Capitolo 59
Karen aprì gli occhi.
Il cielo era ancora scuro e l'aria notturna le ghiacciava le ossa, ma almeno aveva smesso di piovere. Piccole pozzanghere erano sparse sul terreno intorno a lei, i suoi vestiti e capelli erano zuppi d'acqua, così come l'interno delle sue scarpe.
"Quanto avrò dormito? Accidenti... se non prendo ora un malanno non so quando lo prendo." si lamentò.
Si sentiva comunque molto più in forze rispetto a poco prima di essersi addormentata, ma il sollievo durò poco, a causa del pensiero di Ater rapito da quell'uomo terrificante che le riaffiorò alla mente.
"Per favore, non seguirci, piccola. Ormai avrai capito che tipo di persona è Ater Shade." Erano queste le parole d'apprensione che le aveva rivolto il vice ammiraglio Dawson.
Avrebbe dovuto dargli retta? Lei sicuramente non aveva alcuna possibilità contro l'uomo che aveva sconfitto Ater, e inoltre quel ragazzo era una persona che aveva appena conosciuto, nonché un criminale.
Aveva ucciso a sangue freddo tutti quei soldati della marina, senza batter ciglio.
"Dovrei lasciar perdere? Semplicemente andarmene e far compiere a quegli uomini il loro dovere?" si domandò, stringendosi le gambe sul petto e cingendole con le braccia.
Aveva passato poco tempo con Ater, ma in quelle ore alla fine si era affezionata a lui. Soprattutto dopo aver scoperto il suo legame con quella Candidus di cui parlava, e averlo aiutato nel tentativo di riavvicinarla a sé.
"Un ragazzo che prova a riconquistare il cuore di un'amica può realmente essere una persona così cattiva? Potrà anche far parte di un'organizzazione criminale, ma lui non è corrotto. Il mio cuore l'ha giudicato in questo modo, e io non intendo ignorare questa sensazione..." Karen si alzò e sprigionò dal suo corpo un disordinato Kaika infuocato, per asciugarsi. Poi, si concentrò a fondo e tentò di controllare la propria energia. "Devo azzerare il mio Kaika, non si aspetteranno che io torni davvero dopo la superiorità che hanno mostrato, quindi occulterò la mia presenza."
La ragazza iniziò a sforzarsi per minimizzare il livello dell'energia nel suo corpo, sebbene non riuscisse quasi per nulla a guidarlo come avrebbe voluto. Fissò intensamente per pochi secondi il bracciale grigiastro a forma di drago sul suo esile polso.
"Ater, voglio salvarti!"
Il ragazzo si trovava sul letto disteso, un gran mal di testa lo tormentava e gli occhi arrossati gli bruciavano. Si guardò intorno, girando il capo da sinistra a destra.
"Questa è la camera di Candidus, quella in cui mi intrufolavo per scappare insieme a lei." constatò.
Era molto piccola, le pareti si presentavano rovinate dal tempo e piene di buchi in cui ratti e altri piccoli e viscidi animali stanziavano le loro tane. Dal soffitto pendevano delle travi di legno pericolanti, ricoperte di polvere e ragnatele. La stanza era situata nell'ala ovest, ovvero l'unica parte rimasta in piedi dell'orfanotrofio di Sunwaning Estate.
"Quanto tempo sarà passato da quando mi hanno catturato? Non credo mi abbiano già interrogato in cerca di informazioni sui Vulture... lo ricorderei." Sentì un tintinnio al polso e capì di essere imprigionato da manette di galena. Si accorse d'improvviso di essere a corto di forze. "Dannazione... a questo punto, dopo ciò che ha visto poco fa, non penso proprio che Karen verrà ad aiutarmi..."
Il modo in cui aveva freddato quei soldati doveva averla colpita, lei che era così gentile. Una ragazza pura, che uno come lui avrebbe solo potuto contaminare. Sarebbe stato molto meglio per lei se non avesse mai più visto Ater. Si voltò, stendendosi su un fianco, con uno sguardo dolente disegnato sul volto.
"Mi dispiace, Candidus... sono capace solo di deluderti."
Mentre stava per riaddormentarsi a causa della spossatezza provocatagli dalle manette di galena, un rumore sordo lo costrinse a spalancare gli occhi. Si alzò di soprassalto.
Delle piccole mani erano aggrappate alla base della finestra sulla sua destra, con le dita tese per lo sforzo. Sembrava quasi che la persona alla quale appartenessero non riuscisse a salire oltre. Ater riconobbe quei modi impacciati all'istante.
"K-Karen? Sei veramente tu?" chiese, incerto.
Per un attimo, tutto tacque.
