Capitolo 48
Sybil osservava la maestosa schiena di Hanz Becker davanti a lei. La schiena che spesso aveva guardato pervasa da mille dubbi, riguardo soprattutto il motivo per cui quell'uomo aveva permesso che lei lo seguisse, e trovasse uno scopo nella vita. Si chiedeva sempre se Hanz conoscesse qualcosa riguardo il suo passato, i ricordi che aveva perso.
In quel determinato momento, però, i dubbi che ronzavano nella testa di Sybil erano altri.
I volti impauriti, disperati delle persone che dal basso evitavano lo sguardo di Hanz, così come quello di Sybil e i suoi due compagni, Russell e Tora, la atterrivano ogni momento di più.
Si trovavano su una piattaforma al centro della piazza principale di Cobalt, per scegliere a sorte i dieci schiavi di razza Guardian che quel mese sarebbero stati inviati all'Esercito Guerrigliero.
"Allora era vero... la questione degli schiavi corrispondeva a verità. Sono parte di questo, sono questo tipo di persona..." continuava a pensare la ragazza. "Una schiavista."
Russell sembrava essere inflessibile riguardo la situazione, così come Tora. Evidentemente, lo sapevano già da tempo, mentre a lei non era stato mai rivelato, con ogni probabilità per evitarle proprio questo tipo di pensieri, questi sensi di colpa opprimenti.
"Io non voglio più fare parte di questa organizzazione. Vorrei andarmene. Ma dove potrebbe mai andare una smemorata come me? Non sopravvivrei mai, il mondo mi rifiuta e continuerà sempre a farlo. Non mi è concesso nemmeno l'accesso ai miei ricordi, cosa potrebbe sperare in fondo, una come me?" Sybil guardò Tora, il quale sembrava essersi accorto del suo disagio.
"Sybil, ricorda che i Guardians si sono macchiati di crimini di guerra pari a questi, se non peggiori negli anni. Non farti scrupoli." le disse, avvicinandosi.
Dall'alto della pedana eretta per comunicare i nomi dei malcapitati ai cittadini, la piattaforma di marmo dalla forma circolare, gremita di gente spaventata e circondata da bassi palazzi dalle pareti chiare e sbiadite, era uno spettacolo che spezzava il cuore alla ragazza. Non poteva giustificarsi, nascondersi dietro la sua inconsapevolezza precedente. Se restava ferma a guardare, era complice anche lei. Tuttavia, non sapeva proprio cosa avrebbe potuto fare per sfuggire a quella colpa incombente.
"Non si tratta di questo, io stessa sono di etnia Guardian, come anche il signor Becker e Russell. Stiamo togliendo la libertà a degli esseri umani, non importa a che gruppo etnico appartengano. È impossibile che io non mi faccia scrupoli." rispose chiaramente Sybil.
Con Tora non si preoccupava di nascondere i suoi pensieri, era sempre stata legata a lui da una forte empatia. Si fidavano l'uno dell'altra.
"Capisco come ti senti. Personalmente, io sono mosso dall'odio e il mio giudizio è offuscato, mi dispiace."
"Lo so, la tua famiglia è stata sterminata durante la guerra e sei rimasto orfano. Posso capirti, Tora."
Lui le rivolse un lieve sorriso come per infonderle coraggio, poi si voltò verso la folla inerme. Allora Sybil guardò Russell, che non lasciava trasparire emozioni. Era sempre stato un tipo che trasmetteva, quasi imponeva, grande coraggio solo con la sua presenza.
Dava l'impressione di essere forte e trasferiva quell'energia, quella sicurezza, agli altri semplicemente stando loro accanto. Sybil lo rispettava molto e lo considerava una persona affidabile.
"Non ho un altro posto dove andare." rifletté la ragazza, voltando ancora lo sguardo verso la sagoma di Hanz, che si preparava a comunicare i nomi segnati su delle strisce di carta, e che aveva estratto a sorte dalla popolazione della città. "Il mio posto è qui insieme a queste persone, le uniche che mi abbiano mai accolto. Sono come loro, non posso negarlo.
