Capitolo 5
Spalancato il portone, Peter, Alex, Dorothy e Somber si ritrovarono in un corridoio privo di soffitto e dalle pareti di vetro attraverso le quali si riusciva a vedere l'esterno. Tutto intorno però c'era una fitta vegetazione composta di cespugli e arbusti che non lasciavano scorgere cosa ci fosse oltre.
"Ah... che bell'arietta c'è qui." disse Dorothy, tutta compiaciuta.
"Ehi, posso chiederti una cosa?" azzardò Alex, che la stava osservando da un po' con aria curiosa.
"Sì, Al?"
"Beh, ecco... mi chiedevo dov'è che hai trovato quella pistola che tieni sotto al giacchetto, non è da tutti averne una." Alex non avrebbe voluto domandarglielo: era chiaro che parlare del suo passato a Dismal la mettesse a disagio, figurarsi scendere nei dettagli. Eppure, era una domanda che non smetteva di ronzargli in testa. Dorothy aveva un'aria così dolce e gentile, ma in certi momenti cambiava radicalmente. Quegli sprazzi oscuri, quei cambiamenti d'espressione sul suo viso, lo facevano star male per qualche motivo.
"Se vuoi saperlo te lo dirò, però tu in cambio dovrai dirmi che aspetto aveva l'uomo che ha aggredito te e Peter."
"Ci sto."
"Diciamo solo che l'ho sottratta a un bastardo mentre era in fin di vita. In fondo, non è così difficile entrare in possesso di un'arma a Dismal, Somber ha imparato a destreggiarsi con le spade intrufolandosi in un vecchio dojo di notte." raccontò la ragazzina.
"E chi ti ha chiesto di dirlo a tutti? Come lo sai, poi?" protestò Somber.
"Non eri l'unico a girare di notte, sai? Come ti sforzavi poi, eri proprio carino."
"Potrei ucciderti seriamente."
I quattro si misero a ridere. Alex pensò che era un bene che la conversazione fosse finita in quel modo, senza che l'atmosfera si appesantisse per aver rivangato un passato difficile.
"Allora, Alex, com'era fatto l'uomo che vi ha aggrediti?" Dorothy tornò sull'argomento.
"Aveva capelli verdi e strani... molto simili al muschio, direi, e occhi gialli piuttosto penetranti. Era molto alto e soprattutto fortissimo. Diceva di chiamarsi Connor... non era un avversario alla nostra portata, questo è certo."
"Perché? Per caso lo conosci, Dorothy?" chiese Peter.
"Non direttamente, ma ne ho sentito parlare. Connor Gray, da quello che ho udito, è un mercenario che va in giro a svolgere lavori di ogni genere, specialmente per organizzazioni illegali. Più che per i soldi si dice lo faccia per divertirsi, perché ama combattere. È probabile che sia qui per questo motivo, e forse anche per trovare più porte aperte grazie alla licenza da Guardian."
"Credete sia ancora qui in giro?" domandò Alex, apprensivo.
"Di sicuro." rispose Somber. "Siamo rimasti in otto in tutto, credo sia quasi impossibile che qualcuno l'abbia sconfitto in questo concorso. La cosa certa è che siete fortunati ad essere ancora vivi, voi due. Quell'uomo faceva parte della Squadra d'Esecuzione del governo Guardians: un gruppo di killer d'élite che il governo ingaggia per occuparsi dei criminali più pericolosi."
"Se si farà vedere, lo affronteremo tutti insieme." Peter aveva un'aria decisa.
"Certo che sei proprio un pazzo, eh, Pete? Faremmo meglio a muoverci, non sappiamo dove siano gli altri quattro concorrenti." concluse Dorothy, sorvolando sulle fantasie di gloria del castano.
Regnò il silenzio per alcuni minuti in cui ognuno si preparò mentalmente all'eventualità di battersi con un nemico della portata di Connor, e dopo poco scorsero l'uscita del corridoio a pochi metri da loro.
"Ci siamo!" esclamò Peter.
"Pochi metri per diventare Guardians!" aggiunse Alex.
