Capitolo 54
I fiochi raggi solari battevano sulla finestra umida per la rugiada del primo mattino. Piccole gocce d'acqua scivolavano sul vetro, lente, fino a posarsi sul sottile strato di marmo sottostante a esso, creando minuscoli laghetti sopra al davanzale biancastro.
Una ragazzina dai soffici capelli blu osservava con aria distratta e un po' malinconica il cortile all'esterno. In particolare, guardava il grande e vecchio albero che troneggiava su tutto il paesaggio.
Le foglie secche autunnali coprivano il terreno bagnato per la pioggia che era cessata da poco, come fossero una coperta dai colori giallo, arancione e marrone su un letto di terriccio fertile.
"Lily... Lily! Lily, mi stai ascoltando?"
"Eh?" La bambina fu strappata ai suoi pensieri dalla voce della maestra, dietro la cattedra.
"Vuoi venire a risolvere il problema alla lavagna?"
"Certo." rispose lei, alzandosi e dirigendosi verso l'altra parte dell'aula.
I giorni di Lily a scuola erano sempre i soliti. Essendo un istituto nuovo per lei, non conosceva nessuno e non era riuscita a legare con i nuovi compagni. Da quando si era trasferita insieme ai suoi genitori dal Continente del nord, la vita della ragazzina era diventata molto più solitaria, passava le giornate in camera a studiare o a far nulla, e usciva di rado.
Il fatto di essere una Guardian in un paese popolato per la maggior parte da nativi del governo Shihaiken non era certo d'aiuto, spesso veniva guardata con sospetto o evitata, e inoltre lei era già molto timida e riservata di suo.
Dopo la fine delle lezioni, all'intervallo, la giovane, come soleva fare, stava fissando dall'alto della sua aula i bambini giocare a rincorrersi e alla lotta sotto il grande albero.
"Non ti unisci a loro, Lily? Non startene qui sopra da sola, prendi un po' d'aria fresca." le consigliò la maestra, con un'espressione un po' preoccupata.
"D'accordo." si limitò a rispondere Lily, uscendo dall'aula.
"Ma perché non si fa gli affari suoi? Cosa crede, che non voglio giocare con gli altri?" Questi pensieri aleggiavano nella sua testa mentre percorreva il corridoio, oltrepassando il portone d'ingresso della scuola e sedendosi sulle scale all'esterno a mangiare il pranzo da sola. "Semplicemente, hanno già creato un loro gruppetto e io non so come inserirmi. Posso davvero andare là come se niente fosse? Mi accetterebbero senza fare storie?"
Mentre questi pensieri colmi di indecisione pervadevano la mente di Lily, udì il suono prolungato della campanella e fu il momento di tornare in classe. Dopotutto, gran parte del tempo di pausa l'aveva passato di sopra. Lungo il tragitto incrociò lo sguardo con una bambina di un'altra classe, dai capelli crespi e castani, che spesso incontrava nei corridoi, seppur senza scambiarsi mai una parola.
"Anche lei non gioca mai con nessuno." constatò Lily. "Però dopo la scuola di solito l'ho vista andarsene con delle altre ragazzine."
La castana, ferma sulla soglia d'ingresso, le rivolse un piccolo sorriso complice, incuriosendola, per poi voltare l'angolo e sparire alla sua vista.
Lily non diede peso alla cosa.
Finite le lezioni, filò dritta a casa, non prima di essersi beccata un'altra occhiata ammiccante da Capelli Castani nel cortile.
Sua madre la accolse calorosamente come sempre, con il suo atteggiamento vivace.
"Bentornata, Liluccia! Che hai fatto a scuola?"
Era praticamente identica a Lily, stesso colore di capelli e stessi occhi, così come la corporatura esile e slanciata, ma il loro carattere era l'opposto.
Per questo a volte le dava sui nervi.
Dal punto di vista del comportamento aveva di certo preso da suo padre, sempre posato e tranquillo.
"Niente, le solite cose." rispose di fretta Lily, avviandosi sulle scale che conducevano in camera sua.