"Sì." squittì poi una vocina dal basso, palesemente sotto sforzo per la stanchezza.
"Non riesci nemmeno a scavalcare una finestra..?"
"E sta' zitto! Non è facile mentre azzero il mio Kaika, infame!"
"Ma quella è una cosa basilare..."
"Me ne vado?"
"No, no! Dai, ti aiuto." Ater si avvicinò alla finestra, con le mani legate. "Forza, appoggiati alla mia testa. Presto, prima che ci sentano!" Il ragazzo calò il capo in direzione di Karen, che si aggrappò ai suoi capelli neri, tirandoglieli forte e provocandogli un dolore acutissimo.
"E non usare le unghie! Mi fai male, stupida! Ah!"
"C-ci sono quasi..."
"I capelli, i capelli!" Alla fine, la ragazza riuscì a entrare nella camera, non senza danneggiare ulteriormente la faccia di Ater.
"Scusa..." mormorò Karen.
"Accidenti, sei proprio una frana, lo sai?" Ater si sedette sul letto per riprendersi.
"Mi sono scusata, che vuoi?! Comunque sia, cosa ti hanno fatto? Stai bene?" domandò lei, notando l'aria afflitta del compagno.
"Non ne sono sicuro. Io non ricordo nulla... solo di essermi svegliato qui, poco fa, con queste manette ai polsi." ribatté Ater.
"Faremmo meglio a muoverci, allora. Sul camper parcheggiato quaggiù ci sono le catene di galena con cui mi avevano intrappolata: potremmo usare quelle per spaccare le tue e liberarti." spiegò Karen con fare sbrigativo.
"Ehi, frena un attimo. Innanzitutto, come mai sei tornata a salvarmi? Non hai capito chi sono ormai? Non hai nulla da guadagnarci."
Karen abbassò gli occhi. "Non mi importa. Che tu sia un Vulture, un assassino o un terrorista non fa differenza per me. Sono stata bene in tua compagnia e sento che sarebbe ingiusto abbandonarti qui, semplicemente non posso farlo. Non me lo perdonerei mai."
Ater non credeva alle sue orecchie. "Tu..."
"Forza, sali sulle mie spalle. Mi darò una spinta rapida da qui fino al camper, così potremo andarcene subito." Karen sorrise con benevolenza.
In quel momento, Ater pensò che al mondo esistevano delle persone meravigliose, la cui sensibilità era da proteggere. E Karen era senza ombra di dubbio una di quelle. Ghignò, amaro, salendo poi sulle spalle della sua amica.
"Tieniti forte." avvisò lei.
"Non vuoi sapere prima di Kirai? Avevi ragione, lui è nei Vulture insieme a me, potrei farvi incontrare, se accetterà." propose Ater.
"Prima fuggiamo di qui, quando saremo entrambi al sicuro mi parlerai di lui. È una promessa."
"Sicuro." ridacchiò lui.
Karen si sporse dalla base della finestra, pronta a darsi lo slancio con il suo fuoco.
"Ater?" Si arrestò un attimo prima di partire.
"Sì?"
"Spero che riuscirai a riconquistare il cuore di Candidus."
Ater tirò un lungo sospiro. "Già, anch'io."
I due ragazzi si buscarono dei bernoccoli ben pronunciati sulla testa. Karen si era letteralmente gettata con le sue fiamme verso il camper, ma aveva sprigionato troppa energia e battuto a tutta velocità il capo sul tetto del camper, con Ater sulle sue spalle a cui era capitata una sorte ancora peggiore: con le mani ancora legate dalle manette, aveva compiuto una capriola a mezz'aria prima di finire con la fronte sull'antenna del veicolo.
"Non mi affiderò mai più a te..." Il Vulture si massaggiò il bernoccolo.
"E dai, in fondo siamo riusciti ad andarcene da lì!" replicò l'altra, con un sorrisetto nervoso.
"Forza, muoviamoci prima che ci seguano. Avranno sentito il trambusto." affermò Ater.
I due si recarono nella zona di guida all'interno.
"Ah!" Karen ruppe con uno strano urlo di battaglia le manette del compagno, utilizzando le catene di galena che aveva conservato.
"Bene, mi sento già meglio." Ater si sgranchì i polsi con aria soddisfatta e sollevata.
"È ora di tagliare la corda!" Karen mise in moto e partì, mettendo più metri possibili tra loro e l'orfanotrofio maledetto. "Chi era con esattezza quell'uomo con cui hai combattuto, comunque? Un pezzo grosso della marina, immagino." chiese, curiosa.
