Capitolo 68

Mentre Peter e Karen si battevano con orgoglio contro Peste Nera e Satyria, anche Alex e Sybil erano nel bel mezzo di uno scontro feroce, alle prese con Bartolomeu e Candidus.

Masamune si trovava ancora intrappolato nella colonna di ghiaccio formata dal guerriero del ghiaccio, il che garantiva ai due perlomeno una situazione di parità momentanea.

"Stavolta non c'è nessuno a salvarti, Guardian. Morirai oggi, a meno che non decida di parlare." imperò Bartolomeu, il corpo ricoperto di sabbia che si stagliava alto davanti ad Alex.

"Se pensi che io sia quello di un tempo, avrai una brutta sorpresa." ribatté il ragazzo, concentrato e serio in volto.

Il Vulture per tutta risposta tentò di schiacciarlo con un enorme pugno di sabbia, ma Alex aveva previsto quella mossa e schivò ondeggiando verso sinistra, concludendo poi con un fendente dell'ascia che si liquefece al contatto con il braccio dell'avversario.

Il giovane combattente ripeté lo stesso movimento, ruotando il corpo verso destra e contrattaccando dopo un nuovo colpo sferrato da Bartolomeu, che aveva tentato di tramortirlo con l'altra mano. La sabbia in questo modo assunse una consistenza più morbida e friabile, cosicché l'uomo fu costretto a indietreggiare un secondo.

"Adesso!" Alex stava aspettando quell'evenienza: poggiò un piede sul terreno e questo si ghiacciò in un secondo, espandendosi a vista d'occhio fino a intrappolare Bartolomeu al suo interno. "È finita." chiuse la mano a pugno e il ghiaccio divenne acqua, facendo crollare il corpo di sabbia bagnata del nemico sul terreno, troppo molle per riuscire a reagire.

Il ragazzo non sprecò tempo a esultare: voleva correre subito a dare manforte a Sybil, che affrontava Candidus.

"Tutto bene Syb-" un'enorme mano di sabbia lo afferrò, stringendo la presa attorno ai suoi fianchi.

Alex grugnì per il dolore acuto, per poi essere scaraventato al suolo con violenza.

Rimbalzò un paio di volte sul terreno prima di rialzarsi, pieno di lividi e contusioni.

"Meno male che ho attivato in tempo l'Armor Kaika, altrimenti avrei come minimo qualche costola fratturata." sussurrò, scrutando con i suoi determinati occhi azzurri la figura di Bartolomeu, tornato nella sua forma normale.

"Sei migliorato, ma credi davvero che sia tanto semplice mettermi fuori combattimento, ragazzino? Una pozzanghera d'acqua non può inondare un deserto." affermò l'uomo dal tono grave, eppur caldo e intenso come il sole del deserto.

"Parli così, ma per evitare che quel muro d'acqua ti sciogliesse hai dovuto annullare il tuo rivestimento di sabbia." sogghignò Alex con un'espressione furba.

Bartolomeu si limitò a scrutarlo, inflessibile.

In quel momento, la colonna ghiacciata che intrappolava Masamune fu distrutta, e lo spadaccino emerse dai suoi resti con la Soyokaze in pugno. "Scusate l'attesa, mi stavo preparando per finire la questione in fretta. Ora sono pronto." disse, sottovoce.

"Non prendertela troppo comoda." ammonì Bartolomeu.

"Ho i miei tempi, lo sai..."

Data la situazione, Alex iniziava a preoccuparsi. "Non va bene, siamo due contro uno e Sybil è ancora impegnata con Candidus..." Voltò rapidamente i suoi occhi verso gli altri suoi alleati, vicino all'ingresso del circo, una quindicina di metri alla sua sinistra. Non sembravano passarsela bene nemmeno loro: Karen era stata ferita gravemente da Satyria e Peter era in netta difficoltà, incalzato da Peste Nera.

"Come possiamo uscirne? Pensa, pensa!" rifletté il Guardian, mentre si teneva a distanza da Masamune e Bartolomeu.

