Capitolo 46
"Eccoci al Cobalt Dome." Mary-Beth avvertì i ragazzi del fatto che erano arrivati a destinazione. Anche se il maestoso edificio giallo ocra con il soffitto a cupola, che si stagliava di fronte a loro, rendeva la cosa palese.
Oltre alla grande insegna a caratteri cubitali bianchi in alto.
"È qui che si terrà l'asta, c'è molta folla." disse Karen, guardandosi intorno.
"È un edificio enorme! Sembra quasi la South Arena." constatò Alex, picchiettando Peter con la spalla.
"Già, mi fa venire un po' di nostalgia..." affermò quest'ultimo.
Intorno a loro c'era una gran quantità di persone che si muovevano in modo frettoloso e si avviavano verso l'entrata, dove la vigilanza controllava il flusso di visitatori e partecipanti all'evento. Si trovavano nella zona nord di Cobalt, a pochi chilometri dal confine della città dove iniziavano i campi di grano in cui sorgeva la casa di Mary-Beth. L'immensa piazza circolare in cui stavano passeggiando e che precedeva il palazzo, leggermente rialzata rispetto al pavimento piastrellato al di fuori di essa, aveva come perimetro una miriade di negozi dove acquistare souvenir, tavole calde e ristoranti. Qualche auto era parcheggiata al limitare della zona, in specifici angoli delimitati da striscie bianche dove era permesso far sostare i propri veicoli.
Per l'occasione, Peter e Alex indossavano degli smoking che Mary-Beth aveva consigliato loro di acquistare strada facendo.
Quest'ultima portava una camicetta blu, semplice e stretta, che faceva risaltare il suo fisico esile e armonioso, con dei lunghi pantaloni bianchi.
Karen, invece, aveva preso dal camper un vecchio vestito nero ed elegante di sua madre, che le calzava a pennello. L'abito era leggero e terminava giusto un po' sopra le ginocchia, la ragazza dal crine fiammante era uno spettacolo al suo interno.
Peter non riusciva a fare a meno di lanciare qualche occhiata furtiva verso di lei ogni tanto, voltandosi di scatto in direzione di Alex ogni volta che la ragazza se ne accorgeva. La quarta volta di fila che lo fece, Alex lo spinse letteralmente addosso a Karen con un sorriso maligno.
Ovviamente, lei gli assestò d'istinto una manata sul naso facendolo quasi sanguinare, per poi scusarsi in seguito.
"Vedrai quando torna Dorothy..." minacciò Peter, riferito all'amico.
"Ragazzi, ricordatevi che questa non è altro che una prima azione di disturbo. Siamo qui solamente per farci un'idea generale dei movimenti nemici e per rubar loro da sotto al naso l'oggetto che intendono acquistare all'asta. Non fate pazzie e mantenete un basso profilo." raccomandò Mary-Beth, che teneva il cappello di paglia legato dietro al collo anche quel giorno.
"Ma chi sarà la persona con cui dovremo concorrere?" chiese Alex.
"Secondo le ricerche che ho portato avanti prima del vostro arrivo a Northfield, dovrebbe essere un certo Malcolm Goodison, ma non so che aspetto abbia. So solo che è un uomo benestante che possiede diverse proprietà e tiene delle mostre d'arte a Southfield." rispose Mary-Beth.
"Durante l'asta dovremo stare attenti alle opere d'arte allora." dedusse Peter.
"Stanno facendo entrare le persone nell'edificio." avvertì in seguito Karen.
"Tenete pronte le vostre tessere da Guardians e vi faranno entrare senza problemi. Karen può passare come vostra ospite." Mary-Beth si incamminò in testa al gruppo, seguita dai tre ragazzi.
Una volta dentro, si ritrovarono in un'immensa sala gremita di sedili rossi, divisi a intervalli regolari da delle ampie scalinate. I sedili proseguivano in pendenza fino ad arrivare davanti a un grande palcoscenico, luogo dove sarebbero stati presentati i vari oggetti in vendita all'asta. In alto, c'erano delle balconate con alcuni posti a sedere e delle tendine color vermiglio intrecciate attorno alle colonnine laterali.
"Wow..." commentò Karen, rapita da quella visione suggestiva. "Chissà come sarebbe esibirsi su un palco del genere." sussurrò tra sé e sé.
"Chissà, magari un giorno lo farai." ipotizzò con tono vago Peter, poggiandosi le mani dietro alla nuca.