Per sopravvivere in questo mondo che si rifiuta di donarmi persino la mia memoria, sopporterò anche questo peso." Sybil strinse forte i pugni e cercò di scacciare ogni preoccupazione e senso di colpa. Anche se il peso che sentiva gravare su di lei continuava a infastidirla, facendola innervosire e rendendola frustrata.
"Per il destino è giusto che io soffra. E lo accetterò."
Intanto, Hanz aveva iniziato a comunicare i nomi, arrivando in breve tempo alla decima e ultima persona. "Infine, l'ultima prescelta è: Maria Pinkerton." annunciò, freddo come il ghiaccio.
Una bambina urlò di dolore e disperazione, mentre degli uomini della Becker's Industries la dividevano da sua madre, la quale veniva scortata vicino agli altri nove prescelti, sotto la pedana.
"Mamma, no! No! Lasciatemi, voglio andare io al suo posto! Voglio andare io!" gridava in modo straziante la bambina.
Qualcuno tra la folla la trattenne, mentre la madre le rivolgeva un ultimo sorriso triste e caloroso, e si avviava vicino alla piattaforma, scortata dalle guardie.
Era una scena surreale.
Sybil non riusciva a sostenerla, per quanto si sforzasse. Sentiva tutto l'odio diretto verso di lei da parte della popolazione, percepiva di essere oggetto del disgusto altrui.
Pensò di meritarselo, che una come lei non valesse niente e fosse giusto così.
Era il suo fato.
La donna scelta per ultima stava per salire sulla piattaforma con gli altri, afferrando la mano tesa di Hanz che non sembrava provare rimorso. Quel braccio prolungato in avanti, così simile a com'era il giorno in cui lo offrì a Sybil. Allora la ragazza aveva provato sollievo, calore, si era sentita salva.
Ora, fissando la stessa mano che al tempo strinse con forza, avvertiva il contrario. Era glaciale, come se avesse già terminato tutta la sua disperazione e non fosse più capace di provare pietà ed empatia per il prossimo.
La bambina continuava a gridare in lontananza in maniera assordante.
La mano della donna sfiorò quella di Hanz. Ma non andò oltre.
Un filo bianco, spesso e appiccicoso si era attorcigliato improvvisamente attorno al polso dell'uomo, allontanandolo dalla mano di lei. La donna sembrò sorpresa, come tutti i presenti, Sybil compresa.
Hanz alzò impercettibilmente lo sguardo verso il luogo da cui proveniva la tela.
Un cappello di paglia si stagliava oltre la folla, con lisci capelli neri acconciati in una coda che oscillava al vento.
Intorno alla figura femminile, altre tre sagome dalle chiome rosse, bionde e castane, che si distinguevano nitidamente, dominavano fiere la scena.
"Sapevo che ti avrei rivista ancora..." Hanz mostrò un ghigno malizioso. "Mary-Beth."
Mary-Beth staccò il filo di seta dal polso di Hanz e lo guardò con determinazione, attorniata da Peter, Alex e Karen, che mostravano la stessa aria colma di sicurezza e concentrazione. La folla osservava gli inaspettati invasori con incertezza, sguardi dubbiosi erano dipinti sui loro volti. Ma era presente anche qualcos'altro nei loro occhi.
Era la speranza. Le loro pupille, un attimo prima spente e opache, ora quasi brillavano di un verde intenso per l'arrivo di quei quattro sconosciuti.
"Hanz, oggi metterò fine una volta per tutte al dolore che hai creato." affermò con durezza la donna.
"Avrei voluto che fossi tornata alla tua vita, e avessi dimenticato tutto questo. Ma avevo messo in preventivo che la tua forza d'animo ti avrebbe condotta ancora da me." ribatté Hanz, con un misto di ammirazione e rassegnazione verso di lei. Compì quindi un gesto impercettibile con la mano.