I quattro si misero a correre, avvicinandosi sempre di più. Ormai erano a pochi passi.
"Attenti!" urlò Dorothy.
Qualcosa era esploso contro la parete del corridoio, facendola a pezzi e alzando parecchio fumo nell'atmosfera.
"Ma cos'è stato?" chiese Alex.
Peter era frastornato almeno quanto lui. Il corridoio dalle pareti in vetro era stato del tutto fatto a pezzi da qualcosa che era sembrato una sorta di raggio. Com'era possibile?
"Ragazzi, state bene?" si sincerò.
"Siamo tutti interi." rassicurò Dorothy, che si era rialzata con Somber.
"Strano... giurerei di aver visto una specie di saetta schiantarsi sulla parete. Ma com'è possibile? Il cielo è limpido e non sembrano esserci trappole..." constatò Peter.
"Una saetta? Sicuro di aver visto bene?" Somber era perplesso.
"Non so..." Peter era confuso. Ma non ebbe tempo di riflettere a fondo, perché notò qualcosa in lontananza, davanti a loro. Era un traguardo.
"Ragazzi, lì c'è la nostra meta! Siamo alla fine, correte!"
I quattro non persero tempo e si misero a correre all'impazzata lungo il sentiero roccioso, erano ormai a pochi metri dal traguardo. La vegetazione attorno a loro diveniva sempre meno fitta, lasciando il posto a primi stralci d'asfalto.
Nelle teste dei quattro però si era insinuato un inquietante dubbio. Come quinta prova era stata troppo semplice. Nel corridoio non c'erano state difficoltà come si aspettavano, e in più era stato distrutto in maniera del tutto inaspettata e irrazionale. C'era qualcosa che non andava.
A un tratto, infatti, non riuscirono più a muoversi.
"Cosa c'è? Siete paralizzati, ragazzi?"
Si girarono di scatto, faticando immensamente a resistere all'impulso di crollare a terra per l'enorme pressione che avvertivano. Come se un influsso dalla forza immensa e spossante venisse proiettato direttamente nelle loro viscere.
Alle loro spalle, i quattro concorrenti rimasti li scrutavano con sguardi maligni.
Peter avvertiva una strana sensazione crescere sempre più.
"Che succede?" pensò. "Non riesco a muovere un muscolo. Che hanno questi tizi? Emanano una specie di... aura. Sono terrorizzato, devo scappare!"
Vide che anche i suoi compagni si sentivano allo stesso modo, e sul viso di Alex in particolare albergava uno sguardo ancora più orripilato.
Peter fissò i quattro nemici e notò che tra di loro, più in disparte, c'era propria lui, con quel suo ghigno sadico: Connor Gray.
"Che peccato. Avete fatto tutta questa strada solo per morire in preda al terrore." disse con voce aspra l'uomo al centro, che aveva una brutta cicatrice sull'occhio destro e i capelli castani tirati all'indietro. L'uomo sulla destra invece portava i capelli neri a spazzola, mentre quello a sinistra li aveva biondi, raccolti in un codino.
"Dovreste ringraziarmi, però. Vi ho risparmiato una gran bella scocciatura: nel passaggio dove eravamo noi si è aperta una botola e poi abbiamo dovuto risolvere un enigma rompipalle. Avevamo voglia di sfogarci un po' prima di vincere il concorso, quindi vi abbiamo aspettati per distruggere il vostro corridoio e divertirci insieme, contenti..?"
I quattro compagni non riuscivano a reagire: sarebbero tutti morti lì. Quello strano flusso invisibile che i nemici emanavano era troppo schiacciante. Probabilmente l'avevano usato anche per frantumare le pareti del loro passaggio, in qualche modo ignoto. Era la fine.
L'uomo al centro si preparò per attaccare.
"Non preoccupatevi, durerà solo un istante. Almeno per il primo tra voi."
"Perché non riesco a far nulla? Reagisci, corpo!" rifletté Peter, frustrato. Dorothy era in ginocchio, in preda al panico. Somber e Alex erano immobili, incapaci di fare alcunché e spossati.
"Lo stesso vale per voi."