Sua madre la guardò con aria apprensiva. "Comunque, tra poco è pronto in tavola, ti ho preparato le costolette con le patatine! Il tuo piatto preferito!"
"Sì, tra poco arrivo. Metto un attimo a posto la roba della scuola." La ragazzina salì in camera sua, senza mostrarsi particolarmente entusiasta.
La donna si voltò con una vena d'allarmismo verso il marito, un uomo dai corti e ordinati capelli neri, gli occhiali e il viso squadrato, seduto a capotavola.
"Sarà stanca, non c'è bisogno di preoccuparsi." la rasserenò l'uomo.
In camera sua, Lily si stese un momento sul letto, fissando il soffitto.
Dopo il trasferimento, sua madre aveva continuato a trattarla bene e farle trovare gustosi piatti e molti regali per renderla felice nel nuovo ambiente. A lei faceva piacere, ma il fatto che i suoi genitori spesso la fissassero con quell'aria atterrita, come se lei avesse problemi, la infastidiva non poco. Si mise a pancia in giù e abbracciò il suo cuscino, affondando la testa sulla soffice superficie con un sospiro amaro.
La successiva giornata a scuola fu identica alle altre: Lily guardò fuori dalla finestra, pensierosa, osservò i bambini giocare allegri all'intervallo e mangiò il pranzo da sola.
Quando fu il momento di tornare a casa, però, fu intercettata al cancello da due ragazzine. Riconobbe quella con i capelli castani del giorno prima, ma non quella dalle voluminose ciocche biondo chiaro e le iridi del colore simile a quello di un prato estivo accanto a lei.
"Volete qualcosa?"
"Solo presentarci. Ho notato che te ne stai sempre sola e mi hai fatto pena. Mi piacerebbe conoscerti." Capelli Castani sorrise, ma senza malizia. Sembrava davvero voler fare la sua conoscenza senza malignità, a dispetto delle parole equivoche che aveva usato.
"Conoscermi?" domandò, incerta, Lily.
"Sì, esatto. A proposito, io sono April, mentre lei si chiama Nanako." Tese la mano verso di lei con aria gentile. "Diventiamo amiche?"
Così, Lily, April e Nanako uscirono di scuola insieme e si avviarono verso una zona piana, con vari incroci che si intersecavano tra altrettanti marciapiedi, che la ragazza proveniente dal nord non conosceva, come molte in quella città che per lei era una grigia bolla composta d'una mesta omogeneità strutturale.
Camminavano ormai da diversi minuti, e non aveva ancora trovato nulla da dire per iniziare un discorso duraturo.
La ragazza aveva acconsentito alla richiesta delle altre due di seguirle, tanto per dedicarsi a qualcosa di diverso per un giorno. Non era affatto convinta dalla prospettiva di diventare loro amica, ma decise che per il momento avrebbe passato del tempo con le due.
"Scusate, ma dove stiamo andando?" chiese. Le gambe iniziavano a dolerle per la lunga passeggiata.
"Nel nostro posto speciale, vedrai." rispose con un gran sorriso April.
"Già, insieme alle altre del gruppo!" aggiunse Nanako, la voce melodiosa e rassicurante.
"Posto speciale, eh?" Lily appariva titubante al riguardo, soprattutto dopo aver saputo che avrebbe incontrato molte altre ragazze. Non le piacevano i gruppi affollati.
Inoltre, April, nonostante le sue intenzioni sembrassero sinceramente benigne, aveva un qualcosa che la inquietava, come se fosse diversa dalle solite ragazze a cui era abituata.
Nanako invece le era sembrata da subito di indole molto dolce e tranquilla, il suo sorriso sincero le trasmetteva calma e calore.
"Bene, eccoci qua!" annunciò all'improvviso April, dopo qualche altro minuto di traversata.
Lily alzò gli occhi, ridestandosi dalle profondità della sua mente. Erano arrivati a un vecchio spiazzo erboso su cui si stagliava un ponte fatiscente e grigio, pieno di graffiti e screpolature.
Era così presa dalle sue riflessioni che lo aveva notato solo in quel momento, nonostante fosse enorme.
