Capitolo 49

Alex era fermo con le asce di ghiaccio impugnate strette, i muscoli delle braccia tesi e uno sguardo concentrato. Di fronte a lui, Sybil restava impassibile, con i suoi grandi occhi blu marino freddi come l'inverno.

"Per quanto la studi non riesco a trovare aperture o tracce di incertezza, questa ragazza è un'esperta nel combattimento, nonostante le apparenze." la studiò il guerriero. Strinse più forte le asce nelle sue mani. "Vorrà dire che la attaccherò per primo per vedere a che livello è in realtà." Tentò di scattare verso Sybil, coprendo la distanza tra loro in poco tempo per sorprenderla, ma la ragazza balzò sopra la sua testa con una capriola in avanti, attaccandolo tempestivamente dall'alto.

"Che velocità!" pensò Alex, deviando con il manico dell'ascia una tallonata inferta con straordinaria potenza.

Tentò subito di contrattaccare con un fendente dell'altra ascia, Sybil riuscì a schivarlo proprio quando sembrava che fosse stata colpita, perdendo solo qualche ciocca di capelli grigi, e puntando con le unghie alla giugulare di Alex.

Quest'ultimo riuscì a bloccare il colpo con il braccio libero, cavandosela con una ferita superficiale e arretrando immediatamente per distanziare l'avversaria.

"Ogni suo attacco mira verso un punto vitale, questa ragazza sta cercando di uccidermi a ogni colpo! Non è solo un'esperta del combattimento, è un'assassina vera e propria." constatò, stupito da quel lato che Sybil non dimostrava di possedere a un primo sguardo. Poi, tutto a un tratto sentì la testa girare. Fissò il braccio ferito, poi le mani di Sybil. "Mi ha avvelenato con il litio durante quell'attacco? Non me n'ero nemmeno accorto..."

Sybil intanto era tornata all'attacco, valutandosi superiore al suo nemico. Diresse una manata al collo di Alex, ma lui si abbassò e centrò in pieno petto l'avversaria col manico dell'ascia.

Lei arretrò, sbilanciandosi un momento. Alex approfittò subito della cosa per calare un doppio fendente sulla ragazza, la quale, sgranando gli occhi, compì un movimento repentino con la mano, da cuì fuoriuscì la stessa polvere grigiastra che aveva rilasciato in precedenza, che entrò in contatto con l'arma di ghiaccio.

Seguì un'esplosione che divise i due, causando alcuni danni al terreno erboso sotto di loro. Alex eseguì all'istante un gesto con le mani, e gambe e braccia di Sybil vennero coperte da uno spesso strato di ghiaccio.

La ragazza sbuffò, infastidita.

"È ora di chiuderla!" esclamò Alex. Si avvicinò per colpirla, ma quando fu a un passo da lei, avvertì qualcosa di durissimo impattargli la testa, che gli procurò un dolore acuto e delle forti vertigini.

Sybil lo aveva centrato con una testata in avanti improvvisa e potentissima.

"Ma che forza fisica ha?!" disse Alex, tastandosi la fronte con due mani. "Sa usare anche perfettamente sia l'Hardening che l'Armor Kaika..."

Sparito il ghiaccio dagli arti, Sybil puntò le braccia verso Alex e gli lanciò contro una quantità enorme di polvere di litio. Il fruscio che produceva nell'aria era dolce quanto letale l'effetto che avrebbe provocato se avesse centrato il bersaglio.

"Ora basta, levati di mezzo." sussurrò la ragazza.

Alex reagì velocemente, rispondendo con centinaia di sfere d'acqua a cui diede forma nell'aria. Le esplosioni e il fuoco prodotto dall'impatto tra litio e acqua furono enormi, il rumore era assordante. Il ragazzo digrignò i denti con sguardo feroce mentre resisteva all'enorme quantità di litio diretta verso di lui con le sue sfere acquatiche, mentre nel mezzo si propagavano sempre più fiamme e devastazione.

Per sfuggire al calore iniziò a correre lateralmente, continuando a rispondere con le piccole sfere agli attacchi di Sybil, che lo seguiva correndo parallela a lui, i loro scambi di colpi erano rapidi e costanti, nessuno dei due aveva intenzione di mollare. Farlo avrebbe significato morire o quantomeno ferirsi in modo grave.