Nello stesso momento, durante lo scontro di Alex, Sybil era nel pieno di un difficoltoso uno contro uno con Candidus. Provava a centrarla con dei calci o delle gomitate, sfruttando la forte spinta che era in grado di darsi con le gambe, aiutata dal potente Hardening Kaika di cui disponeva, oltre che dalla sua costituzione atletica per natura.

La Vulture dai capelli bianchi e lisci come strisce di carta, però, schivava sempre i suoi tentativi, trasformando le parti del suo corpo a cui Sybil mirava in tanti pezzetti cartacei che tra l'altro finivano per tagliuzzare la nemica.

"Dannata, riesce a trasformare in parte il suo corpo in carta. Utilizza uno Stadio Finale parziale del Release Kaika... proprio come Alex con il suo Alteration Kaika del ghiaccio." analizzò Sybil, il corpo piegato in avanti, in posizione d'attacco.

Candidus era sospesa a mezz'aria con una miriade di pezzi di carta laddove prima c'erano le sue gambe. "Non posso nemmeno stare a fianco del capo in battaglia... che seccatura, cerchiamo di finirla in fretta!" sbottò, imbronciata.

"Ah, sì? Vediamo se stai al passo!" replicò Sybil, correndo i parallelo rispetto all'avversaria per poi lanciarsi su di lei con un'altra vigorosa spinta delle gambe.

Candidus trasformò in carta il busto, in modo da mandare a vuoto Sybil e atterrò con eleganza sulle gambe, tornate normali, simile a un cigno.

"È inutil-" prima che potesse vantarsi, fu colpita in pieno naso da un diretto violentissimo di Sybil.

Candidus gemette di dolore. "Ha atteso il momento in cui toccassi terra per darsi un'altra spinta all'indietro con quel suo dannato litio in polvere?" pensò, infastidita.

"Cominci a perdere la tua arroganza, adesso?" sussurrò, fredda, Sybil.

Candidus la guardò infuriata, il naso che colava sangue. "Adesso mi hai fatto arrabbiare, ti riempirò di tagli fino a farti svenire." mormorò, con voce inacidita e occhi spalancati.

"Forza." la invitò Sybil, senza farsi intimorire.

Candidus unì le mani, formando un rombo nello spazio tra le dita.

"Papercut!" esclamò.

Dal vuoto tra le mani unite della ragazza fuoriuscirono migliaia di aereoplani di carta appuntiti, che si diressero verso Sybil, producendo un suono acuto e costante. L'altra reagì in fretta ed emise una sottile ma vasta polvere di litio dalla mano destra per contrastare la tempesta cartacea della Vulture: la zona fu pervasa dal rumore della carta strappata dalla collisione con la fitta polvere velenosa.

Candidus, però, si era già fiondata verso destra con delle ali simili a quelle di un'aquila composta da tanti pezzi di carta, spiegate, fiere e maestose, dietro la sua schiena dritta.

"Sta' lontana!" Sybil aveva la mano sinistra libera e la utilizzò per scagliare su Candidus una grande stalattite di litio tagliente.

L'altra virò a velocità pazzesca verso il basso, roteando su sé stessa. In un secondo la evitò e fu a un passo da Sybil.

"Ah!" Un calcio alto della ragazza sfiorò i capelli bianchi di Candidus, che però si era abbassata in tempo e adesso la teneva sotto tiro.

Fece ondeggiare con movimenti ampi le ali, e un vortice di fogli cartacei intrappolò Sybil, la quale si ritrovò a librare nell'aria, incapace di controllare i suoi movimenti.

"Sono in trappola! I pezzi di carta formano una corrente troppo forte!" pensò, sommersa dal trambusto del tornado bianco che la immobilizzava.

Candidus sorrise con malignità quasi diabolica. "Adesso preparati a subire qualche taglio." minacciò, un'espressione da maniaca sul volto.

