Capitolo 33
"Ehi, Masami, muoviti con quel laser!"
"Non è un laser, è un raggio di uranio, imbecille."
"E non è la stessa cosa?"
"No!"
Nella parte inferiore della nave galleggiante solitaria nel mare si aprì un varco, da cui fuoriuscì la testa di Ishii Masami, intento a guardarsi intorno con aria circospetta. "Sembra non ci sia nessuno nei paraggi, via libera, amici." sussurrò.
"Di certo non sono tuo amico, razza di nano da giardino." gracchiò Danny Wolf dall'interno, l'unico a fare baccano insieme al compagno di squadra nella stiva.
"Smettetela, voi due, o volete farvi sentire dal nemico?" sibilò dall'interno la voce tagliente che apparteneva a Peste Nera. "Avanti, usciamo di qui."
Masami si sporse per calarsi lentamente dalla fessura circolare che aveva creato col sottile e preciso raggio d'uranio che aveva emesso dal sito, ma Danny lo spinse via con un calcio, facendolo cadere di peso in acqua.
"Maledetto bastardo, questa me la paghi, te lo giuro!"
"È colpa tua che sei lento. La mia gamba ha avuto un riflesso nervoso." borbottò Danny, raggiungendolo con un tuffo subito dopo.
"Bene, sembra che i Guardians si stiano dividendo in gruppi per esplorare la zona, è la nostra occasione." affermò Peste Nera, il becco appuntito che fuoriuscì dalla parete lignea dell'imbarcazione. "Nuoteremo silenziosamente fino a un punto della spiaggia lontano da loro, due alla volta. Dopo dieci minuti dalla partenza di una coppia, si caleranno altre due persone in modo da non destare sospetti. Ogni duo si dividerà e ucciderà i gruppi Guardians che gli capiteranno a tiro: è tutto chiaro?" chiese, dopo aver spiegato il piano d'azione.
"E non farla tanto lunga, Jack. Ne abbiamo già parlato mille volte durante il viaggio." si lamentò Jansen, appoggiato alla parete di legno.
"Non chiamarmi mai più con il mio nome, Dolberg, o potresti pentirtene. Lo sai bene." lo minacciò con voce sommessa Peste Nera.
"Sì, sì. Che rompipalle." fece il gigante, annoiato.
"Non serve a nulla discutere, cerchiamo di essere professionali." Il vocione di Bartolomeu tuonò alle loro spalle, seduto a gambe incrociate sulla superficie cigolante della stiva, tra vecchie casse polverose e cianfrusaglie varie.
"Non ti scalfisce mai nulla, eh? Hai mai sorriso in vita tua?" lo punzecchiò Dolberg.
"Dacci un taglio, Jansen." soggiunse Masamune, che stava controllando lo stato dei suoi spallacci e dell'armatura in generale con estrema cura.
"Certo che siete noiosi, voialtri..." bofonchiò l'omone.
"Allora noi partiamo, cominciate a tenere il conto!" Danny salutò i colleghi, iniziando ad allontanarsi a nuoto insieme a Masami, verso la zona a ovest della riva, lontano dall'accampamenfo dei Guardians.
Peste Nera li guardò nuotare sotto la fioca luce celestina dell'ora che precede l'alba. I loro nemici erano ancora addormentati ma non lo sarebbero stati per molto, e c'erano sicuramente turni di guardia in atto. Inoltre, se avessero deciso di attaccarli in quel momento, sicuramente Faraday se ne sarebbe accorto in qualche modo. Non potevano rischiare di finire in uno scontro in inferiorità numerica, soprattutto se quel maledetto vecchio era tra gli avversari.
No, li avrebbero uccisi uno alla volta, divisi tra loro, soverchiandoli e schiacciandoli in gruppi separati e con scaltrezza. Poi, avrebbero preso il controllo dell'isola, e una volta radunati gli altri membri dell'esercito ribelle, sarebbe diventata una vera e propria base ricca di spazio e risorse da sfruttare. Un nuovo mondo che avrebbe funto da motore per la sottomissione dell'ordine attuale nel Continente centrale.
