Capitolo 75

Akira si fece largo a suon di spintoni e manate sulle spalle, fino a ritrovarsi di fronte all'uomo anziano in armatura.

"Cosa sta succedendo qui? Chi siete?" domandò con tono inquisitorio, nonostante la sua stazza da ragazzina magra.

Gli occhi grigi dell'altro gelarono quelli dell'intrusa con uno sguardo secco e imponente, di quelli che avrebbero costretto chiunque a voltarsi da un'altra parte.

Akira però resse il confronto e continuò a scrutare profondamente la sagoma intimidatoria dell'uomo. Nel frattempo, l'altra persona di fianco a lui che guidava la guarnigione di militi Guardians si era voltata incuriosita verso di lei, la maschera bianca a forma di gatto che copriva il suo volto.

"Sei in presenza di Goro Konno, ministro degli Affari Esteri del governo Guardians. Ora che lo sai, torna a svolgere le tue frivole attività bambinesche e lasciami parlare." tuonò l'uomo dai capelli grigi e ondulati.

Akira aggrottò la fronte, infastidita, mentre Hatori tentava in tutti i modi di dissuaderla, trattenendola per i vestiti o chiamandola in tono sommesso. Lei però era implacabile e determinata, l'animo acceso come le torce che i soldati reggevano per far luce nell'oscurità della sera incombente, e che emanavano una densa cappa di fumo nerastro nell'aria incontaminata.

"Sono abbastanza ragionevole da capire che le tue parole sono sibilanti, e porteranno solo guai a tutti noi. Anche un sordo lo capirebbe." I pensieri di Akira viaggiarono verso le fiamme che danzavano attorno al luogo in cui un tempo abitava, alle persone che amava, appiccato dalla stessa gente a cui apparteneva Goro Konno. Lei non si sarebbe mai fidata di quelle persone, mai e poi mai, non le importava quanto persuasivi potessero sembrare.

Goro la trafisse con un'occhiata stupita, per poi iniziare a ridere di gusto. "Accidenti, ragazzina, mi hai sorpreso, lo ammetto! A quanto pare, contrariamente al resto delle persone qui, tu hai un certo mordente! E va bene, ti fornirò le spiegazioni che cerchi: ormai è chiaro che la guerra con i ribelli è alle porte, l'avrete notato anche voi eremiti in questo villaggio sperduto. Proprio tenendo conto di questa incombenza, e della posizione strategica di Araumi tra le montagne e il mare, è stato proposto un piano d'evacuazione per il vostro clan, approvato dal Ministero degli Affari Esteri, in modo da evitare disdicevoli... atti di guerra nei vostri confronti." Goro sottolineò l'ultima espressione come se fosse una giustificazione ai peggiori crimini immaginabili in stato di guerra.

"Come se davvero vi importasse della nostra gente!" sbottò, dissacrante, Akira. "Sai cosa penso io, invece?"

L'individuo dalla maschera felina scrollò le spalle come se si stesse divertendo a vedere qualcuno tener testa all'uomo risoluto al suo fianco.

"Sentiamo..." mormorò, alquanto spazientito, Goro.

"Credo che questa zona interessi a voi Guardians e che vogliate liberarvi di noi, che la occupiamo... e chissà dov'è che ci condurrete, poi? Magari volete sfruttare il nostro Kaika celebre per essere superiore alla norma per creare, non so, armi e armamenti." Disse Akira con un'aria di sfida sul viso pallido.

Goro la squadrò, irato, qualche secondo, poi fissò Hatori alle sue spalle.

D'un tratto fece un lieve cenno e uno dei soldati gli passò una pistola corta e nera, che lui puntò verso la fronte del ragazzino.

"No!" gridò Akira.

Si udì uno sparo.

La folla intorno divenne inquieta e spaventata a quel suono, e la scena cruda che si parò loro davanti non contribuì a rasserenare gli animi. Il braccio orrido, grondante sangue di Akira penzolava davanti al volto orripilato, bianco come un cencio, di Hatori, che era caduto all'indietro e osservava la figura piegata e dolorante dell'amica.

"A-Akira!" urlò, allarmato.

"La tua lingua tagliente porterà solo alla rovina te stessa e i tuoi cari, insolente mocciosa. Domani inizieranno i trasporti: verrete condotti a turni secondo un censimento stilato da noi verso la rete ferroviaria più vicina. Fareste meglio a prepararvi, voialtri. È per la sicurezza di tutti noi in stato di guerra..." Detto questo, Goro voltò le spalle ad Akira, che continuava a gemere sottovoce, e si allontanò a ritmo costante, accompagnato da maschera-da-gatto e il resto dei soldati.