"Non dire idiozie, non ne sarei mai in grado!" esclamò lei.
"Se lo dici tu. Però mi piacerebbe vederti se dovesse succedere."
"Scemo, da dove ti escono certe idee?" Karen gli diede un colpetto sulla fronte.
"Ehi, ma che fai?! Quando non sei timida diventi insopportabile." sbottò Peter, mentre la ragazza ridacchiava.
"Casinisti..." mormorò Alex, infastidito.
"Ragazzi, prendete posto lì sulla sinistra, io sarò sulla balconata a destra." spiegò poi Mary-Beth. "Quando la persona che ci interessa farà un'offerta vi darò un segnale, in quel momento risponderete con un'offerta maggiore. Chiaro?"
"Sì, sì, abbiamo ripetuto piani e dinamiche centinaia di volte. Lascia fare a noi, maestra, sta' pure tranquilla." affermò con sicurezza Peter, rivolgendole un ghigno complice.
Mary-Beth sorrise. "D'accordo, allora. È il momento di entrare in scena."
L'uomo corpulento in giacca e cravatta avanzava nel corridoio che conduceva alla balconata sulla sinistra della sala. Continuava a sudare e il suo aspetto era lo specchio della continua ansia che lo attanagliava. Era seguito da due guardie del corpo alte e massicce, ma aveva comunque timore di subire qualche attentato.
"Mi raccomando, svolgete bene il vostro lavoro, vi pago per questo." ammonì il piccolo uomo col suo tono di voce stridulo. I due si limitarono a emettere un cenno di assenso appena percettibile. "Questo affare con la Becker's Industries mi frutterà una bella sommetta, potrò andare con tutte le donne che voglio e vivere da re. Potrei subire rogne da qualche Guardian ficcanaso, ma il gioco vale certamente la candela." pensò Malcolm Goodison.
"Ultimamente il mio patrimonio e le mie ricchezze sono in declino, ma questo è il momento giusto per rifarmi: acquisterò quello stupido pezzo da due soldi e in cambio riceverò il doppio del suo valore per nascondere la galena sulla nave che effettuerà la consegna! L'arte e quelle stupide mostre per perdenti non mi interessano più, è solo il denaro ciò che conta!" quasi gridò. Poi, iniziò ad avanzare più velocemente e con impazienza.
Le guardie del corpo lo seguirono fino alla balconata che affacciava sul teatro.
Dall'altro lato della sala, Mary-Beth lo notò, intuendo immediatamente che era lui l'uomo che cercava, grazie alla sua aria ansiosa e dalle guardie che portava ovunque con sé. Rivolse immediatamente un gesto a Peter, Alex e Karen, seduti tra i posti in basso. La ragazza se ne accorse e assestò un colpetto alle spalle dei due, che si voltarono verso la tutrice. Lei indicò appena la zona dove si trovava Malcolm Goodison col capo, e i tre si voltarono lentamente da quella parte.
"È lui." sussurrò Alex. "Non fatevi notare."
"Quando farà un'offerta, interverremo." aggiunse Peter, facendo oscillare la paletta per le offerte.
"Sta' fermo! Ho detto che non devi farti notare!" sbraitò l'altro.
"Ehi, calmati!"
"Poveri noi... andrà davvero bene?" pensò Mary-Beth, guardandoli litigare e dare spettacolo lì in mezzo. Dopodiché, girò un attimo lo sguardo verso l'ingresso.
Sobbalzò dalla sorpresa, spalancando gli occhi.
Per un attimo aveva visto un uomo con i capelli alla moicana che la stava osservando con un ghigno crudele.
"Quello era... avrò visto bene? Loro sono qui?" rifletté la donna, cercando di mantenere la calma.
Intanto, il presentatore era entrato sul palco, dando inizio all'asta. A quel punto, Mary-Beth notò con orrore che tra il pubblico si trovava un'altra persona che conosceva.
I capelli grigio scuro e gli occhi blu marino, con la sua tipica espressione spaesata. Era Sybil. Questo voleva dire che i membri della Becker's Industries erano lì.
E che forse era presente anche Hanz Becker.
"Maledizione, e adesso? È troppo tardi per cambiare il piano all'improvviso, se ne accorgerebbero. Devo pensare in fretta." Nel frattempo, i primi beni in vendita venivano presentati, seguiti dalle varie palette che si sollevavano continuamente per accaparrarseli. "Si mette male..."
