Capitolo 78

Coperti dallo scuro alone della sera, Akira e gli altri fuggitivi fissavano, esitanti, le slanciate figure dei due ragazzi che li avevano avvicinati: Takeshi, dai capelli azzurri e luminosi come il cielo estivo e Karasu, dalla chioma nera come la più buia notte invernale. Il primo appariva nettamente come il più svogliato e irresponsabile, in contrasto con il compagno che invece dava subito l'impressione di essere serio e affidabile.

Osservandoli bene, Akira pensò che fosse la più insolita delle accoppiate e allo stesso tempo provò una simpatia che avrebbe descritto come istintiva verso di loro, sebbene non li conoscesse e avesse imparato a non fidarsi troppo di chi usava belle parole e modi affabili per ammaliare.

"Voi siete la scorta che ci aspettava?" chiese con aria benigna.

"Sì, e ci avete pure messo un bel po' a farvi vivi. Che avete, le gambe mosce?" fece Takeshi, strascicando le parole.

Karasu dal canto suo tentò di rimediare al comportamento meschino dell'amico con una risata ironica. "Esatto, vi aspettavamo! Siamo contenti di vedere che siete tutti sani e salvi... vuoi stare zitto?!" aggiunse poi, sbraitando verso Takeshi, che per tutta risposta sbuffò.

"Dai, vediamo di muoverci così possiamo tornare al dojo e mi leggo il nuovo numero di Kanashin il samurai vagabondo. Se non sbaglio è appena uscito." Sbottò.

"Casomai leggi qualche giornaletto sconcio." lo schernì l'altro.

"Quelli li legge Antonio."

"Vero."

Intanto Akira, Katsura e Shinobu assistevano allibiti alla colorita conversazione, così come Hatori con suo padre poco dietro di loro.

"Almeno sono simpatici..." Akira si sforzò di trovare un lato positivo nei due. Quando poi il suo sguardo si posò sul terzo componente del gruppo, pochi metri dietro Takeshi e Karasu, la ragazza ebbe un pessimo presentimento.

Poco più grande d'età rispetto ai due, scrutava Akira con profondi occhi grigi che ricordavano delle sfere di cristallo. Alcuni ciuffetti dei suoi capelli di un arancione tenue spuntavano dal cappuccio di cotone grigiastro che gli copriva il volto per metà, proiettando su di esso la sua ombra. Discuteva sottovoce con gli altri due che chiudevano la scorta, e solo per un attimo aveva condiviso un'occhiata con Akira, facendola trasalire.

Al contrario di Takeshi e Karasu, quel ragazzo non spiccava affatto per la sua immagine o il suo comportamento, era del tutto mimetizzato con gli altri. Per questo ad Akira parve subdolo.

Se avesse potuto vedere i cadaveri dei soldati Guardians nascosti tra i cespugli poco più avanti, probabilmente sarebbe fuggita da lì senza esitazione.

La scorta, insieme al gruppo di Akira, decise di passare la notte in uno spartano accampamento su una piccola radura alla destra della strada, ben nascosto dalla vegetazione che lo attorniava.

Nella loro tenda, Akira tentava di addormentarsi, anche se la preoccupazione per la loro situazione lo rendeva quasi un'impresa impossibile, cosa evidentemente non condivisa da Hatori, che stava russando da almeno un'ora.

Katsura e Shinobu dormivano con il piccolo Nozomu in mezzo a loro e anche il padre di Hatori pareva stesse sonnecchiando.

La ragazzina fissò il sottile tessuto della tenda sopra di lei, attraverso il quale lo smorzato pallore bianco della luce lunare si intravedeva appena.

"Chissà cosa ci aspetta adesso..." mormorò, prima di rilassare gli occhi per tentare di prendere sonno.

Nello stesso momento, Takeshi e Karasu erano presi da un'animata discussione nella loro sistemazione a pochi passi da lei.