Lei li osservò allontanarsi, mentre la sua vista si offuscava. I suoi denti però si stringevano e scricchiolavano per la rabbia, mantenendola cosciente.

Dopo aver raccontato tutto a Shinobu e Katsura, i genitori di Nozomu, i due parvero scossi e preoccupati ma allo stesso tempo volenterosi di fare qualcosa per quella situazione così assurda. Erano seduti a tavola nella piccola sala da pranzo dalle pareti in legno insieme ad Akira e Hatori, trangugiando nervosamente lo stufato delizioso di Katsura che li aveva ammaliati col suo odore stupendo nemmeno due ore prima.

Ma per Akira e Hatori sembrava fosse passata un'eternità.

"Dunque, nessuno di noi è al sicuro. Chissà dove hanno intenzione di portarci, e cosa hanno intenzione di fare a tutti noi..." commentò Shinobu, sistemandosi gli occhialini tondi, mentre Nozomu dormiva calmo nella culla retrostante alla tavola imbandita.

"Ma tu stai bene, Akira? Non ti hanno sparato?" soggiunse Katsura in tono apprensivo.

"Va tutto bene... La ferita al braccio si è già rigenerata, anche se ci ha messo più del previsto. Il proiettile doveva essere fatto di galena e ha ritardato il processo di guarigione." ribatté, tranquilla, Akira.

"Le tue capacità di rigenerazione cellulare tramite Kaika sono pazzesche! Nessuno di noi ha un'abilità del genere qui ad Araumi. Sei proprio unica, anche il modo in cui hai fronteggiato quel dannato vecchiaccio... sei stata incredibile!" la adulò Hatori, rapito dalla tempra della sua compagna, la quale assunse un'aria lusingata.

"N-non dire così, non è nulla di speciale. Non sono riuscita nemmeno a scacciarli dal villaggio per adesso."

"Per adesso?" domandò Katsura con un tono che lasciava trasparire tutta la sua preoccupazione.

"Già: ho intenzione di affrontare Goro Konno domani. Sconfiggendolo, magari riuscirò a demoralizzare i suoi sottoposti e ad allontanarli almeno per ora dalla nostra terra, in modo che possiamo avere del tempo per organizzarci sul da farsi. Magari, potremmo partire in massa verso una nuova zona in cui stanziarci... chissà se a est esiste davvero un continente pacifico e privo di guerre come nelle leggende narrate nella nostra tradizione?" La sicurezza nelle proprie parole che Akira mostrava trasmise sgomento nei tre intorno al tavolo, che allo stesso tempo però furono colpiti in positivo dalla sua grande ambizione. Essa rivitalizzava la speranza nei loro cuori spaventati.

"Non puoi far-"

"Dissuaderti sarebbe inutile, ne siamo tutti consapevoli, e al momento questa è l'unica speranza su cui possiamo appoggiarci." Shinobu interruppe Katsura, che lo fissò interdetta per un momento. "Sappi, però, che non ti lasceremo rischiare la vita senza far nulla. Saremo sempre al tuo fianco, pronti a darti manforte: è il minimo che possiamo fare per te che sei sempre in prima linea a difendere tutti."

"Signor Shinobu..." mormorò Hatori, ammirato.

Anche Katsura si mostrò convinta da quelle intenzioni e prese le mani di Akira tra le sue. "Non ti lasceremo sola, nemmeno stavolta."

Gli occhi azzurri dei genitori di Nozomu si unirono a quelli della ragazza in tutta la loro tenacia. Akira sorrise, ancora una volta grata alle due persone che erano sempre state gentili e disponibili con lei, e all'interno dei quali non era mai riuscita a cogliere alcun male.

Accoglierla con calore sembrava per loro la cosa più naturale del mondo, ed era una qualità, quella, per la quale lei aveva un debole e che scarseggiava terribilmente nel mondo di cui aveva scoperto in modo troppo prematuro la crudeltà.

Dopo cena, Hatori si fermò a dormire con Akira.

Entrambi fissavano il soffitto scricchiolante dal colorito castano sopra i loro morbidi tatami, incapaci di prendere sonno a causa delle turbolente disavventure di quella giornata. L'oscurità e il silenzio cullavano i loro animi pesanti, la notte neutra e buia appariva ai due ragazzi come una sorta di scudo contro ciò che li avrebbe attesi nei giorni a venire, che non si prospettavano affatto semplici e tranquilli come quel momento di pace.