"Ehi, Peste, come la mettiamo con il vecchio?" Jansen chiese ciò che tutti stavano pensando da un po' di tempo.
Joshua Faraday rappresentava decisamente un imprevisto. Non avrebbe dovuto partecipare alla spedizione, ed era troppo potente per essere affrontato direttamente, questo era certo.
"A lui ci penso io." disse Peste Nera. "Non appena abbasserà la guardia, cercherò un modo per avvelenarlo di nascosto. Se riuscissi a farlo mentre è impegnato in combattimento potrebbe affaticarsi sempre più durante la battaglia, in modo da diventare una preda più facile. Con questa strategia, se attaccato in gruppo, potrebbe essere ucciso. Sarà dura, ma non impossibile." sogghignò l'uomo in maschera.
"Lasciatelo a me, quel vecchio, ho sempre voluto vedere di cosa è davvero capace." propose Jansen con un sorriso da esaltato.
"Ti farebbe fuori in pochi secondi. Affrontarlo faccia a faccia è da stupidi, e anche se lo attaccassimo in gruppo qualcuno di noi morirebbe. Se non tutti, nel peggiore dei casi." ribatté Masamune, cinico come di consueto.
"E cosa proponi tu, sentiamo un po', genio? Se nessuno lo fronteggerà, Peste non potrà avvelenarlo."
"C'è la possibilità che l'isola sia popolata." intervenne Bartolomeu, con la calma che lo contraddistingueva.
"Già, è quello che pensavo anch'io. Sarebbe troppo comodo, ma chissà... sperare non costa nulla." farfugliò Peste Nera in tono cantilenante.
"Certo che il capo ci ha affidato proprio un'impresa, eh?" si lamentò stancamente Masamune.
Gli occhi rosso scuro di Peste Nera si fecero più intensi. "Forse è così. Però, non so voi, ma il solo pensiero di ammazzare Joshua Faraday mi fa eccitare..." Dall'espressione dei suoi occhi si capiva benissimo che sul suo viso, al di sotto del copricapo a becco, si era formato un ghigno.
Un sorriso omicida.
Somber era intento a sorseggiare un caffè per scacciare il sonno mattutino.
Al suo risveglio non c'era stata traccia di Mingtian nel sacco a pelo, e non era nemmeno riuscito a trovarla nei paraggi. Nonostante ciò, lui si sentiva molto meglio rispetto alla sera prima: detestava ammetterlo, ma la presenza di quella ragazza accanto a lui durante la notte gli aveva risollevato il morale e placato l'animo inquieto.
Mentre la sua mente era presa da questi pensieri ottimisti per i suoi standard, Dorothy lo raggiunse di gran carriera, accanto al giaciglio morbido fuori dalla tenda. Aveva un'aria raggiante.
"Ehi, Somber, pronto per esplorare un po' in giro? Oggi è il grande giorno."
"Speriamo solo di non trovare roba come piante e insetti, o avrò atteso mesi per nulla."
"Beh, non per nulla. Ci sono sempre i soldi che abbiamo guadagnato!" proclamò Dorothy, soddisfatta.
"Non cambi mai, pensi solo al profitto..." replicò Somber, allibito, mentre alla compagna brillavano gli occhi al solo pensiero del suo compenso.
Le coppie per l'esplorazione erano già state designate la sera prima dal presidente e il capitano della nave: Somber, come stabilito, sarebbe andato con Dorothy, mentre Amber si sarebbe unita a Summer.
"Altri gruppi sarebbero dovuti essere formati con Bonny, Cornelius e Koyomi, ma purtroppo sono rimasti vittime dei Vulture al molo." spiegò Antonio, rivolto ai quattro Guardians quando furono tutti al centro dell'accampamento.
Summer assunse un'espressione addolorata, così come Dorothy, mentre Amber e Somber restarono all'apparenza impassibili.