L'asta andava avanti, e l'uomo grassoccio in balconata sopra i tre ragazzi non aveva ancora battuto ciglio.
Fino a quel momento era stato venduto di tutto: da antichi orologi a pendolo a mobili sfarzosi, da svariati gioielli di ogni tipo con pietre preziose a quadri dipinti da qualche artista sconosciuto.
"Ma quando arriva il momento? Mi sto annoiando a morte!" Peter era impaziente.
"Cerca di pazientare. Prima o poi dovrà arrivare." replicò Alex, senza distogliere lo sguardo dal palcoscenico a da Goodison.
"Tieni gli occhi aperti anche per me, allora." disse stancamente Peter, appisolandosi sul sedile.
"Il solito pigro maledetto..."
"Guardate! È proprio bello quel quadro, vero?" commentò Karen, allegra. Sembrava quasi si stesse divertendo, lì dentro.
"Se lo dici tu. Beata te che te la stai godendo." mugugnò Peter.
"Ehi, il tizio ha alzato la paletta!" li informò Alex, urgente nel tono.
Goodison, in alto, teneva il braccio con lo strumento di legno alzato, segno di essere interessato alla merce.
"Diecimila Kin offerti dal gentiluomo in balconata! Controfferte per quindicimila? Nessuno?" annunciò il presentatore.
Non sembrava che altri fossero interessati a quel vecchio quadro polveroso. Peter guardò Mary-Beth, in cerca di conferma.
Lei gli rivolse un cenno di assenso.
"Vendut-ah, no! Abbiamo un'improvvisa controfferta da parte del gentiluomo in fondo a destra! Ma è un ragazzino?" urlò il presentatore.
"Ma cosa?!" sbottò Goodison, incredulo. "Cosa vuole, quello? Il moccioso mi vuole intralciare, perché gli interessa quello schifo di quadro?!" Alzò subito la paletta per presentare un'ulteriore offerta.
Iniziò una feroce disputa tra Peter e Goodison che suscitò un certo fomento nella grande sala. Il presentatore sembrava starsi esaltando.
Mary-Beth, nel trambusto, osservò meglio il quadro.
Appariva piuttosto vecchio e raffigurava una giovane donna di spalle vestita con un abito a balze dai diversi colori sgargianti. Teneva sopra la testa un ombrello anch'esso tutto colorato, che la proteggeva dalla pioggia grigia come il tetro paesaggio rurale che la circondava.
"Quel quadro mi ricorda qualcosa... mi trasmette nostalgia." sussurrò tra sé e sé Mary-Beth, concedendosi un sorriso malinconico. Era rapita da quell'opera sconosciuta e affascinante.
Intanto, Peter si era aggiudicato l'opera d'arte dopo la sesta controfferta. Malcolm Goodison se ne stava andando in fretta e furia, tutto infastidito e in preda al panico per non aver compiuto la sua missione.
Anche Sybil si era alzata non appena il presentatore aveva sferrato un colpo col martelletto per assegnare l'oggetto a Peter.
"È fatta!" affermò Mary-Beth. "Ora devo muovermi in fretta." Si alzò e cercò di raggiungere il più in rapidamente possibile i tre amici. Ma, non appena svoltato l'angolo, si fermò. Qualcuno gli sbarrava il passaggio. "Sei tu!" esclamò.
Malcolm Goodison aveva fretta di togliere il disturbo. "Devo andarmene, non so cosa potrebbero farmi quei maniaci se scoprissero che non ho ottenuto il quadro." ansimò, tutto sudato, seguito dalle guardie.
"Quanta fretta." dietro di lui, una voce lo fece trasalire.
Si voltò.
Un uomo alto, dai capelli neri pettinati all'indietro e un'espressione dura, era in piedi alle sue spalle con fare minaccioso.
"Tora Takahashi... C-cosa vuoi?"
"È semplice. Hai violato gli accordi, ora dovrà esserci uno sfortunato incidente in questa arena." tuonò con freddezza Tora.
"Maledetto! P-proteggetemi, idioti!" urlò Goodison.
"Sissignore." Le due guardie fecero per avanzare, ma subito finirono a terra, privi di sensi.
"Cosa?!" gridò Goodison. Guardò Tora, ma lui non aveva fatto nulla.
"Li ho sistemati, Tora. Ora puoi occuparti di lui." affermò con calma una delicata voce femminile alle sue spalle. Era stata coperta fino a quel momento dalla stazza del suo collega.
