Capitolo 56
Saga di Sunwaning Estate
"Buooon pomeriggio a tutti, miei viaggiatori, dal vostro Gus Farrell! Qui è Cobalt Radio, sono le sedici e otto minuti e ho delle notizie fresche fresche solo per voi, che mangiate l'asfalto tutto il giorno!"
La voce deformata dello speaker radiofonico risuonava nell'area di guida, accompagnando il costante, sordo ronzio del motore e il lieve rumore della marcia che veniva cambiata di tanto in tanto.
Pigro, il sole pomeridiano penetrava all'interno del veicolo, illuminando e schiarendo i capelli rosso chiaro della ragazza al volante, nonché la postazione di guida cosparsa di lattine di soda vuote e fumetti stropicciati. Sul sedile di fianco a quello della giovane, una vecchia chitarra giallognola dalle corde usurate occupava il suo posto da passeggero d'onore.
"Preparatevi per lo shock: secondo alcune indiscrezioni, sembra che un membro dei Vulture sia stato avvistato proprio qui, a Northfield!" L'attenzione della ragazza aumentò di colpo dopo quelle parole, così alzò il volume, girando la manopola della vecchia radio accanto al volante. "Non è molto chiaro però di chi si tratti esattamente, un vero e proprio mistero, come di consueto quando si parla di questa oscura organizzazione. Difficile prevedere cosa succederà adesso, ma state sicuri che nei prossimi giorni qualcosa si muoverà, me lo sento...
E adesso, una bella canzone tutta per voi. Questa è 'Cruel, cruel world.' Un classico che forse alcuni ricorderanno!"
La musica dal sound country iniziò ad accompagnare la giovane guidatrice, mentre il vento le scompigliava i capelli, svolazzanti al di là del finestrino abbassato. La strada davanti a lei era libera e spianata, tutto intorno i campi di grano dominavano la scena, offrendo un panorama molto rilassante.
A Karen piaceva viaggiare da sola con il vecchio camper di suo padre, la faceva sentire serena, libera e priva di preoccupazioni.
L'atmosfera intima che si instaurava durante il percorso era una sensazione che non avrebbe scambiato per nulla al mondo. D'altronde, un carattere calmo e piuttosto insicuro come il suo andava a nozze con la solitudine e la tranquillità del viaggio.
Dopo aver ascoltato la notizia alla radio, però, il suo cuore aveva iniziato a battere più forte: era arrivata a Northfield senza piani in particolare, spinta dall'istinto e dai ricordi che conservava in quel luogo, ma non avrebbe mai pensato che la persona che cercava potesse davvero trovarsi lì. Ovviamente, non era certa che si trattasse proprio di quella persona, ma almeno una speranza per il momento poteva covarla.
Karen era così persa nei suoi pensieri, che non notò la sagoma di un individuo nel bel mezzo della strada davanti al camper, e per poco non lo investì.
Riuscì a frenare all'ultimo momento, finendo con la fronte dritta sul volante e suonando in questo modo il clacson involontariamente.
"Ahi, ahi! Che male, accidenti! Ora gliene dico quattro a questo stupido!" pensò, furibonda.
Scese in tutta fretta dal veicolo e si avvicinò al ragazzo che era ancora immobile per strada. Da dietro si distinguevano solo dei lunghi capelli neri e un fisico piuttosto slanciato e asciutto.
"Ehi, tu, ma sei andato fuori di testa?! Stare in mezzo alla strada come un cretino in quel modo, ma fatti curare, dico io!" sbraitò Karen, le ciocche lisce che sembrarono diventare ancora più rosse per la rabbia.
L'altro si voltò con aria stranita, i capelli gli ricadevano in un disordinato ciuffo davanti a un occhio, coprendolo quasi interamente, e il suo viso appariva leggermente scavato. "Oh, scusami, non credevo passasse qualcuno di qui." tentò di giustificarsi.
"N-non fa niente, però fa' più attenzione la prossima volta." mise il broncio Karen, ancora un po' scossa dallo shock.
"Scusa ancora. Ehi, magari puoi aiutarmi. Sto cercando un luogo..." Il giovane si avvicinò a lei con movenze distaccate.
"Avverto qualcosa di strano in questo ragazzo." rifletté la guidatrice.
