Capitolo 73
Il vuoto era tutto ciò che si scorgeva per miglia e miglia.
Un nulla oscuro, nero come l'universo, calmo come un lago in estate.
Dopo l'odio vi era il niente, dopo la rabbia solamente la stanchezza pervadeva il cuore.
Non c'era significato in tutta la violenza che era stata espressa, né nello sfogo soddisfatto dal sangue versato.
Infine, la vendetta aveva lasciato solo un amaro che consumava l'animo e tormentava la mente.
Peter si ridestò.
Non appena i suoi occhi furono di nuovo aperti e consci del mondo attorno, la prima cosa che notarono fu il pallido riflesso delle ciocche bianche della chioma di Dorothy. Era appoggiato con la testa sulla spalla dell'amica, inginocchiata di fronte a lui.
Le sue morbide mani, un po' indurite dal callo causato dall'impugnatura frequente delle pistole, stavano accarezzando con premura la sua schiena.
Il ragazzo si chiese per quanto tempo l'amica l'avesse cullato in quella posizione.
"D-Dorothy... che è successo?" Un secondo dopo averlo chiesto, a Peter vennero in mente suo malgrado le sensazioni provate prima che perdesse i sensi, l'istinto omicida e la ferma volontà di uccidere Kiryuu.
Dopodiché, aveva una vaga idea d'aver subito un cambiamento e, guardando l'ambiente intorno a lui, comprese subito che doveva aver compiuto qualcosa di orribile.
"Peter, va tutto bene. Non sforzarti, ok? Hai dormito un'oretta, dopo che... Beh, comunque sia, ho chiamato Takeshi e Saito: in questo momento stanno ispezionando quella baracca di fronte con alcuni specialisti." sussurrò Dorothy. Dal tono di voce appariva evidente che fosse piuttosto scossa.
"Misty..." L'immagine della ragazza esplose inesorabile nella mente di Peter, causandogli un'enorme sofferenza. "Io non sono riuscito a proteggerla, Dorothy, non ho potuto fare niente per salvarla! È morta!"
Vedendo le lacrime scorrere lente sul viso disperato del compagno, Dorothy non poté fare a meno di sentirsi a sua volta afflitta. Con un singhiozzo soffocato strinse Peter fortissimo a sé, il giacchetto bagnato dalle sue aspre lacrime. Rimasero fermi in quel modo per quasi un minuto, fino a quando furono interrotti dalla voce di Takeshi alle loro spalle.
"Portate pure via quel corpo, non lasciate che venga esposto in quello stato." diede delle direttive ad alcuni uomini in divisa della scientifica, indicando il corpo di Kiryuu, o quello che ne rimaneva, coperto da un velo bianco, dietro Peter. "Voi due, state bene?" si rivolse poi ai ragazzi in ginocchio, i quali alla fine si misero in piedi per rispondere allo spadaccino dai capelli azzurri.
"Non riportiamo ferite. Che ne è di Alex, Karen e Sybil?" chiese Dorothy, rispondendo al posto di Peter che era chiaramente troppo depresso per dire alcunché.
"Saito li ha chiamati poco fa, saranno qui a breve." spiegò Takeshi. "Nel frattempo, Peter, devo parlarti di una cosa importante." aggiunse in tono grave.
L'altro si limitò a fissarlo con aria assente, sotto gli occhi preoccupati e mortificati di Dorothy. "Ti va bene restare qui?" le chiese Takeshi.
"Non c'è problema." Abbozzò un sorriso lei. Poi, la guardia portò Peter con sé sul lato opposto della laguna, mortuaria nella sua estrema tranquillità.
La ragazza restò sola a fissare gli uomini della scientifica mentre sollevavano con movimenti flemmatici il corpo celato di Kiryuu, per poi trasportarlo con una barella verso un mezzo parcheggiato nello stesso punto da cui Peter e Alex erano arrivati per la prima volta a Slum Lagoon, dietro una larga abitazione in rovina.
Com'era inevitabile, i suoi pensieri migrarono verso gli eventi di poche ore prima. L'immagine di ciò che Peter era diventato sotto i suoi occhi la atterriva ancora, e si sentiva come se fosse stata catapultata in un incubo.