Come dei fulmini, Sybil, Tora e Russell coprirono la distanza tra loro e i tre ragazzi alle spalle di Mary-Beth
"Ma dovrò stroncarvi sul nascere." terminò l'uomo.
Peter, Alex e Karen non fecero una piega, rimanendo eretti e impassibili.
Accadde tutto in una frazione di secondo.
Gli aggressori avevano compreso troppo tardi la causa della tranquillità dei loro avversari, e furono scacciati via dalla zona, finendo in pieno nei portali dimensionali che Mary-Beth aveva aperto tempestivamente durante il loro slancio. La distorsione nell'aria causata dall'Energia Oscura e l'aggressione improvvisa dei membri della Becker's Industries avevano causato un fortissimo scompiglio nella folla, che, impazzita, si stava riversando ovunque in piazza, lottando ed eludendo le guardie per fuggire lontano da quella zona.
"Ha funzionato, ora dobbiamo solo seguirli nei portali e sconfiggerli!" esclamò, entusiasta, Peter. "Io mi prendo quel maledetto bastardo di Russell West. È mio."
"Io andrò da Sybil. Karen, te la senti di affrontare l'altro?" fece Alex.
"Certo. Sono pronta." rispose, determinata, la ragazza. I due ragazzi le sorrisero, per infonderle ulteriore sicurezza.
Mary-Beth invece guardava fisso Hanz, che non pareva affatto attonito per ciò che era appena accaduto. Mentre le persone continuavano a lasciare la piazza in fretta e furia, svuotandola, gli occhi dei due non si abbandonarono neanche per un istante.
"Davvero un piano ben studiato, complimenti a tutti e quattro. Su, avanti, andate a combattere le vostre battaglie, non vorrete rovinare questa flebile occasione che vi siete così astutamente ritagliato..." Hanz si rivolse sarcastico ai tre ragazzi accanto a Mary-Beth.
Peter si irrigidì, posizionandosi davanti alla sua maestra in modo da incrociare lo sguardo dell'uomo. Si squadrarono per pochi istanti, c'era una gran tensione nell'atmosfera.
"Pagherai per tutto il dolore che hai provocato a Mary-Beth. Una volta che avrò distrutto il tuo sottoposto, verrò a prendere te." lo minacciò, digrignando i denti per la rabbia.
"Peter..." sussurrò, ammirato, Alex alle sue spalle.
Mary-Beth gli poggiò una mano sulla spalla. "Va', adesso. Grazie." Gli regalò un sorriso colmo di sincera riconoscenza. "Qui per ora ci penso io."
Hanz, in tutta risposta, alzò un sopracciglio con aria di scherno. "Sì, vai ragazzo. I grandi devono parlare, adesso." Sogghignò.
A quelle parole, Peter si infuriò ancora di più. Sembrò poter scattare verso di lui da un momento all'altro, il suo corpo fremeva dalla rabbia, gli occhi erano spalancati e iniettati di sangue. Alla fine, però, riuscì a controllarsi.
"Per rispetto nei confronti di Mary-Beth non ti spaccherò qui la faccia, verme. Ma ti voglio avvisare: quando sarò tornato, ti metterò di fronte alla tua codardia." pronunciò queste parole, quasi a suggellare una promessa, dopodiché, diede le spalle ad Hanz che sbuffò ironico, e si diresse insieme ad Alex e Karen verso i tre portali che la loro maestra stava mantenendo aperti.
"Ci vediamo tra poco, ragazzi, buona fortuna." augurò la donna dinanzi a loro, sempre guardando Hanz negli occhi mentre i tre erano voltati di spalle, verso i portali.
"Stanne certa." rassicurò Alex.
Peter si scambiò un'occhiata rapida con Karen, rivolgendole un pollice alzato. Lei ricambiò il gesto, sentendosi avvolta da un alone di calore. Adesso credeva molto di più in sé stessa, non avrebbe deluso Peter, Alex e Mary-Beth. Coloro che avevano avuto fiducia nei suoi confronti quando nemmeno lei stessa ne aveva.