Sotto al ponte, c'era un gruppo di circa sette o otto ragazze, appoggiate al muretto con sguardi truci e minacciosi, accanto al fiume che scorreva placido sotto la struttura.
"Forza, Lily, non aver paura. Ti presentiamo noi a tutte." Nanako le afferrò col suo tocco dolce le mani, guidandola verso le altre ragazze.
"S-sì, va bene." Lily accennò un mezzo sorriso, per niente convinta della situazione ma rassicurata dagli splendenti occhi verdi della ragazzina.
"Statemi a sentire, amiche. Da oggi questa ragazza si unirà a noi, dunque trattatela bene. Si chiama Lily, fatele qualcosa di male e ve la vedrete con me, intesi?" esordì April, le mani sui fianchi e un'aria regale da leader.
"Una nuova?" mormorò una ragazzina dalla chioma rossa e l'aria feroce.
"Benvenuta!" si aggiunse un'altra, dalle lisce ciocche corvine. Man mano, si aggiunsero tutte a rivolgerle parole di benvenuto piene di inclusione.
"Yo, Lily, vieni pure tra noi."
"Avanti, non farti pregare."
Le voci della ragazze si sovrapponevano mentre la invitavano a unirsi a loro con tale facilità da spiazzarla. Lily si avvicinò, insicura, tra pacche e mani di incoraggiamento sulle spalle. Iniziò a sentirsi accettata, ad avvertire un calore che non provava da prima del trasferimento. Persino nel vecchio continente non si era mai sentita così ricercata da qualcuno con tale semplicità e genuinità, a dire la verità.
"Queste siamo noi. La nostra banda, in cui ci prendiamo tutte cura l'una dell'altra. Comandiamo e siamo temute in tutto il quartiere vicino a questo vecchio ponte, e addirittura nelle zone limitrofe! Non devi più sentirti sola e rifiutata e startene sola in classe. Ora ci siamo noi con te, Lily." affermò April, posandole una mano sulla testa in modo fraterno.
"Davvero mi accettate tra voi come se nulla fosse?" chiese Lily, incredula.
"Ma certo, di che ti preoccupi?" sbottò la ragazza rossa, con un ghigno.
"Siamo tutte amiche, ti abbiamo osservata e ci sei stata simpatica da subito." le disse Nanako, sempre sorridente.
"Non sei affatto come quegli insulsi ragazzini che giocano nel cortile senza preoccupazioni. Tu sei speciale, sei una di noi." continuò April, le lunghe ciocche svolazzanti nell'aria. Allungò la mano verso di lei. "Che ne dici, vuoi passare il pomeriggio con noi per farti un'idea?"
Lily fissò la sua mano, poi il volto amichevole di Nanako e delle altre ragazze. Non ebbe bisogno di pensarci per più di un secondo, il suo istinto le aveva già comunicato cosa desiderava rispondere. Non aveva intenzione di ignorare quell'euforia che non credeva avrebbe provato di nuovo in quel posto per lei sconosciuto.
"Va bene!" sorrise di cuore, felice di avere delle amiche con cui passare le sue ore, invece di distendersi sul letto senza che mai accadesse nulla di interessante.
Quel pomeriggio si divertì tantissimo, scherzò tutto il giorno con le sue nuove amiche, conoscendole meglio e girando per la città su dei motorini che tenevano parcheggiati vicino al ponte. Per la prima volta si era sentita davvero viva, e soprattutto apprezzata da qualcuno. Da quel giorno, Lily diventò sempre più amica di April, Nanako e le altre, uscendo sempre insieme a loro dopo la scuola.
Sua madre e suo padre, notando la sua rinnovata vitalità, sembravano più sereni e la trattavano finalmente in maniera normale. Il loro rapporto migliorò sensibilmente.
Lily aveva dei legami che non voleva spezzare per niente al mondo e questo la rendeva felice all'estremo, riusciva a sorridere molto di più.
Finché non arrivò quel giorno.