"Secondo te chi è questa gente? Kojiro non ci ha detto nulla riguardo la missione, solo di trasportarla fin quando non ci darà congedo." Karasu espose i suoi dubbi con aria di chi voleva essere rassicurato.

"Che ci importa? È il nostro primo incarico ufficiale per la resistenza dello Shihaiken, vediamo di portarlo a termine senza intoppi." la risolse Takeshi.

"Tu la fai sempre facile, per te andare avanti senza porre domande è l'unico modo di vivere."

"È l'unico per farlo a lungo, almeno. In tutta franchezza, meno ne so di strategie politiche e roba complicata del genere, meglio mi sento." ribatté Takeshi, secco. Poi, vedendo che Karasu iniziava a mettere il broncio, per niente soddisfatto, aggiunse: "Senti, Kojiro si è infiltrato tra i soldati Guardians durante le loro deportazioni, no? È probabile che voglia salvare queste persone da una brutta fine e ce le ha fatte intercettare per questo motivo. Non ci pensare e fammi dormire, che domani ci tocca marciare per un bel po'."

A quel punto, Karasu imitò l'amico e si infilò nel suo sacco a pelo fino alle guance. "Forse hai ragione..." sussurrò, in parte tranquillizzato rispetto a poco prima.

Takeshi poteva apparire rozzo, ma di solito nella sua semplicità arrivava a conclusioni giuste. Di certo più degli scenari catastrofici che Karasu si immaginava nelle sue continue rimuginazioni. Per quella ragione era grato in cuor suo di avere l'amico accanto a lui nei momenti più incerti o delicati come quello, anche se non l'avrebbe mai ammesso.

Gli occhi di Karasu ruotarono per un secondo verso l'immagine di Takeshi, che sembrava già nel pieno del sonno. Era così facile vivere come faceva lui, concentrandosi sul momento invece che sul lungo avvenire. In un certo senso lo invidiava.

"Notte." disse Karasu in un soffio, chiudendo gli occhi nel buio.

In questo modo la notte passò lenta, tra acuti stridii provenienti da qualche grillo nelle vicinanze, lamenti emessi da gufi appollaiati in alto sulle sporgenze degli alberi e rumori sordi di rami spezzati, dovuti al passo felpato dei predatori notturni.

Il giorno dopo, i superstiti di Araumi furono svegliati all'alba per iniziare a mettersi in cammino, e allontanarsi il più possibile dal villaggio. Il ragazzo dai capelli arancioni, che Akira aveva scoperto chiamarsi Kojiro, guidava il gruppo, seguito dagli altri due uomini della scorta, la compagnia di Akira e infine Takeshi e Karasu a chiudere la fila.

"State sempre all'erta, non si sa mai quando dei cani selvaggi possano attaccare!" aveva avvertito Kojiro a un certo punto, voltandosi con un'espressione giocosa sul volto.

Camminavano ormai da almeno quattro ore sullo stesso monotono sentiero e Akira non era ancora riuscita a decifrare quel tipo. Sebbene si fosse mostrato allegro e scherzoso, con un sorrisetto perenne stampato in viso, continuava a trasmetterle una strana ansia. Magari era proprio quel suo modo affabile di comportarsi a farla sentire così.

"Ci state portando a River Town, giusto?" domandò a Takeshi, alle sue spalle.

"Non saprei, ragazzina. Stiamo solo eseguendo gli ordini, chiedi a Kojiro." replicò, calmo, l'altro.

"Siamo ancora novellini." puntualizzò Karasu, pimpante. "Ma sta' tranquilla, non vi accadrà nulla sotto la nostra protezione! Siamo allievi di Fujiwara Taiyo, sai?" la informò con un certo orgoglio nel tono di voce.

"La smetti di vantarti con chiunque?" mugugnò Takeshi, alzando gli occhi al cielo.

"Fujiwara... Taiyo? Chi sarebbe?" chiese, curiosa, Akira.

"Non lo conosci?!" A Karasu quasi fischiarono le orecchie per l'incredulità. "Dove hai vissuto, sotto a un sasso?"