"Io mi chiamo Ater, a proposito. Ater Shade." Le tese la mano.
Karen guardò con aria torva la mano dello strano ragazzo dai capelli nero opaco, rivolta verso di lei.
Non le ispirava molta fiducia, soprattutto perché l'aveva trovato immobile nel bel mezzo della stada, ma osservandolo bene aveva anche un viso gentile, nonostante l'aria assente che mostrava. Forse era davvero solo un tipo distratto.
"Io mi chiamo Karen Gazinsky. Un luogo, hai detto? E che luogo?" Decise di chiedergli, mentre gli stringeva la mano.
"Da quello che ricordo, dovrebbe essere un orfanotrofio che si trova qui a Northfield, vicino Cobalt. Ma non so dove sia la città e ho paura di essermi perso." spiegò Ater, grattandosi il capo.
"Almeno sai dove si trova approssimativamente... È gia qualcosa." bofonchiò la ragazzina. "S-senti, se vuoi posso darti un passaggio. In fondo, ti ho quasi buttato sotto, anche se te ne stavi lì come una statua." aggiunse poi, assumendo un'espressione disponibile.
"Un passaggio? Con quello scassone?"
"Ma come ti permetti?! Io mi offro di accompagnarti e tu mi insulti pure? Ma è tutto a posto nella tua testa?!" gridò Karen, furiosa.
"E rilassati, quanto urli... Dai, accetto il passaggio." sospirò l'altro, con tono accondiscendente.
"Non dirlo come se stessi facendo tu un favore a me!" Karen, ancora contrariata, condusse Ater all'interno del camper, trasferendo la chitarra dal sedile accanto al conducente all'area abitativa nel retro.
Ater diede una rapida occhiata all'interno del veicolo, sporgendosi dal sedile. Era tutto molto ordinato, dal lettino con le lenzuola ben piegate in prossimità della parete sulla destra, al bauletto sul lato opposto, in cui era intuibile che fossero riposti i vestiti di Karen, e al quale la ragazza aveva appoggiato il suo strumento a corde.
Accanto al baule c'era un basso frigobar grigio, mentre in fondo era presente una piccola cabina dalla porta scorrevole di legno: con ogni probabilità il bagno. La tappezzeria sul pavimento era intonsa, così come i rivestimenti in pelle sulle pareti.
"All'interno è molto più gradevole." fece notare Ater.
"Grazie tante..." sbottò Karen, inserendo la chiave per accendere il motore. Il ragazzo scavalcò la zona di guida con un saltello e si buttò sul lettino, con grande fastidio di lei.
"Allora, tu perché sei a Northfield, invece?" tentò Ater, piazzandosi le mani dietro la nuca con aria disinvolta e osservando il soffitto.
"E a te cosa importa?"
"Non molto, in effetti, era per rompere un po' il ghiaccio."
"Sei un po' troppo schietto, lo sai? Piuttosto, come mai vuoi visitare quest'orfanotrofio? È un po' sospetto." chiese Karen, curiosa in maniera genuina.
Ater tirò un lungo sospiro. "Ormai è solo un edificio abbandonato. È per un'amica, una persona a me molto cara. Devo assolutamente ricordare qualcosa che negli anni ho dimenticato. Altrimenti lei continuerà a non parlarmi..." Lo sguardo del giovane divenne più determinato rispetto alla solita espressione distaccata.
"Oh, v-va bene..." L'alone di mistero attorno ad Ater aveva catturato l'attenzione di Karen. "A-anch'io sono qui per una persona, un uomo sulla ventina, per la precisione. Faceva parte della mia vita quando ero piccola, quel periodo lo ricordo ancora bene. Un giorno però mi abbandonò, in seguito a cupi eventi. Ho paura che sia stato costretto a intraprendere un sentiero oscuro, per questo lo sto cercando da un po'." spiegò poi, incominciando a provare simpatia per il ragazzo nel retro del suo camper.
"Che me ne frega." rispose, secco, lui.
"Ma non volevi rompere il ghiaccio?! Basta, mi hai stancato, non ti parlo più!" Karen mise bruscamente in moto, e partì diretta a est, verso Cobalt.
"Com'è che già guidi, comunque? Mi sembri piuttosto giovane." domandò Ater dopo pochi minuti di tragitto.