Con un battito d'ali in avanti, indirizzò una folata di vento verso il vortice in cui si trovava Sybil, e tutti i pezzi di carta che lo formavano cominciarono a convergere sul corpo della povera ragazza dai capelli grigiastri. Centinaia di tagli furono aperti sul suo corpo, le urla di Sybil furono strazianti.

Quando Candidus decise di fermarsi, Sybil cadde al suolo, quasi priva di sensi. Il terreno si coprì di sangue e il suo respiro rallentò.

"Detesto chi mi fa sanguinare." disse Candidus, quando atterrò con leggiadria accanto alla vittima.

Alex si stava scambiando fendenti con Masamune, bloccando a fatica i colpi della sua lama ventosa con le asce di ghiaccio. Ogni volta che parava un attacco, dalla spada del samurai dai capelli d'un giallo intenso veniva rilasciata una violenta scarica di vento che scombussolava il nemico, facendogli tremare le ossa e le interiora.

"Assurdo: è come subire un continuo contraccolpo a ogni suo fendente. Sendai Masamune è un avversario scomodissimo da affrontare. In più è davvero rapido e usa le tecniche di spada con maestria." lo studiò Alex, schivando un tondo orizzontale del nemico che vibrò violento nell'aria.

Eludere i suoi attacchi era decisamente più sicuro che incassarli, anche se più difficoltoso.

"Proviamo a portare la battaglia sulla distanza!" Alex si allontanò con delle giravolte all'indietro, poi, diede forma a delle sfere d'acqua compatte e le lanciò sullo spadaccino.

Quest'ultimo le tagliò tutte con unico ampio fendente dal basso verso l'alto, che seguì una traiettoria circolare. La folata di vento che ne seguì rispedì alcune sfere verso Alex, che con prontezza le fece dissolvere.

Masamune lo osservò con la sua aria determinata, fissandolo dritto negli occhi.

In quel momento, Alex si accorse dell'assenza di Bartolomeu. Allarmato, realizzò all'ultimo istante che una trivella di sabbia stava per trafiggerlo da dietro. Il ragazzo eresse un muro di ghiaccio appena in tempo per bloccare a malapena la punta sabbiosa del nemico, che era sbucato alle sue spalle traendo vantaggio dalla foga della sua battaglia con Masamune.

Alex non ebbe nemmeno il tempo di ristabilirsi, che vide arrivare verso di lui decine di spade dalla zona in cui si trovava il samurai.

"A Thousand Blades Storm!" Masamune era circondato da un gran numero di lame simili alla Soyokaze, create da lui, che compivano un lento e compassato moto circolare attorno al suo corpo. Man mano ne scagliava sempre di più in direzione di Alex, che, formando uno scudo rotondo di ghiaccio davanti a lui, riuscì a fermarne alcune.

Lo scudo però iniziava a subire sempre più crepe e il ragazzo perdeva energie a vista d'occhio, dovendo arginare al contempo anche i terribili colpi della trivella di Bartolomeu, alle sue spalle.

"Maledizione, lo spazio è troppo ristretto per usare attacchi come Avalanche o Glacial Domain. In più ci sono anche Sybil, Peter e Karen: finirei per coinvolgerli. A cosa serve avere tecniche potenti se non si possono usare?!" pensò un frustrato Alex, mentre stringeva i denti per lo sforzo immane che stava sostenendo.

A un certo punto, Masamune approfittò di un momento in cui l'avversario rimarginava una crepa nello scudo per scattare fulmineo in avanti con la Soyokaze.

"Ugh!" La difesa di Alex fu mandata in frantumi.

Non appena Masamune arrestò l'avanzata, alle sue spalle, una ferita profonda squarciò il fianco del giovane Guardian. Era riuscito a deviare il punto d'impatto spostando lo scudo verso sinistra, in modo da evitare di essere tranciato a metà di netto, ma il nemico l'aveva comunque tagliato in maniera piuttosto dolorosa. Alex si piegò su un ginocchio. Si accorse inoltre in quel preciso momento che anche Sybil era stata ferita in modo grave da Candidus, così optò per un'ultima disperata difesa.