Dopo quella che ad Alex parve un'eternità, Sybil fermò il suo getto di litio, e assunse un'espressione frustrata, guardandolo con aria di disprezzo. Entrambi avevano il fiatone per lo sforzo compiuto durante la collisione dei loro elementi.

"Perché fai parte di tutto questo, Sybil? Come puoi accettare i crimini che commette Hanz senza sentirti in colpa?" chiese lui, cercando nel frattempo di riprendere fiato.

"Non sono affari tuoi." rispose, secca, Sybil.

"È questa che sei, dunque? Un'assassina, una schiavista? È davvero questo, ciò che vuoi?" tentò ancora Alex.

"Ti ho detto di stare zitto, tu non sai niente delle mie ragioni o dei miei sentimenti." ribatté l'altra con tono un po' più acceso.

"So che non sei così. Che la ragazza gentile che ho conosciuto a Cobalt non era solo una menzogna. Lo percepisco."

"Quella volta ti ho ingannato, vuoi capirlo? Ho mentito per portarti fuori strada insieme a Peter. Non sono gentile, non sono come tu mi descrivi, quindi lasciami in pace!"

"Non lo farò." affermò Alex con sicurezza. "Continuerò a tormentarti finché capirai che ti stai solo facendo del male. Sento che dentro di te si cela una ragazza come tutte le altre, una colma di bontà e generosità. È questo che ho avvertito a Cobalt e so dal profondo del mio cuore che non era solo una mera copertura. Quindi, non mi arrenderò fino a quando non deciderai di abbandonare Hanz e rifarti una nuova vita, dovessi continuare a combatterti per giorni. Non è troppo tardi per te, Sybil."

Lei iniziò a perdere le staffe. "Cosa ne sai tu?! Non mi conosci nemmeno! Non è troppo tardi? Rifarmi una vita?" Sybil gridava, fuori di sé dalla rabbia e dalla disperazione, colpita e allo stesso tempo infastidita dalla testardaggine di Alex. "Dove potrebbe mai andare una smemorata come me? Dimmelo! Non ricordo nemmeno quale sia il mio cognome, non so neanche se abbia mai avuto una famiglia! Non ho un posto in cui tornare, come potrei sopravvivere nel mondo?! Nessuno mi accetterebbe!"

"Neanch'io conosco il mio cognome, né la mia famiglia.

Ma un posto in cui tornare ce l'ho, un luogo in cui ci sono persone che amo e che mi amano a loro volta.

Persone che posso chiamare la mia famiglia.

I legami che ho costruito nella vita mi hanno permesso di averne una, nonostante sia un orfano." Alex tese una mano verso Sybil, con un sorriso luminoso e benevolo sul volto illuminato dal sole. "Potresti far parte di questi legami anche tu, se lo vuoi."

Sybil aveva perso le parole, uno sguardo incredulo dipinto sul volto. Il suo cervello rifiutava di accettare che quella proposta fosse vera, e per questo lei si infuriò ancora di più.

"Smettila!"

Sybil si lanciò a tutta velocità verso Alex, stavolta utilizzando la polvere di litio per darsi la spinta.

Lui reagì prontamente e, muovendo le mani in avanti, diede forma a due grandi stalagmiti di ghiaccio che seguirono una traiettoria in diagonale dal terreno, Sybil non se l'aspettava e riuscì a schivarle all'ultimo momento, spingendosi di lato a mezz'aria col getto di litio.

La ragazza approfittò del momento in cui l'avversario era scoperto e gli lanciò contro qualcosa, ma non era la polvere che aveva utilizzato prima.

Alex strinse i denti dal dolore.

Una specie di coccio appuntito dal colore grigiastro gli si era conficcato nella gamba destra, Sybil era stata velocissima nel lanciarglielo contro. Provò a reagire ma si sentì mancare le gambe, avvertendo uno spossante giramento di testa.

"Questa lama di litio mi ha avvelenato..." constatò, cercando di sostenersi. "Dannazione."

Sybil intanto aveva chiuso la distanza tra loro e cercava di colpirlo con un calcio al collo per finirlo. Alex riuscì a bloccare il colpo, incrociando le braccia e coprendole di uno strato ghiacciato, che si frantumò all'impatto. Poi, arretrò ed eresse un muro di ghiaccio per tenere l'avversaria a distanza.