Tornando a casa al tramonto, notò un'ambulanza e dei camion dei vigili del fuoco che la circondavano. La sua abitazione era annerita e si avvertiva una puzza nauseante a causa del fumo nero che fuoriusciva dalle finestre. Lily osservò la scena, stupita, ma incapace di agire o esprimere emozioni.
Si sentì scuotere da qualcuno, percepì delle parole di circostanza che non riusciva a distinguere da parte di un vigile del fuoco.
L'unica cosa che la ragazzina capì con chiarezza fu che i suoi genitori erano morti, e che adesso era sola.
Dal poco che era riuscita a comprendere, sembrava ci fosse stato un incidente legato a una fuga di gas.
Si sedette sul marciapiede, un'espressione impassibile sul viso. Non riusciva a dire o fare nulla, era come se fosse all'interno di un incubo, come se quella situazione non fosse reale. Da quella sera in poi, la serenità nella vita di Lily iniziò a vacillare sempre più, e tutto ciò di cui era certa crollò man mano in maniera incontrovertibile.
Nei giorni seguenti, Lily fu trasferita in un'altra abitazione, non lontana dalla sua vecchia casa andata in fiamme. Ricevette diverse visite, sebbene non avesse alcuna voglia di vedere volti tristi e impietositi nei suoi confronti.
Ascoltava passivamente tutto ciò che le veniva detto dai vari funzionari del governo riguardo un sussidio che le permetteva di mantenersi da sola finché non le avrebbero trovato una famiglia adottiva, e un numero che poteva chiamare in caso di qualsiasi emergenza.
Rispondeva in maniera più equilibrata possibile alla psicologa che le faceva visita tre volte alla settimana.
Lily si sentiva persa, ma la cosa che le metteva più paura era che non aveva ancora versato una lacrima. Non era in grado di piangere.
La solitudine che provava era insopportabile e nelle ore di pranzo o di cena diventava ancora più forte.
"Quand'è che mi sono accorta di quanto fossero importanti per me? Di quanto il sorriso radioso di mia madre e lo sguardo di mio parte significassero realmente, dell'importanza di quella quotidianità? È stato solo dopo averli persi..?" pensò una sera, mentre cenava da sola.
L'appetito l'abbandonò, e gettò nel cestino gli avanzi della pizza surgelata che aveva comprato al supermercato vicino casa.
Piantò con isteria le mani nei capelli, aprendo la bocca per urlare di disperazione, ma il grido le morì in gola.
La finestra in salotto si spalancò all'improvviso e dall'esterno, con suo immenso stupore, sbucarono April e Nanako, che caddero rovinosamente sul pavimento.
"Ma che fai, stupida, mi spingi?!" si lamentò la prima.
"Sei tu che non ce la facevi, con quel sederone." biascicò Nanako.
"Che hai detto?!"
"È la verità..."
"Ma sei cieca? Io sono esile ed elegante, una ragazza distinta!"
Lily le guardò, stranita, ma divertita allo stesso tempo. Il solo rivedere le sue amiche l'aveva fatta sentire meglio, al sicuro. Erano le uniche certezze rimaste nella sua vita.
Udendo Lily ridacchiare con genuinità, April e Nanako si alzarono, abbracciandola subito con forza.
"Devi aver sofferto molto, Lily." sussurrò Nanako.
"Credevi che ti abbandonassimo così? Noi siamo la tua famiglia, ora e per sempre." soggiunse April, con un sorriso luminoso. "Non sarai mai sola..."
Lily si strinse più forte a loro, avvertendo un nodo alla gola e un vuoto nel petto che veniva finalmente colmato.
"Ragazze... Grazie, grazie mille!" esclamò, commossa.
"Non starai mica piangendo, eh, Lily?" mormorò April, asciugandole le lacrime con le dita e baciandola con amorevolezza sulla fronte, mentre la ragazzina si abbandonava alle due amiche.
In seguito, la compagna le propose di dormire da lei per qualche giorno assieme a Nanako, per non sentirsi sola, mentre le tre ragazzine, rimaste insieme per alcune ore a chiacchierare e divertirsi, fumavano e bevevano alcolici nella camera di Lily a notte inoltrata.