"Sybil!" esclamò, formando una grande cupola all'interno della quale imprigionò sé stesso e la sorellina.

"A-Alex. Sono troppo forti. E anche superiori in numero... è f-finita." bisbigliò, tremante, Sybil. Gli occhi blu marino apparivano opachi nel buio della cupola.

Lui le accarezzò una guancia, e cercò di arginare le ferite della ragazza con sottili strati di ghiaccio. "Andrà tutto bene." riuscì solo a dire per rassicurarla.

Ma non era palesemente abbastanza, la situazione era disperata e questo risultava chiaro. Quella che era stata inflitta loro era un'imboscata perfetta da parte di assassini professionisti, in cui non avevano mai avuto vere possibilità. All'esterno si udiva il rimbombo dei costanti attacchi di Bartolomeu, che tentava di fare a pezzi la cupola ghiacciata con la sua trivella. Man mano, la struttura iniziava a cedere in modo inesorabile.

"Peter ci tirerà fuori di qui in qualche modo. L'ha sempre fatto, senza mai deludermi... ci riuscirà anche stavolta." sorrise, stanco, Alex, accasciato al suolo con la mano sul fianco. "Il mio amico mi salverà, proprio come quando si metteva contro i bulli per proteggermi all'orfanotrofio. Non moriremo qui, questo è certo."

"Alex..." Sybil gli strinse forte la mano per infondergli forza. "Sono felice di essere parte della tua famiglia, voglio che tu lo sappia."

Alex la guardò, amorevole, con grande intensità. "Ce la faremo, sorellina. E poi ti farò conoscere per bene tutti i miei amici. Dorothy probabilmente inizierà a tempestarti di complimenti solo perché sei mia sorella, mentre Somber le dirà di darsi una calmata, chiamandola Goover. Il maestro Fujiwara ci preparerà uno dei suoi piatti tradizionali al dojo, che mangeremo tutti insieme con gusto. E alla fine, più tardi, arriveranno Takeshi e Saito con la loro solita aria pigra, forse insieme ad Antonio e Amber, a divertirsi con noi, e passeremo un'allegra serata in compagnia. Vedrai, Sybil, saranno momenti bellissimi."

La ragazza non poté fare a meno di sorridere a quelle parole di buon auspicio, così contrastanti con i continui tremolii che i colpi di Bartolomeu provocavano alla cupola.

"Sì! Non vedo l'ora..." bisbigliò, commossa, tenendo più stretta la mano di suo fratello.

Le figure dritte di Satyria e Peste Nera intimorivano Peter e Karen, appoggiati l'una sull'altra per le dure ferite subite.

"Con questi tagli non sono messo bene, ma Karen se la sta vedendo molto peggio. Ha bisogno di un continuo flusso d'energia condivisa per reggersi in piedi. Dobbiamo fare qualcosa per uscire da questa situazione..." pensò il ragazzo, mentre trasmetteva il suo Kaika nel corpo della compagna, la mano avvolta attorno alle sue spalle.

Satyria intanto li scrutava con sguardo impietosito. "Non vi consiglio di continuare nelle vostre condizioni, perché non ci dite dove si trova Dorothy Goover e basta? Soffrireste molto meno." La donna mantenne un tono impassibile, ma era chiaro che avrebbe preferito non infierire su di loro.

Al contrario, Peste Nera pareva non veder l'ora di procurare a entrambi altre pene, come dimostrava la perenne espressione divertita nei suoi occhi. "Suvvia, se proprio desiderano morire, accontentiamoli pure..." ridacchiò l'assassino.

"Vorrei evitare stragi inutili, se non ti dispiace." replicò Satyria.

Peter intanto chiamò Karen a sé per sussurrarle qualcosa.

"Cosa c'è?" chiese la ragazza, sottovoce.

"Ho un piano per riuscire a fuggire, ma devi seguire alla lettera le mie istruzioni, d'accordo?" bisbigliò Peter.

"Sì."

"Bene. Stammi a sentire..." Le spiegò ciò che aveva in mente all'orecchio, le ciocche fiammeggianti dell'amica che gli piovevano sul viso.