Sybil lo aggirò verso sinistra, ma lui la stava aspettando lì e la colpì in pieno con delle sfere d'acqua, scagliandola a diversi metri di distanza.

"Sembra che il veleno non fosse particolarmente potente, i sintomi si stanno alleviando. Devo comunque prestare attenzione a non lasciarmi colpire ancora." disse tra sé e sé mentre Sybil lo osservava, ancora innervosita. "Devo preparare bene il prossimo attacco per fare in modo che chiuda lo scontro."

I capelli rosso chiaro di Karen ondeggiavano nel tiepido vento che soffiava tra le rocce brulle attorno a lei e Tora.

Quest'ultimo era di fronte alla ragazza, in posizione eretta con i tonfa di ceramica rafforzati dal Kaika lungo le braccia. Dava l'impressione di non poter subite alcun attacco senza intercettarlo o anticiparlo.

"Quest'uomo utilizza la ceramica, un materiale ignifugo. Teoricamente, il mio elemento non può batterlo." pensò Karen, scrutando il nemico con i suoi occhi gialli. Il naso stava sanguinando meno copiosamente dopo la ferita inflittale da Tora, e adesso riusciva di nuovo a respirare in modo più regolare.

"Non ti fai avanti, vedo. Probabile che tu abbia capito di non avere chance di vittoria dopo aver scoperto le mie abilità. Se ti arrendi adesso, non infierirò oltre, anche se sei una Guardian." propose l'avversario con calma estrema nel tono della sua voce.

"Non farmi ridere, non tradirò la fiducia dei miei amici!" rispose Karen, spingendosi poi verso di lui con il fuoco che lasciò fuoriuscire dalle mani. Tentò quindi un calcio volante con una traiettoria ad arco, ma Tora lo schivò con un movimento secco e sicuro, come se fosse la cosa più semplice del mondo. "Non so utilizzare solo il fuoco, posso ricorrere anche al rafforzamento con il Kaika." declamò la giovane, tentando di tramortire il nemico con diversi attacchi acrobatici tramite lo slancio con le fiamme che faceva fluire dal suo corpo.

Tora li evitò tutti, e avanzò poi in un secondo per colpire rapido Karen in successione al collo e al fianco con i due tonfa.

Gli attacchi la fecero rovinare al suolo, stordita e incapace di reagire per qualche istante. Tora colpiva con precisione chirurgica e allo stesso tempo con grande foga.

Nei pochi attimi in cui Karen restò ferma per riprendersi, l'altro già era passato all'attacco successivo, mirando al cranio della ragazza per finirla.

Lei riuscì a spingersi all'indietro con un getto infuocato all'ultimo momento, sbattendo con la schiena sul muro roccioso alle sue spalle per non aver dosato la quantità di fiamme, nella fretta. "Maledizione, sta andando male. Non vincerò mai in questo modo..." mormorò. Iniziava a percepire il panico che si impadroniva della sua mente.

Ciononostante, notò una cosa che le fece ritrovare una fioca speranza: Il braccio di Tora era leggermente bruciacchiato. Doveva essere stato investito in parte dal fuoco che Karen aveva emesso per sfuggirgli.

"L'ho colpito involontariamente! Allora quando attacca ci sono momenti in cui è scoperto e non si ricopre di ceramica. Certo! D'altronde, utilizza il Creation Kaika e quindi non può cambiare la sua struttura corporea in modo permanente mentre attacca. Posso vincere!" Si disse.

Tora sembrò essersi accorto della sua deduzione. "Un po' di fiammelle non basteranno lo stesso a battermi, come ho già detto."

"A me basta sapere che puoi bruciare, dannato." ghignò Karen, similmente a come spesso aveva visto fare Peter. Avanzò verso di lui, stavolta più determinata. "Posso farcela, se sarò precisa. Devo ricordarmi gli allenamenti con la maestra Mary-Beth, Peter e Alex." Riusciva a trovare coraggio se rivangava quei ricordi.

"Non montarti la testa, sporca Guardian." Tora mosse le dita della mano destra verso l'alto, coi tonfa ancora equipaggiati. Delle enormi colonne rossastre vennero create dal terreno, dirigendosi proprio sulla traiettoria in cui volava Karen.