"Sì, buona idea! Ci divertiremo un sacco tutte insieme!" esclamò Nanako.
"Mmh... Perché no? Mi farebbe piacere." acconsentì Lily, sorridendo. "Ne ho abbastanza di pasti solitari e sedute psicologiche a ripetizione ogni giorno. Voglio svagarmi almeno per un po'."
Casa di April era piuttosto piccola e fatiscente, nella zona periferica di Gloomport Town vicino al vecchio ponte dove la loro banda si riuniva. Aperto il portone con le chiavi, tutto era immerso nel buio e non si vedeva nulla dinanzi a loro.
"Quell'ubriacone ha di nuovo dormito e bevuto tutto il giorno. Maledetto vecchio bastardo." sbraitò sottovoce April, accendendo la luce nello stretto corridoio.
"April vive sola con suo padre, dopo che la madre li ha abbandonati entrambi per un altro uomo. Sta ancora cercando lavoro e tirano avanti con un sussidio, non farne parola con lei, però. Non ama parlarne." Nanako sussurrò tutto all'orecchio di Lily, in modo da informarla furtivamente della situazione.
"Capisco." rispose lei. "Allora... anche tu sai cosa vuol dire essere sola, April."
"Prego, seguitemi in camera mia, non fate complimenti!" le invitò con gran calore la ragazza.
Arrivarono in camera di April, in fondo a destra nel corridoio, e la trovarono molto ordinata contro ogni aspettativa, eccezion fatta per qualche rivista sparsa sul pavimento. "Avanti, divertiamoci pure. Ho anche una console nuova." Indicò una postazione composta da un comodino su cui sostava una piccola televisione, accanto al quale la console compatta giaceva al suolo, lucida e nuova di zecca.
"Quella che hai rubato alla ragazzina che abbiamo pestato l'altro giorno?" domandò Nanako con complicità, seduta a gambe incrociate sul pavimento di fianco alle altre.
"Già, se l'è proprio meritato." rise, maligna, April, che se ne stava appoggiata di schiena al materasso del letto sulla sinistra, le braccia conserte.
Lily parve scossa dalla notizia. Con lei non avevano mai picchiato nessuno, credeva che la loro banda si limitasse solo a piccoli furti di alcolici, sigarette o motorini.
"Quindi, avete picchiato tutte insieme quella ragazza?" azzardò.
"Certo! Avessi visto come piangeva! Mi sono sentita così viva..." rispose, tutta soddisfatta, April.
"Di solito ci limitiamo ad aggredire solo chi lascia la banda, ma se qualcuno ci provoca o si crede migliore di noi, gli facciamo capire chi comanda." Puntualizzò Nanako, accortasi della sua espressione dubbiosa.
"Ah, meno male. Vorrà dire che non lascerò mai la banda." Lily accennò una lieve risata poco convinta.
"Ovvio, altrimenti saremmo costrette a dare una lezione anche a te." Anche se rideva, negli occhi di April risiedeva un'espressione spiritata che spaventò non poco Lily. "Ma so che tanto saremo sempre insieme, sciocca! Non fare quella faccia!" Le cinse le spalle con un braccio, ridendo di gusto accanto a lei.
"Già..." sussurrò Lily.
Le tre ragazzine dormirono tutte e tre nello stesso letto, abbracciate l'una all'altra, finché il mattino non illuminò di nuovo i loro volti, facendo capolino tra le fessure della tapparella azzurrognola che serrava l'unica finestrella nella camera.
Con il passare delle giornate, Lily combatteva la solitudine uscendo sempre con la sua banda di amiche dopo la scuola, e non tornava a casa fino al tramonto. Spesso andava a passare la notte da April, e molte volte Nanako si univa a loro. Erano diventate ancora più affiatate.
Un giorno, mentre compivano il solito giro del quartiere, Lily e il resto del gruppo si imbatterono in due ragazzine all'apparenza più piccole di loro, che camminavano tranquille sul loro stesso marciapiede ma dalla direzione opposta. Una tra esse guardò per un attimo con diffidenza nella loro direzione, incrociando in particolare lo sguardo di April.