Voltandosi, l'uomo sotto attacco distinse la sagoma di Sybil immobile e con uno sguardo serio, quasi assente sul viso.
"Certo. Ci penso io." rispose l'altro, mentre Goodison iniziava a tremare dalla paura. Improvvisamente, il viso di Tora si deformò in un'espressione colma di odio e rabbia. "Muori, sporco Guardian. Avrai quello che meriti." Esibì un gesto rapido con le mani, e sul corpo della sua preda iniziò a formarsi uno spesso strato di un materiale solido.
"C-cos'è?! Che succede?" urlò l'uomo, prima di essere completamente imprigionato. Malcolm Goodison era diventato una vera e propria statua di ceramica.
Cadde a terra con un tonfo. Il suo corpo si infranse all'impatto, spaccandosi in mille pezzi. Seguì qualche secondo di silenzio.
"Bel lavoro con le guardie. Sei brava a usare il tuo litio sotto forma di gas." Tora si congratulò con Sybil.
"Grazie. Non le ho uccise, però." rispose lei, mantenendo lo sguardo asettico.
"Loro non hanno colpe, rispetto a questo schifoso Guardian." disse Tora con durezza.
"Uccidere tutti i Guardians non riporterà indietro la tua famiglia, Tora. Pensa a me, che non ricordo nemmeno di averne mai avuta una." Sybil non era triste mentre pronunciava quelle parole, nella sua voce era presente solo rassegnazione.
"Lo so, ma quando mi ritrovo davanti certi individui, divento irrazionale. Scusami, Sybil."
"Tranquillo. Ora andiamo, dobbiamo sistemare un'ultima cosa."
"Sì."
I due si incamminarono lungo il vellutato tappeto rosso del corridoio, lasciando lì i resti di ceramica inanimati appartenenti a Malcolm Goodison.
Mary-Beth trovò davanti a sé, a sbarrarle la strada sulla balconata, l'uomo che avrebbe voluto evitare a ogni costo di incontrare.
"Hanz Becker..." mormorò.
"Da quanto tempo, piccola Mary." sorrise, beffardo, lui.
"Non chiamarmi così."
"Dimmi, ti è piaciuto il quadro?
La purezza, di un certo François Henry. Scommetto che ti ha portato alla mente quel giorno..."
"Smettila."
"Il giorno in cui ci incontrammo la prima volta."
"Quei tempi non esistono più." mormorò lei. "Li hai buttati via tu, come se non avessero avuto alcuna importanza. Ricordi, Hanz?" incalzò.
"Sicuro che la causa sia solo io? O forse è tutto legato a questo..?" Il viso di Hanz divenne scuro, l'atmosfera sempre più pesante.
L'aria parve distorcersi per un momento.
Mary-Beth iniziò a sentirlo. Quel suono che la tormentava così spesso. Udì il pianto disperato di un neonato in lontananza, che si faceva sempre più vicino. Sempre più forte. Era insopportabile per lei.
"No. No... Basta! Non farmelo sentire!" Mary-Beth non riusciva a sostenere il suono che le ricordava quel giorno. Il peggiore della sua intera esistenza. "Ti prego..." Si inginocchiò in preda alla disperazione, afferrò con entrambe le mani la giacca di Hanz, stringendola fortissimo. "Basta, ti prego!" Era quasi impazzita, gli occhi spalancati in preda al terrore e coperti di lacrime.
Hanz la guardò dall'alto con sguardo colmo di tristezza, di compassione. "Tu non potrai mai fermarmi, Mary-Beth." Disse, afferrando il suo cappello di paglia e posandoglielo sulla testa. "Dimentica questa storia e continua a vivere." Hanz si voltò, lasciando Mary-Beth in ginocchio preda dell'angoscia, e se ne andò.
Peter, Alex e Karen erano diretti verso l'uscita di emergenza sulla sinistra.
"Gliel'abbiamo fatta, a quei maledetti della Becker's Industries. Abbiamo quasi dato fondo a tutti i Kin che ci ha lasciato il presidente Faraday, ma ciò che conta è che la missione sia compiuta." iniziò Peter con fierezza.
"Peccato doversene già andare, però. Mi piaceva ammirare tutti quegli oggetti d'arte." controbatté Karen.
"Su, non fare così. Stasera festeggeremo alla grande questa vittoria tutti insieme." Peter sorrise, appoggiando una mano sulla porta dell'uscita di emergenza per aprirla.