Sorpresa, riuscì a evitare a stento la prima colonna, venendo poi sfiorata alla spalla dalla seconda, che le provocò un dolore acuto, anche se non fermò la sua avanzata. Continuò a girare intorno alle colonne, si spinse in avanti con le sue fiamme, ed evitò le creazioni di ceramica con sempre maggior confidenza e agilità. Riuscì ad approcciarsi abbastanza a Tora per tentare di investirlo.

"Prendi questo!" gridò la ragazza. "Ultimate Burner!"

Dalle mani unite di Karen fuoriuscì una fiammata rossa di gigantesca portata che investì in pieno il nemico, il quale parve scomparire tra le fiamme. La guerriera andò a scontrarsi contro una roccia subito dopo l'attacco, battendo ancora una volta forte la schiena.

"Maledizione, colpendo con entrambe le mani non sono riuscita a mantenermi stabile in aria col flusso dalle gambe..." si lamentò. "Ma l'avrò sconfitto?"

Dal fumo, con grande delusione di Karen, apparve la sagoma di Tora.

Era coperto da una sorta di rivestimento di ceramica creato all'ultimo istante, che andava già diradandosi fino a scomparire.

"È riuscito a proteggersi... Dovrò riprovare." sussurrò lei.

"Non avrai altre occasioni, hai sprecato la tua migliore possibilità, Guardian." disse, imperioso, Tora. Appariva più nervoso rispetto a qualche minuto prima. "Ho sentito il rischio di essere sconfitto sulla mia pelle, lo ammetto. Sei stata molto capace, adesso però devi perire."

L'uomo alzò con prontezza il braccio, dirigendolo lento verso l'alto, la mano aperta e disposta verso il cielo. Dal pavimento, proprio sotto Karen, iniziò a formarsi qualcosa dal nulla.

"Che succede? Sta tremando tutto." si chiese lei.

Dal terreno si stava innalzando un qualcosa di enormi dimensioni, che la circondava per molti metri. Sarebbe rimasta intrappolata da qualunque cosa Tora stesse creando.

Senza pensarci, la ragazza volò a tutta velocità in verticale per evitare di essere rinchiusa. L'oggetto gigantesco prendeva forma sempre più velocemente, guadagnando metri verso l'alto e circondando Karen con le sue pareti di ceramica. Lei volava più veloce che poteva, una smorfia di grande sforzo sul viso.

"Avanti! Più veloce, devo scappare. Devo farcela!" esclamò, aumentando ancora il flusso di fuoco dalle mani, e di riflesso la sua velocità.

Le pareti di ceramica erano appena sotto di lei.

"Adesso!" Karen cambiò direzione attraverso una brusca sterzata laterale eseguita con tutta la potenza che aveva, riuscendo a oltrepassare di pochissimo i confini dell'oggetto che si stava erigendo.

Nello slancio perse il controllo e si scontrò frontalmente con una parete pietrosa.

"Che male, che botta..." farfugliò, dolorante, quandò si rialzò.

Volgendo in fretta lo sguardo davanti a lei, rimase stupita e attonita per lo spettacolo che le si parò davanti. Vide con i suoi occhi sorpresi ciò che la stava per intrappolare, l'oggetto mastodontico di ceramica creato da Tora.

"Ma è... un grande vaso!"

L'energia di Peter fluiva abbondante dal suo corpo. Ricopriva un'area molto vasta con vento e fulmini, sembrava quasi si stesse scatenando una tempesta.

Il ragazzo ne stava rilasciando in gran quantità, con lo scopo di intimidire Russell West e avere un vantaggio psicologico su di lui. L'altro però all'apparenza non dava l'idea di essere impaurito o impressionato, ma lo scrutava con aria di sfida e un ghigno mellifluo stampato sul viso.

"Questo qui non è da sottovalutare, l'ho giudicato male. Sarà meglio andarci subito pesante." disse tra sé e sé Russell.

"Che c'è, hai paura di avvicinarti, adesso?" tuonò Peter, con uno sguardo aggressivo e pieno di determinazione.

"Non fare lo sbruffone solo perché un tuo pugno mi ha toccato, razza di perdente. Non cambia certo il fatto che morirai qui." affermò Russell di rimando.

"Forza, allora." Peter gli fece cenno di avvicinarsi con le dita.