Quest'ultima fu colpita dal viso paranoico della giovane nei suoi confronti, e si avvicinò alle ragazzine con fare minaccioso.
"Ehi, tu. Cos'è quell'occhiata che mi hai lanciato?"
"Eh?"
"Per caso mi consideri feccia in confronto a te, signorina del cazzo?"
"C-cosa? N-no, io non ho..." La ragazza fu interrotta da un pugno violentissimo al volto, che la costrinse a rovinare al suolo. Iniziò a piangere, tastandosi la guancia gonfia, mentre la sua amica tremava dal terrore, raggelata.
"Sembra che dobbiamo far capire a queste qui che girare in questo modo nel nostro quartiere è un errore! Siete pronte?" April fissò con aria folle le due povere vittime della sua rabbia frustrazione, che emettevano versi impauriti e piagnucolavano.
"No, vi prego! Scusateci, scusateci! Non volevamo fare nulla!" La ragazza in piedi piangeva con gran fragore in preda al panico, supplicandole.
"È troppo tardi, brutta stronza!" April, seguita dalle altre, Nanako compresa, iniziò a pestare le due, che urlavano e piangevano senza sosta sotto la tempesta di calci e pugni. "Avanti, Lily. Vieni a dare qualche colpo anche tu! È divertente!"
Lo sguardo maniacale di April le fece ribrezzo. Lily si posizionò davanti alle due ragazze, spintonandola via.
"Ehi, cosa credi di fare?" sbottò l'altra in tono sommesso.
"Devo parlarti." rispose Lily, fredda come il ghiaccio, mentre le due ragazzine scappavano in lacrime.
Si avviò verso il vecchio ponte, che era a circa duecento metri da quella zona. April tranquillizzò le altre e la seguì.
Appena giunsero a destinazione, mentre iniziava a farsi sera e il cielo a scurirsi tra le prime tinte arancioni e rosate, Lily si voltò di scatto verso April e la centrò con uno schiaffo sul volto. L'altra accusò il colpo, ma non reagì.
"È questa che sei, dunque? Una che picchia delle bambine innocenti perché l'hanno guardata impaurite per un secondo?"
"Ma cosa dici? Quelle non sono come noi, pensano che siamo feccia, che non siamo al loro livello! Hanno famiglie perfette pronte a coprir loro le spalle qualunque errore commettano, sono viziate e ci guardano dall'alto in basso solo perché viviamo in situazioni difficili. Beh, indovina un po'? Io sono più forte di loro, posso sopportare il triplo rispetto a gentaglia del genere e glielo dimostrerò!" proclamò April, gonfia di odio e rabbia.
Mentre sbraitava senza controllo, però, Lily prese le mani della compagna nelle sue con tenerezza.
April arrossì e si zittì in un attimo, per poi fissare la compagna, stranita.
"So che è difficile dirlo per te, April. Quanto ti senti confusa quando vedi persone come loro. Come a volte tu abbia la sensazione di desiderare d'essere qualcun altro... La conosco benissimo, l'ho vissuta per anni e anni, questa solitudine."
April cercò di divincolarsi, ma senza convinzione, rapita dalle sue parole.
"Noi non siamo come il mondo ci vorrebbe, e il mondo è diverso da come vorremmo che fosse. È una brutta sensazione, diversa da gioia o tristezza, lo so. È un senso di vuoto assoluto. Ma, per favore..." Lily strinse fortissimo le dita di April. "Ti prego, non perderti, resta qui con me, ti supplico. Sciogliamo la banda e abbandoniamo queste brutte attività, diventiamo semplici amiche, lottando insieme per adeguarci al mondo e trovare la nostra strada."
April la guardò negli occhi, senza sapere cosa rispondere. Era persa tra le sue labbra e i suoi occhi profondi come distese oceaniche.
"Non voglio che tu odi a causa del dolore che provi. Questa vita è solo una crudele illusione, che cerca di cambiarti, che con i suoi orrori prova a incattivirti. Ma io sono qui e ti sosterrò sempre. Quindi, resta con me."
