Capitolo 70
Tra le fitte fronde degli alberi, all'interno di una vasta foresta, si aggirava, solitario e a passo lento, un uomo abbigliato di nero. Sulla destra, attraverso i rami e i cespugli che si intersecavano gli uni con gli altri, si riusciva a intravedere lontana la maestosa figura della South Arena che dominava imperiosa sulla città di River Town, situata qualche chilometro al di sotto della grande struttura.
Dopo pochi secondi di camminata, l'individuo immerso nella vegetazione si fermò e girò il suo capo di novanta gradi, verso uno spesso tronco appartenente a un cipresso dietro di lui.
"È inutile nascondersi, scendi pure da lì." ordinò con voce sommessa e autoritaria.
Si udì un fruscio e dall'albero scivolò, agile come un felino, un uomo alto dai capelli verde scuro che ricadevano come muschio sul suo viso. "Che sollievo... se non mi avessi notato ti avrei bollato come debole e non sarebbe affatto finita bene, Asmodeus Karasu." proclamò, cantilenante.
"Un giorno questo tuo atteggiamento provocatorio lo potresti pagare col sangue, Connor Gray." rispose, stizzito, Karasu.
"E chi me lo farà pagare? Tu?" sogghignò l'altro, ardimentoso all'idea di misurarsi con un avversario come il leader dei Vulture.
"Se è questo che desideri... troppo spesso hai allontanato Satyria dai suoi doveri nei nostri confronti, magari la tua morte potrebbe restituirle il buon senso."
Connor tese i muscoli, uno sguardo entusiasta si formò sul suo viso.
"Tuttavia, è un altro il motivo per cui ci hai convocati. Non è vero, caro il mio Connor?" Una terza voce allegra e scherzosa fece capolino tra i due, i quali notarono, appoggiato di schiena a un albero davanti a loro, colui a cui apparteneva.
I suoi ciuffi lisci di un arancione simile alle foglie secche d'autunno ricadevano davanti a un paio di occhi che sembrava fossero perennemente chiusi, e dai quali non si riusciva mai a comprendere quale fosse il suo vero stato d'animo. Era di media altezza e non dava per nulla nell'occhio. Se si fosse trovato in mezzo a un gruppo di persone, probabilmente nessuno l'avrebbe notato. O perlomeno, se l'avessero fatto, si sarebbero soffermati per ben poco su di lui.
"Nakajima Kojiro, nientemeno che il leader dell'Esercito Guerrigliero. Ti piace sempre sbucare nei momenti meno opportuni, vero?" Connor lo accolse con un pizzico di fastidio da parte sua.
"Questa è tutta una questione di punti di vista, non è così, amico mio? Magari si tratta solo di attendere che gli altri siano dove voglio quando lo voglio." Le palpebre di Kojiro si spalancarono, scoprendo un paio di occhi grigi raffiguranti un'espressione raccapricciante.
Non era minacciosa, tantomeno maligna. Ma dava l'idea, attraverso una sottile vena ironica, che quell'uomo fosse in completo controllo di ogni cosa attorno a lui.
Connor non poté evitare di rabbrividire per un istante ma non batté ciglio, così come Karasu.
"Ci siamo tutti, dunque. Parliamo del motivo per cui ci hai contattati, Connor." disse Karasu, mentre la leggera brezza del bosco di cipressi accarezzava la pelle e le chiome dei tre presenti.
Connor sorrise con complicità. "Vedete, è molto semplice: come vi ho già accennato, tra un mese si terrà l'evento annuale alla South Arena, ed essendo il campione in carica dello scorso torneo, la mia partecipazione non sarà una cosa di cui dubitare. La presenza più interessante, però, sarà un'altra... pare che come ospite d'eccellenza verrà invitato uno dei quattro leader militari del governo Guardians. Per me non sarebbe difficile fare qualcosa come spianare la strada per uno... sfortunato incidente, mi capite?" Il mercenario catturò l'attenzione degli altri due con quella pericolosa ma ambiziosa proposta.