"In fondo hai ragione..."
I tre uscirono, continuando a parlottare allegramente, ritrovandosi poi in un vicolo sul lato sinistro del Cobalt Dome. Alla loro destra si innalzava una scala antincendio che arrivava fino al soffitto dell'edificio. Di fronte, c'era solo un muro coperto di graffiti con dei bidoni della spazzatura adagiati a esso.
"Incantevole." scherzò Alex.
"Vero?" sibilò una voce sconosciuta, in lontananza.
I tre ragazzi si voltarono di colpo alla loro sinistra, dove il vicolo dava sulla città, e videro un uomo che sbarrava loro la strada. Era alto, con un fisico atletico e un ghigno crudele stampato sul volto.
Peter lo riconobbe subito a causa dei suoi capelli biondi, acconciati in una vistosa cresta. "Russell West! Pezzo di sterco!" gli urlò contro.
"Guarda chi si rivede... il damerino che ho pestato sul traghetto. Non ti avevo detto di tornartene a casa a piangere, moccioso? A quanto pare sei un tipo testardo. O semplicemente un idiota." Russell socchiuse gli occhi con aria minacciosa.
"Sei tu l'idiota. Siamo tre contro uno, perderai!" gli urlò Karen.
"Ma guarda che linguaccia! Stai difendendo il tuo ragazzo? Peter, sei proprio patetico, lo sai?" lo schernì Russell.
"Ora vedrai, bastardo. Te la faccio ingoiare quella cazzo di lingua." Peter rilasciò il proprio Kaika, ricoprendo di fulmini violetti la parte sinistra del corpo e di vento la destra.
Alex fece lo stesso, dando forma a due asce di ghiaccio.
"Preparati!" Peter e Alex fecero per scattare verso di lui, ma in quel momento qualcuno atterrò con grazia su di loro dall'alto, appoggiando qualcosa di freddo sulla loro pelle.
I due ragazzi iniziarono a tossire e perdere gradualmente le forze. Peter si tastò il collo. Attorno a esso c'era un collare gelido al tatto, così come intorno a quello del compagno.
"Galena?!" riuscì a biascicare il biondo, mentre si accasciava al suolo, completamente privo di energia.
Russell iniziò a ridere di gusto a squarciagola. "Bel lavoro, arrivi sempre al momento giusto. Sybil."
La ragazza, che ora si trovava di fianco a Russell, era balzata con grande agilità dalla scala antincendio, adagiando al volo i collari di galena sul collo dei giovani Guardians.
"Niente di che. Erano di spalle, non è stato difficile." rispose lei.
"Sempre modesta, eh? E tu non nasconderti, Tora."
L'ultimo membro del trio discese lentamente la scala, passando con tranquillità vicino a Peter e Alex, che vacillavano sempre più.
"Maledizione!" imprecò il primo.
"Sybil, perché?! Noi ci fidavamo di te! Sei una sporca traditrice!" gridò Alex. "Vergognati!" Il ragazzo continuò a rinfacciarle epiteti orribili, fuori di sé.
Sybil evitò il contatto con i suoi occhi.
"Cosa facciamo con lei?" Tora indicò Karen, che era rimasta impietrita in un angolo. Tremava vistosamente.
"Non è un pericolo. Possiamo anche lasciarla qui." mormorò Sybil.
"È stato così facile farvi credere che avessimo assunto qualche perdente per consegnare la nostra merce insieme a un pezzo d'arte schifoso! Abbiamo fregato sia voi che quel grassone, la consegna di galena l'abbiamo già effettuata da giorni. Sarete degli ottimi schiavi, voi due, col vostro temperamento vi buscherete un sacco di bastonate. E poi, tutto quel Kaika da assorbire..." Russell calpestò la testa di Peter con un piede, ruotandolo da sinistra a destra sulla sua nuca.
"Bastardo..." grugnì il ragazzo.
Russell lo afferrò per i capelli, accovacciandosi e avvicinando il viso al suo.
"Smettila!" gridò Karen.
"Ecco che torna la tua esuberanza, ragazzina. Mi è venuta una bella idea, sai?" farfugliò Russell, sporgendo le labbra verso l'orecchio di Peter. "Che ne dici se approfitto della tua ragazza davanti a te?" gli bisbigliò.
Karen sbiancò, un'espressione terrorizzata stampata sul viso, mentre Russell iniziava a ridere.