Abbandonare la quiete che li difendeva dalle incertezze del futuro spaventava e allo stesso tempo rafforzava lo spirito di Akira.

Per quanto riguardava Hatori invece, si poteva dire che vedesse nella compagna un faro di speranza in mezzo a tutte le indecisioni che ronzavano nella sua mente. Era sempre stato al suo fianco, e sotto la sua ala aveva trovato sicurezza e fiducia, cose che sovente erano mancate dentro di sé.

"Davvero vuoi affrontare quel tipo? Ha un'aria spaventosa." ruppe la tacita atmosfera il ragazzino.

"Sei preoccupato?" provocò, sarcastica, Akira.

"C-certo che sì!" arrossì Hatori. "Non ci tengo a vederti sfidare la sorte per tutti noi... Nessuno ti obbliga a caricarti sempre tutte le responsabilità sulle spalle, perché persisti in questo atteggiamento autodistruttivo? È proprio vero che sei Misty!"

"Ti ho detto mille volte di non usare quel soprannome, mi dà fastidio." Rimbeccò, seccata, l'altra.

Misty era il modo in cui tutti chiamavano Akira nel villaggio, soprattutto perché era una ragazza solitaria, molto distaccata e riservata. La sua fiducia e il suo affetto erano rivolti verso pochi, e i suoi occhi sempre persi in qualche scenario lontano, assenti dal presente, le conferivano quell'aria di mistero che allontanava e inquietava chiunque, contribuendo a renderla solitaria.

Solo Hatori giocava con lei nel quotidiano, spesso in compagnia del piccolo Nozomu a cui lei era così ferocemente attaccata.

Nonostante il suo distacco dagli altri, ogni volta che qualcuno aveva bisogno di aiuto lei appariva e forniva supporto, a prescindere da chi si trattasse: una vecchietta con difficoltà a camminare, un uomo che trasportava secchi d'acqua troppo pesanti o addirittura ragazzi che in passato l'avevano presa in giro per il suo carattere.

Misty aiutava chiunque, poiché semplicemente non poteva farne a meno. Il suo cuore le impediva di ignorare gli altri.

"Sei sempre così misteriosa, non lasci trasparire i tuoi veri sentimenti e non si capisce a cosa tu tenga davvero, perché aiuti tutti. Non c'è nulla di strano nel pensare a sé, la cosa davvero anormale è annullarsi per gli altri." disse Hatori con una tonalità quasi di supplica nella voce.

"Ma tu sai come sono fatta, no? Mi conosci..." Akira aveva bisogno di sentirselo dire, almeno da lui, il ragazzo che passava tutte le sue giornate insieme a lei.

"Sì, io ti conosco e sono contento di avere questo privilegio. La tua bontà..." Hatori vagliò l'idea di non terminare la frase, imbarazzato, ma poi si decise. "È la cosa che più amo di te."

Le guance di Akira arrossirono con violenza e fu grata che il suo sorriso un po' sciocco fosse celato dall'ombra notturna. "D-dai... cosa dici?" balbettò, coprendosi il viso dai tratti eleganti con i fluidi capelli sciolti, di una tonalità simile a quella dei mirtilli, nel buio della piccola camera alla destra di quella in cui avevano cenato.

Hatori si girò sul fianco, deciso a terminare lì quella conversazione delicata, mentre osservava il cielo che si estendeva per gli scuri campi immensi oltre la finestrella di fronte a lui. "Comunque, anche se non posso impedirti di fare di testa tua, ti prego perlomeno di prestare attenzione domani. Non voglio che ti sacrifichi per il bene degli altri... non lo sopporterei." sussurrò.

"Lo prometto." rispose Akira, con dolcezza nella voce. "Staremo tutti bene."

Le parole della ragazza infusero come sempre forza nelle membra di Hatori, che però allo stesso tempo non reggeva l'idea di perderla solo perché tutti coloro che l'avevano sempre evitata o trattata come una persona ambigua si salvassero.

"A me basta che ci sia tu per stare bene. Il resto può anche bruciare." Queste parole, però, non le pronunciò ad alta voce.

Arrivò la mattina seguente e, puntuali, Akira e Hatori, accompagnati anche da Katsura e Shinobu, si recarono presso lo sbocco del sentiero che conduceva alla larga spiaggia grigiastra.

Lì ad attenderli, insieme al resto della popolazione del villaggio, si ergevano le figure imponenti di Goro Konno e maschera-da-gatto, insieme a un nutrito numero di soldati Guardians.