In tutta risposta, Russell rese di nuovo gommose le sue gambe, piegandole e caricando il peso del corpo su di esse in modo disumano. Dopodiché, prese a balzare sulle pareti della caverna a velocità esponenziale.

Peter cercava di seguire i suoi movimenti ruotando gli occhi, in modo da riuscire a capire da dove avrebbe attaccato. "Devo intuire da quale direzione arriverà e contrattaccare." rifletté, continuando a guardarsi intorno e girarsi di continuo.

A un tratto, in una frazione di secondo, Russell piombò su di lui alle spalle, pronto a sferrargli al volo un pugno terrificante.

Peter aveva usato il Vision Kaika per seguirlo, e si voltò in una frazione di secondo verso il nemico.

L'impatto fu terribile: i due sfidanti si erano colpiti in simultanea al volto con dei diretti di enorme potenza, le loro teste si piegarono all'indietro. Nell'aria si poteva quasi percepire la potenza fisica rilasciata dai due nello scontro.

"Bastardo..." mormorò Russell, le nocche coperte di aura ventosa di Peter premute sulla guancia.

"Levati di mezzo!" sbottò Peter, anche lui con la testa piegata per l'impatto con il pugno dell'avversario.

Russell lo sbilanciò tramite un calcio nelle caviglie, e si allontanò di qualche metro. I due continuarono a squadrarsi, entrambi col fiatone.

"Ci siamo colpiti poche volte, ma erano attacchi potentissimi." analizzò Peter.

Russell nel frattempo stava tornando all'assalto, stavolta per via frontale.

"Un attacco diretto non può spaventarmi!" grugnì Peter, preparandosi a dirigergli contro una scarica di vento dalla mano destra.

"Tornado!" Proprio nel momento in cui l'ondata di Peter partì, l'avversario si piegò sulle gambe di gomma e spiccò un salto in alto, così da evitarla.

"Cosa..." farfugliò il giovane. Russell, a mezz'aria, rinforzò le proprie braccia con la gomma fino a renderle giganti. "Ha aumentato la sua massa corporea?" capì Peter.

L'uomo assunse un'espressione maniacale, mentre la sua cresta bionda ondeggiava nell'aria. "È ora di morire, ragazzino!" gridò.

"Rubbery Impact!"

I pugni gommosi giganteschi di Russell si abbatterono su Peter, che incrociò le braccia sopra la testa per resistere, circondando di aura del vento la destra e aumentando la massa della sinistra con l'elettricità. Nel momento in cui avvenne la collisione, le sue gambe affondarono nel terreno e il suo corpo si piegò per lo sforzo, ma non demorse.

Il ragazzo digrignò fortissimo i denti per resistere, le braccia tese al massimo e tremanti.

Alla fine, riuscì a contenere il grosso dell'attacco: Russell lasciò la presa e atterrò di nuovo davanti a lui, ma partì subito dopo alla carica per approfittare della stanchezza del nemico.

Peter, a cui nell'ultimo attacco si era strappata la maglietta, intercettò un altro assalto avversario, alzando il braccio sinistro coperto di un rivestimento elettrico dinanzi al volto. Intanto, diresse di nascosto la mano destra sullo stomaco di Russell, il quale se ne accorse troppo tardi. Il giovane urlò, investendo l'uomo con un potente getto d'aria.

"L'ho centrato in pieno... quel bastardo però non dà un attimo di tregua."

Russell si rialzò dolorante, anche lui con i vestiti strappati, rimasto a torso nudo con i muscoli in mostra. "Maledetto infame. Sei un palo nel culo." sbottò.

"Vogliamo chiudere definitivamente questa faccenda, bastardo?" Peter gli rivolse un mezzo sorriso, strappandosi di dosso ciò che rimaneva della maglietta e rimanendo anche lui a petto nudo.

Era migliorato esponenzialmente dal punto di vista muscolare durante l'allenamento con Mary-Beth, e i risultati si vedevano osservando il suo fisico tonico.

"Certo, non chiedo di meglio. Avanti!" esclamò Russell, sogghignando.

I due si scontrarono ancora corpo a corpo, proseguendo a oltranza il loro durissimo combattimento.

