. "Sei una noia, non mi sorprenderebbe se scappassi via di nascosto in nome dell'amore, l'amicizia o altra roba banale." bofonchiò.
"Quindi, è per questo che ti hanno assegnato in coppia con me? Mi sorvegli?"
"Non possiamo mica fidarci del primo che passa per unirsi all'Esercito Guerrigliero, ci hai presi per sprovveduti?" mugolò Soyo.
"Guarda che mi hai raccolto tu dalla strada per portarmi qui." le ricordò Somber, prima di rialzarsi in piedi.
Lui e Soyo erano alti più o meno uguali, il giovane la superava solo di pochi centimetri. In altezza, Somber continuava a non crescere mai.
"Sono dettagli, prima che ti scontrassi con Kirai eri sul sentiero per raggiungere la parte sud di Southfield, dove siamo più attivi. Era chiaro che volessi unirti a noi." spiegò la ragazza.
"E se così non fosse, e scappassi via per davvero, tu allora cosa faresti?" chiese Somber, distaccato.
"Ti inseguirei per poi ucciderti!" squittì Soyo, come se stesse raccontando la più allegra delle barzellette.
Somber si strofinò gli occhi con il braccio, impassibile, poi le rifilò un colpetto sulla spalla per invogliarla a seguirlo. L'unica cosa di cui non poteva che essere certo, era che il suo ingresso nell'Esercito Guerrigliero l'aveva cercato lui stesso, in seguito a lunghe e profonde riflessioni sui suoi obiettivi e ideali. E l'aveva fatto a caro prezzo, poiché era stato costretto ad abbandonare la sua più cara e vecchia amica, come anche due compagni per lui molto importanti. Sperava solo che non avrebbe dovuto avere a che fare con loro direttamente, nel momento in cui la guerra sarebbe iniziata.
"Andiamo, dai. Kojiro ha radunato tutto l'esercito e voleva che lo raggiungessimo, se non sbaglio." disse Somber.
"Mh-mh!" confermò Soyo. "Cerca di non stupirti troppo a vederlo nella sua interezza, però." sogghignò.
Raggiunsero lo strapiombo alle spalle del masso dove Somber fino a pochi minuti prima stava riposando. Al limitare del campo erboso, sulla collina che dava su una zona in ribasso, li aspettava un loro compagno incappucciato. I suoi occhi verdi, sovrastati da ciuffi neri a strisce bianche, li accolsero con indifferenza mentre si limitava a indicare verso il basso.
"Ciao, Yuki!" lo salutò allegramente Soyo.
"Non è il momento, Soyo." la stroncò all'istante lui, infastidendo la giovane.
Somber si sporse appena dallo strapiombo, e per poco non precipitò per la sorpresa. Non riusciva a credere ai suoi occhi.
Sotto di lui, un'immensa distesa di uomini disposti in squadroni ordinati tra loro si estendeva fin dove l'occhio nudo giungeva. Attivando il Vision Kaika, Somber si accorse che molti tra loro erano utilizzatori di Kaika, e ne riconobbe uno in particolare che gli gelò il sangue nelle vene.
Molto lontano, al margine della sponda che dava sull'oceano.
Non avrebbe mai potuto confondere il Kaika appartenente al re del Continente orientale.
Si era alleato con loro? Ma com'era stato possibile, e quando, soprattutto? Allarmato, lo spadaccino spostò lo sguardo verso l'uomo voltato di spalle dai tenui e lisci capelli arancioni, in piedi su di una roccia, dinanzi a quel mare di uomini e donne.
Somber non poteva notare l'espressione terrificante e bestiale che in quell'istante albergava sul viso di Nakajima Kojiro, il leader di tutti i ribelli dello Shihaiken.
Saga di Slum Lagoon - Fine.
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