Alle loro spalle, laddove la strada brulla e ripida si allontanava in direzione opposta ad Araumi dal litorale, alcune grandi carovane con spaziosi ripiani posteriori che servivano per il trasporto dei passeggeri erano parcheggiate, con diversi uomini armati a cavallo accanto.

Nozomu se ne stava un po' nervoso tra le braccia di Hatori, come aveva chiesto Katsura, in modo che lei e il marito potessero supportare Akira in caso di necessità.

"Bene, sembra che ci siamo tutti, siete stati saggi." sogghignò sotto i baffi Goro, la barba grigia e ispida che gli copriva il volto rugoso. "Allora direi che possiamo cominciare con gli smistamenti per i trasporti."

"Fossi in te non sarei tanto entusiasta."

La voce che l'aveva sfidato apparteneva alla stessa ragazza con cui aveva discusso il giorno precedente.

Goro si stupì nel vederla già in forma e così ardimentosa, e al contempo fu innervosito dalla sua insistenza nell'ostacolarlo. "Ancora tu, mocciosa. Cosa vuoi oggi? Hai deciso di offrirti volontaria come prima passeggera? Mi toglieresti un bel peso, te l'assicuro." schernì con aria di superiorità.

La folla iniziava a parlottare, alcuni sussurravano che Akira dovesse aver perso il senno, altri ancora che fosse sempre stata pazza. Altri, invece, mormorarono parole d'ammirazione.

Lei rimase impassibile e guardò il ministro Guardian dritto negli occhi ancora una volta. La figura con la maschera da felino restò immobile, da tacito osservatore come sempre.

"Ho una proposta da farti." affermò, imperiosa, la ragazzina.

"Ah, sì? Dimmi pure, allora..." sospirò l'altro.

"Ho intenzione di sfidarti in un duello! Se vincerò, lascerai in pace il mio paese, in caso contrario ti lascerò continuare il tuo dovere." Akira pareva quasi bruciare dalla fierezza mentre parlava.

Ciononostante, Goro iniziò a ridere a squarciagola come se avesse appena ascoltato una battuta particolarmente spassosa. Alcuni soldati lo imitarono e sghignazzarono o esibirono ghigni beffardi.

"Accetti o no?" Implacabile, Akira mantenne la sua espressione orgogliosa.

Il vecchio la fissò, stralunato, quasi messo in soggezione da un comportamento così insolito, da un coraggio tanto risoluto. Per cosa combatteva quella ragazza? Teneva davvero così tanto alla sua gente? Avrebbe potuto tentare di scappare da sola o insieme a qualche suo caro, eppure era lì a difendere la popolazione come un'eroina di un racconto per ragazzi.

Goro non la capiva, era incapace di comprendere cosa muovesse quella persona così giovane, ma matura e solidale a livelli surreali.

Ciò lo spaventò in modo tale da condurlo a decidere che avrebbe fatto meglio ad accontentarla. A sbarazzarsene, finché era in tempo. Finché ne era capace.

Poiché le persone come lei, l'esperienza glielo insegnava, erano quelle più pericolose in assoluto per l'ordine sociale.

"D'accordo, ragazza. Ho deciso di darti retta, ti prenderò sul serio. Fa' pure tu la prima mossa quando te la senti." sentenziò infine Goro.

Il suo sguardo era serio, tanto che il partner mascherato accanto a lui indietreggiò senza staccare lo sguardo un secondo dai due sfidanti. Non si notava se stesse provando stupore per ciò che stava accadendo, ma era molto probabile, nonostante il linguaggio del corpo impassibile.

A un tratto, senza che nemmeno un secondo fosse passato, un raggio indaco di Kaika puro si schiantò a velocità inaudita sul corpo di Goro, causando un impatto potentissimo e alzando parecchio fumo.

Alcune grida di allarme si sollevarono, si avvertiva una gran frenesia nell'aria.

"L'ha colpito!" gridò Hatori, mentre Nozomu iniziava a piagnucolare.

Akira fissò la figura del nemico in piedi, il palmo della sua mano ancora fumante per l'energia rilasciata.

Quando il viso di Goro fu visibile, la ragazza sgranò gli occhi per la sorpresa: il suo volto era costituito da terreno grigio e presentava alcune spaccature, delle crepe.

"È quello il suo elemento Kaika? La terra?" pensò, scrutando lo sguardo spettrale dell'uomo.

Prima ancora che potesse fare altro, dal terreno ai lati di Goro si innalzarono due spesse colonne di terra che avanzarono velocissime verso Akira, facendo tremare il pavimento. Lei si abbassò all'istante, ma le colonne deviarono con un lieve gesto dell'avversario.