"Ma tu come farai a cavartela? Rimarrai solo!" obiettò Karen con aria preoccupata, dopo aver ascoltato le intenzioni del compagno.

"Non devi preoccuparti per me, so cosa fare perché non mi prendano. Inoltre, in questo modo loro si divideranno, così avremo più possibilità di uscirne vivi." rispose Peter. "Fidati, Karen."

Il viso di lei era tutt'altro che fiducioso, ma comprendeva anche che non c'era altra scelta. Odiava l'idea di lasciare Peter da solo, ma il suo piano lo prevedeva e pareva davvero essere la loro unica scelta, da un punto di vista razionale.

"Mi fido di te, ma per favore, sta' attento. Peter, io... devo dirti una cosa importante, quindi ti prego, torna sano e salvo da me." sussurrò Karen, la voce rotta.

L'altro rimase sorpreso e incuriosito riguardo quelle parole, ma sorrise lo stesso alla ragazza con aria sicura. "Non c'è bisogno di dirlo. Io non ho intenzione di morire." Le accarezzò con delicatezza i capelli. "Ora diamoci dentro, d'accordo?"

"Certo!" esclamò Karen, rivolgendo i suoi occhi giallini ai due avversari.

"Cosa state farfugliando laggiù? Non ditemi che pensate esista qualche strategia per sfuggirci? Spero almeno sia qualcosa di valido, in tal caso." sogghignò Peste Nera.

"Adesso li lego, non ci servirebbe a nulla ucciderli. Voglio interrogarli." Satyria prese la decisione senza consultarsi col compagno, e si preparò ad avvolgere i due Guardians in una rete di rame.

"Forza, Karen. Adesso!"

"Eccomi!"

Peter e Karen, sorreggendosi a vicenda, intrecciarono le loro mani: la destra di lei si unì alla sinistra del ragazzo. Il flusso del loro Kaika divenne una cosa sola e attraversò le braccia affiancate dei due, formando una luminosissima aura intrisa di fuoco, fulmine e vento insieme.

"Electric..." mormorò Peter.

"Fire..." continuò Karen, mentre il Kaika tra le loro mani e attorno ai loro corpi si infittiva sempre più.

"Tornado!" Il raggio che partì era rovente e di enormi dimensioni, pervaso da un'energia che devastava il terreno su cui passava in un nulla.

"Interessante!" urlò Peste Nera, illuminato dall'intensa luce emanata della scarica tempestosa e infuocata.

"Ci penso io!" Satyria creò tre fitte reti poste una davanti all'altra, composte da fili di rame intrecciati saldamente tra loro.

"Fuori dai piedi!" Peter rivolse le dita della mano libera verso l'alto.

Un vortice dimensionale, preceduto da una distorsione nello spazio, fu creato a pochissimi centimetri dalle reti, e fece scomparire la scarica di Peter e Karen al suo interno.

"Energia Oscura..? Dannazione, via, Peste!" avvertì Satyria a gran voce, un istante prima che il successivo vortice si aprisse sopra di loro e fossero investiti in pieno dal raggio che fuoriuscì da esso.

Seguì una gigantesca esplosione pirotecnica, unita al propagarsi di vento e fulmini nell'area d'impatto. L'intera zona fu devastata dal potentissimo attacco combinato di Peter e Karen.

"Vai, Karen, vai!"

"Ci sono! Buona fortuna!" La ragazza non si fece ripetere l'ordine e volò subito verso la cupola di ghiaccio in cui si trovavano Alex e Sybil, mentre gli altri tre Vulture erano distratti dall'esplosione.

"Alex! Annulla la cupola!" gridò Karen, con tutto il fiato che aveva in gola.

"È Karen..." Dall'interno, Alex percepì la voce dell'amica e fece come gli era stato detto.

Non appena lui e Sybil furono liberi, Karen li afferrò al volo con le braccia e mise più distanza possibile tra lei e il circo, tenendo i due sotto le ascelle e spingendosi in avanti con le fiamme emesse dai piedi.