La frase si era appena persa nel vento, quando si udì qualcosa fendere l'aria a una velocità inaudita.
Non c'era neanche stato il tempo di sorprendersi. I tre aggressori avevano la gola squarciata ed erano distesi al suolo in fin di vita, con Connor in piedi davanti a loro, la mano destra grondante sangue.
Peter non riusciva a capire. Cos'era successo? Era stato Connor? Perché l'aveva fatto?
"Perbacco, quei tre cominciavano davvero a seccarmi. Prendersela in quel modo con i più deboli, arrivare a ucciderli... disgustoso." La sua mano era lorda del sangue delle tre vittime. Come avesse trapassato le loro gole solo con essa era un mistero.
"Sei un mostro." disse Alex.
"Però! Sei arrivato fin qui, Alex. Complimenti. In fondo anche tu sei un mostro come me, quindi non me ne meraviglio più di tanto... O hai dimenticato ciò che hai fatto nel boschetto?" mostrò l'altra sua mano con la fasciatura coperta di sangue rappreso per la ferita infertagli dal coltello del ragazzo.
"Non osare neanche parlargli!" gli urlò Dorothy, puntandogli la pistola alla testa.
Somber aveva a sua volta la guardia alzata, pronto a scattare.
"Ma che cattiva... dovresti ringraziarmi, ragazzina, ho evitato che quei volgari assassini approfittassero della vostra debolezza ponendo fine alla vostra giovane vita. Io non farei mai una cosa del genere, infatti vi lascerò andare, quindi abbassa quel giocattolo, per favore."
"Che vuoi dire?" chiese Somber.
"Vuoi lasciarci vincere?" aggiunse Peter, dubbioso.
"Un adulto esperto che si accanisce con dei mocciosi non ha certo vinto. Per quanto mi riguarda, la mia vittoria l'ho già ottenuta eliminando dalla faccia della terra feccia come questa. Ho dato l'occasione a dei talenti come voi di sbocciare senza essere stroncati sul nascere dalla crudeltà di questo mondo. Posso anche andarmene adesso. Beh, che dire... congratulazioni, nuovi Guardians."
I quattro non sapevano come rispondere. A quel punto erano tutti estremamente confusi, oltre che stremati.
"Ah, a proposito, Alex..." aggiunse Connor, mentre spariva tra gli alberi. "Io ti aspetto sempre, non dimenticarlo."
Non appena l'ambiguo mercenario fu sparito, Dorothy si accasciò in ginocchio, sospirando di sollievo, ancora tutta tremante. Somber e Alex la aiutarono a ristabilirsi mentre Peter era ancora in piedi, a osservare il punto in cui l'uomo era sparito. Nessuno aveva voglia di parlare.
Si avviarono lenti verso il traguardo sentendosi man mano più leggeri, consapevoli di essere ormai al sicuro, e scaricando tutto lo stress accumulato un po' alla volta.
Arrivarono alla linea del traguardo su una deserta piazzola asfaltata e la superarono, senza che però accadesse nulla. Il concorso era finito così, come se niente fosse.
"Magari dobbiamo avanzare ancora un po'." suggerì Alex.
Continuarono a camminare mentre la natura attorniante si faceva via via più rada, finché non intravidero un furgoncino grigio chiaro in mezzo allo stradone che ormai dominava l'ambiente, inondato dai raggi tenui del sole pomeridiano. Appoggiati al veicolo c'erano due uomini dall'aria pigra con delle uniformi bianche da guardia: giacche larghe e abbottonate che cascavano fino alla vita, impreziosite da colletti alti. Erano entrambi più o meno un metro e ottanta. Uno dei due aveva i capelli incredibilmente cespugliosi di color azzurro cielo, come i suoi occhi. Sembrava potesse addormentarsi da un momento all'altro e continuava a scaccolarsi il naso.
L'altro, dall'aria più seria, vantava capelli liscissimi rosso scuro un po' più ordinati e abbassati sulla fronte, a sormontare degli occhi di un verde acceso.
"Yo!" fece il primo, quando i quattro amici si avvicinarono a loro.
Saga del concorso speciale per Guardians - Fine.
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