"Mica è una maniaca isterica come te. Fujiwara è famoso tra noi ribelli e negli ambienti militari, non di certo tra la gente comune. Idiota." grugnì Takeshi.

"Chi hai chiamato idiota? Perché non ti pettini ogni tanto?" rispose per le rime Karasu.

"Il mio è uno stile volutamente sbarazzino."

"Sì, certo, così sbarazzino che non ti lavi nemmeno!"

"Questa è una bugia, è capitato solo una volta!" Esclamò Takeshi.

Proprio mentre i due stavano per dare inizio a un duello mortale e sanguinario, la risata acuta e smorzata di Akira catturò la loro attenzione. "Siete proprio buffi, sapete?" farfugliò, continuando a ridacchiare, divertita.

I due ragazzi arrossirono entrambi, guardando in direzioni opposte, imbronciati.

Al suono delle risate spensierate di Akira, Hatori non poté fare a meno di sentirsi sollevato. Lo stesso valeva per Katsura e Shinobu, i quali tra l'altro trasportavano a turno Nozomu in braccio. Avevano tutti passato un periodo fin troppo stressante e triste, c'era bisogno di momenti leggeri come quello.

Un'altra ora di camminò volo via in questo modo, e quando ormai Akira, in preda ai crampi, pensava che le sue gambe avrebbero ceduto di lì a poco, ecco che Kojiro si arrestò di colpo.

Dinanzi ai loro occhi erano apparse due persone dall'aria un po' sinistra, anch'esse incappucciate.

Uno di loro, notò Akira, aveva perfino il volto coperto da una maschera a becco. Dell'altra invece spiccavano gli occhi ovali e spiritati, simili a quelli di una serpe, e le ondulate ciocche nere come la pece.

Dietro di essi, almeno una ventina di soldati dai mantelli grigi, muniti di fucile, ostruivano il passaggio. Il loro vestiario era del tutto differente da quello dei Guardians che avrebbero dovuto obbedire a Larina.

"Chi saranno quelli?" si chiese la giovane, stranita, e notò che anche Katsura li stava fissando, per niente rassicurata. Stringeva Nozomu più forte sul suo petto e questo indusse Akira a preoccuparsi in maniera seria.

Vide Kojiro avvicinarsi all'uomo mascherato, mentre Takeshi e Karasu assistevano con sguardi un po' incerti a ciò che accadeva. Parevano dubbiosi quanto Akira e Katsura.

"Dunque, ha funzionato." mormorò con voce tetra e distorta l'uomo in maschera.

"Te l'ho portata, sì. Avevi forse dubbi?" rispose Kojiro, mantenendo la sua aria sempre divertita.

L'altro emise un soddisfatto sibilo d'assenso, simile a quello di una vipera prima di attaccare un roditore indifeso.

"Gli altri non servono, procedete." ordinò la sinistra donna al suo fianco, con un gesto secco della mano.

"A-Akira..."

La ragazza si girò rapida verso la fonte della voce impaurita che l'aveva chiamata, quella di Hatori.

Incontrò per un momento i suoi occhi. Stava tremando.

Akira allungò un braccio verso di lui, come a volerlo portare via con sé, ma era tardi.

Fu costretta a vedere il suo corpo martoriato dalla raffica di proiettili.

L'odore bruciante della polvere da sparo era insopportabile. Anche se mai quanto la vista del corpo senza vita di Hatori, i suoi occhi vitrei e persi nel vuoto in un'eterna espressione di sgomento.

Il suo sentore di pericolo era stato perlopiù un presentimento, ma purtroppo si era rivelato fondato.

Akira udì le voci allarmate di Takeshi e Karasu come se fossero lontane miglia e miglia, l'urlo straziato del padre di Hatori, anch'egli ferito quasi a morte, come un tuono distante che precede l'arrivo di un temporale. L'uomo tentò di assalire con movenze selvagge Kojiro, ma quest'ultimo, tramite un movimento che pareva sfidare le leggi stesse dello spazio, lo decapitò in un attimo, roteando la spada ricurva dall'elsa arancione come la sua chioma.