"Quello era il grand'ammiraglio Moses Flood, della marina militare Guardians. Fa parte dei quattro leader militari del governo, considerati veri e propri signori della guerra, soprattutto grazie alle loro gesta nella Guerra Rossa. Sono persone che sarebbe sempre meglio evitare, soprattutto per gente come me." spiegò Ater, mentre perscrutava l'esterno con occhi seri, sul sedile di fianco a quello del conducente, dove la compagna impugnava il volante con mani ferme e movenze sicure rispetto ai suoi soliti atteggiamenti sbadati.
"Ora capisco perché era così potente. Incuteva timore solo con la sua presenza." bofonchiò Karen.
"Già, non è un uomo come gli altri."
Poco dopo la sua ultima affermazione, con suo grande sgomento, Ater percepì un immenso Kaika avvicinarsi sempre di più a loro. Sgranò gli occhi, la paura iniziò sibilargli sottopelle, a impadronirsi della sua mente.
"Karen, accelera!" gridò.
"Ci stanno seguendo?"
"Forza!" insistette il ragazzo.
"Va bene, va bene. Ma che succede, Ater?"
Lui la ignorò e aprì il finestrino, arrampicandosi sul tetto del camper.
Si posizionò a gambe larghe sulla superficie del mezzo, osservando con attenzione lo spazio dietro di loro. Con orrore, vide gli occhi determinati e impassibili di Moses Flood mentre si avvicinava progressivamente al camper: si trovava su una nuvola di gas insieme al vice ammiraglio Dawson, il quale emetteva dalle sue mani la materia eterea che la componeva.
"Ma scherziamo?!" esclamò, frustrato, il Vulture.
"Ater, che stai facendo?" lo chiamò Karen dal basso.
"Tu pensa a guidare, ci penso io qui!" Incrociando le braccia, il ragazzo iniziò a formare dalla sua ombra diverse lame lunghe e ricurve da scagliare contro i nemici davanti a lui. "Non mi avrete, bastardi. Fatela finita e morite!" Lasciò partire le lame tutte insieme.
Flood, tramite un gesto improvviso, estrasse la spada d'acqua dal suo bastone, tagliando di netto le ombre affilate di Ater con un solo montante della lama. Poi, allungò l'arma e la diresse attraverso una bassa traiettoria orizzontale verso il ragazzo, colpendolo con durezza al fianco destro.
Per sua fortuna, Ater aveva indurito il corpo con l'Armor Kaika all'ultimo momento, evitando quindi di essere tranciato in due senza pietà.
L'impatto fu comunque durissimo e lo spazzò via dal tetto del veicolo, scaraventadolo al suolo, dove rotolò più e più volte attraverso il grano alto che circondava la zona per chilometri.
"Ater!" Karen arrestò il camper per soccorrere il suo amico. Tentò di avvicinarsi al ragazzo dolorante sul terreno, ma la spada di Flood le sbarrò il passo, piazzata davanti a lei come una grande barra.
"Non credevo ti importasse così tanto di quel terrorista, ragazza. Non vorrei farlo, credimi, ma se hai deciso di ostacolare la marina allora sono costretto a prendere provvedimenti." affermò con autorità l'uomo dai lunghi e secchi capelli violacei.
Karen si voltò verso di lui e il vice ammiraglio, studiando la situazione: era probabile che non sarebbe riuscita a battere nemmeno quello con i capelli rosa, figurarsi Flood. Pensò, febbrile, a tutte le possibili soluzioni per salvare Ater, che in quel momento ancora tentava di rialzarsi a fatica.
Ne trovò solo una.
"Ater, perdonami per ciò che stai per vedere. Ti prego, scappa più lontano che puoi." sussurrò, la voce tremolante e i brividi di paura che le percorrevano tutto il corpo.
Flood si avvicinava a passi lenti verso di lei. Non poteva più esitare: doveva farlo.
"C-che intendi? Cosa vorresti fare?" chiese Ater, preoccupato.
Karen si voltò verso di lui con un'espressione afflitta sul viso, mentre lasciava scivolare il bracciale affusolato a forma di drago dal polso.
Moses Flood si arrestò di getto, i suoi occhi furono indondati dall'immensa luce azzurra che fu irradiata dal corpo di Karen.
"È-è un..." Dawson contemplava la scena orripilante dinanzi a sé, senza trovare le parole adatte a descriverla.
"Un demonio." concluse Flood, socchiudendo gli occhi a causa della forte luce che le fiamme dinanzi a lui propagavano di continuo.
Il corpo mingherlino di Karen si era trasformato in un abominio, un vero e proprio mostro composto di puro fuoco azzurro. La forma era umanoide, ma i suoi tratti erano indistinguibili tanto da sembrare solo un ammasso di fiamme che ricordava in maniera vaga un corpo umano. Anche i capelli erano semplici strisce infuocate che svolazzavano bruciando l'aria circostante come fruste infernali.