L'amica scrutò intensamente il volto docile di Lily, incredula per le parole che le aveva rivolto, e attratta da lei e dalla sua sensibilità.
Una sensibilità che le era sempre mancata, che le aveva sempre impedito di esprimere ciò che lei era riuscita a spiegare con così tanta semplicità. L'aveva quasi spaventata, ma al contempo ne era rimasta affascinata, tantissimo.
"Ehi, capo, che succede?" chiese una delle ragazze alle loro spalle, mentre tutte le altre del gruppo si avvicinavano. Nanako osservava le due con aria preoccupata, in fondo.
April si scambiò un ultimo sguardo con Lily, che resse fino alla fine il contatto con le sue iridi color nocciola. Poi, lasciò, brusca, le sue mani. Le voltò le spalle.
"Questa stronza dice che vuole lasciare la banda."
Si levò in un istante un brusio di voci colme di gravità tra le ragazze.
"Cosa?"
"Come si permette, arriva e ci scarica così?"
"Maledetta..."
April esibì un ghigno, girandosi ancora a guardare Lily. "Sapete cosa succede alle sporche traditrici, vero, ragazze?" ammiccò.
Lily fu circondata da tutte nel giro di pochi secondi. Nanako la osservava con aria incredula.
"Ti faremo a pezzi, brutta voltafaccia."
La ragazza guardò April, terrorizzata, ma lei distolse lo sguardo con aria di rifiuto, non riuscendo a sostenere i suoi occhi così penetranti, traditi.
"Prendi questo, bastarda!" Lily fu colpita allo stomaco da un calcio, ed emise un verso di dolore, finendo inginocchiata sul suolo terroso, freddo e umido.
"Così impari a sentirti la migliore!"
Volarono pedate, pugni, ginocchiate e tirate di capelli. Lily era distesa e gemeva, mentre continuavano a malmenarla. Nanako colpiva con poca convinzione, mentre April con forza incredibile.
Guardando la ragazza che le aveva rivolto parole di conforto e redenzione venire picchiata e tremare, provava sia una sensazione di colpa, che una sorta di malsano piacere.
Delle lacrime iniziarono a scorrere lungo le guance di Lily. Era impaurita e provava un dolore acuto su tutto il corpo. "A-aiuto..." pensò. "Morirò..." Avvertì una sgradevole sensazione di calore nella zona inferiore del corpo propagarsi tra le gambe, senza che riuscisse a controllarsi, per la paura e la sofferenza crescenti sempre più a ogni secondo, a ogni percossa.
"Ehi, questa si è pisciata addosso!" esclamò una ragazza. Quella dalla chioma rossa, le sembrò.
Tutte iniziarono a deriderla e urlarle insulti denigratori. Era un incubo.
Quando ebbero terminato di sfogarsi, Lily fu lasciata lì in preda a forti tremori e dolori dappertutto. Era di nuovo sola, persa e spaventata. La differenza stava nel fatto che adesso era anche stata tradita da coloro che credeva sue amiche. Da colei che le aveva donato speranza, nei momenti peggiori della sua esistenza.
April si inginocchiò accanto a lei. Il suo volto sembrava combattuto tra il senso di colpa e la rabbia. Era un'ombra ormai corrotta dalla malsanità della corruzione fino alla radice. "Non avresti dovuto abbandonarmi come tutti gli altri. Tu eri mia. La mia amica speciale." le sussurrò.
Lily non riusciva nemmeno ad alzare la testa per guardarla. Rimase da sola sotto al ponte, abbandonata a sé stessa nel gelo della notte, senza più una famiglia, amici o un luogo che sentiva di poter davvero chiamare casa.
Quando sopraggiunse l'alba, lei era ancora distesa sull'erba fredda e coperta di rugiada, ma la piccola parentesi felice che aveva vissuto in quel mese era già un ricordo sbiadito e sepolto nelle aree più inaccessibili della sua memoria.
La ragazza aprì gli occhi, ritrovandosi nel salotto di casa sua, distesa sul divano.
