Capitolo 58

Ater era paralizzato.

Dopo aver sentito Karen pronunciare quel nome, per poco non era caduto faccia a terra per la sorpresa.

"Kirai? Dunque è lui la persona che questa ragazzina sta cercando? Mi chiedo cosa potrebbero mai avere in comune due individui così diversi..."

Il fatto che il freddo e solitario Kirai, uno dei membri più temuti e rispettati dei Vulture, avesse qualcosa a che fare con quella ragazza così insicura e all'apparenza sempre accaldata, gli sembrava impossibile.

"K-Kirai, hai detto?" chiese Ater, più esitante di quanto intendesse apparire.

"Sì!" confermò, pimpante, Karen. "Perché, lo conosci per caso?"

"No, assolutamente no... Perdonami se mi intrometto, ma non è uno dei membri di quella banda di rivoluzionari? I Vulture?" Facendo il finto tonto, Ater sperava di non far sospettare nulla all'ingenua ragazza.

"Non li conosco bene, ma so che Kirai ha intrapreso una strada oscura dopo la nostra separazione anni fa, e che con ogni probabilità c'entrano loro. Francamente, mi piacerebbe persuaderlo a lasciare quel gruppo di pazzi e ricongiungersi a me..."

"Non credo che siano del tutto pazzi." Replicò Ater, corrucciato in volto. "Stanno lottando per una precisa causa. Almeno per quanto ne so io..."

Karen sembrò pensarci su qualche secondo, come per soppesare le parole del compagno. "Bah, non è che a me interessino molto le loro ragioni. Io voglio solo riprendermi Kirai!" Esclamò poi, come se fosse la cosa più naturale al mondo.

"La fai facile, tu! Magari avessi una mente semplicistica come la tua."

"Sai, a volte pensare con semplicità aiuta ad avere un'organizzazione mentale ordinata."

"In certe occasioni ne avrei seriamente bisogno..." Ater si grattò stancamente la nuca. "Dai, cerchiamo di trovare qualcosa di utile."

I due continuarono a rovistare tra le macerie e i mobili antiquati per diversi minuti, sporcandosi di polvere e stancandosi i muscoli delle braccia e delle dita a furia di scavare, fino a quando Ater non incappò in qualcosa che catturò la sua curiosità.

"Ehi, Karen, qui c'è qualcosa di interessante." la chiamò.

"Davvero? Meno male, mi stavo stancando di scavare! Fa' vedere."

La ragazza si sporse dalla spalla di Ater, i capelli rossi rizzati per l'entusiasmo e l'eccitazione.

Tra le cianfrusaglie accatastate sotto al largo mobile d'ebano nero, spiccava una piccola cassa di cartone con all'interno, poste una accanto all'altra, diverse cassette etichettate.

"Sono cassette?" domandò Karen, sempre più rapita dalla situazione.

"Pare di sì. Ma cosa vorranno dire queste scritte?" Ater spolverò con la mano i piccoli oggetti, un inquietante presentimento si impadronì di lui, provocandogli sempre maggiore ansia e preoccupazione.

Sulle etichette c'erano diversi nomi e cognomi, a volte affiancati e altre singolarmente. Nella cassa, incastrata tra quelle sul fondo, Ater scorse anche la cassetta con il nome della sua compagna: Candidus Radius.

Ater e Karen trasportarono lo scatolone fino al camper, scendendo a fatica dalla finestra con il contenitore sulle spalle del ragazzo, che tra l'altro fece cadere diverse cassette nel processo, e giungendo infine all'interno del veicolo.

"Dovrei avere un vecchio videoregistratore di mio padre da qualche parte, se vuoi vederle." informò Karen, con aria un po' titubante. Sembrava fosse restia a conoscere il contenuto di quei video, come se ne fosse spaventata.

"A questo punto penso sia imperativo guardarle, per capire meglio il motivo in virtù del quale Candidus non mi parla più." Gli occhi di Ater erano segnati dalla determinazione, ma provava anche una paura interiore che lo portava a esitare, proprio come la compagna di viaggio.

Karen tirò fuori dal bauletto appoggiato al muro il piccolo e polveroso videoregistratore grigio, collegandolo alla televisione appesa in alto sulla parete, di fronte al suo letto.

Iniziava a sopraggiungere la sera, e il freddo invernale gelava il paesaggio desolante intorno al camper in cui albergavano i due giovani ragazzi.

Ater maneggiò con cura la cassetta con sopra il foglio di carta che recava il nome di Candidus, apprestandosi a inserirla nel registratore.

"Aspetta, Ater." Karen lo bloccò, posandogli una mano sulla spalla. "Non sarebbe meglio se guardassimo prima un video di altri bambini?"