I ragazzi tastarono i portali per un momento con le dita. Poi, li oltrepassarono, scomparendo alla vista.
Hanz e Mary-Beth rimasero soli, i varchi dimensionali rimasti aperti alle spalle della donna.
"Avete pensato proprio a tutto, voialtri. Lasciare una via per far sì che quei bambini possano tornare ad assisterti... ma quanto pensi di resistere mantenendo i portali aperti contro di me? E sei proprio sicura che riusciranno a vincere? Potrebbe diventare molto dura per te se fossero i miei alleati, invece, a far ritorno." fece notare Hanz.
"Ho fiducia nei miei allievi. So che torneranno il prima possibile ad aiutarmi." rispose con freddezza Mary-Beth.
"Un legame meraviglioso, il vostro. Ma credimi quando ti dico che ti farà solo soffrire ulteriormente."
"Tu non hai il diritto di parlarmi di legami e sofferenza. Proprio tu che mi hai abbandonata."
"La nostra felicità è stata distrutta quel giorno, insieme agli edifici, durante il bombardamento. O forse hai dimenticato il dolore che abbiamo provato?" Il volto di Hanz assunse una smorfia di sofferenza a quel ricordo.
"Non l'ho mai dimenticato per tutti questi anni. E, proprio come te, sono sempre scappata da esso. Ma pensi davvero che riversare il tuo dolore su tutti i Guardians che vedi farà tornare indietro nostro figlio, Hanz? Credi che in questo modo la tua sofferenza sparirà?"
"Il mio dolore, così come l'odio che provo, non si estinguerà, ne sono consapevole. Sono diretto verso l'autodistruzione, ma nel processo preferisco portare insieme a me coloro che hanno ucciso per sempre una parte della mia anima. Distruggerò questa nazione, porterò nel mio stesso baratro tutto ciò che riguarda i Guardians e la loro cupidigia.
Magari alla fine nessuno sarà costretto a soffrire come ho fatto io, una volta che questa ruota sarà spezzata. Una volta che ci sarà la rinascita."
"È così, dunque. Sei sordo, cieco e testardo. Vuoi buttare via la tua vita e i sentimenti di coloro che tengono a te in nome di chissà quale futuro utopistico di rinascita. Non ti accorgi che tutto ciò di cui avevi bisogno per poter andare avanti nella vita è qui davanti a te. Avremmo potuto affrontare il dolore e superarlo insieme, sostenendoci. Amandoci. Ma, a questo punto, immagino fossimo entrambi troppo deboli per provarci."
"È tardi per i rimpianti, Mary-Beth."
"Già, è tardi." La donna si mise con grazia in posizione difensiva, pronta ad affrontare per l'ultima volta colui che un tempo era stato l'uomo che amava.
Karen si trovava in uno spiazzo roccioso molto ripido. Il terreno era grigio e friabile, tutto intorno erano presenti diverse alture di pietra che si stagliavano verso il cielo e, tra le crepe sulla superficie, spuntavano rade tracce di vegetazione, piccoli denti di leone giallini o qualche ciuffo d'erba puntuta selvatica. Era probabile che si trovasse in una zona caratterizzata da un forte rilievo, una località montana o forse collinare.
"Chissà in quale parte di Northfield mi trovo in questo momento..." rifletté la giovane ragazza.
Raddrizzò la schiena e si guardò intorno, in cerca della presenza del nemico.
Tora era in piedi, pochi metri di fronte a lei, e la stava osservando. Subito Karen assunse una posizione offensiva, cercando di mostrarsi il più convinta possibile.
L'uomo dai capelli castani tirati all'indietro si avvicinò di qualche passo. D'istinto, Karen arretrò. Il suo nemico incuteva timore con i suoi occhi scuri e penetranti, e la sua figura intimidatoria.