"La pagheranno anche per questo, oltre che per avermi portato via i genitori..." mormorò Dorothy tra sé e sé, digrignando i denti.
Somber percepì l'odio in lei, quel tipo di rancore che porta a perdere la concentrazione e conduce direttamente alla rovina. Quell'odio che lui evitava così a fatica ogni giorno. Per essere sempre obiettivo nelle sue decisioni. O quantomeno averne l'illusione.
Le posò una mano sulla spalla. "Mantieni la calma, Goover. Dobbiamo restare lucidi." le raccomandò.
Lei lo fissò, pensierosa, per un attimo. "Hai ragione, scusami." gli sorrise. "Non ti metterei mai in pericolo, compiendo stupidaggini."
Somber ricambiò a sua volta con un mezzo ghignetto. "Andiamo."
I gruppi si divisero. Gran parte dell'equipaggio rimase nei pressi della nave per gestire gli approvvigionamenti, mentre Antonio e il presidente Faraday perlustrarono la zona est della foresta.
Summer e Amber si diressero verso il centro della vegetazione, e infine a Somber e Dorothy toccò il lato ovest dell'isola.
I due camminavano uno al fianco dell'altra sotto i maestosi alberi della foresta, e attraverso i ripidi e stretti sentieri cosparsi di radici e ramoscelli. La natura era incontaminata ma anche molto umida, e spesso entrambi dovevano asciugarsi il sudore dalle tempie o scacciare qualche insetto esotico. Il terreno era erboso e a tratti incontravano arbusti appuntiti da saltare. I versi di uccelli, piccoli predatori e altre specie di animali riempiva la zona in una caotica melodia tribale. Di sicuro era un luogo impervio, ma nulla che non potessero gestire con un po' di spirito d'adattamento.
"Allora... quella volta sulla nave, quando stavi urlando, ti va di dirmi cos'avevi?" Dorothy lacerò la quiete che aleggiava nell'aria umida che li attorniava, senza voltarsi verso di lui.
Somber sospirò. Si riferiva a quando aveva incontrato Mingtian ed era stato messo di fronte ai suoi sentimenti più profondi per la prima volta. "Diciamo che aveva a che fare con dei fatti riguardanti il mio passato." rispose senza sbilanciarsi troppo. Per qualche motivo non aveva voglia di parlarle di Mingtian.
"Parli del dojo dove vivevi a Dismal?"
"Non solo. Non ho veri ricordi dei miei genitori, ma credo c'entrassero anche loro in qualche modo."
Dorothy continuò a tenere lo sguardo distante dagli occhi di Somber. Era più semplice affrontare certi argomenti in quel modo. "Non sono leggera o superficiale quando dico che ti capisco, lo sai bene. Desiderare di avere l'opportunità di vendicarsi, provare odio per chi ci ha fatto soffrire... sono sensazioni che non mi abbandonano, per quanto mi sforzi." disse, scura in volto.
"La verità è che abbiamo perso troppo nella vita, e l'odio ci porterebbe solo a perdere altre cose a noi care. Eppure, anche se ho sempre detto che non mi interessa la vendetta e cerco solo il riscatto personale, questi sentimenti non mi lasciano, e ora come ora non so nemmeno chi odiare..." Somber mostrava un'aria frustrata mentre pronunciava quelle parole. Quel dilemma da cui non trovava via d'uscita.
"In che senso non sai chi odiare?" chiese Dorothy. "Ovviamente i nemici sono i Vulture e i ribelli dello Shihaiken! Sono quelli come loro che ci hanno strappato via tutto."
"Nel mio caso non si tratta solo di loro..." Somber si accorse d'un tratto di quanto fossero differenti in realtà la sua situazione e quella di Dorothy.
Lei sapeva esattamente verso chi indirizzare il proprio rancore, mentre lui era stato danneggiato da più fazioni, compresa quella a cui si era unito: i Guardians. Loro avevano eliminato il suo vecchio maestro. I ribelli lo avevano privato dei genitori.
