Capitolo 88
Le piante umidicce e la superficie viscida, quasi molle, su cui Alex e Bartolomeu si fronteggiavano, eretti e attenti, rappresentava una cornice buia e infida quanto i pensieri che attraversavano le loro menti, intente a scovare potenziali punti deboli l'uno nell'altro.
Alex, analitico in battaglia, era riuscito a metterlo in difficoltà, ma aveva peccato di leggerezza nel momento cruciale, in cui una colonna ghiacciata troppo poco solida aveva temporaneamente rinchiuso Bartolomeu, che adesso risultava più concentrato che mai.
Il ragazzo dai capelli biondi era un avversario tenace e pericoloso, sempre pieno di risorse e soluzioni con cui trarre in inganno i nemici.
Bartolomeu dalla sua aveva una maggiore potenza in generale e molta più convinzione negli attacchi, oltre all'esperienza.
"L'elemento è dalla mia parte, ma non è mai bastato in passato contro di lui, e non sarà decisivo nemmeno stavolta: è troppo avanti al livello di potenza fisica e del Kaika." rifletteva Alex, mentre guadagnava metri dall'avversario con dei passetti furtivi all'indietro. "Devo trovare un modo per indebolirlo e scalfire la sua combinazione d'attacco e difesa di sabbia."
Bartolomeu pareva voler porre presto il punto finale sulla questione, ma qualcosa sul suo volto tradiva una sorta di titubanza. Pensava a ciò che Alex aveva detto poco prima, riguardo i suoi legami da proteggere. Ma se la sua intenzione era quella, allora perché rischiava la vita contro di lui? Se fosse morto non avrebbe potuto proteggere proprio nessuno.
Esattamente come era accaduto a lui, anni prima, durante quella maledetta guerra.
"C'è una cosa che mi stavo chiedendo, Alex." Decise di esporre apertamente i suoi dubbi a quel ragazzo così giovane, incosciente. Ignaro. Alex parve stupirsi.
"Di cosa si tratta?" chiese, accogliendo la possibilità di racimolare altro tempo per elaborare intanto una strategia.
"Poco fa hai affermato di avere persone che consideri tuoi cari, una famiglia. Dimmi, come spereresti di star loro vicino e proteggerli, se sei qui, a combattere con me all'ultimo sangue? Se sei lontano, chi resterà con loro nei momenti di pericolo?" incalzò Bartolomeu, accigliato.
Alex non si sarebbe aspettato una domanda del genere da quell'uomo chiuso e torvo come pochi al mondo. Doveva averlo toccato nel profondo con le sue parole precedenti, a qualcosa dunque erano servite.
"Vedi, alcuni tra coloro che amo sono qui con me in questo momento, e anche se altri invece sono distanti..." Nella mente di Alex presero forma le sagome di Somber, sparito tempo addietro, e di Sybil, che attendeva al dojo, non scelta per l'assalto a causa dei suoi precedenti a Northfield. "Ci unisce fiducia reciproca, e io ho intenzione di ripagarla, non più appoggiandomi a loro o seguendo chi tra di essi mi rende sicuro, ma tirando fuori il meglio che posso da me stesso." Gli occhi azzurri del ragazzo erano brillanti come la luce del passato che Bartolomeu era incapace di ricordare con nitidezza. Quello in cui riusciva ancora ad amare.
"Migliorarci e avere fiducia nelle potenzialità di ognuno di noi: questo è il nostro modo di difenderci a vicenda." concluse, fiero, il ragazzo.
Il Vulture della sabbia strinse le nocche, assalito da un improvviso senso di disagio che non si spiegava. Come se Alex, nelle sue parole ai suoi occhi ingenue, avesse risvegliato qualcosa in lui.
"Quante sciocchezze." negò. "Se ti distruggo qui e ora, quella fiducia non sarà servita a niente. Non ha senso avere fede in qualcuno, se la vita ti mette di fronte alla durezza della realtà." ruggì, aumentando la massa delle sue braccia sabbiose.
Alex contrattaccò all'istante. "Questa conversazione è calzata a pennello per caricare la mia mossa..." pensò.
Dal suo corpo iniziò a diffondersi un denso vapore gelido e condensato, dal colore grigiastro vicino all'azzurrino. La sua pelle chiara dal colorito roseo divenne pallida.
"Glacial Domain."