"Dunque, dovrò vedermela con te, la ragazzina senza controllo. A essere onesti non so se sono stato fortunato oppure no." affermò Tora col tono freddo e distaccato che lo contraddistingueva.
"Ti mostrerò che scontrarti con me è la cosa peggiore che possa capitarti." ribatté Karen, cercando di intimidirlo.
"Cerchi di convincere te stessa di potercela fare, e questo lo capisco. Ma non bastano delle fiammelle fuori controllo per battere uno come me, ti avviso. Potrà sembrarti presunzione, ma è solo la realtà dei fatti, e presto te ne accorgerai." sentenziò lui.
"Allora vieni a dimostrarmelo, schiavista."
"Se è questo che vuoi, ti asseconderò, a tuo rischio e pericolo. Il mio nome è Tora, Takahashi Tora, a proposito. È giusto presentarsi prima di uno scontro, non trovi?"
"Io sono Karen Gazinsky." Subito dopo aver pronunciato il suo nome, Karen scattò verso l'avversario a gran velocità, dandosi la spinta con delle scariche rosse infuocate dalle mani. Aveva intenzione di prenderlo alla sprovvista. "Colei che ti sconfiggerà!"
Un getto di fuoco seguito da un'esplosione investì in pieno Tora a distanza ravvicinata. Karen atterrò, appoggiando le mani sul terreno roccioso.
"L'ho colpito, non può essere illeso." sussurrò.
Dal fumo davanti a lei emerse un blocco cilindrico fatto di una sostanza marrone nel rame, che la colpì in maniera netta sul naso. Dalle narici di Karen fuoriuscì un copioso getto di sangue, la ragazza arretrò, spaventata e intontita, tamponandosi il viso con le mani insanguinate.
"Com'è possibile? Non l'ho mancato con il flusso di fuoco! Cos'era quella sostanza sul suo braccio?!" pensò.
Vide all'ultimo momento Tora avanzare rapidissimo verso di lei. Le sue braccia erano allineate con dei tonfa fatti di uno spesso materiale marrone. Karen non riuscì ad agire in fretta e il nemico coprì del tutto la distanza tra di loro, senza che lei potesse contrattaccare.
Tora colpì con una ginocchiata allo stomaco la ragazza, al quale mancò per un attimo il fiato. Provò a reagire, puntando le mani verso di lui per emettere dei raggi di fuoco, ma l'altro le afferrò le braccia e creò dei rivestimenti dello stesso materiale di cui erano fatti i tonfa tutto intorno a esse.
Karen si accorse di non riuscire più a produrre fuoco dagli arti superiori.
"Questa è..."
Tora la prese per il collo e la sollevò di peso da terra. Non riusciva a respirare, stava venendo sopraffatta del tutto. Non era in grado di reagire, le sue gambe oscillavano a vuoto nell'aria.
Iniziò a stramazzare, cercando di prendere aria mentre il sangue continuava imperterrito a fuoriuscire dal suo naso.
Alla fine, con uno slancio disperato, riuscì a rafforzare abbastanza le gambe con l'Hardening Kaika per sferrare a Tora un potente calcio nel fianco, che lo costrinse a mollare la presa.
Karen rovinò al suolo e subito mise più distanza possibile tra lei e il nemico, arretrando.
"Ho capito perché non sono riuscita a danneggiarlo con il fuoco." realizzò, mentre Tora lo guardava impassibile con i tonfa marroni puntati verso di lei. "Il fuoco non può bruciare la ceramica."
Un esteso e verde campo fiorito circondava Alex che, guardandosi intorno, capì di essere capitato in una zona rurale, forse non lontana dai campi di grano in cui sorgeva la casa di Mary-Beth a cui si era tanto affezionato in quei mesi. Appariva quasi come un luogo idilliaco, addirittura onirico, quel prato attraverso il quale spuntavano variegate tipologie di piante e fiori.