"Un colpo alla South Arena per noi sarebbe di grande impatto, caro mercenario, non c'è dubbio. Ma toglimi una sciocca curiosità." Kojiro gli sorrise. "Perché un anarchico menefreghista come te vorrebbe fare una cosa del genere? Dopo aver rifiutato di unirti a noi così tante volte mi sembra un po', come dire... incoerente da parte tua, ecco!" incalzò, col solito tono giocoso.
"Questi sono affari che non ti riguardano, Kojiro. Vi interessa l'offerta oppure no?" Connor ricambiò il ghigno con atteggiamento di leggera impazienza.
"Certo che ci interessa, altrimenti non saremmo qui." sentenziò Karasu. "Accettiamo la tua proposta, ci risentiremo tra quindici giorni per mettere a punto il piano d'azione definitivo. Ma ti avverto: se percepirò anche solo vaghe intenzioni ambigue da parte tua, ti ucciderò senza pensarci due volte, a prescindere dal volere di Satyria."
"Metti in dubbio la mia fedeltà?! Così mi fai piangere..." cinguettò Connor, mostrando un'aria di cruccio da finto offeso.
Karasu sbuffò, infastidito.
"Direi che siamo tutti soddisfatti!" intervenne con voce esuberante Kojiro, un gran sorriso stampato sul volto luminoso, sotto i raggi del sole che sgusciavano attraverso le fessure tra le foglie degli alberi. "A un mese da oggi, uno dei quattro leader militari del governo morirà. Dopo questo messaggio i Guardians saranno costretti a prepararsi per l'evenienza di una guerra..." Il suo sguardo diventò più intenso, mostrando appieno la sua folle brama di potere.
Seduta su di una traballante sedia in legno, la schiena appoggiata al muro, Candidus se ne stava ferma nella sua camera all'interno del nascondiglio dei Vulture, un po' a disagio mentre Ater si prendeva cura della ferita al naso che Sybil le aveva inflitto.
"Sta' ferma, per favore. Altrimenti non riesco a pulire il sangue." le raccomandò il ragazzo, mentre lavava via il liquido rappreso sopra le sue labbra con un panno bagnato, per poi infilarle dei pezzetti di carta nelle narici.
"Dannazione, quella stupida ragazzina traditrice ha una forza da atleta. Spero che tutti quei tagli le facciano ancora male! E fa' piano, tu!" sbottò Candidus, che mal sopportava il dolore fisico.
"Tieni su la testa, così non perdi altro sangue. Insomma, tu usi la carta, potevi anche tapparti le narici da sola prima di arrivare qui..." suggerì Ater.
"N-non ci avevo pensato, non farmi la predica. Scemo." replicò lei. "Spero che il capo rientri presto..." aggiunse, sottovoce.
"Tornerà a breve, ne sono sicuro. C'è anche Peste con lei." Mentre tentava di tranquillizzare la sua amica d'infanzia, Ater toccò con poca delicatezza una parte tumefatta del suo viso e Candidus ebbe un sussulto per la fitta improvvisa.
"Scusa..." Ater già si era preparato a una sfuriata della ragazza, che già di suo aveva una bassa considerazione nei suoi confronti. Però, la sua previsione non si avverò e Candidus restò inaspettatamente calma.
"N-non ti preoccupare." bofonchiò solamente.
Ater ne fu sorpeso, come lo era stato quando la compagna aveva accettato senza problemi di farsi curare da lui.
Già il fatto che se ne stesse lì senza vomitargli contro insulti carichi d'odio e rancore era un segno che Candidus avesse cambiato opinione verso di lui, almeno un po'.
Nel momento in cui Ater, più o meno tre mesi prima, era tornato alla tenuta Radius dopo la sua avventura con Karen a Sunwaning Estate, aveva subito restituito all'amica l'agghiacciante cassetta nella quale erano registrate le orribili esperienze che Candidus era stata costretta a vivere in quell'orfanotrofio immerso nell'oscurità.