In una frazione di secondo, il terreno stepposo divenne fluido, composto d'acqua per metri e metri. Le gambe sabbiose di Bartolomeu affondarono al suo interno, cominciarono a sgretolarsi e indebolirsi. Divennero friabili, dalla superficie molle a causa della significativa quantità d'acqua a cui erano esposte.
L'uomo barcollò appena in avanti, e Alex fu certo di avere la vittoria in pugno nel suo regno d'acqua. Era una tecnica molto vicina allo Stadio Finale, e dopo gli allenamenti sulla resistenza con Takeshi, aveva imparato a controllarla con maggior precisione e per più tempo.
"La faccenda finirà adesso." mormorò, certo del proprio vantaggio. Forse troppo. "Tsunami!"
Alex non aveva notato, poco prima che tentasse di innalzare un'onda acquatica verso il suo sfidante, che questo aveva incanalato una gran quantità di Kaika dentro di lui, per poi liberarlo attraverso una proiezione delle sue poderose braccia sabbiose, formatesi in un brevissimo arco di tempo davanti agli attoniti occhi del ragazzo.
"Cosa..." Riuscì solo a bisbigliare Alex: fu tramortito da un netto montante sferrato dalla proiezione del braccio sinistro di Bartolomeu, talmente duro che lo sollevò da terra, seguito in un nulla da un pugno verso il basso col braccio destro.
Il Guardian rotolò rovinosamente all'indietro, fino ad arrestarsi in modo brusco su un tronco alle sue spalle, che andò in frantumi. Aveva concentrato il suo Hardening Kaika appena in tempo.
"Se non mi fossi accorto del suo attacco, sarei morto sul colpo... Sa davvero utilizzare lo Stadio Finale del Reinforcement? Avrei dovuto aspettarmelo!" pensò, mentre grugniva per il dolore al mento indolenzito.
La sua tecnica si era dissolta nel momento in cui aveva subito il tremendo colpo. Provò a rialzarsi, ma un altro diretto gli fece tremare il viso, e sanguinò in modo copioso dal naso.
"Ugh!" Finì di schiena su un ulteriore albero poco più indietro, quasi incapace persino di respirare.
Bartolomeu si avvicinava con andamento pesante, inesorabile, la terra tremava a ogni suo passo. Ma l'espressione che aveva non rifletteva quei movimenti decisi. Era riluttante, esitante nella sua avanzata. Le parole di Alex echeggiavano ancora dentro di lui, torturavano la sua mente, costringendola a rivivere i suoi più tetri e tragici ricordi.
"Perché...?" sussurrò, sottovoce.
L'immagine delicata di una giovane ragazza, dalla pelle ambrata come la sua, gracile come un ramoscello e altrettanto facile da spezzare, invase la testa del guerriero.
Alex ansimava, inerme e frustrato per la sua incapacità di reazione momentanea.
Bartolomeu ridusse di qualche altro metro la distanza tra i due, i pugni serrati e i muscoli tesi.
"È vero, siamo stranieri in questa terra, ma combattendo al fianco dei Guardians guadagnerai il loro rispetto, Bart! Io avrò sempre fede in te..." Le speranze di quella ragazza continuavano, spietate, a tormentarlo. Quel faro durante la sua infanzia di stenti e povertà nel Continente meridionale. Sua sorella maggiore, Javis Silva.
Aveva creduto ai suoi incoraggiamenti quando si era arruolato nell'esercito dell'Impero per migliorare le condizioni di vita di entrambi, orfani fin dalla nascita, appartenenti a nulla e meritevoli di altrettanto. Era partito con lei fin nel Continente centrale a causa dell'alleanza tra le due potenze nella Guerra Rossa, e nonostante gli stranieri come lui non fossero ben visti, aveva resistito, aveva sopportato, tutto per lei. La ragazza dolce e pura che lo aspettava con un sorriso radioso ogni volta in una piccola capanna in campagna, il loro posto.
Non dimenticò, mai avrebbe potuto farlo, lo scenario orripilante che si ritrovò davanti al suo ritorno, quando la guerrà finì.
Sangue, ossa rotte, pareti distrutte.
Si era difesa, lui le aveva insegnato i princìpi base del Kaika per gioco tempo prima, ma non era bastato.
Il suo corpo giaceva insieme a quello dei suoi carnefici, soldati Guardians che avevano pensato di poter fare i propri comodi con una donna indifesa. Convinti che spettasse loro, dopo gli sforzi prestati in guerra.