"Inseguiamoli! Maledetti ragazzini!" Masamune perse la pazienza e alzò la voce, cosa che raramente accadeva. "Seguitemi, forza! Li prenderemo!"

Peter si era fiondato nella direzione opposta a quella di Karen nello stesso istante in cui lei era partita.

Con un vantaggio acquisito rispetto a Peste Nera e Satyria, che di certo avrebbero inseguito lui e non Karen e gli altri, correva lungo una ripida discesa, su un marciapiede pieno di fosse a cento metri dal circo abbandonato, avvicinandosi sempre più ai putridi bassifondi di Slum Lagoon da cui lui e Alex erano passati.

Alla sua sinistra scorreva, piatto e immobile, il canale che attraversava tutta la zona paludosa gremita di baracche, capanne e catapecchie di legno, paglia o ferro arrugginito.

"Devo riuscire a seminarli. Ho mentito a Karen riguardo il fatto che avevo pensato a un diversivo, ma non posso comunque farmi acciuffare... troverò un modo di scappare a ogni costo!" Disse tra sé e sé Peter, sfrecciando accanto a una serie di abitazioni fatiscenti dai tetti spioventi rossastri e grigi, in rovina.

Avanzava ormai da quasi un quarto d'ora e non c'era traccia di nessuno dei suoi inseguitori. "Forse abbiamo inflitto loro più danni di quanto immaginassi con quell'attacco... o magari stanno inseguendo tutti Karen, Alex e Sybil. In questo caso dovrei tornare indietro?" Peter cominciò a rallentare il passo, indeciso sul da farsi.

"Non ce ne sarà bisogno, carino." Dal nulla, il viso ovale di Satyria apparve a pochi millimetri dal suo. L'affascinante donna gli correva a fianco e nel mentre gli rivolgeva un ghigno malizioso.

Peter sobbalzò e corse via più veloce, notando con la coda dell'occhio anche Peste Nera, che lo inseguiva alla sua destra a breve distanza.

"Cazzo!" imprecò, esasperato, il ragazzo.

Mentre provava a sfuggire ai due nemici, Satyria gli bucò un polpaccio con una piccola sfera di rame. Il ragazzo strinse i denti, avvertendo un dolore acuto. Si trovava in una situazione disperata, aveva urgente bisogno di un metodo per distanziarli.

"Non può finire così... se mi prendono mi tortureranno, e non ci tengo affatto. Cosa faccio?!" rifletté, nel panico.

"Corri, coniglietto, corri!" Sogghignò Peste Nera, che continuava a ridere, estasiato da quella caccia spietata.

"Fermati, Peter. Non ti faremo del male se collaborerai." tentò di convincerlo Satyria, col suo tono suadente.

"Fottetevi, infami!" sbraitò lui in tutta risposta.

Continuava a superare case putrescenti, cullate dalla quiete che contraddistingueva quel quartiere così isolato dal resto del mondo. L'unico suono che spiccava in quell'ambiente tetro era quello scaturito dai suoi passi veloci che si mescolavano a quelli dei Vulture.

A un certo punto, in un lampo di ispirazione, Peter puntò la mano destra verso il tetto di una baracca e lo fece crollare con una scarica di vento su Peste Nera e Satyria. In questo modo riuscì a guadagnare qualche secondo per allontanarsi da loro, sebbene zoppicasse, dolorante e incapace di muoversi con rapidità.

"Peter! Iniziamo a innervosirci per questa tua fastidiosa tenacia! Saremo costretti a farti un po' male!" La voce in lontananza di Satyria fece trasalire il giovane. Ormai era impaurito da lei e dal suo modo così versatile e letale di utilizzare il rame. Per non parlare degli occhi scarlatti e minacciosi di Peste Nera.

"Come ho fatto a cadere in un tranello così netto? Avrei dovuto aspettarmelo... Ho trascinato i miei amici in questo inferno per colpa della mia stupidità! Mi prenderanno, non ho scampo. Spero almeno che gli altri se la siano cavata..." Peter iniziava ad arrendersi, sentendo le sue forze mancare sempre più. Tentò di prepararsi psicologicamente a subire le peggiori torture da quei terribili killer.