"Non posso credere che quell'essere terrificante fosse proprio Peter... lui che è una delle persone di cui mi fidi di più sul pianeta, un amico fraterno. Non lo posso semplicemente accettare, Peter non è così, io lo so! Lo conosco bene!" pensò con un'espressione malinconica in volto.
In mezzo ai rapidi e sbrigativi movimenti dei lavoratori che la circondavano, i quali erano sul punto di concludere e dileguarsi, la giovane Guardian fu raggiunta da Saito.
I suoi capelli rosso sangue scintillavano sotto la luce soffusa dei raggi solari tra alcune rade nuvole candide, che coprivano in parte il cielo torbido. "Se Takeshi pensasse la metà di come fai tu, magari si ricorderebbe quantomeno di svegliarsi la mattina." esordì, ironico, lo spadaccino.
Dorothy forzò una risata smorzata, felice di vedere il compagno sempre serio e affidabile. "Sembravo così persa?" lo salutò in un soffio.
"Ti consiglio di non crucciarti troppo, altrimenti Peter finirà per sentirsi peggio. Ciò di cui ha più bisogno adesso è il calore dei suoi amici, perciò sforzati di essere positiva con lui." disse Saito con un sorriso rassicurante.
"Se lo dici tu. Ti ringrazio, Saito."
"Non è nulla."
"Senti..." Dorothy azzardò dopo pochi secondi.
L'altro emise un roco verso interrogativo.
"Quella ragazza, Misty, chi era? E dove si trova il suo corpo adesso?"
"Abbiamo provveduto a portarlo via, per il bene di Peter. Stranamente, in tutto il putiferio che ha scatenato non pare aver intaccato affatto la baracca in cui era rinchiusa. Pare fosse prigioniera di questa Kiryuu, ma oltre al fatto che la sua carceriera avesse rapporti con i Vulture e l'Esercito Guerrigliero, non so altro. Però c'è un diario nella camera di Misty, io non l'ho letto ma Takeshi sì, e credo voglia mostrarlo anche a Peter. Presto la sua storia sarà comunque svelata." concluse Saito.
"Capisco, Peter sembrava molto attaccato a lei. Mi domando il perché, non credo la conoscesse da tanto tempo... era come se si trattasse di un legame istintivo, più uno che legato all'esperienza personale. Quasi qualcosa di platonico, spirituale." Suggerì Dorothy.
"Non saprei, conosceremo meglio la faccenda dopo che Peter avrà letto quel diario." rimarcò Saito.
Dorothy abbassò gli occhi dorati al suolo, esausta e coi nervi a fior di pelle. "Lo spero. Non voglio più che i miei amici si allontanino da me senza che possa far nulla."
L'uomo guardò prima il capo della ragazza, poi osservò il cielo terso. "Già, ti capisco." mormorò.
Nel frattempo, Takeshi e Peter si trovavano sulla sponda opposta della laguna, accanto all'abitazione col tetto crollato dove soggiornava Kiryuu.
"C'è qualcosa di importante che devi sapere." iniziò la guardia.
"Ah, sì?" mugugnò Peter con aria distante e occhi vacui.
Takeshi parve innervosito da quel suo atteggiamento. "Ascolta bene, ragazzo, perché non mi ripeterò una seconda volta. So bene qual è la sensazione che si prova quando qualcuno che hai giurato a te stesso di proteggere finisce per morire. Conosco la disperazione che ne consegue, la capacità che ha di consumarti." A questo punto, appoggiò entrambe le mani sulle spalle del ragazzo, costringendolo a fissarlo negli occhi. "Ma tu hai un futuro davanti a te! Non c'è alcun bisogno di privarsi della vita per arrovellarsi nel proprio dolore. È fin troppo facile crogiolarsi nella pena, lo capisco, eppure, nonostante tutto ci sono ancora persone che ti amano, che stanno male per te, proprio come Dorothy. Dunque, smettila di fare il figo piegato dal dolore e reagisci, va' avanti, Peter, poiché il dolore è anch'esso parte della nostra esistenza. E devi accettarlo." Concluso il discorso, l'uomo si voltò dall'altro lato, essendosi con ogni probabilità reso conto di aver detto cose imbarazzanti una dietro l'altra.
Peter lo scrutò per qualche secondo con i suoi penetranti occhi blu, senza sapere come controbattere.