Fu quel giorno, che qualcosa in lui morì, senza speranza di tornare in vita, di restituirgli la pace. Mai più.
"Avrò sempre fede in te..." Anche lei, anche Javis, come il ragazzo biondo dai tratti gentili di fronte a lui, aveva avuto fede in qualcuno, ed era stata ripagata in quel modo.
"Perché, dimmelo..." Bartolomeu non riusciva ad articolare le parole che voleva esprimere, bloccato dall'imperversare della disperazione dentro la sua anima. Aveva vissuto nell'odio e nella vendetta per anni e anni, accogliendo la causa di Karasu, lasciandosi guidare da lui, che riusciva così bene a fomentare quei sentimenti, a farli apparire leciti, mosso anch'egli da ideali simili.
Avere fede portava alla distruzione in ogni caso, così lui avrebbe portato devastazione con la sua furia, la sua giustizia.
"Ho ucciso, ucciso e ucciso. Posto fine alla vita di così tanti Guardians per vendicarmi. Eppure..." Bartolomeu fissò Alex negli occhi, le lacrime rigavano il suo volto tragicamente deformato dal dolore. "Perché questo vuoto dentro di me non sparisce, Alex?" chiese, disperato.
Il ragazzo era scioccato, e allo stesso tempo avvertiva i suoi sensi scemare per i troppi danni subiti. Il diretto di Bartolomeu si avvicinava, per togliere la vita a un'altra persona ancora.
"Potrei morire se usassi l'Energia Oscura in questo stato, ma morirei comunque. Tanto vale dare fondo a tutto quello che ho..." Decise Alex, sollevando a fatica due dita verso l'alto.
La barriera cilindrica dal trasparente colorito arancione fu eretta appena indietro rispetto a dove si trovava Bartolomeu, che si era mosso d'anticipo, anche se non abbastanza.
Era stato intrappolato quasi per intero, solo il braccio destro penzolava all'esterno.
"Ancora un po', non devo mollare." incespicò Alex.
Con un ultimo sforzo, eresse un rivestimento di ghiaccio, con il quale circondò la barriera e il braccio del nemico, in modo da evitare che si liberasse.
Calò così il silenzio.
Alex sospirò, atterrito, e infine serrò le palpebre, il respiro debole e le membra a pezzi. "Spero solo che gli altri sopravvivano, e i soccorsi arrivino prima che lui si liberi..." bisbigliò, per poi perdere i sensi.
Nella disputa tra lui e Bartolomeu nessuno era mai riuscito a trionfare. Non c'era alcun vincitore.
"Credi che io abbia paura di te?"
Dorothy aveva osservato il corpo di Masami mutare, durante l'esecuzione della tecnica di accelerazione dei processi cognitivi, molto simile alla sua Web of Light.
Il giovane combattente aveva i capelli rialzati dall'aura, che oscillavano dal nero al verde fluorescente, gli occhi arancioni accesi e luminosi come fiammiferi, e un'energia spropositata che fluiva travolgente dal suo corpo tonico.
"Se non sei spaventata allora sei un'incosciente, occhi d'oro. Stai per essere sopraffatta e non sarà affatto piacevole!" sbraitò Masami, i muscoli tesi e rigonfi.
"Puoi rendere parti localizzate del tuo corpo eteree, e a quanto pare aumentare in modo esponenziale le tue funzioni corporee, annullandone i limiti tramite il fluire rapidissimo del Release Kaika dentro di te." dedusse la ragazza di rimando. "E allora? Sappi che c'ero arrivata prima io." concluse, impassibile, fredda come il candore delle sue ciocche.
Gli puntò una pistola contro e la inclinò all'indietro, come per invitarlo ad aggredirla.
Lui le rivolse un sorriso a trentadue denti, e per tutta risposta le inviò addosso un tagliente e veloce raggio d'uranio.
Dorothy intercettò il colpo tramite un'emissione di luce, ma un attimo dopo percepì una fitta lancinante al fianco sinistro: Masami era piombato lì con velocità assurda e le aveva piazzato una ginocchiata durissima, carica di Hardening Kaika.
La ragazza gemette di dolore. "È una scheggia! È così potente, la sua tecnica spezza-limiti?" pensò, allarmata.