Peter ruggì, in preda alla furia e alla disperazione.
Poi, notò che Karen si stava tastando a intervalli il bracciale a forma di drago che indossava intorno al polso. In quell'istante, si accorse che era dello stesso colore del collare che lo immobilizzava.
"Karen?" esitò.
"Mi dispiace, Peter... Non guardarmi." La giovane si sfilò il bracciale, mentre un'ultima lacrima umida le discendeva sul volto dal triste sorriso.
Gli occhi di Peter e Alex furono inondati da un'intensissima luce azzurra.
"Che?!" esclamò Alex.
Il corpo di Karen fu completamente sommerso da delle fiamme azzurre. Aveva perso la sua forma normale, diventando quasi non umana. L'essere in cui la giovane era mutata era fuoco puro. Il terreno ai suoi piedi si sgretolava, ogni cosa che entrava in contatto con lei veniva carbonizzato all'istante.
Emise un ruggito che fece tremare le interiora a tutti coloro che assistevano alla scena.
"Ma che diavolo è?!" sbottò Russell, che per evitare di essere carbonizzato era balzato all'indietro, scontrandosi malamente con il muro. Barcollando, arretrò ancora un po'.
Il mostro mosse un semplice passo in avanti, e un'esplosione infuocata si propagò per tutto il vicolo nella sua direzione.
Tora avvolse tutti con la ceramica all'ultimo momento e i tre riuscirono a salvarsi. "Dobbiamo andarcene!" esclamò. Saltarono dunque all'indietro, dileguandosi più velocemente che potevano con il cuore in gola.
L'essere di fuoco continuava a ruggire e distruggere tutto ciò che gli capitava a tiro tramite le sue roboanti e sfavillanti fiammate. Peter e Alex erano nei guai.
"Karen, torna in te! Siamo noi, i tuoi amici!" gridò Alex.
Ma lei non lo percepiva nemmeno.
Iniziava a esserci un caldo tremendo e a mancare l'ossigeno. Un flusso fiammeggiante carbonizzò addirittura i collari di galena dei due ragazzi, quasi ustionando loro il collo.
"Bene! Dobbiamo scappare, ora!" esclamò Alex, una mano a massaggiarsi la bruciatura. L'attivazione immediata dell'Armor Kaika aveva impedito a entrambi bruciature letali.
"No, non la lascio in questo stato!" ribatté Peter.
"Così moriremo!"
"Devo provare a salvarla. Sta soffrendo, non la vedi?"
Karen emetteva sempre più fiamme, completamente fuori controllo. I suoi capelli erano diventati un alone di fuoco, il suo corpo umanoide continuava a bruciare incessantemente, rinnovando la sua fiamma azzurra di volta in volta.
Peter corse verso di lei, raccogliendo il bracciale a forma di drago che era ancora sul terreno. Si avvicinò, cercando di deviare le fiamme con il vento che emetteva dalla mano destra.
"Stupido!" Alex bloccò una scarica di fuoco diretta verso Peter con un muro di ghiaccio. L'altro approfittò del momento di pausa tra una scarica e un'altra per infilare in modo rapidissimo il bracciale sul polso di Karen, attraverso un balzo poderoso.
Non appena l'oggetto entrò in contatto con la fiamma, quest'ultima iniziò a ritirarsi. Il ragazzo continuò a spingere il bracciale verso di lei fino ad avvolgerlo attorno al suo polso, tornato normale. Doveva essere stato lavorato davvero bene, per non sciogliersi al contatto con quel fuoco devastante.
Le fiamme si estinsero di getto, lasciando Karen accasciata e priva di sensi sul terreno ancora rovente, completamente senza vestiti e con un'espressione sofferente sul viso annerito dalla fuliggine.
Peter la avvolse all'istante con la sua giacca, prendendola poi in braccio. "È finita." mormorò, con un'espressione dura.
Alex lo guardava, esausto e quasi incredulo per quanto aveva appena visto.
In quel momento, si aprì un varco dimensionale, da cui apparve Mary-Beth con aria piuttosto provata. "Siete vivi, per fortuna!" esclamò. "Presto, andiamo via di qui." Senza aspettare risposte, creò un altro portale, che utilizzarono per ritornare nella sua casa tra i campi di grano.
Il vicolo restò deserto, mentre il vento soffiava sul terreno bruciato, attraverso quello scenario silente e desolato.
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