"A-a ogni modo, ciò di cui dovevo informarti è che dentro 'sta baracca maledetta ho trovato un diario su cui ci sono scritte cose che potrebbero interessarti... Ti conviene leggerlo, per il momento ho evitato che venisse confiscato." balbettò Takeshi.
"Un diario?" A Peter balenò in testa l'immagine del suo primo incontro con Misty: ricordava con chiarezza di aver intravisto proprio un diario appoggiato alla scrivania della ragazza, sul quale lei era intenta a scribacchiare qualcosa. "È suo..." pensò.
Spinto dalla curiosità, decise di dargli subito un'occhiata. Nonostante il dolore fosse ancora vivo e pulsante dentro di lui, Takeshi era riuscito a scuoterlo e adesso si sentiva un po' meglio rispetto a poco prima.
"Andrò subito a leggerlo. Grazie infinite, Takeshi." Peter riuscì a rivolgergli un sorriso grato.
"Sì, sì... Guarda tu che discorsi ingrati mi tocca fare, questi mocciosi mi sfiancheranno!" Continuando a lamentarsi, l'uomo diede le spalle a Peter e si avviò verso Saito e Dorothy.
Col morale sollevato, il giovane tornò nella catapecchia in cui i suoi tormenti erano iniziati, pochi giorni prima.
Rivedendo in modo così nitido e chiaro l'interno contorto e ricurvo di quella casa di legno in tutta la sua banalità, essa fu esorcizzata nella mente di Peter e gli parve un mero posto squallido come tanti altri in quella zona. Non aveva più la sensazione di essere in un sogno, ma percepiva la realtà intorno a lui in tutta la sua mediocrità.
Percorse la stanza d'ingresso fino ad arrivare alla rampa di scale sulla sinistra che portava a un pianerottolo inferiore, per risalire con un'altra breve scalinata alla porta della camera di Misty, in quel momento spalancata.
Peter entrò ancora nella stanza della sventurata. Fu colto in un attimo da un magone pesantissimo che gli mozzò il fiato.
"Hai vissuto per chissà quanto in un luogo così angusto, senza contatti con il mondo, Misty? Completamente abbandonata a te stessa." Di nuovo, la tristezza e l'afflizione si impadronirono di lui.
Voltando il suo sguardo, notò il diario descritto da Takeshi, poggiato sulla scrivania accanto a una lampada ricurva: aveva la copertina liscia di un colore blu scuro, con una magra linguetta nera come segnalibro inserita tra le pagine.
Peter si accomodò sulla sedia su cui aveva visto Misty per la prima volta e aprì il suo diario alla prima pagina, dove erano presenti degli appunti, iniziando a leggere:
"2 Febbraio 4061, Diario di Akira Araumi.
Ho trovato questo diario vuoto nel cassettone della scrivania, così ho deciso di lasciare le mie memorie su carta nella flebile speranza che quando non ci sarò più possa finire nelle mani di Nozomu.
Racconterò qui il modo in cui tutto ciò che amavo, e credevo non avrei mai perduto, iniziò a crollare sotto i miei piedi, conducendomi al baratro oscuro e senza speranza che è diventata la mia vita..."
Peter avvertì una morsa stringergli il petto. Nonostante ciò, si fece coraggio e incominciò a scorrere tutta la storia dall'inizio, spinto anche dalla sete di conoscenza riguardo il passato di Misty, o Akira Araumi, come era documentato su quelle pagine.
In riva al mare, con un fagotto contenente un bebè tra le braccia, una figura femminile voltata di spalle, dai capelli indaco legati con due corti codini laterali, se ne stava in piedi a osservare le calme onde infrangersi sul bagnasciuga di un'ampia spiaggia giallognola.
Era piena estate, il sole riscaldava la sua pelle pallida e le baciava il delicato viso, sferzato dal venticello salato.
"Akira!" Una voce alla sua destra la chiamò, portandola a voltarsi. "Eccoti, finalmente. Sei sempre con il piccolo Nozomu, vedo! Lo adori proprio, eh?" la interpellò un ragazzino basso e minuto con i capelli della stessa tonalità della ragazza, legati in una coda di cavallo.
Akira gli rivolse un sorriso radioso, con il piccolo, anch'esso dai capelli indaco, in braccio, che dormiva beato tra le leggere coperte di cotone.
"Buon pomeriggio a te, Hatori!" Esclamò con un'espressione gentile e colma di gioia.
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