Ad Akira fischiavano le orecchie. Inginocchiata, non era capace di distogliere lo sguardo da Hatori, disteso al suolo.

Karasu intanto era fuori di sé. "Cosa diavolo succede, Kojiro? Cos'hai fatto, bastardo?!" gridò.

"Vogliamo delle spiegazioni!" gli fece eco Takeshi.

Kojiro voltò appena il capo nella loro direzione da sopra la spalla, un ghigno soddisfatto stampato sul viso liscio come quello di un angelo, gli occhi serrati che non mostravano la loro reale espressione. "Siete stati utili, vi ringrazio, novizi. Il vostro compito termina qui." squittì, dando loro la schiena, diretto verso Katsura per concludere il lavoro.

In quel momento però, si avvertì una forte vibrazione nell'aria e il corpo di Kojiro fu costretto al suolo sopra una larga crepa. Karasu aveva manipolato la gravità intorno a lui.

La faccia dello spadaccino dai capelli arancioni si inasprì in appena un istante, in una smorfia demoniaca. "Asmodeus Karasu... cosa credi di fare?" I suoi occhi erano iniettati di sangue dalla furia.

Nello stesso momento, Takeshi intercettò l'uomo con la maschera, balzando verso di lui con la lama dall'impugnatura azzurra in pugno.

Il colpo vibrò violentissimo nell'aria a contatto con il braccio dell'avversario, rinforzato con l'Hardening Kaika.

Atterrò davanti ai due complici di Kojiro, più gli altri due che completavano la scorta.

"Non mi piace affatto quello che state combinando qui. Non pensate nemmeno che ce ne torneremo al dojo come se niente fosse." tuonò Takeshi.

"Pagherete carissimo questo affronto, maledetti disertori!" esclamò Kojiro, ancora disteso sul terreno.

"Disertori, noi? Sai invece cosa penso io?" rimbeccò, beffardo, Karasu. "Credo proprio che vogliate usare queste persone per qualche vostro losco scopo, proprio come i Guardians. E ho i miei seri dubbi sul fatto che quest'operazione sia approvata dal comando di guerra. Se volete però ne parlo con il maestro Fujiwara, che ne dite? Scopriamo subito chi è il vero traditore qui."

Kojiro si alzò piano, con le ginocchia piegate, sfidando la gravità stessa.

"Ma-le-de-tto..."

In meno di un secondo si era materializzato dietro Karasu, nemmeno il ragazzo comprese in che modo. Solo per fortuna riuscì a deviare il fendente mortale di Kojiro, estraendo la spada grazie a un movimento del braccio guidato dal puro istinto.

"Scappate!" riuscì a gridare, rivolto a Katsura, mentre tendeva i muscoli per non essere ucciso dalla lama di Kojiro.

La donna riuscì a ristabilirsi dallo shock e costringersi a non guardare Hatori e suo padre. Fissò invece Shinobu, avvilita, poi Akira. La povera ragazzina era fuori di sé e persisteva nel fissare il vuoto, quasi privata della sua coscienza.

"Devono salvarsi, almeno loro." sussurrò Shinobu, senza aggiungere altro. Sembrava stanco e rassegnato.

Katsura annuì, intuendo cosa volesse dire. Corse verso Akira, approfittando del trambusto creato dagli scontri dietro di lei, e la strattonò con forza.

"Akira, piccola mia, torna in te! Akira! Scappa via, porta con te Nozomu! Voi due dovete vivere!" strillò col viso a pochi centimetri dal suo, la voce in frantumi. Akira in un primo momento non parve nemmeno capire cosa stesse dicendo, ma captando il nome di Nozomu qualcosa in lei si destò. "Ti prego, Akira!" Katsura porse con cautela il fagotto verso la ragazzina.