"Ha seriamente creato un vaso di quelle dimensioni per intrappolarmi al suo interno?" Karen osservava l'altissimo oggetto di ceramica che troneggiava davanti a lei. Il potere di Tora era certamente spaventoso, in particolare per lei, a causa dell'inefficacia del suo elemento contro di esso. "Se non fossi riuscita a scappare, ora sarei finita. Non ce l'avrei mai fatta ad uscire da lì, usando il fuoco." rifletté la ragazza.

Provò a rimettersi in piedi, ma le gambe le cedevano e sentiva il Kaika dentro il suo corpo diventare più rado. "A-accidenti... Ho sprecato troppa energia per sfuggire a quel vaso, per non parlare dell'Ultimate Burner. Mi serve più potenza..." Karen scrutò agognante il bracciale di galena a forma di drago sul suo braccio. Il sigillo che conteneva la sua vera forma, tutto il suo potenziale latente.

Lo sfiorò, tentata dall'affidarsi a esso per vincere quella battaglia così dura.

Era stanca.

Il vaso scomparve e Tora, al di là di esso, era di nuovo in posizione offensiva, dal suo aspetto sembrava lucido. Non era ancora riuscita a mandare a segno un attacco serio contro di lui, quell'uomo iniziava a incuterle paura.

Karen, titubante, fece per sfilarsi il bracciale, che cominciò a scivolare lungo il polso.

Tora la osservava con un'ambigua espressione. "Avanti, togliti quel bracciale, cosa aspetti?" sussurrò, inserendo una mano nella larga tasca dei suoi cargo. Dalla fessura, fuoriuscì un piccolo oggetto grigiastro: un collare.

"Appena lo farai, firmerai la tua stessa condanna, questo collare di galena rifinito è stato prodotto apposta per te, ti ridurrà senza alcuna energia." pensò con un'espressione gelida. "Diventerai una schiava..."

Karen esitò, ignara del piano nemico. Le sue dita indugiarono sul bracciale, indecise sul da farsi.

"Posso davvero affidarmi a questo potere?" ricordò il pollice alzato che le aveva rivolto Peter prima che entrassero nei portali, la fiducia che Alex e Mary-Beth avevano riposto in lei. "Loro si fidano di me, credono in me. Non posso deluderli, io vincerò." Lasciò andare il bracciale, che rimase sul polso. "E provvederò a farlo senza ricorrere a quella trasformazione. Peter, Alex, maestra Mary Beth, guardatemi. Ce la farò!"

Karen guardò Tora negli occhi con aria di sfida.

"Ha deciso di combattere senza quel potere? Poco male, ormai non si regge in piedi. Porrò rapidamente fine a questa farsa." disse Tora, sicuro di sé.

La ragazza caricò un potente getto infuocato nelle mani, posizionandole alle sua spalle, in modo da attaccarlo in maniera diretta. "Eccomi!" esclamò, scattando a tutta velocità verso il nemico.

Tentò una ginocchiata sul volto, sfruttando lo slancio del flusso di fuoco, ma Tora schivò di lato, e la mandò a vuoto. Karen appoggiò i piedi sul muro, piegò le gambe, e si rilanciò verso il nemico.

Questa volta Tora bloccò il suo diretto volante, schivando poi verso il basso un calcio orizzontale diretto alla sua testa. La ragazza continuava a sferrare colpi uno dietro l'altro, senza riuscire mai a centrare l'avversario, che schivava, bloccava e contrattaccava con grande abilità, coprendosi di ceramica quando lei provava a lanciargli a sorpresa dei flussi infuocati contro.

Dopo un altro calcio a vuoto, Karen fu colpita e allontanata verso l'alto da un montante con il tonfa di ceramica sferrato da Tora.

"Quando attacca non riesce a rivestirsi di ceramica, devo colpire ora!" pensò Karen, a mezz'aria.

Posizionò le mani sopra la testa, formando una grande sfera di fuoco tra di esse. Poi, scese in picchiata con la sfera tra le mani su Tora, provando a coglierlo alla sprovvista.

"Sphere Burner!"

Sentì le mani con la sfera tra esse scontrarsi con qualcosa di solido e molto duro.

Tora aveva eretto delle colonne in fila per difendersi, evitando di essere bruciato dall'attacco fiammante di Karen.

"Maledizione, non riesco mai a prenderlo!"

Tra il fumo e le macerie delle colonne distrutte dall'impatto con le mani di Karen, apparve un oggetto che si fiondò verso la ragazza: era uno dei tonfa di Tora, l'aveva lanciato verso di lei sfruttando la mancanza di visibilità.