Ma, proprio in quel momento, in maniera del tutto inaspettata incappò in qualcuno di sua conoscenza.

Tra una discesa ritorta e un'altra, davanti a un catasto di tappeti, arazzi e altre cianfrusaglie appoggiate a una grande asse di legno che ostruiva il passaggio, vide la donna dai capelli nerissimi e ondulati, la pelle talmente pallida da renderla simile a un vampiro, rivolgergli ampi gesti con il braccio destro.

"Presto, di qua! Entra, se vuoi sfuggire ai Vulture!" sibilava con voce rauca.

Peter avvertì di nuovo quell'insolita sensazione di rabbia e rancore appena la vide, ma la situazione gli impose di sotterrare quei sentimenti istintivi ed entrare nella porta aperta sulla destra, che conduceva all'interno della baracca di legno indicata dalla misteriosa salvatrice.

"G-grazie!" Riuscì solo a incespicare, prima di ritrovarsi all'interno dell'abitazione.

Appena varcata la soglia d'ingresso, Peter si pentì di esservi entrato.

L'atmosfera pesante e tesa tutta intorno a lui aveva un qualcosa di familiare, come se avesse già visto quel luogo da qualche parte. Solo che non ricordava dove.

La porta che era stata chiusa alle sue spalle mostrava, in basso, parte dei vecchi stivali grigi della padrona di casa all'esterno, intenta probabilmente a fare da guardia. Peter decise di avanzare nella baracca in cui si era ritrovato, per studiarne le fattezze.

Era tutto in legno: il pavimento, il soffitto, le porte. Le pareti erano talmente curve e irregolari, che sembrava stessero convergendo su di lui per schiacciarlo. Davanti ai suoi occhi c'era solo una porta d'uscita marrone sul fondo della sala, e una piccola e cupa scalinata con tanto di ringhiera sulla sinistra, che conduceva verso il basso per poi risalire attraverso un'altra rampa di gradini.

Camminando in quell'ambiente angusto, ricurvo e incerto, Peter provava una costante sensazione di disagio e forte ansia.

Fu in quel momento che realizzò.

"Questa è..." Il cuore iniziò a martellargli come un tamburo nel petto, mentre un'orribile consapevolezza si impadroniva di lui. L'ormai certezza che quel posto l'avesse già visto prima di quel momento lo fece rabbrividire. "La stanza del mio sogno."

Era tutto identico all'incubo ricorrente che lo tormentava. L'aveva vissuto sia negli alloggi della South Arena che a Northfield, nella casa di Mary-Beth.

Le pareti inclinate, la scalinata alla sua sinistra, la stessa sensazione perenne di pericolo e inquietudine. Ma c'era un'altra cosa, in quel sogno, che ogni volta appariva sfocata dinanzi a lui, e che gli trasmetteva sentimenti opposti.

Nostalgia, dolcezza. Seguite immediatamente da senso di perdita, rabbia, rancore e odio.

Peter sapeva dove andare per trovarla, poiché già l'aveva fatto nei suoi sogni. Era tutto così nitido, ma allo stesso tempo surreale e onirico.

Mentre scendeva i gradini delle scale, per poi salire sulla seconda serie che conduceva alla soglia di un'isolata porta blu, gli parve di essere ancora in uno di quegli incubi. Trasse un lungo respiro, con la sinistra sensazione che forse avrebbe fatto meglio a lasciare quella porta dinanzi a lui chiusa per sempre.

Peter però la aprì, con il fiato che si faceva pesante.

E lei era lì.

All'interno di una camera stretta, seduta davanti a una piccola scrivania azzurra, la ragazza dai capelli e gli occhi color indaco lo fissava sorpresa con una penna tra le dita, attraverso la quale fino a poco prima stava scrivendo tra le pagine di un diario.

"Nozomu..." sussurrò, appena lo vide.

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