E le mozzarono di netto entrambe le braccia.

Akira gridò di dolore, mentre perdeva fiumi di sangue.

"La tua tortura sarà d'esempio contro i ribelli." disse, in tono grave, Goro.

In quel momento si accorse, però, che nel punto in cui prima c'erano le braccia di Akira stava confluendo un costante afflusso di Kaika azzurrino: in pochi secondi gli arti della giovane erano ricresciute come nuove, sotto gli occhi increduli di tutti.

"Impossibile! Che razza di poteri ha, cos'è questa rigenerazione? E quel raggio prima... era Kaika puro, non un elemento! Chi è questa persona?!" pensò Goro, stupefatto.

Un attimo dopo aveva incrociato le mani e un'altra colonna prendeva forma dal terreno, diretta verso il viso di Akira. "Ti ucciderò in un colpo solo, così non potrai rigenerarti!"

Ma gli intenti di Goro andarono in fumo, in quanto Akira avvolse il suo petto con le braccia, chiudendo gli occhi e creando una strana distorsione nell'atmosfera attorno a lei.

La colonna colpì il punto in cui si trovava Akira, sfondando la superficie sotto di essa, ma lei era sparita in un turbinio di leggiadre farfalle bluastre che avevano sostituito il suo corpo.

"Un'illusione... è Energia Oscura?!" si chiese Goro, poco prima che una sensazione di pericolo imminente alle sue spalle lo trafiggesse, repentina.

Sul suo collo, infatti, apparve la figura di Akira preceduta da un secondo flusso di farfalle illusorie. Con le sue mani aumentate di massa, impattò con forza il collo dell'avversario, gridando, selvaggia.

La sua pelle però non si sguarciò: Goro l'aveva rivestita all'ultimo momento con uno strato di pietra dura, scampando alla morte istantanea.

"Questo era Reinforcement Kaika, mentre quello precedente era Release... sa padroneggiare più di una specialità." analizzò l'uomo. Dopodiché, sferrò una gomitata fulminea sul naso della ragazza, che cadde dalle sue spalle. "Adesso basta, però, sei pur sempre solo una bambina troppo cresciuta!"

Goro ruggì e, dopo aver incrociato di nuovo le mani con forza, due enormi blocchi di pietra si formarono dalla terra e schiacciarono brutalmente Akira da entrambi i lati, facendola strillare per le ossa frantumate che le procurò l'impatto.

Rimase lì, bloccata e sofferente. La sua rigenerazione era in atto, ma essendo schiacciata di continuo dalle pareti rocciose, continuava a subire ingenti danni ed era dunque immobilizzata.

"Akira!" la chiamò un disperato Hatori. Ora il pianto di Nozomu stava producendo un gran fragore tra le sue braccia.

Gli occhi di Akira, tuttavia, nonostante il dolore continuo, acuto e insopportabile, fissavano quelli di Goro, accesi da un'espressione di odio puro e feroce che sconvolse il suo nemico.

"Sta soffrendo così tanto, eppure ha ancora la forza di guardarmi così... come se volesse uccidermi. Questa ragazza non è normale. È un demone!" rifletté.

Il viso schiacciato tra le mura di pietra di Akira persisteva nel suo astio verso Goro, le sue iridi di un indaco intenso sembravano quasi composte di fuoco, come possedute da un'entità sovrannaturale.

"Quello sguardo non mi piace, ti insegnerò io a piegarti." Goro compì un altro gesto secco e le pareti si strinsero ancora di più, facendo gemere più forte la vittima, che però non distolse mai gli occhi da quelli del nemico, il quale a quel punto faticava quasi a reggerli.

Infine, Goro pensò fosse più saggio spegnerli una volta per tutte. "Sei coraggiosa, te ne do atto. Ma rappresenti un pericolo. Addio."

Un istante dopo, si avvertirono due movimenti come saette attorno a Goro, e in un baleno quest'ultimo fu circondato, con occhi strabuzzati per la sorpresa.

"Adesso lasciala, vecchio. Ti avverto..." L'uomo con un paio di occhialini tondi e una coda di cavallo premeva il suo pugno, circondato da un'aura fulminea, sul collo del Guardian.

"Non ci importa nulla di chi sei, ti ammazzeremo." sussurrò la donna dai capelli arruffati, mentre gli puntava contro la mano destra dal lato opposto, pronta a liberare una gran quantità di Kaika del vento.

Hatori osservò, stupefatto, le furiose sagome di Shinobu e Katsura attorno a Goro Konno, pronti a ucciderlo per il suo affronto verso Akira.

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