Ruotò subito una gamba per sferrargli un calcio alla testa, ma lui rese quella parte incoporea attraverso lo Stadio Finale parziale, e la mandò a vuoto. Dopodiché, le afferrò il collo, Dorothy tentò di sparare delle sfere in successione per allontanarlo, ma lo mancò per un movimento secco di Masami che le spostò il braccio. Le sfere si schiantarono su degli alberi in basso, oltre che sul tetto della Tenuta Radius, facendo crollare tutto ciò che incontravano.
Masami strinse la presa e scagliò una miriade di scariche di uranio con la mano libera, che esplosero tutte lungo il corpo sospeso di Dorothy, la quale fu scossa da numerosi spasmi.
Un grido morì in gola alla ragazza, la serie di impatti era stata tanto violenta e dura da mozzarle il fiato. Quando, sghignazzando, l'avversario lasciò la presa, lei precipitò inerme verso il suolo, fendendo l'aria tiepida.
Con una potente propulsione d'energia dai piedi, Masami si fiondò verso la nemica per finirla, era una furia e Dorothy pareva in grave difficoltà contro quella sua forza rinnovata.
Ciononostante, grazie alla capacità di previsione autonoma di Web of Light, la giovane fu capace di evitare, tra l'altro mentre era a testa in giù e in caduta libera, un terribile pugno ad arco diretto alla sua mascella, spostando quasi impercettibilmente il capo di lato.
Ma l'avversario aveva già sferrato un altro diretto, che centrò in pieno la fronte della povera ragazza.
"D-di questo passo mi ucciderà...!" rifletté Dorothy, cercando di arrestarsi a mezz'aria. "Devo dare tutto quello che ho per uscirne indenne."
La Guardian finalmente riuscì a fermarsi con una brusca frenata, e fissò con rabbia il Vulture dallo sguardo irrisorio di fronte a lei, desiderosa di portarlo a provare il triplo del dolore che le aveva inflitto. L'atmosfera diventò inquieta, fin troppo calma, mentre il suo Kaika fluiva in maniera controllata, aderente al suo corpo. Parte stessa di lei.
Divenne un tutt'uno con il suo elemento, e risvegliò in questo modo lo Stadio Finale. Dorothy si trasformò in luce vera e propria.
"Lightgod!"
Meno di un nanosecondo dopo, Masami fu trapassato da un fascio di luce dorata dalla scia brillante simile a quella di una stella cadente.
Dorothy era alle sue spalle, tornata nella sua forma base, le pistole fumanti tra le mani.
Si voltò, e ciò che vide la turbò.
Il punto che aveva attraversato, convinta di averlo squarciato, era invece divenuto trasparente, intangibile: Masami aveva intuito in anticipo dove la ragazza avrebbe colpito, e sebbene lei si fosse avvalsa della capacità di muoversi alla velocità della luce, era riuscito a rendere il suo stomaco d'uranio in tempo per non essere ferito mortalmente. La tecnica di Dorothy si era ancora rivelata velleitaria, grazie alle abilità deduttive del Vulture.
"Sorpresa?" ammiccò Masami. "Non serve possedere tutta quella velocità, se poi finisci a gambe all'aria." sghignazzò, arrogante.
Lei ricambiò l'espressione di complicità. "Sei stato bravo, devo ammetterlo. Ma toglimi una curiosità." propose.
"Dimmi pure, prenditi tutto il tempo che vuoi prima di morire, Guardian!" la assecondò l'altro, ancora sogghignante, gli occhi sempre spiritati per l'adrenalina e l'euforia.
"Avrai anche potuto intuire dove avrei attaccato, ma come sei riuscito a reagire in tempo? Non dovresti sostenere il passo della luce." chiese Dorothy, gli occhi socchiusi in uno sguardo truce, i capelli candidi fruscianti nel lieve tepore dell'aria pre-autunnale.
"Dovresti esserci arrivata da sola. La mia tecnica spezza-limiti non solo incrementa le mie capacità corporee, ma mi permette di impostare in automatico azioni motorie con tempismo perfetto, grazie al flusso di Release Kaika che interagisce con gli impulsi elettrici scaturiti dal mio cervello. In parole povere, proprio come te, riesco a muovermi ancor prima di pensare." spiegò Masami.