Poteva davvero confessarle ciò che sentiva, aspettandosi che lei potesse capire?
Sentì le parole di Mingtian rimbombare nella sua mente: "Odi i Guardians, odi Lo Shihaiken, quanto odio tieni dentro di te, eh, Somber?"
Le idee del giovane erano confuse, cominciò lentamente a perdere le staffe.
"Che intendi?" La voce di Dorothy gli sembrava lontanissima, sovrastata da quella di Mingtian nella sua testa, che continuava a tormentarlo.
"Non è che in realtà tu odi te stesso?"
"Non lo so, maledizione! Non so nulla!" Gridò.
"E-ehi, Somber... cosa c'è?" Dorothy si voltò verso di lui e gli afferrò le mani. Il ragazzo si specchiò nei suoi occhi. Per qualche secondo non sembrò neanche riconoscerla.
"Non fa niente, qualunque cosa ti stia disturbando non devi per forza dirmi tutto adesso. Andiamo avanti, ok?" Dorothy lo abbracciò.
Somber sgranò gli occhi, tornando in sé. Alla fine, riuscì man mano a calmarsi grazie al contatto con la sua amica, ai leggeri movimenti circolari che le sue mani percorrevano dietro la sua schiena, alla morbidezza dei suoi capelli candidi vagamente inumiditi dall'aria della foresta. All'odore fresco e familiare che emanava. I due proseguirono per la loro strada.
Dopo pochi minuti di silente cammino, sbucarono in una radura molto spaziosa e circondata dalle palme alte della foresta, con alcune rocce sparse qua e là sul disteso e pianeggiante manto d'erba.
I due compagni si guardarono intorno, analizzando l'ambiente.
"Non sembra ci sia altro a parte la natura, qui intorno." commentò la ragazza, sfiorando l'erba umida con le dita, accovacciata sui talloni.
"Dovremmo tornare indietro, che dici?" propose Somber.
"Ma come, già ve ne andate?"
I due ragazzi si voltarono, allarmati dalla voce che aveva interrotto la quiete.
Dagli alberi alle loro spalle erano sbucati Jansen Dolberg e Sendai Masamune. A parlare era stato il gigante dal sorriso sgradevole. Quei due Vulture li avevano probabilmente individuati, per poi seguirli di nascosto, e infine braccarli.
"Perché non vi trattenete un po' con noi, vi va? Ci divertiremo..." sghignazzò l'ormone dai lunghi e ondulati capelli color nocciola.
Somber non ebbe il tempo di muoversi, che Dorothy aveva già estratto le pistole in un impeto furente.
"Dolberg!" urlò la Guardian.
"Da quanto tempo, ragazzina! Cos'è quell'aria truce, non dirmi che non sei contenta di vedermi..." Jansen le rivolse un largo ghigno che Dorothy trovò disgustoso.
La ragazza tese i muscoli, colma di rabbia.
"Goover, cerca di stare calma. Non possiamo vincere contro di loro se agiamo d'impulso." la avvertì Somber, che aveva notato l'agitazione dell'amica.
Lei rilassò il corpo. "Sta' tranquillo, Somber. Sono diversa dalla notte al molo: adesso sono molto più forte!" Assunse un'espressione sicura, al limite del beffardo, e guardò Jansen con aria di scherno. "Mi occuperò da sola di questo cavernicolo. Tu bada che quell'altro non lo aiuti quando starò per ucciderlo."
Somber la studiò con attenzione. In effetti era diventata molto potente, e non sembrava mentalmente fuori controllo: forse poteva farcela.
"E va bene, non metterci troppo." acconsentì con tono distaccato.
Jansen sfoggiò una lunga e grassa risata di gusto. "A quanto pare non hai imparato la lezione, piccola sgualdrina! Come vuoi, ma stavolta prima di ucciderti credo proprio che approfitterò del tuo bel corpicino!" Esclamò l'uomo terrificante, continuando a sogghignare.