La ragazza aveva paura che Ater potesse subire uno shock, se avesse visto in modo diretto delle scene con ogni probabilità traumatiche riguardanti la sua amica d'infanzia.

"Mmh... forse hai ragione. Allora ne metto un'altra." afferrò una cassetta a caso e la inserì.

Di primi acchito, sul televisore apparve solo un ronzante sfondo grigio. Ater e Karen attendevano col fiato sospeso.

Dopo pochi secondi, il video cominciò.

In seguito, i due non furono nemmeno in grado di descrivere a parole gli orrori a cui avevano assistito, le immagini traumatizzanti e disgustose che si erano parate loro davanti. Quelle cassette erano qualcosa che nessuno sano di mente avrebbe dovuto guardare. Gli occhi di Ater durante la riproduzione di quell'abominevole squallore si spalancarono, inorriditi, mentre Karen dovette voltarsi, poiché non riusciva a sopportarne la vista.

"È-è terribile... ma perché? Come ha potuto avere origine una violenza del genere?" si chiese Karen, con le lacrime agli occhi.

Ater fissava lo schermo nero della TV, gli occhi persi nel vuoto. "Andando a intuito, queste cassette venivano vendute a dei pervertiti della peggior risma... traffici del genere una volta erano più sviluppati e meno ostacolati di adesso." riuscì a razionalizzare, nonostante il trauma subito.

"Per fortuna, aggiungerei. Cose del genere non dovrebbero mai accadere, a dei bambini, poi... Dei bambini, Ater! È orribile! Non guardare la cassetta di Candidus, ormai hai capito con cosa abbiamo a che fare, no? Non farti ulteriormente del male, ti prego!" Karen aveva il cuore spezzato e le girava la testa. Era ormai sconvolta nel profondo, quelle scene non le avrebbe mai più dimenticate, a discapito del passare degli anni.

"Esci, Karen. Guarderò quella di Candidus, ma non c'è bisogno che lo faccia anche tu. È un peso che appartiene solo a me." dichiarò Ater con solennità, lo sguardo ormai privo di ogni luce, l'animo spoglio di qualsiasi sentimento, eccetto il senso del dovere verso la sua più vecchia amica.

"Oh, Ater..." Karen gli gettò le braccia al collo. "Sono qui fuori se hai bisogno di qualcuno." bisbigliò.

L'altro si limitò ad annuire in maniera assente. Seduto su uno sgabello, le braccia incrociate sulle ginocchia, introdusse la cassetta di Candidus nel registratore mentre Karen aspettava fuori.

Ancora scossa, la ragazzina scrutava l'orfanotrofio di Sunwaning Estate davanti al quale il camper era parcheggiato, mentre l'atmosfera serale scuriva i suoi capelli simili a fiamme.

"In quel luogo sono accaduti fatti così tragici... È un posto maledetto." disse tra sé e sé.

Intanto, iniziava a provare una certa sonnolenza, il che era strano dato lo shock che aveva appena subito. Faticava a restare lucida per qualche motivo.

"Ma cos'è questo sonno? Quasi non riesco a tenere gli occhi aperti." Karen batté forte le palpebre più volte, cercando di rimanere sveglia, e fu in quel momento che si accorse di un'innaturale deformazione nell'aria attorno a lei. "Ma questo tutto intorno... è gas!"

D'istinto, Karen si lanciò in alto sprigionando una fiammata dalle mani, in modo da sfuggire alla sostanza che stava per metterla fuori gioco.

Dal contatto tra fuoco e gas scaturì un'esplosione, che la ragazza riuscì a evitare solo perché si era spinta verso l'alto con grande velocità, e che devastò il terreno sotto i suoi piedi.

"Ma chi sta emettendo questo gas? Un utilizzatore di Kaika?" si chiese, mantenendosi a fatica in aria con il fuoco. Non possedeva un gran controllo della propria aura.

D'improvviso, delle catene grigiastre lanciate da qualcuno in basso le si avvolsero intorno alla pancia, trascinandola sul terreno con uno schianto seguito da un tonfo sordo.

"Ah! Non riesco a muovermi! Cosa sta succedendo?" Karen non riusciva a capire la situazione.

"Grand'ammiraglio Flood, l'abbiamo immobilizzata con le catene di galena." Delle voci circospette si avvicinavano sempre più.

"Ben fatto, ragazzi. Ora non dovrebbe darci inutili fastidi."

Karen udì una fredda e tonante voce spiccare tra le altre. Alla fine, si ritrovò davanti un gruppo di soldati della marina in divisa, capitanati da un uomo altissimo vestito con una lunga tunica viola come i suoi lunghi capelli, e un bastone sul quale si sosteneva.