L'arma di ceramica impattò in pieno la sua fronte, vide tutto bianco per qualche secondo. Ma tanto bastò a Tora per saltare verso Karen e tramortirla con l'altro tonfa, volteggiante nell'aria. La mandò a schiantarsi al suolo, accompagnata da un grido di dolore.

Karen era distesa, piena di fitte ovunque e scoraggiata. "Sono più debole, non riesco nemmeno a sfiorarlo."

Tora arrivò subito come un razzo a calpestarle lo stomaco dall'alto. Lei gridò, iniziando a tossire sangue.

Tentò di alleviare il dolore distanziando la gamba di Tora con le mani dal basso, ma l'altro non si spostava di un centimetro. Proseguiva nello spingere con la suola e provocarle un dolore atroce allo stomaco.

"Basta!" mormorò lei, esausta. "Fermati..."

"Ti arrendi, Guardian?" Gli occhi delusi e impietositi dell'uomo fecero scattare una reazione in Karen. In tutta risposta, emise il più grande getto infuocato che riuscì a produrre verso la faccia di Tora.

"Togliti di dosso!" esclamò, disperata.

L'altro allentò la presa e lei riuscì ad allontanarsi con una scarica dalla mano libera.

"Non mi arrenderò!"

"Stupida bambina testarda, ora basta giocare." Tora dispose di nuovo il braccio in direzione del cielo.

Karen capi quali fossero le sue intenzioni. "Sta per farlo di nuovo, devo allontanarmi!"

Ma era troppo stanca per muoversi velocemente. Il vaso creato nuovamente dal nemico anticipò di gran lunga lo scatto laterale di Karen, e quest'ultima rimase intrappolata al suo interno, nel buio più totale.

"Non vedo niente. Sono stata intrappolata? È finita, dunque? Che delusione. Non merito gli incoraggiamenti di Peter e gli altri. Sono una nullità, non valgo niente.

Immagino che sarà meglio arrendersi..."

Immersa nel buio all'interno di quel purgatorio di ceramica, Karen si lasciò andare pian piano, avvertendo le forze scivolare via.

"È molto più facile lasciar perdere..."

Ricordò le giornate passate ad allenarsi nel controllo del Kaika con Mary-Beth, Peter e Alex. Le risate e gli scherzi, le cene insieme e i momenti sereni in cui guardavano il cielo distesi sull'erba.

Le vennero alla mente le parole che Mary-Beth le aveva rivolto dopo le vicende del Cobalt Dome. "Non devi pensare di valere meno degli altri, di essere come una disabile, o peggio ancora, un mostro. Tu sei esattamente come gli altri e meriti la stessa vita che hanno tutte le persone normali. Non lasciare mai che qualcuno lo neghi."

Iniziò a piangere, singhiozzando sommessamente nell'oscurità.

A quelle di Mary-Beth, si affiancarono di prepotenza le parole di Peter mentre vegliava su di lei, accanto al letto. "Tu saresti un mostro? Una ragazza che per proteggere chi tiene a cuore ricorre a una trasformazione del genere senza esitazione, nonostante la paura? È tutto il contrario: sei una persona coraggiosa, forte e incredibilmente sensibile. Una persona preziosa, che ammiro, e vorrei sempre avere al mio fianco."

Karen rimembrò ancora il pollice alzato che il compagno le aveva rivolto poco tempo prima. Sia lui che Alex le avevano regalato uno sguardo colmo di fiducia. Credevano che ce l'avrebbe fatta.

"Non può finire così, non posso deludere i miei compagni. Gli unici che mi abbiano accettata nonostante tutto, nonostante i miei problemi."

Una vivida fiamma si intensificò nella sua mano destra.

"Adesso basta piangere." Gli occhi di Karen si accesero in un'espressione orgogliosa, bruciante.

Concentrò tutto il Kaika rimastole nel braccio destro, rafforzandolo con l'Hardening Kaika e circondandolo allo stesso tempo di aura infuocata.

Con l'altra mano, si preparò a darsi la spinta per scontrarsi con la parete del vaso.

Partì verso di essa, gridando, con il gomito rivolto in avanti. Al contatto con la ceramica rafforzata dal Kaika, Karen spinse ancora di più e concentrò tutta la sua energia.