E lei lo prese con sé.

"V-va bene... Fuggirò con Nozomu. Voi raggiungetemi, però... vi prego." Fu l'unica cosa che Akira riuscì a rispondere. L'idea di perdere anche quelli che per lei erano stati a tutti gli effetti i suoi genitori le spezzava l'animo.

"Ne usciremo in qualche modo... te lo prometto!" affermò Katsura, abbracciandola. Dopodiché, prese il viso piagnucolante di Nozomu tra le mani e gli baciò con dolcezza la fronte. "Figlio mio... figlio mio, vivi! Sii felice, la mamma ti vorrà sempre bene. Sarà sempre insieme a te, comunque andrà. Ricordalo in ogni momento, ricorda che ti amo, Nozomu!" Lo baciò ancora sulla guancia e poi si voltò, in piedi, rivolta verso i soldati armati di fucili con proiettili di galena che avanzavano verso lei e Shinobu, il quale aveva osservato la scena straziante con occhi spenti e addolorati.

Quelli di un padre che si sacrifica per suo figlio.

Si aggiustò gli occhiali ancora una volta, poi sorrise a Katsura e le strinse forte la mano.

Lei ricambiò.

Mentre i due fronteggiavano la guarnigione in una lotta disperata, tra i rumori degli spari e le urla varie, Akira avvolse Nozomu tra le sue braccia e corse via in lacrime.

"In seguito a quegli infausti eventi, sia i Guardians che i ribelli mi diedero la caccia senza sosta. Per cinque mesi non passai mai più di una settimana nello stesso posto. Insieme a Nozomu, viaggiai per tutto Southfield, e non legai mai con nessuno né mi fidai del tutto di chi si offriva di aiutarmi.

Non credo che Larina non fosse in buona fede, ma questa fu la mia reazione dopo ciò che avevo passato.

Uno dei posti in cui siamo stati meglio fu un piccolo cottage a Northfield, i proprietari si chiamavano Mary-Beth e Hanz: erano molto gentili e con loro mi divertivo. In quel periodo comprai un violino e imparai a suonarlo, Nozomu adorava ascoltarmi, anche se quando sbagliavo nota iniziava a piangere senza sosta.

Mary-Beth mi consigliò di lasciare Nozomu in un orfanotrofio isolato di nome Jolly Hall, a nord di Southfield, dove nessuno lo avrebbe trovato e sarebbe riuscito a vivere in pace e serenità.

Inoltre, con le mie capacità cambiai il colore dei suoi capelli, rendendoli castani per far sì che fosse meno riconoscibile.

Mi recai dunque a Jolly Hall, ma fui rintracciata in una piccola locanda da quell'uomo che indossava la maschera a becco e la sua complice: avevano informatori in tutto il continente. Fuggii grazie all'Energia Oscura e lasciai in fretta e furia Nozomu davanti al cancello di Jolly Hall, in mezzo alla neve e al gelo. Su una lettera scrissi che il suo nome era Peter, spero DAVVERO DAVVERO tanto che si sia trovato bene lì, che adesso stia al sicuro, ovunque sia.

Dopo pochi giorni fui braccata di nuovo in un'altra locanda in cui mi nascondevo come lavapiatti, quella volta i due erano muniti di pistole di galena e venni catturata. Al mio risveglio mi trovavo in questa baracca sperduta in qualche luogo che non mi è dato conoscere. La donna che tutt'ora mi tiene prigioniera, Kiryuu, mi disse che Katsura e Shinobu erano stati uccisi quel giorno infausto, portando con loro tutta la guarnigione di soldati. Non ho saputo invece cos'è accaduto a Takeshi e Karasu.

Ciò che Kiryuu mi ha fatto in questi anni è TERRIBILE. Il dolore che ho provato durante i suoi esperimenti sul mio corpo, che continuo a provare, è qualcosa che non augurerei a nessuno. E a causa della mia rigenerazione durano ore e ore e ore...