L'essere compì un singolo passo in avanti, e una scarica di fiamme alta almeno due metri divampò fin quasi a raggiungere Dawson, che non riuscì a reagire per l'orrore.
Fu salvato all'ultimo istante da Flood che lo afferrò per la vita, spingendolo via e venendo investito al posto suo dall'attacco.
"Grand'ammiraglio!" gridò Dawson.
Ater non riusciva a credere ai suoi occhi. "Quella... è Karen?" Gli sembrava impossibile che una ragazza piccola e timorosa come lei potesse trasformarsi in quel modo. Sembrava quasi una maledizione. Decise di allontanarsi il più possibile, non poteva sprecare l'opportunità che la sua compagna gli aveva concesso.
"Karen, non ti dimenticherò. Lo giuro." mormorò, mentre correva via a passi rapidi, inghiottito dalla notte.
Dal fuoco emesso in precedenza da Karen apparve Flood, coperto da qualche bruciatura: era riuscito a ricoprirsi d'acqua ed evitare di essere vaporizzato. Scrutava il demone con aria gelida, la mano posata sul bastone.
Karen ruggì in preda a una furia sconsiderata, il suono fece vibrare l'aria e ghiacciare il sangue nelle vene ai presenti.
"A volte il male risiede dove meno ci si può aspettare." Flood mosse un pesante passo in avanti. "Sarà mio dovere estirpare questo scherzo della natura." sentenziò, imponente.
Un attimo dopo, l'essere di fuoco era dinanzi a lui, e stava per sferrargli una manata mortale. Le fiamme, però, incontrarono l'acqua della spada estratta in meno di un secondo da Flood. Restarono a imprimere forza l'uno sull'altra per alcuni secondi. La lama rivolta verso il basso con la punta ancora nel fodero, impugnata con forza dal grand'ammiraglio, teneva lontano il calore infernale di Karen.
Flood roteò la spada, sguainandola per intero e allontanando l'avversario. Riuscì in questo modo ad arretrare di qualche metro con l'arma in pugno, il mantello viola che volteggiava danzante nell'aria immersa in un'atmosfera bollente.
Karen tese le possenti braccia azzurre in avanti, come per lanciare qualcosa, rilasciando così un'enorme quantità di fuoco verso il nemico, il quale fendette l'aria verso l'alto, riuscendo a indirizzare la scarica sopra di lui, per poi caricare il demone con un affondo diretto. La spada d'acqua era aumentata di dimensione fino a raggiungere almeno i due metri di lunghezza e quasi il metro di larghezza.
Moses centrò in pieno il petto di Karen, scaraventandola contro il suo stesso camper e continuando a infliggerle pressione; tentò di ritirare l'arma per sferrare altri fendenti, ma non ne fu capace: le mani del nemico stringevano la lama d'acqua, creando una gran quantità di vapore che ostruiva la vista di Flood. Poi, il mostro rilasciò intorno a sé stesso un alone di fuoco infernale, che quasi ustionò le braccia e il viso dell'uomo e lo costrinse a ritirarsi in fretta, perdendo la sua arma.
Neanche il tempo di ristabilirsi, che l'altra aveva già puntato la mano verso di lui, emettendo un gigantesco raggio di fuoco azzurro.
L'uomo avvolse il proprio corpo in uno spesso strato d'acqua, preparandosi all'imminente impatto: fu come essere investito da un'emissione proveniente dal sole stesso.
Flood ne uscì a malapena integro grazie al suo potente Kaika acquatico, ma il suo braccio destro era del tutto annerito, ormai inutilizzabile.
In una situazione disperata, caricò tutta la sua energia nell'arto sinistro, che aumentò in modo esponenziale la sua massa e fu cosparso da una fitta corrente d'acqua, come un fiume in piena.
Tentando il tutto per tutto, si preparò ad attaccare con il massimo della potenza, l'essere di fronte a lui ruggì ancora più forte di prima.
Moses Flood gridò, correndo in avanti e arrivando di fronte al terribile demone infiammato. Diresse il pugno verso di esso, lo scontro tra acqua e fuoco rimbombò nell'atmosfera e fece ribollire l'aria, danneggiando l'ambiente circostante.
Dopo l'impatto, Flood si ritrovò alcuni metri indietro rispetto a prima, così come Karen. La spada era stata scagliata di nuovo vicino al grand'ammiraglio, il quale la raccolse, rivolgendo poi all'istante lo sguardo al nemico. Pareva impazzito: stava devastando tutto ciò che lo circondava senza neanche più dirigere la sua rabbia contro un bersaglio definito, come se si fosse dimenticato di Flood.