Lei era sembrata molto sorpresa a primo impatto, ma si era limitata a chiedergli: "L'hai vista?"
"Sì." aveva risposto senza aggiungere nulla Ater, restituendole poi la registrazione. "Spetta a te deciderne il destino." aveva infine stabilito prima di lasciare la ragazza, che era rimasta immobile nel mezzo del giardino della tenuta per un po' di tempo, senza sapere come agire.
Ma la verità era che quel gesto non se lo sarebbe proprio aspettato da Ater, di natura sempre indolente e privo di iniziativa. Che fosse andato davvero contro il suo modo di essere solo per ottenere il suo perdono aveva fatto provare a Candidus un'ondata di sentimenti contrastanti. L'unica cosa certa era che dopo quel giorno il suo comportamento verso Ater si era sensibilmente addolcito, anche se non avevano mai parlato della vicenda né di ciò che sentivano dentro di loro in proposito.
"Cosa c'è da sorridere?" chiese Ater, avendo notato che le estremità delle labbra di Candidus si erano arricciate all'insù in un movimento quasi impercettibile.
"Non sto ridendo. Hai finito qui?" domandò lei, con un'aria buffa conferitale dai pezzi di carta nelle narici, che inoltre rendevano la sua voce più nasale.
"Sì, dovresti essere a posto." Ater si alzò e la lasciò, diretto verso la porta sul fondo della stanza, dalle pareti bianche come i setosi capelli di Candidus.
"Ater..?" Il ragazzo si bloccò sull'uscio, tendendo le orecchie al richiamo della compagna. "Grazie." Quasi sussurrò la ragazza.
"Non è nulla." replicò lui, prima di uscire a capo chino.
Candidus rimase a guardare il soffitto, ancora insicura dei suoi sentimenti, le braccia avvolte attorno alle ginocchia.
Nel corridoio all'esterno, Ater trovò Danny e Masami che stavano origliando, curiosi.
"Cosa diavolo state facendo, voi?"
Danny sogghignò, i capelli appuntiti di un viola chiaro che pareva ondeggiassero qua e là per l'entusiasmo. "E dai, amico, rendici partecipi! Stai conquistando la ragazza, no?" esclamò.
"E noi sempre scapoli. Che due palle." aggiunse Masami. Un'aria melliflua pervadeva i suoi luminosi occhi arancioni.
"Non sapete di che parlate, sparite." li liquidò Ater senza batter ciglio.
"Sei proprio un palo nel culo. Svagati un po' ogni tanto, altrimenti finirai per ammalarti!" consigliò Danny, nella sua infinita saggezza.
"Già, e poi chi ci pensa a Candy?" Masami enfatizzò il nomignolo con ironia.
In quel momento la porta fu spalancata con violenza e ne fece capolino un'infuriata Candidus, i capelli svolazzanti verso l'alto a causa del suo rilascio di Kaika.
"Spariteee! E non chiamatemi Candy! Malati!" gridò, fuori di sé.
I tre fuggirono a gambe levate lungo il largo corridoio, terrorizzati dalla ragazza scatenata.
"Cavolo, la tua amica è una pazza, Ater!" urlò Masami.
"E non tornate!" Candidus sbatté la porta, indignata, e nella sua camera regnò di nuovo il silenzio.
Alex era finalmente arrivato al dojo del maestro Fujiwara, esausto e coi muscoli indolenziti che pulsavano senza sosta come tamburi percossi da mani possenti.
Dopo aver sostenuto Karen e Sybil, entrambe in brutte condizioni, soprattutto Karen che faticava addirittura a respirare in modo regolare, il giovane era ormai al limite nonostante fino a quel momento si fosse limitato a scivolare sul terreno che lui stesso aveva continuato a ghiacciare, man mano che avanzava.
Bisognava comunque tenere conto che anche lui riportava una ferita piuttosto profonda sul fianco sinistro, causata dal samurai Masamune.
"Ci siamo. Il dojo sembrava non apparire mai..." mormorò Alex, mentre già intravedeva la figura di Dorothy in lontananza, appoggiata alla staccionata. "Mi chiedo dove sia Somber. Forse è di nuovo sul retro ad allenarsi da solo." pensò.