Le viole, notò Alex, erano di certo la stragrande maggioranza, ma altre varietà abbellivano il posto, dipingendo di vari colori sgargianti l'erbosa e soffice superficie che dominava la scena.
Di fronte a lui, Sybil lo stava fissando con aria incerta.
"Stavolta non puoi nasconderti da nessuna parte, Sybil." esordì il giovane.
"Non ho paura di affrontarti, Alex. Né provo rimorso nel farlo. È il mio destino e lo adempierò senza esitazione."
rispose lei.
"Non provi rimorso, eh? Allora dimmi, perché sul tuo volto persiste un'espressione così disperata?"
"Tu non mi conosci, che ne vuoi sapere di quello che provo?!" Sybil perse la pazienza, qualcosa in Alex le provocava uno strano effetto mai provato prima, e questo non lo sopportava. Perché, qualunque cosa fosse, rompeva quel fragile equilibrio mentale che era riuscita a crearsi durante gli anni nel suo mondo di incertezza perenne.
Alex approfittò del momento di sbando della ragazza per compiere una mossa d'apertura e attaccare per primo. Diede tempestivamente forma a delle sfere d'acqua davanti a lui, per poi scagliarle veloci verso Sybil.
"Ti farò ragionare!" esclamò.
L'avversaria reagì in fretta, con gran sorpresa del ragazzo, ed emise dalla mano destra una specie di sottile polvere composta da una miriade di strani granelli grigi, vicini al blu scuro.
Non appena la polvere entrò in contatto con le sfere d'acqua che fischiavano, sferzando l'aria, ci fu un'enorme e inaspettata combustione, seguita da una violenta esplosione infuocata che coprì l'intera area tra Sybil e Alex.
"Ma cos'è successo?!" si domandò Alex, riparandosi il volto con un braccio. "Cos'era quella strana polvere?"
Dal fumo spiccò la sagoma di Sybil, dalla parte opposta rispetto a lui.
In quel momento Alex avvertì una sorta di timore alla vista della figura nemica, oltre la coltre di fumo denso. Aveva un brutto presentimento.
"Capisco, quindi il tuo elemento è l'acqua. Non poteva capitarmi avversario più complicato di te." constatò la ragazza. "Quando acqua e litio si uniscono, avviene una potente reazione esotermica, di solito seguita da un'esplosione."
"Litio?" pensò Alex. "Dunque, è questo il suo elemento. E da come lo utilizza, sembra che la sua specialità sia il Release Kaika."
Guardò Sybil nei suoi occhi blu marino, il suo sguardo non sembrava più smarrito come quando l'aveva conosciuta in quella tavola calda di Cobalt, tre mesi prima. Quelli erano gli occhi spietati di un'assassina a sangue freddo.
"Devo stare attento, qui si mette male." Alex diede forma a due asce di ghiaccio tra le mani, divaricando le gambe per ottenere stabilità.
Non poteva più trattenersi con Sybil dopo aver visto quello sguardo e aver provato sulla pelle ciò di cui era capace. L'avrebbe affrontata con tutto quello che aveva, riponendo da parte ogni pietà verso di lei.
Peter si alzò in piedi. Avvertiva una forte sensazione di umidità alle mani e alle ginocchia. Sembrava che fosse in un luogo molto freddo, dove non batteva spesso il sole. Studiando il paesaggio, si accorse che effettivamente in quel posto il sole non batteva proprio mai: si trovava all'interno di una caverna, probabilmente in qualche cavità sperduta nel mezzo di Northfield.
Le pareti azzurrine intorno e le stalattiti pendenti sul soffitto gocciolavano con un ritmo costante, producendo un ticchettio sommesso ogni qualvolta le minuscole dosi d'acqua si schiantavano al rigido e freddo suolo roccioso.
"Sapevo che avrei incontrato te, caro Peter. È ora della resa dei conti, come si suol dire."
Il ragazzo si voltò, riconoscendo perfettamente quella voce che gli appariva così odiosa.