La sua testa era appoggiata alla spalla di Marcus, che continuava a dormire tranquillo. Vedendolo in quello stato, Lily sorrise con dolcezza, mentre il sole mattutino iniziava a illuminare sempre più la stanza, il mobilio che risvegliava in lei un senso di familiarità, un sentimento di certezza.
"Giusto, ieri dopo l'incontro con Takeshi siamo tornati a casa e subito siamo crollati sul divano." rifletté, assorta.
Avvicinò il viso a quello di Marcus e gli sfiorò delicatamente i capelli ordinati con le dita. L'uomo aprì piano gli occhi, percependola.
"Che bel risveglio." affermò, insonnolito, ritrovandosi il viso di Lily a un palmo dal suo.
Lei ridacchiò, ironica. "Non ti ci abituare, scemo."
"Non sarebbe mica male." mugugnò lui.
La ragazza sorrise e appoggiò il capo sul suo petto, chiudendo gli occhi. "Voglio tornare da lei, Marcus. Ho bisogno di concludere questa storia." bisbigliò. "Non posso attendere ancora. Non posso nascondermi. Non più."
"L'avevo già messo in preventivo, so quanto sai essere testarda. Tranquilla, se Takeshi o qualcun altro proverà a fermarti, ti farò guadagnare del tempo per raggiungere quella donna." ribatté Marcus con determinazione. "Ma devi promettermi che starai attenta."
"Grazie. Te lo giuro, sarò cauta."
L'uomo osservò il soffitto, pensieroso e incerto, per alcuni secondi. "Magari un giorno deciderai di parlarmi del tuo passato con lei e rendermi partecipe della tua vita." tentò infine, senza guardare la partner negli occhi.
Lei sospirò. Dopodiché, gli prese il viso tra le mani.
"Cosa fai?" Il contatto visivo ravvicinato lo imbarazzò.
"Non ce n'è alcun bisogno, Marcus."
"In che senso?"
La ragazza sorrise, luminosa come il sole. "Non devo renderti partecipe della mia vita. Perché adesso tutta la mia vita sei tu."
"Lily..." L'uomo sentì un pizzicore nel petto, e la sua fronte si inarcò in quella che parve quasi commozione.
Lei si avvicinò, e lo baciò con tenerezza, sorridendogli poi col volto a pochi millimetri di distanza. Lo inebriò col suo odore inconfondibile, con la sua presenza armoniosa e invitante.
"Scema." rise Marcus, ubriacato dalla sua dolcezza.
"Sì, la tua scema." lo abbracciò. "Solo tua."
April era seduta su di un alto palazzo che dava direttamente sullo spiazzo con il vecchio ponte. Perlustrava la zona con circospezione, stando attenta a ogni dettaglio, eppure, non c'era traccia di ciò che stava attendendo. Di ciò che si sarebbe perlomeno aspettata di vedere dopo la notte precedente.
"Il mio Vision Kaika arriva fino a metà della città, allora perché non la percepisco? Sta azzerando la sua aura?" Una smorfia di frustrazione le si disegnò sul grazioso volto deformato dalla rabbia.
I ricordi di quelle vicende di quattro anni prima le riaffioravano in continuazione nella mente, un misto tra disperazione e rancore pervadeva il suo animo. Non era capace di dimenticare il dolore che aveva provato vedendo quella ragazza così onesta malmenata con brutalità, tantomeno quell'insano piacere di cui si vergognava, ma che aveva avvertito, e celava persino a sé stessa.
Quella pulsione che l'aveva portata a diventare un'assassina professionista.
Se Lily non avesse deciso di abbandonarla, negando ciò che lei era allora per provare a cambiarla, se avesse continuato a passare il tempo con lei e la banda, avrebbe intrapreso una strada diversa? April non era in grado di trovare una risposta, e per questo intendeva scoprirlo confrontandosi direttamente con l'amica perduta.
Per capire se davvero in lei ci fosse la bontà che solo la sua vecchia compagna aveva intravisto.
"Dove sei? Dove sei, Lily?!" Colpì duramente la superficie del palazzo, creando una crepa. "Perché non vieni? Perché sono destinata a restare sempre sola?" si domandò, disperata.
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