Al suo fianco c'era un uomo più basso anch'egli in divisa, con capelli rosei di media lunghezza e occhi neri.

"Fatti un favore e non ti muovere, ragazzina. Non sai chi stai nascondendo in quel camper ed è meglio così, credimi." L'uomo alto si rivolse a Karen con tono imperioso, ma in un certo senso anche compassionevole. Quasi empatico. Evidentemente, non la considerava affatto sua nemica.

"C-che vuoi dire? Chi sei?!" domandò lei, tossendo.

"Sarà meglio che non ti sforzi, già le catene di galena ti prosciugano energia, in più il Kaika gassoso soporifero a cui ti ho esposta per quei pochi secondi ti ha spossata parecchio." spiegò l'uomo coi capelli rosa accanto al Grand'ammiraglio Flood.

"Coraggio, vice ammiraglio Dawson, vediamo di concludere." Flood si avvicinò al camper con tutti i soldati e il collega per fare irruzione.

Karen era distesa al suolo, del tutto impotente. "Fermi! No, cosa volete fare ad Ater?"

Nessuno le rispose. Guardò il gruppo di marines ormai prossimi all'ingresso del veicolo, Ater non sarebbe mai riuscito a sfuggire loro. Però, notò Karen, esitavano ad aprire la porta, come se fossero bloccati.

"Cosa aspettate?" li incitò Flood. "Spalancate quella porta."

"N-noi vorremmo, capo. Ma non riusciamo a muoverci!"

"Cosa..?"

A quel punto, dal camper fece capolino la figura di Ater, la testa piegata in avanti e le gambe larghe. Appariva quasi infuriato.

"A-Ater?" Karen alzò la testa dal terreno, e vide il ragazzo stagliarsi di fronte a tutti i marines immobilizzati. Aguzzò la vista, e si accorse che attorno alle gambe dei soldati erano attorcigliate delle oscillanti corde nere, che impedivano i loro movimenti.

"Cosa diavolo succede?!" urlavano i marines.

"Non riesco a muovermi!"

"Non avreste dovuto interrompermi proprio adesso." sussurrò, infastidito, Ater. "Non risparmierò la vita a nessuno di voi." Nei suoi occhi non vi era traccia di umanità, sembrava un assassino a sangue freddo a tutti gli effetti.

Incrociò le braccia e alzò le mani verso l'alto. Di conseguenza, dalle ombre alle spalle dei soldati apparvero loro copie nere e prive di dettagli facciali, che ne immobilizzarono corpi.

"Ma cosa sono queste cose?!" esclamò qualcuno.

"Dark Copy." Ater chiuse le mani a pugno e le copie oscure tagliarono la gola con un movimento secco delle mani a tutti i marines presenti sul posto, sotto i glaciali occhi nero opaco del giovane membro dei Vulture.

Il rumore dei loro corpi senza vita che crollavano al suolo uno dopo l'altro riempì la zona.

Karen era esterrefatta e stupita da tanta freddezza da parte di quel ragazzo, che le era sembrato così pacato fin dall'inizio.

"Ti sei subito sbarazzato dell'equipaggio." esordì Flood, l'unico rimasto in piedi insieme a Dawson. "Come ti avevo detto, ragazzina, il ragazzo che volevi difendere è solo un brutale e volgare killer."

Karen non sapeva cosa pensare, a quel punto era confusa e si sentiva del tutto priva di certezze.

"Pagherai per questo affronto, mostro..." intervenne Dawson.

"Sta' indietro, vice ammiraglio. Adesso ci penso io al ragazzo." Flood mosse un passo in avanti. Metteva una soggezione incredibile, l'atmosfera intorno a lui pareva tremare a ogni sua pesante falcata.

"Mi spiace, Karen. Non avrei voluto che tu vedessi tutto questo, ma non ho avuto altra scelta." Ater guardò Flood con ferocia. "Non posso assolutamente lasciarmi catturare, non ora che sono arrivato alla verità che agognavo."

Incrociò ancora le braccia, compiendo un rapido gesto con le mani.

"Dark Copy: Rewind!" Dalle ombre dei corpi senza vita dei marines, fuoriuscirono delle copie nere che aggredirono Flood tutte insieme. "Vediamo cosa fai ora..." minacciò Ater.

Dall'interno del bastone sul quale si reggeva, però, Flood estrasse con lentezza una lama circondata da un'intensa aura blu. Roteò il braccio con velocità fulminea, e tutte le ombre furono sbaragliate e distrutte da una spazzata circolare. Era accaduto in appena un secondo.