Non fece in tempo a terminare la sua risata, che Dorothy era piombata già alle sue spalle.
Jansen non si accorse di lei in tempo.
La giovane lo colpì al volo con un doppio calcio a piedi uniti sulla schiena. L'impatto fu devastante.
L'uomo emise un verso di dolore e stupore assieme. "Maledetta! Sei stata fortunata a trovarmi distratto!" Provò ad afferrarla per la caviglia ma lei schivò facilmente la sua presa, dandosi una spinta verso l'alto e atterrando dopo un avvitamento aereo col tallone dritto sulla sua testa.
Jansen fu costretto a piegarsi sulle ginocchia, appoggiando le mani sul terreno, mentre Dorothy planò con eleganza davanti a lui, le pistole ancora fumanti per l'energia con cui si era librata in volo.
"È molto più capace, ma soprattutto più tranquilla dell'ultima volta." analizzò Masamune. "I suoi attacchi sono precisi e studiati, senza nessuna fretta nei movimenti."
Il bestione digrignò i denti, le sclera rosse per la furia. "Me la pagherai, donna. Dovrai implorarmi di smettere quando inizierò a torturarti!"
"Hai finito di parlare? Se non ti dispiace vorrei ucciderti come il verme che sei e riprendere il cammino." tuonò con freddezza Dorothy, i capelli canuti che le ricadevano davanti agli occhi gelidi, simili a quelli di un angelo.
L'avversario si alzò e riuscì finalmente a ricomporsi. "E va bene, allora balliamo seriamente."
Condensò il suo Kaika più che poté, i suoi margini acquisirono un colorito azzurrino che sfociava sempre più nel blu intenso. Il corpo del gigante si indurì, divenne ancora più imponente e la sua pelle si trasformò in diamante, rilucendo sotto i raggi del sole.
"Sta' attento, Jansen. È differente dall'ultima volta." lo avvisò Masamune, alle sue spalle, al limitare della foresta.
Somber osservava la scena in silenzio, nella direzione opposta. Al centro dello spiazzo c'erano solo i due avversari, in posizione di attacco. La pistolera era statuaria nella sua immobilità mentre attendeva il nemico. La sicurezza nei suoi mezzi aveva raggiunto tutt'altro livello grazie agli estenuanti allenamenti quotidiani dei mesi passati. La sua aura era quasi impercettibile, eppur pronta a essere scatenata tutta in una volta con forza esplosiva immensa.
Jansen non ascoltò il partner e caricò Dorothy a testa bassa, ma la ragazza si mosse molto più velocemente, volando sul fianco destro del nemico e puntandogli subito le pistole contro.
"Dark Breaker: Full Shot!"
Il raggio lucente scaraventò Jansen contro gli alberi alla sua sinistra, causandone lo sradicamento all'impatto.
"Dovresti stare a sentire il tuo amico." lo provocò Dorothy, seria.
Jansen urlò in tutta risposta e scattò verso di lei a testa bassa, pronto a sferrarle un potente diretto. Lei evitò il colpo, ma l'altro estrasse qualcosa dalla sua cintura, rendendolo di diamante e lanciandolo contro di lei a tradimento.
Fu trafitta al ginocchio da un oggetto tagliente e pesante, che si conficcò in profondità nella sua carne.
Dorothy fece una smorfia di dolore, osservando la ferita: un coltello ricurvo era piantato nel suo ginocchio, che aveva assunto un colorito violaceo.
"Piaciuta la sorpresa? Com'è avere un coltello conficcato nella gamba?" gridò Jansen, ridendo soddisfatto. "Ora non sarai più così sfuggente."
Il ginocchio di Dorothy grondava sangue attorno alla lama, ed era gonfio nel punto in cui l'arma era penetrata nella carne. Ma lei non si scompose, mantenendo lo stesso atteggiamento calmo. Estrasse il coltello e posò con delicatezza una mano sulla ferita.