"Ti aspetti che ti risponda a comando solo quando hai voglia di ascoltarmi?" sbraitò lei.
"Lo fai illegalmente?"
"Ho un permesso." rimbeccò Karen, seccata. "Ho seguito un corso speciale per poter guidare questo camper, dato che è il posto in cui vivo e non ho tutori con me."
"Che noia..."
"Ti odio! Scendi dal camper!"
"Nah, si sta bene qui. Sei molto ordinata, si vede che ci tieni."
Karen mise il broncio, arrossendo appena. "Non ti capisco proprio..." mormorò.
Ater tornò con un balzo sul sedile anteriore, accanto a lei. "Dai, non prenderla a male, ti stavo prendendo in giro. Ti faccio compagnia qui davanti, ok?"
"Mah..." La ragazza continuò a tenere i suoi intensi occhi gialli sulla strada, senza degnarlo di uno sguardo. Continuarono a viaggiare in direzione di Cobalt, mentre con l'arrivo del crepuscolo il sole iniziava a pennellare il cielo di arancione e bronzo.
"Candidus..." Ater fissò le nuvole fuori dal finestrino con un'espressione malinconica. "Ti prometto che metterò tutto a posto. Tornerai a sorridermi come un tempo."
Le abitazioni di vari colori attorno al porto di Cobalt brillavano in modo vistoso, sotto i raggi soffusi del sole al tramonto. La banchina umida per i rivoli d'acqua, che bagnavano il terreno roccioso quando le navi rientravano dal mare aperto, brulicava di panchine verdi semi arrugginite su cui di tanto in tanto si accomodavano alcuni pescatori stanchi per la giornata di fatiche. Una maestosa nave ormeggiata nella zona centrale, con lo stemma della marina stampato sulla vela, catturava lo sguardo di tutti i lavoratori incuriositi del posto.
Non che ce ne fossero tanti. Erano tempi difficili, quelli, per Northfield.
Due uomini sul ponte della nave scrutavano il porto con gravità, a babordo.
"Sembra che le voci fossero vere, grand'ammiraglio Flood. Hanz Becker tiene davvero in pugno tutta la zona nord del continente." Esordì con tono sommesso uno dei due, un uomo in divisa da marine militare, con capelli di media lunghezza rosa chiaro e occhi neri.
"Pare di sì, non c'è anima viva in giro. Ma come sai già, non tocca a noi occuparci di quella faccenda, vice-ammiraglio Dawson. Il nostro compito qui è un altro." ribatté con calma l'altro.
Era molto alto, quasi due metri, anche se di corporatura magra e slanciata. Sopra la sua divisa, indossava una lunga tunica con mantello viola che ricadeva alle sue spalle fino a sfiorare il terreno. Si appoggiava a un corto bastone di legno, seppure non desse l'idea di avere problemi a camminare sulle sue gambe. I capelli, anch'essi viola, così come i rigidi e penetranti occhi, ricordavano la chioma di un salice piangente: lisci e secchi al punto da sembrare sfibrati e lunghi fin sotto le spalle. Il viso aveva una forma lunga e affusolata, ma celava un fascino particolare, oltre a incutere un certo timore, anche grazie allo sguardo serio e imperscrutabile che lo caratterizzava.
"È sicuro che ci possiamo fidare senza problemi della segnalazione?" domandò, incerto, Dawson, mentre il resto dell'equipaggio iniziava a issare le vele e legare la nave agli ormeggi.
Moses Flood, il grand'ammiraglio della marina militare del governo Guardians nel Continente centrale, discese sul molo insieme al collega, e si inginocchiò al suolo, accarezzandolo come un cacciatore che studia le impronte di una preda.
"La sezione nord della marina ci ha segnalato l'avvistamento di un membro dei Vulture in questa zona, e di solito non sfugge mai niente ai loro radar. Non so cosa ci faccia Ater Shade nascosto da qualche parte in questa terra dimenticata da Dio, ma se sul serio fosse così, lo catturerò io personalmente." Moses si alzò, il mantello viola appoggiato alle sue spalle ondeggiò nella brezza salmastra proveniente dal mare. I suoi occhi stoici parvero ardere per un momento. "In modo da fargli rivelare il nascondiglio della sua organizzazione."
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