"Alex, scusa se ti ho fatto percorrere tutta questa strada senza aiutarti." bisbigliò Sybil tra le sue braccia. Karen invece boccheggiava, in fin di vita, sulle spalle del ragazzo.
"Pensa solo a risparmiare le energie. Dorothy sarà in grado di curarvi con il suo Kaika di luce." rispose Alex con un sorriso rassicurante. Sybil ricambiò e gli strinse forte la mano.
Quando oltrepassarono il cancello principale, Dorothy parve accorgersi di loro e si avvicinò a lente falcate, discostandosi a fatica dalla staccionata. Il suo passo era barcollante, insolito per lei, ma in quel momento Alex non se ne accorse.
"Cos'è successo?" chiese, preoccupata, la ragazza, quando vide i tre compagni in pessime condizioni.
"I-il lavoro vicino River Town era una trappola architettata dai Vulture. Ci hanno teso un'imboscata... Volevano sapere dove tu fossi per vendicare Jansen Dolberg." spiegò a fatica Alex.
"È terribile, Al! Dov'è Peter?" domandò Dorothy, afflitta.
"È fuggito lungo una direzione diversa dalla nostra. Se non fosse stato per lui adesso quasi di certo saremmo tutti morti. Non so dove sia ora..." rispose il compagno.
"S-se la caverà! Pete è in gamba, lui sa sempre cosa fare, Alex. Tu non l'hai abbandonato, non pensarlo nemmeno." lo tranquillizzò Dorothy. "Ora pensiamo solo a curare loro due."
Alex acconsentì e poggiò Karen e Sybil sull'erba soffice.
Dorothy trasmise il suo Kaika di luce prima in Karen, distesa a terra a pancia in su. La giovane Guardian, guarendo dalle ferite, iniziò a respirare normalmente e infine aprì i suoi occhi gialli, sorpresa per il rapido recupero.
"D-dove sono..? Peter?" balbettò subito.
"Tranquilla, Karen, pensa a riprenderti." mormorò Alex.
"Peter tornerà presto." gli fece eco Dorothy.
Karen era troppo debole per controbattere, ma il suo volto restava sempre in ansia. Quando anche le ferite di Sybil e Alex furono guarite, quest'ultimo iniziò a domandarsi dove fosse finito Somber. Non si era fatto vedere nemmeno dopo il cospicuo rilascio di Kaika da parte di Dorothy. Avrebbe dovuto perlomeno notarlo.
"Dorot-" proprio quando stava per chiedere alla compagna spiegazioni, si rese conto della fatica che lei faceva a reggersi in piedi, e del fiatone annaspante che fuoriusciva dalla sua bocca. "Dorothy?"
La ragazza perse l'equilibrio e cadde in avanti, afferrata da Alex prima che si scontrasse con il suolo. "Ehi, Dorothy! Che hai?"
"Dorothy!" esclamarono a loro volta Karen e Sybil, allarmate.
Solo in quel momento Alex aveva compreso quanto stesse male la sua compagna. Le sfiorò la fronte con il dorso della mano.
"È bollente, deve avere la febbre altissima. Presto, portiamola dentro!" ordinò, prendendo in braccio la ragazza priva di forze. "Maledizione, perché hai sostenuto uno sforzo del genere se eri già in questo stato?" la rimproverò in tono grave.
"A-Alex... Somber è..." Il volto di Dorothy era una smorfia di dolore puro e profondo, in cui lei annegava ogni secondo di più.
"Non dire nulla. Adesso ci prendiamo cura di te, poi vedremo di risolvere tutto." Con il cuore pesante, Alex trasportò Dorothy all'interno del dojo, seguito da Karen e da Sybil.
La consapevolezza che avesse potenzialmente perso due amici gli provocava un vuoto incommensurabile nel petto, ma per il bene di Dorothy cercò di ignorarlo con tutto sé stesso.
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