Su di una piccola altura a qualche metro da Peter, era seduto a gambe incrociate e con un'aria da menefreghista Russell West, con la sua cresta bionda umida per l'acqua che era colata dal soffitto su di essa.
"Già. Sono venuto qui apposta per farti ingoiare la lingua, Russell West." grugnì Peter.
"Che spirito, complimenti. Mi fai quasi paura, ragazzino." Russell sogghignò e con grande eleganza si tenne in equilibrio su un piede solo sull'altura appuntita di fronte a Peter.
"Te la farò pagare per come hai trattato Karen."
"Chi, quel bocconcino? Devo ammettere che te le scegli bene, le ragazze, Pete. Non si può mica rinunciare facilmente a uno spettacolo come lei. Che ne dici, facciamo che chi vince se la prende?" provocò Russell, un sorrisetto crudele dipinto sul viso.
"Non serve, tranquillo. Sarà finita prima che tu te ne possa accorgere." disse Peter con fare minaccioso, scrutando il nemico con uno sguardo incandescente nelle iridi blu, simili alle più profonde acque oceaniche.
"Oi, cos'è quell'espressione, eh? Inizi ad alzare un po' troppo la testa, feccia." mormorò con gli occhi socchiusi Russell, spazientito. "Non farti illusioni, tu sei solo chiacchiere. Ti farò sentire il sapore del tuo stesso sangue, lasciandoti a terra senza che tu possa nemmeno muoverti, così intanto mi potrò divertire tranquillamente con la tua ragazza." L'uomo piegò le ginocchia e le gambe in maniera quasi innaturale, la contrazione muscolare era al limite dell'impossibile.
Peter osservò la scena, stranito, mentre Russell continuava a piegarsi, accumulando potenza negli arti inferiori.
A un certo punto, balzò sul muro della caverna a sinistra, così veloce che Peter non riuscì a seguirlo. Quando voltò lo sguardo, vide solo il punto in cui Russell era rimbalzato un attimo prima.
Il giovane girò di riflesso gli occhi un'altra volta: l'unica cosa che riuscì a percepire fu il pugno del nemico a un centimetro dal suo volto, prima che lo centrasse in pieno sulla guancia con una potenza inaudita.
Russell era rimbalzato due volte sulle pareti, facendosi strada verso di lui tanto velocemente che Peter nemmeno l'aveva visto arrivare. Fu costretto in ginocchio dalla potenza dell'impatto. L'uomo arretrò, atterrando con nonchalance dinanzi a lui. Iniziò a ridere a squarciagola.
"Che te ne pare del mio Reinforcement Kaika di tipo gomma? Posso rendere il mio corpo gommoso per ottenere forza elastica e slancio piuttosto potenti. Riuscirai a stare al pass-" non terminò la frase.
Peter si era fiondato d'improvviso su di lui come un lampo, impattandolo con un montante ricoperto di energia elettrica allo stomaco.
Non aspettandoselo, Russell si piegò in due.
Poi, assunse un'espressione quasi indemoniata, allungò il braccio all'indietro di vari metri, e lo lanciò di nuovo a tutta velocità sul petto di Peter che scivolò all'indietro, alzando molta polvere.
"Non mi hai ascoltato? Posso diventare di gomma, la tua elettricità non può nulla con me." mormorò, ansimando leggermente, l'uomo.
"Ti ho sentito forte e chiaro. Ma non ho resistito lo stesso all'idea di farti sputare sangue." rispose con un sorriso soddisfatto Peter. Poi, ricoprì il proprio corpo di energia elettrica nella parte sinistra, e di una frusciante aura del vento nella parte destra. "Preparati, ho intenzione di colpirti tante di quelle volte che dopo non ti riconoscerai più allo specchio." proseguì, rilasciando quanta più energia possibile per intimorire l'avversario.
"Sarà più dura del previsto, sembra." Russell ricambiò il sorriso di sfida a Peter, preparandosi a una strenua lotta all'ultimo sangue.
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