Di tanto in tanto la vedo parlare con altre persone che la visitano, si fanno chiamare i Vulture se ho ben capito.

Lasciano a lei cadaveri di cui sbarazzarsi o vittime da torturare per carpire informazioni, che Kiryuu getta poi nel tunnel segreto dietro la baracca.

Farò la stessa fine anch'io? Mi chiedo quando succederà.

Sono passati così tanti anni, ne ho perso il conto ormai...

Ho paura.

Perché è successo a me?

Nozomu, dove sei adesso? Sei sopravvissuto? Almeno tu, spero che abbia trovato persone che ti amino con cui vivere felice.

HO INCONTRATO NOZOMU.

Naturalmente non mi ha riconosciuto, ma vederlo è stato meraviglioso lo stesso, sono così felice! È diventato bello e forte! Non so per quale ragione sia qui, né come il destino l'abbia ricondotto da me, ma non avevo tempo di raccontargli tutto: l'ho fatto fuggire dal tunnel, sperando che non torni mai più in questo luogo maledetto. So che con ogni probabilità pagherò per questo, ma il fatto che sia vivo mi basta, vuol dire che in fondo anche la mia esistenza ha avuto un senso. In questo momento sento di poter anche morire senza rimpianti.

Nozomu, sii felice, ama la tua vita e proteggi i tuoi amici qualunque cosa succeda. Il mio Ultimo Desiderio l'ho affidato a te.

Ti amerò per sempre."

Peter smise di leggere e chiuse il diario.

Assorto in quel silenzio tombale, lì dove Akira aveva passato ben dieci anni in solitudine e ansia, rimase senza far nulla per pochi secondi.

Poi, si alzò con un sospiro, lasciandosi alle spalle il diario, il racconto che racchiudeva, quella stanza maledetta, e uscì dalla baracca chiudendo la porta dietro di sé.

Appena fu all'esterno, Karen gli fu addosso, abbracciandolo fortissimo, la faccia affondata nel suo petto. Capì che fosse arrivata mentre leggeva, insieme ad Alex e Sybil che lo attendevano lì vicino, sul lato opposto della laguna.

"Peter... mi dispiace! Avrei dovuto essere più forte!" esclamò la ragazza.

Lui le accarezzò piano la testa. "Tranquilla." sussurrò.

Dorothy e Alex lo raggiunsero e lo strinsero a loro volta quando Karen si staccò da lui. Non c'era bisogno di parole, i tre rimasero uniti l'uno accanto all'altro per darsi sollievo, come fosse la cosa più naturale del mondo.

Peter si lasciò andare a quel sentimento, al calore dei suoi amici. In quel momento era l'unica cosa di cui avesse davvero bisogno. Le persone che lo amavano erano con lui.

"È come una melodia agrodolce e gentile, spesso impercettibile. Questa per me è l'essenza della vita..." Pensò spontaneamente Peter.

Il modo in cui dal dolore si passava alla gioia, dalla disperazione al conforto, tra linee grigie di sensazioni indescrivibili, era qualcosa che valeva la pena di essere vissuta nella sua interezza. Non provava più odio o desiderio di vendetta. Avrebbe protetto ciò che lo rendeva chi era, come Akira desiderava.

"L'hai fatto?" Takeshi si era avvicinato senza sapere bene come comportarsi. Forse si era ricordato chi fosse Akira solo dopo aver letto a sua volta quell'oscuro diario prima di lui.

Peter annuì, sorridendo amaro.

"Bene." la chiuse il samurai. "C'è un'ultima cosa che dovete sapere, voialtri."

"Un'altra cosa?" ripeté Dorothy, incerta.

"Di che si tratta?" chiese Alex.

"Ve l'avrei detto comunque più avanti, ma visto che siete tutti qui... Abbiamo scoperto dove si trova il nascondiglio dei Vulture." rivelò Takeshi, serio. "A un mese da oggi li stermineremo una volta per tutte."

Saga di Slum Lagoon - Fine Primo Atto

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