"Purification."
Una luce gialla e soffusa fu emanata dalla mano della Guardian, agendo sulla ferita. Il sangue iniziò a fuoriuscire sempre più lentamente fino a fermarsi, e il taglio si rimarginò in pochi secondi, lasciando solo una rosea cicatrice.
"Iniziamo il secondo round?" Dorothy rivolse nuovamente lo sguardo verso Jansen come se nulla fosse accaduto.
"Stai iniziando a darmi sui nervi." rispose lui, sorridente.
"Ora fa' molta attenzione, entro cinque secondi sarai fuori combattimento." Dorothy non distolse lo sguardo dall'avversario ricoperto di diamante da cima a fondo neanche per un attimo.
"Adesso ti ammazzo!" gridò Dolberg. Spiccò un enorme salto atterrando nel punto in cui si trovava la nemica, che però aveva reagito in largo anticipo ed era già sopra di lui dopo avergli volato intorno con una traiettoria a semicerchio.
Investì il nemico con una potente scarica di sfere di luce sulla schiena, costringendolo a distendersi di pancia al suolo sotto il peso dell'aura continua e incandescente che gli gravava addosso.
"Uno..." sussurrò Dorothy.
Jansen tentò di scagliarle una testata improvvisa, alzandosi velocemente, ma lei si spinse in avanti con le pistole, appoggiando i piedi sulla sua testa e atterrando con una capriola dinanzi a lui, per poi puntargli una canna sotto il mento e centrarlo in pieno con un raggio dorato.
"Due..."
Jansen barcollò all'indietro. La guerriera volò subito accanto a lui, conferendosi lo slancio per tramortirlo con un calcio nel fianco pregno di Hardening Kaika, e facendolo così grugnire di dolore.
"Tre..."
"Brutta troia!" Jansen colpì violentemente il terreno con dei pugni tremendi e afferrò un grande lembo di terra che si era staccato all'impatto, lanciandolo addosso a Dorothy, che però lo distrusse con una grande onda sparata dalla pistola destra.
Ne sparò subito un'altra in successione con l'altra arma, che il Vulture bloccò a stento, incrociando le braccia.
"Quattro..."
"Come fa a essere così veloce e potente allo stesso tempo?" pensò Masamune, sforzandosi di mantenere un'espressione neutrale.
Jansen ruggì, aumentando ulteriormente la sua massa corporea. Ora il suo corpo brillava ancora di più come una gigantesca gemma preziosa. Il volto era quasi inespressivo alla vista per la quantità di minerale che lo copriva. Caricò la rivale a velocità incredibile, continuando a ruggire.
La ragazza gettò una pistola in aria, dandosi la spinta verso l'alto con l'altra.
Jansen agguantò solo il vuoto, mentre l'avversaria sopra di lui afferrava la pistola che aveva lanciato in precedenza e la usava per fiondarsi in picchiata sul nemico.
Lo centrò in pieno con una doppia tallonata sulla nuca, facendolo rovinare disteso al suolo. Poi, con il piede premuto sopra la sua testa, gli puntò contro entrambe le pistole.
"Cinque... Dark Breaker!"
Un imponente raggio investì in pieno Jansen a distanza ravvicinata, bruciando persino il terreno sotto di lui. Il diamante sparì dal suo corpo, e rimase a terra immobile.
Calò il silenzio.
Dorothy arretrò di qualche passo, lasciandolo lì.
"Peccato, è morto." sussurrò, dandogli le spalle.
Mentre camminava verso Somber con aria disinvolta, però, si udì un boato alle sue spalle.
"Bastarda!" Jansen si era rialzato, di nuovo con il corpo composto di diamante ma ancora più grosso: ormai raggiungeva i dieci metri di altezza. Era un colosso.
Schiacciò il terreno con i mastodontici pugni e creò una voragine. L'intera area tremò. La faglia da lui prodotta scatenò un vero e proprio terremoto in zona.