L'uomo impugnò l'arma, posizionandola davanti al suo viso: era una lunga spada dritta, composta d'acqua.

"Sbalorditivo... riesce ad allungare e ingrandire quella spada d'acqua a suo piacimento? Deve essere Reinforcement Kaika di incredibile potenza." pensò Ater, stringendo i denti.

"È l'ultima possibilità per arrenderti. Altrimenti dovrò farti un po' male." avvisò Moses Flood, compiendo un altro imperioso passo in avanti.

"Che pressione... Sembra quasi di star affrontando la corrente del mare stessa." sussurrò Ater. "Ma non sarò da meno!" Fece quindi apparire una copia dall'ombra del nemico, proprio alle sue spalle.

L'altro, con un lieve movimento del braccio all'indietro, la colpì col manico della spada, polverizzandola all'istante.

"Hai scelto la via della sofferenza, e così sia." sentenziò.

"Che potenza..." Ater si sentiva sempre più atterrito.

Flood ruotò la lama verso destra, nonostante fosse lontano. Ma una proiezione dell'arma per poco non colpì lo stesso il ragazzo avversario, il quale se ne accorse all'ultimo momento e riuscì a evitarla con una balzo in avanti. Poco prima che atterrasse, però, la proiezione lo centrò alla schiena, scaraventandolo a terra, dolorante.

"Ugh! è lo Stadio Finale del Reinforcement Kaika! Si mette malissimo..." Ater mosse le dita, disteso per terra, senza nemmeno rialzarsi, e lasciò partire dalla sua stessa ombra una miriade di contorte lame oscure che si diressero verso Flood a tutta velocità, per trafiggerlo.

"Muori!" gridò.

Roteando su sé stesso con perfetto gioco di gambe, il Grand'ammiraglio fece a pezzi tutte le armi d'ombra che lo minacciavano, grazie alla proiezione della sua spada acquatica. Poi, si avvicinò rapido ad Ater e lo tramortì con un imponente calcio alla mascella, facendolo balzare in aria, urlante.

Non gli concesse neanche il tempo di riaprire gli occhi, che lo aveva già afferrato per il collo con una mano ricoperta d'acqua, dalla massa molto aumentata.

Lo teneva sospeso a mezz'aria, inerme.

"Direi che abbiamo finito, Ater Shade. Tu ora vieni con me. Dovrai pagare per i crimini che hai compiuto oggi sotto ai miei occhi." Il tono di Moses Flood era calmo come le onde dell'acqua che caratterizzava il suo Kaika. Aveva battuto con estrema facilità un membro dei Vulture sotto gli occhi increduli di Karen e Dawson. "Ma prima dovremmo parlare di alcune cose urgenti, io e te. L'edificio abbandonato qui vicino andrà bene." Poggiò il corpo esanime del nemico sulla sua spalla destra, tenendolo fermo con il braccio.

"C-cosa ne facciamo di lei, Grand'ammiraglio? Le lascio le catene?" domandò Dawson, ancora stupito per la prova di forza del suo superiore.

Il maestoso uomo si voltò appena, volgendo un occhio dall'alto verso Karen, ancora stesa a terra e con le forze in costante calo.

"No, levagliele pure. Di questo passo finirà per morire e lei non ha colpe."

"Ma..."

"È solo una ragazzina ingenua che si fida troppo facilmente degli altri, non sarà in grado di procurarci fastidi, tranquillo."

"O-ok." Dawson liberò Karen dalle catene, la ragazza subito avvertì le forze tornare per gradi in lei, anche se era ancora debolissima per il gas soporifero e l'energia che le era stata sottratta in quegli intensi minuti.

"Per favore, non seguirci, piccola. Ormai avrai capito che tipo di persona è Ater Shade, dimentica tutto e va' via da qui. È per il tuo bene." le mormorò l'uomo, inginocchiato accanto a lei.

Karen non aveva nemmeno la forza di controbattere: rimase al suolo, la faccia sporca di terreno, a recuperare le energie. Eppure, mentre i due marines si allontanavano con Ater verso Sunwaning Estate, non riusciva a scrollarsi di dosso una sensazione di colpa e inutilità. Le si formò un nodo alla gola, mentre delle lacrime calde solcavano la polvere nerastra sparsa sulle sue guance rosate.

Restò sola con il senso d'inferiorità che la tormentava, mentre iniziava a piovere, e i corpi esangui dei soldati sui campi di grano attorno a lei venivano bagnati, il loro sangue lavato via. Lentamente, col passare dei minuti, Karen perse i sensi per la troppa debolezza, cullata dal dolce e incessante battere dell'acqua piovana che precipitava dal cielo.

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