Ater era sparito dalla zona, dileguatosi approfittando del trambusto, mentre Dawson aveva seguito l'assurdo combattimento a più o meno cinquanta metri di distanza, troppo esterrefatto dallo spettacolo per accorgersi della fuga del giovane Vulture. L'espressione dei suoi occhi descriveva alla perfezione lo stupore per la furiosa battaglia che si era appena tenuta in quel luogo isolato.
"È impossibile affrontare per un tempo prolungato quella creatura..." mormorò Flood, osservando Karen spargere fiamme su tutto il paesaggio senza uno scopo preciso. "Dawson, questa è l'occasione per ritirarci: il prigioniero è fuggito e il nostro lavoro lo abbiamo già svolto. Andiamocene."
"S-sono d'accordo, signore. Lasciamo quella triste esistenza sola a sfogarsi, prima che si accorga ancora di noi..." disse Dawson, guardando quella che fino a poco prima era Karen, con occhi colmi di compassione.
I due si incamminarono lontano dalla zona in fiamme, Flood con il braccio destro ormai a pezzi e la veste a brandelli, sostenuto da Dawson. Lasciarono quell'inferno, feriti e con i cuori pesanti per aver perso molti uomini durante la missione, ma consci del fatto che avevano ottenuto importanti informazioni durante le due ore in cui avevano tenuto Ater Shade in custodia.
Al suo risveglio, Karen era di nuovo sola.
Il camper dietro le sue spalle era bruciacchiato ma integro, l'odore del grano in fiamme le tormentava le narici. Era distesa sul terreno ancora caldo, completamente nuda ed esposta alla brezza invernale che soffiava senza sosta.
Si mise a sedere, osservando il cielo con aria nostalgica.
"Ater è riuscito a scappare, alla fine. Meno male, ce l'ho fatta..."
Il pensiero del modo in cui era riuscita a lasciarlo fuggire, però, cancellò subito la sensazione di sollievo.
"Chissà cosa avrà pensato di me..." Poggiò le mani sul viso, mentre delle lacrime le inumidivano le guance. "Cosa posso farci? È colpa mia se sono un'aberrazione?" pensò, disperata, incapace di metabolizzare la sensazione di disagio e disadattamento che provava.
Infine, si alzò ed entrò nel camper per mettersi dei vestiti. Nonostante il clima rigido, lei non aveva freddo e indossò una canottiera nera con dei leggeri pantaloni grigi. Purtroppo, a causa dei danni che aveva provocato, i vestiti che si trovavano nel baule più vicino alla parete si erano un po' bruciacchiati, ma non diede peso alla cosa e se li infilò.
La sua chitarra appoggiata accanto al letto le saltò agli occhi.
"Ma sì, in fondo adesso sono sola. Penso che mi rilasserò un po' suonando."
Avrebbe voluto far ascoltare una canzone ad Ater prima di salutarlo, ma purtroppo non ce n'era stata l'occasione. Così come non c'era stata per ottenere informazioni su Kirai.
Ater non sarebbe tornato di certo: non era così stupido da recarsi di nuovo nel luogo in cui era stato catturato.
"Pazienza... vorrà dire che continuerò a cercarlo per conto mio." disse tra sé e sé.
Decise di salire sul tetto del camper, per avere maggiore libertà e ispirazione mentre suonava.
Chiuse gli occhi, seduta con una gamba che sporgeva nel vuoto, e iniziò a cantare. Piano piano, anche il suo animo tormentato iniziò ad acquietarsi seguendo il ritmo leggero delle note.
"Chissà, magari riuscirò a trovare qualcuno che mi apprezzi, nonostante quello che sono." rifletteva la ragazza, mentre cantava una vecchia canzone dolce e malinconica, che aveva imparato da suo padre. "Qualcuno che, conoscendo tutto di me, decida di volermi lo stesso al suo fianco. Forse è solo un sogno sciocco di una ragazza sciocca..." Attraverso i campi di grano coperti di bruciature e fiammelle residue, due figure si stavano avvicinando curiose al veicolo su cui Karen suonava e cantava con voce angelica. "Però, se esistesse, penso che una persona del genere non la lascerei mai andare."
"Karen?" La ragazza udì una voce chiamarla.
Si trovò davanti due familiari ragazzi. Dopo un attimo di smarrimento, riconobbe i profondi occhi blu scuro in uno e i lisci capelli biondi nell'altro.
Vecchie conoscenze.
Saga di Sunwaning Estate - Fine.
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