"Interessante, avevo ipotizzato qualcosa del genere... Era solo un mio cruccio esserne sicura, prima di toglierti di mezzo." Dorothy sorrise, aumentando all'improvviso il suo rilascio di Kaika dorato. "Vediamo se riesci a resistere per più di un minuto!" esclamò, prima di trasformarsi in particelle di luce e coprire la distanza tra lei e il nemico in un istante.
I due presero a scontrarsi, collidere e schivare attacchi talmente rapidi da risultare invisibili a chi avesse tentato di seguire la loro battaglia a occhio nudo. Le aure color oro e verde chiaro si mescolavano, scoppi e acuti riverberi riempivano l'ambiente acustico e fisico attorno agli incredibili rivali.
Masami era capace di individuare in anticipo le zone in cui Dorothy attaccava, e usciva illeso dagli impatti che si susseguivano.
"Te la cavi... ma ora basta, maledetto!" gridò la pistolera.
Volò come un lampo molti metri in alto rispetto a Masami, e condensò il suo Kaika usando entrambe le pistole, in modo da dare forma a un'enorme sfera di luce che riempì quasi tutta l'atmosfera.
"Dark Breaker: Sphere!" La concentrazione d'energia sferica luminosa fu rilasciata in direzione di Masami, il quale digrignò i denti fino a produrre uno scricchiolio sordo, determinato a respingere il maestoso attacco.
Sfoderò una poderosa ginocchiata carica di Kaika d'uranio sulla superficie della sfera, riuscendo ad arrestarne l'avanzata in maniera temporanea. I muscoli di tutto il suo corpo erano tesissimi.
"Non basterà!" affermò Dorothy, richiamando ancora lo Stadio Finale, e ritrovandosi alle spalle del nemico nemmeno un battito di ciglia più tardi.
Masami aveva previsto anche quello. Afferrò al volo il collo dell'avversaria con la mano destra, sempre tenendo lontana la sfera luminosa attraverso il ginocchio proteso in avanti, e dalla sua tasca sinistra estrasse una bomba verdognola di piccole dimensioni.
"Questa qui ha molta energia incanalata al suo interno, sai... Ora te la faccio esplodere in bocca!" esclamò in tono maniacale.
Dorothy urlò in preda alla furia agonistica, e per tenerlo lontano sparò dritto alla sua stessa sfera di luce, che emanava un sonoro e costante ronzio per tutto l'ambiente.
Seguì una mastodontica esplosione, nella quale fu coinvolta anche la bomba di Masami, sfuggitagli di mano.
Entrambi precipitarono verso il suolo, rischiando di schiantarsi con rudezza su di esso.
Dorothy terminò dritta con la schiena su una roccia levigata. Le mancò il fiato.
Aver concentrato l'Armor Kaika nella parte anteriore del corpo le aveva risparmiato danni irreparabili, ma ciò non le impedì di perdere conoscenza.
Quanto a Masami, atterrò su un tronco d'albero precario, che si spezzò e lo lasciò proseguire nella caduta fino al terreno paludoso.
Si trovavano in uno spazio sorprendentemente libero da arbusti e cespugli, con molti alti ciuffi d'erba che si innalzavano su un prato soffice, anche se molto umido. Rispetto al resto del boschetto era quasi un posto idilliaco. Si reggeva a malapena in piedi, ma era ancora sveglio, a differenza della sua sfidante.
"T-ti ucciderò, ragazzina..." La vista iniziava a offuscarglisi. Presto anch'egli sarebbe svenuto, con ogni probabilità. Puntò due dita sul corpo inerte di Dorothy, mirando al viso che manteneva la sua rara bellezza, nonostante la sofferenza dipinta su di esso.
"Muori..." Due sottili raggi verdi sfiorarono di un nulla gli occhi della giovane, esplodendo in uno stagno dietro di lei.
L'aveva mancata di pochissimo.
Le energie residue di Masami svanirono insieme al suo ultimo tentativo di porre fine alla vita dell'indifesa ragazza. Barcollò in avanti, tentò di mordersi il labbro inferiore e la lingua per restare vigile, ma non servì a nulla.
Masami perse a sua volta i sensi, e cadde in avanti con un tonfo, di fronte alla sagoma delicata di Dorothy.
Il vento soffiava gentile attraverso i loro capelli lisci, sottili come l'erba che li attorniava, rendendo il luogo del loro momentaneo riposo pacifico e silente, disturbato solo dal canto stridulo di qualche fringuello in alto, tra i ramoscelli degli alberi.
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