Somber balzò lontano dall'impatto, che stava per coinvolgere anche lui e persino Masamune, mentre Dorothy volò via per evitarlo.
"È impazzito!" Lo spadaccino si era rifugiato su un albero distante una ventina di metri, e osservava la bestia dimenarsi in preda all'ira nella piazzola d'erba.
"Non ti arrendi, eh?!" esclamò Dorothy. "E va bene..." atterrò su un ramo di un altro albero vicino e sollevò le pistole al cielo, in equilibrio sulle gambe piegate.
"Light Storm!"
Una miriade di piccoli raggi lucenti simili a una pioggia aurea seguirono una traiettoria a parabola, e andarono a schiantarsi uno dopo l'altro su Jansen.
Il gigante alzò le mani per proteggersi, ma la tempesta di luce concatenata lo sopraffece inesorabilmente nel giro di pochi secondi. Cadde di schiena sul terreno danneggiato e alla fine tornò alle sue dimensioni normali, in maniera definitiva.
Dorothy si avvicinò, così come Somber.
La giovane prese il Vulture per il colletto della canottiera rossa ridotta a brandelli che indossava, puntandogli una pistola alla tempia.
"Te li ricordi ora i miei genitori? Ryoga e Milly Goover! Te li ricordi, verme?!"
Jansen ridacchiò, sputando sangue. Il suo corpo pieno di bruciature e contusioni era uno spettacolo orrendo da contemplare.
"Ryoga e Milly Goover..?" Al ricordo, iniziò a ridere fortissimo. Uno schizzo del suo sangue finì sul viso di Dorothy.
La ragazza impazzì dalla rabbia e lo tramortì ripetutamente alla tempia con il calcio della pistola.
"Bastardo! Cos'hai da ridere?! Li Hai uccisi! Non provi neanche un po' di rimorso?!" continuò a percuoterlo ripetutamente.
Masamune e Somber osservavano il tutto con sguardo scoraggiato. Era una scena penosa, anche se la rabbia di Dorothy poteva sembrare legittima. Anche se Jansen era un volgare assassino.
L'uomo, ormai in fin di vita, continuò a sorridere debolmente, con testardaggine. "Mi dispiace dovertelo dire, ragazzina, ma non li ho uccisi io, quei due." mormorò con un fil di voce.
Fu come se le avesse sferrato un pugno adamantino dritto nello stomaco. Dorothy sgranò gli occhi, incredula.
"Non... n-non li hai uccisi tu?" sussurrò. "C-che vuol dire..."
Jansen rimase a fissarla con un'espressione compiaciuta, godendosi il suo sgomento.
"Dimmi chi li ha uccisi, allora! Chi è stato?! Dimmelo!" Dorothy iniziò a versare lacrime sul gigante. "Dimmelo!"
"Addio, ragazzina!"
"Eh..?"
Jansen aveva estratto un altro coltello curvo dalla cintura e lo stava dirigendo dritto allo stomaco di Dorothy, che era scoperta.
Accadde in meno di un secondo.
La testa di Jansen volò via dal suo collo, atterrando pochi metri accanto a Dorothy.
Somber era alle spalle del corpo senza vita del gigante, con la spada insanguinata tra le mani.
Per qualche secondo tutto tacque. Masamune restò in silenzio.
Dorothy all'inizio non capì esattamente cosa fosse successo.
Somber ripose la Mugenyoru, dirigendosi verso la compagna ancora assorta in uno sguardo confuso, nel nulla.
Le fece scivolare una mano tra i capelli. "Non c'è bisogno che anche tu diventi un mostro, Dorothy." Mormorò.
Lei ritrovò finalmente il controllo, osservando la scena intorno a sé. Il corpo decapitato, pieno di ferite e ustioni di Jansen, il terreno danneggiato, gli alberi caduti al suolo.
Lo sguardo addolorato ma rassegnato di Masamune e l'espressione triste sul volto di Somber.
La ragazza abbassò la testa, spossata.
Iniziò a piangere.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top