"Avanti!"

La parete cedette gradualmente, distrutta dal gomito di Karen, che sfruttava anche la potenza esplosiva del fuoco che circondava il suo arto. La ragazza si ritrovò all'esterno e la sua avanzata non si arrestò, arrivando a piombare direttamente sullo stomaco di Tora con il gomito.

Non aspettandoselo, lui grugnì dal dolore, sgranando gli occhi. "Cos-gah!"

"Finalmente ti ho colpito!"

"Maledetta! Ragazzina insolente, abbassa la testa!" Tora provò a scacciarla, ma Karen era in piena estasi. Carica di adrenalina, schivò prima una manata al collo, poi un calcio, contraccattando con un gancio in pieno volto.

"Non è solo il legame con i miei compagni a farmi avanzare!" Lo centrò con una ginocchiata al mento. Avvertiva un senso di rivalsa che non aveva mai provato prima, che le infondeva coraggio.

Le parole di Mary-Beth le rimbombavano ancora in testa, guidandola. "Tu sei esattamente come gli altri e meriti la stessa vita che hanno tutte le persone normali. Non lasciare mai che qualcuno lo neghi."

Karen si fece ancora avanti, Tora era in netta difficoltà a causa dell'effetto sorpresa. "Io so di valere quanto gli altri, di meritare di vivere come tutti gli altri!" Un calcio nel fianco destro. "Non sono un mostro, non sono una disabile!" Un altro pugno, stavolta al petto.

"Questa forza che senti non è un potere guadagnato rimuovendo un qualche sigillo. Questo è il peso del mio orgoglio!" Gli sferrò una tallonata allo stomaco, allontanandolo.

Poi arretrò, pronta all'attacco finale.

"Lurida Guardian! Maledetta!" urlò, fuori di sé, Tora. "Avete ucciso tutti i miei cari, non credere di poterti permettere una vita normale come se niente fosse, mostro!"

"Non so niente dei tuoi cari, non ho fatto nulla del genere. Sei arrabbiato, lo capisco, ma sono la persona sbagliata con cui prendersela." ribatté Karen, pronta a partire verso di lui, le mani allungate dietro la schiena.

"Silenzio!" Tora creò un numero incredibile di colonne in ceramica dal terreno, poste in fila tra loro.

Karen scattò.

"Devo finirlo mentre attacca, così non potrà difendersi!" La ragazza schivava tutte le colonne con agilità e velocità, sembrava danzare tra di esse. Era pervasa da una rinnovata energia, scaturita dal suo rinato orgoglio e fiducia in sé stessa. Oltrepassò le colonne, arrivando a un passo da Tora, pronta ad attaccarlo.

"Ora ti ammazzo, volgare Guardian!" L'uomo diresse un tonfa addosso a lei, i muscoli del dorso e del braccio tesi al massimo.

"Ora!" Karen volò velocissima verso di lui e ricoprì il pugno di aura infuocata.

"Fire Counter!"

Il braccio di Karen si allineò a quello di Tora, anticipando il suo movimento e sfruttando la sua stessa forza contro di lui. Il pugno di fuoco della ragazza lo centrò in pieno volto, scagliandolo con forza a terra, quasi privo di sensi.

Provò a rialzarsi, ma la guerriera aveva già preparato l'attacco successivo. Puntò entrambe le mani verso il nemico, unendole: Tora vide per un attimo i suoi occhi divampare come le fiamme infernali che stava per scatenare.

"Ultimate... Burner!"

L'ondata di fuoco rosso lo investì, causando un enorme aumento di temperatura nell'aria, mentre Karen veniva trascinata all'indietro a causa del flusso da lei emanato.

Il fumo si diradò. Tora era a terra, la schiena contro un'altura rocciosa a molti metri di distanza. Gli occhi serrati e il volto in ombra.

Karen aveva vinto.

Il vento le scompigliava leggermente i capelli, la calma era tornata tutt'a un tratto in quel luogo tranquillo, coperto di ripide e scoscese rocce grigie.

"C-ce l'ho fatta. Alex, maestra Mary-Beth, Peter..." Rivide il pollice alzato di quest'ultimo nella sua mente. La ragazza, in ginocchio, lo alzò a sua volta, come se lui fosse lì a congratularsi.

"Ce l'ho fatta!" 

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